03/09/2013 08:44 CEST - Rassegna Nazionale

Pennetta o Vinci in semifinale (Martucci), Vinci di nome e di fatto (Semeraro), Flavia dea della pioggia (Azzolini), Vinci, quando conta l'esperienza (Mancuso), Roberta è proprio Miss Derby (Zanni)

03.09.2013

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Pennetta o Vinci in semifinale

Vincenzo Martucci,  la gazzetta dello sport del 3.09.2013

«So che non sono giovane». Sembra un paradosso, ma è questa la chiave con la quale Roberta Vinci fa saltare il bimbum-bam di «baby face» Camila Giorgi, spegnendo la prima attaccante moderna del tennis italiano, la stella che, in un magico sabato sera a New York, ha fulminato la numero 8 del mondo, la danese Caroline Wozniacki, e il pubblico non solo della Grande Mela. Ed è la stessa chiave con la quale, Flavia Pennetta gestisce uno stop per pioggia, la giovane romena Simona Halep e un tie-break per cuori davvero forti. Che significa, partendo da 4-4 nei testa a testa, quarto derby azzurro in questi indimenticabili Us Open 2013, e un'italiana sicura in semifinale come 12 mesi fa con Sara Errani. Tecnico Negli anni, oggi ne ha trenta, Robertina ha avuto modo di pensare tanto, dopo le scoppole che toccano ai più piccoli e buoni, e ai sorpassi di tante colleghe/amiche, da Flavia Pennetta e Sara Errani. E decide di ribellarsi al destino di Calimero, proprio sull'1-4 di un lunedì grigio come il gioco dell'avversaria giovane, la ventunenne di Macerata, stanca e stressata dai tre match extra delle qualificazioni, dal primo torneo dopo due mesi di cure alla spalla da doc Parra, dall'improvvisa popolarità, e anche «dalla conferma che posso stare a questi livelli», coronando il sogno dolcissimo che culla da sempre con papà Sergio, «alzo una coppa dello Slam, non so quale». Errori Speriamo ardentemente insieme a loro, ma stavolta, come dice la stessa Camila con la sua boccuccia delicata: «Non era il mio giorno, e sul 4-1, volevo chiudere il set e invece non so neanch'io che cosa ho cominciato a fare, sono partita... e ho buttato la palla fuori». Con appena sette punti su 40 fino al 4-6 0-2, e la resa per 6-4 6-2 in 67 minuti di gioco, con 20 vincenti, ma 35 errori gratuiti, nel frustrante inseguimento della palla saponetta che le arriva dal famoso rovescetto in back al curaro della tarantina. Il Grand Stand, che l'anno prossimo non esisterà più, immolato alla modernità, è tutto per Camila. «Normale, è la giovane che emerge», minimizza in cuor suo Roberta, mentre la biondina pensa di mangiarla in un sol boccone («Sinceramente, sono sorpresa di aver perso, stavo giocando a un livello così alto...» dirà), ma negli spogliatoi piange: «Un pochino, sì». Esperienza Purtroppo per lei, la Vinci (numero 13 del mondo contro numero 136), sa: «Ho tanta esperienza, per lei non poteva essere facile su un campo e in un match così, non solo contro il mio back, ma anche con la palla sempre diversa che le davo soprattutto sul dritto. Lei non controlla la palla, ma tira: poteva calare da un momento all'altro. Ho cercato di star lì ad aspettare...». L'urlo di Roberta al dritto finale alle ortiche di Camila è violento: «Liberatorio, volevo vincere a tutti i costi per confermare i quarti di un anno fa». Con tante grazie alla Errani: «E' un gioco di squadra, una volta tocca a me vincere, una volta a lei, questo rincorrerci è positivo, ci fa bene. Io copio certe cose sue e lei qualche cose mie, ci trainiamo». L'anno scorso, perse nei quarti contro Saretta, domani troverà Flavia Pennetta, stoppata sul 6-2 4-2 più da sè stessa che dalla rivelazione dell'anno (4 tornei vinti), Simona Halep, finora nota per essersi ridotta il seno per giocar meglio a tennis. Destino Alle 12.21 di New York, sul 5-4 40-30 per la romena, la pioggia dà una mano all'italiana, scesa al numero 83 del mondo dopo l'operazione al polso destro di un anno fa. E, alla ripresa, quasi 5 ore dopo, l'esperienza ha la meglio: Flavia annulla il set point con un dritto a uscire, picchia duro e profondo sul dritto della giovane romena raggiungendo il 5-5. Poi si fa prendere dai nervi e, col doppio fallo, si fa pure trascinare al tie-break. …..Che però gioca alla grande, volando 6-1 e poi chiudendo 7-3 dopo un'ora e mezza di gioco, con l'ottimo 77% di punti con la prima, l'arma importante della nuova Pennetta di questi Us Open. Amata Una Pennetta che, qui a New York, è molto amata, sulla scia di una delle partite più memorabili della carriera, in una magica night session degli ottavi del 2009, quando annullò sei match point a Vera Zvonareva e diventò la prima italiana a toccare il numero 10 del mondo. Rieccola.

Vinci di nome e di fatto

Stefano Semeraro, la stampa del 3.09.2013

Un urlo, in mezzo a due tempeste. L'urlo, liberatorio, quasi feroce, è quello di Roberta Vinci appena dopo il match point che le regala il 6-4 6-2 su Camila Giorgi nel terzo derby azzurro del torneo e, per la seconda volta in carriera, l'accesso ai quarti di finale di uno Slam. Sempre agli Us Open, come l'anno scorso, quando a sprangarle la strada per le semifinali fu l'amica del corazon Sara Errani. L'America, dopo anni di carestie, evidentemente si addice all'azzurro, anche se ieri il cielo sopra Flushing era grigio piombo e ha iniziato a sputare pioggia veloce, tanto da interrompere il match fra Flavia Permetta e Simona Halep chiuso poi a favore della brindisina 6-27-6. Un altro derby nei quarti, un'altra italiana in semifinale per il secondo anno di 6-la dopo al Errani nel 2012. La prima tempesta era stata umana, il 4-1 nel primo set con cui l'«italian bombshell» Camila Giorgi era entrata nel match, grandinando i suoi colpi anticipati e filanti con la grinta da bambolina killer che piace al pubblico yankee. «Si, all'inizio ero un po' preoccupata - ha ammesso Robertina - del resto so come gioca Camila. Il pubblico? Camila è giovane, normale che parteggiasse per lei. Ma io sul campo pensavo solo al mio tennis». Passata la ventata la Vinci si è ricomposta, riavviando il collaudato meccanismo del suo tennis leggero e multiforme, quasi alchemico. Tagli e ritagli, palle lente e improvvise sortite, la formula magica che nel frenetico tennis di oggi le è servita tante volte a far precipitare a suo favore un match quasi compromesso, imbrigliando la superiore potenza delle avversarie. La tempesta Giorgi puntualmente si è prima placata, poi spenta. Il tennis lineare, prevedibile, della Wozniacki era la piattaforma ideale per i suoi contrattacchi, quello ricamato di Roberta le inceppa gli automatismi (35 errori gratuiti), le sposta appoggi e i riferimenti. «Non era la mia giornata», ha spiegato alla fine, laconica come sempre, la bella Camila, fasciata in un delizioso completino confezionato da mamma Claudia. Il suo torneo rimane comunque più che buono, l'importante è che l'exploit contro la Wozniacki non rimanga il solito fuoco isolato. Un pericolo che l'accordo con la Fit (ricca sponsorizzazione di SuperTennis, impegno a giocare sempre in Fed Cup e a mantenere papà Sergio nel ruolo di coach) e la guarigione della spalla infortunata dopo Wimbledon dovrebbero contribuire ad esorcizzare. Da un anno all'altro Roberta invece ha decisamente cambiato di status. Da ancella e compagna di doppio della Errani, a quasi top-10 anche lei. La coppia, dopo qualche piccolo sussulto dovuto proprio all'ingarbugliarsi della gerarchia interna, regge bene, ma stavolta nel singolare è la tarantina la donna forte del torneo. «Rispetto all'anno scorso sono maturata - dice Roberta - ora sul campo riesco a mettere a frutto la mia esperienza. Niente di speciale, ma dettagli importanti». Dovesse arrivare in semifinale, la Vinci con tutta probabilità (ma non ancora aritmeticamente) diventerebbe anche la quarta italiana top-10 dopo Pennetta, Schiavone e Errani. «E il traguardo che cerco, lo preferirei anche alla semifinale in se stessa», annuisce Roberta. «Perché è il traguardo di una carriera».

Flavia dea della pioggia

Daniele Azzolini, tuttosport del 3.09.2103

La pioggia. Che lava, e spazza via. La pioggia salvifica. Che scende quando lei ne ha più bisogno. Lei, Flavia, chi altri? Che era ormai a corto di energie, sull'orlo di un terzo set che chissà dove l'avrebbe portata. Ma la pioggia l'ha tratta a sé, presa per mano, portata via, per restituirla al campo di nuovo in grado di competere. Un sogno? Qualcosa di simile. Ma è successo davvero. E Flavia Pennetta è ancora in corsa, nei quarti dell'ultimo Slam, pronta a giocarsela con l'amica di una volta, Roberta Vinci. La pioggia che cade nel momento più utile. Flavia sta vacillando sotto i colpi di una rumena che corre veloce come una biglia. Sul set point, partita interrotta. La Pennetta tira un sospiro di sollievo. Ha bisogno di riposare, è stanca e tesa, anche se il punteggio la pone ancora in vantaggio, 6-2 4-5. La pioggia le concede quattro ore e mezza. Quando le due tornano in campo, è ormai un'altra partita. La Halep fallisce il set point, si fa breakkare, e così fa anche Flavia. Si va al tie break e li la nostra ritrova i colpi e l'aspetto regale di queste giornate. Vince giocando un tennis che l'altra non può permettersi. Ma lo sa e lo dice. «Ho avuto una gran fortuna «. Mostrarsi solo per un set quella consapevole signora dei campi da tennis che molti ritengono sia, per di più fasciata di un rosso cardinalizio che ne accentuava, insieme con le linee snelle, la passione che ancora la sostiene, non ha garantito a Flavia i crediti sufficienti a sedare l'animosità dell'avversaria. Un set condotto in lieta armonia con se stessa, insomma, non poteva dare alla Permetta la sicurezza di aver già incamerato il match. Prima o poi, c'era da giurarlo, la rumena avrebbe spostato i termini della disputa sulla rissa, e li avrebbe dato il meglio di sé. L'occasione gliel'ha fornita un calo di Flavia, intorno alla metà della seconda partita. Un calo ovvio, per chi conosce gli ultimi mesi di attività della nostra, condizionata a lungo dall'intervento chirurgico al polso subito un anno fa, di questi tempi, e poi timidamente in ripresa, fino ad arrivare a queste ultime settimane, dove ha trovato i risultati che cercava, quelli che la riportano a contatto con il tennis che conta e, con ogni probabilità, le faranno rinunciare ai ventilati propositi di ritiro. La ritrovata vena, seppure necessaria, non ha ancora colmato pero il ritardo fisico. Flavia, al momento, dispone di un'ora, forse un'ora e un quarto di buon tennis. Poi è destinata a calare. Ha vinto i primi tre match in due set, riuscendo a colpire in bellezza, come da tempo non la vedevamo fare. Ma fino a oggi non ha rischiato di scantonare alla terza partita e dunque qualche dubbio continua a circolare su questo suo splendido Slam. La Halep ha rischiato di portarcela, a quel terzo set, e chissà come sarebbe andata a finire se la partita avesse fatto il suo corso normale. E risalita velocissima dal 24 del secondo set, la rumena, si è affiancata alla Permetta e addirittura l'ha soppiantata. Ma sul 54, 40 a 30 è giunta la pioggia, all'ultimo momento utile possibile perla nostra. E li Flavia si è salvata Ora un altro derby. Il quarto della serie. Permetta ne ha giocato uno con la Errani. Vinci due, con la Knapp e la Giorgi. Dunque tocca a loro, in questo Slam che ha raccolto le italiane in un fazzoletto. Di fronte le amiche di un tempo, poi allontanate da scelte diverse, e da caratteri distinti. Ora di nuovo contro, come mille volte da bambine. Un'azzurra andrà in semifinale, comunque. Dopo dodici anni di circuito, le due ragazzine pugliesi si incontrano per il match più importante. Ce lo siamo sempre chiesto: ma chi scrive queste incredibili trame per il nastro sport?

Vinci, quando conta l'esperienza

Angelo Mancuso, il messaggero del 3.09.2013

«La mia forza? So che non sono più giovane». Roberta Vinci ha da poco centrato per la seconda volta i quarti di finale agli US Open battendo nell'attesissimo derby azzurro l'emergente Camila Giorgi. «Questa può essere la mia forza, so che non posso sprecare tempo e occasioni», aggiunge la trentenne tarantina, doppista per vocazione (è n.1 del mondo con la Erra-ni), ma da almeno tre anni a questa parte anche grande singolari-sta. Le sue parole fotografano alla perfezione la sfida con la ventunenne Giorgi, che sabato scorso aveva incantato New York mettendo ko la Wozniacki, ex numero uno del mondo e finalista a Flushing Meadows. «CI HO SEMPRE CREDUTO» La giovane marchigiana è partita come nel suo stile: un tennis elettrico fatto di accelerazioni e vincenti (alla fine saranno 20, conditi però da 35 errori gratuiti). Avanti 4-1 in un battibaleno, poi è venuto fuori il tennis ricamato della Vinci, che ha costretto Carni-la a giocare proprio come non vuole. Back di rovescio sul diritto della rivale, continue variazioni di velocità, che hanno letteralmente mandato fuori giri la Giorgi. Il 64 62 finale nasconde un parziale di dieci game a uno, che ha consegnato alla Vinci il pass per i quarti. «Probabilmente Camila ha accusato la tensione di un ottavo di finale in uno Slam in un contesto così prestigioso - racconta Roberta - io sono stata brava ad aver fatto vedere che ero sempre presente in campo, anche quando ero sotto 4-1 dopo un inizio così così. La Giorgi gioca molto bene, migliorerà, ma le manca ancora la continuità». Alla fine, dopo l'ultimo diritto sparato in rete dalla Giorgi, Roberta ha lanciato un urlo liberato- rio: «La tensione era tanta anche sul 6-24-2- spiega- volevo a tutti i costi evitare di complicare il match. Ci tenevo tanto a vincere, Ca-mila non aveva niente da perdere e non era semplice batterla». Intanto si è liberata da un fardello che si portava dietro da quando era sbarcata una decina di giorni fa a New York, ovvero di-tendere i quarti del 2012 e quindi i tanti punti in uscita. Un'altra vittoria, mercoledì, avrebbe un doppio significato: semifinale agli US Open, la prima in carriera in uno Slam, e finalmente l'ingresso tra le top ten. «Dovessi scegliere - confessa l'azzurra - opterei per le prime dieci del mondo, un obiettivo che mi ero prefissata. Però anche la semifinale a New York non è male da raccontare un giorno, magari a un figlio. E poi sono due traguardi legati...». In tribuna a seguire la sfida c'era Corrado Barazzutti, capitano di Fed Cup e Davis: «Roberta ha giocato un gran match confermando quanto di essere in grande forma. Onestamente Camila non ha reso come nei giorni scorsi, ma le due cose vanno di pari passo». Può comunque essere soddisfatto in vista della finale di Fed Cup del prossimo novembre a Cagliari contro la Russia. Grazie alla Vinci perla quinta edizione consecutiva l'Italia avrà almeno una rappresentante nei quarti agli US Open.

Roberta è proprio Miss Derby

Roberto Zanni, il corriere dello sport del 3.09.2013

È la regina dei derby, Roberta Vinci. Quest'anno ne ha perso solo uno a inizio stagione, con Sara Errani, poi da quel momento ne ha infilati sei, di fila. Ed è stato così anche a New York: non ha avuto scampo questa volta Camila Giorgi, la nuova "bombshell" degli statunitensi, come degli italiani e degli argentini. Tifo per Camila, un boato ogni colpo vincente, ma partita per Roberta Vinci che ora, eguagliati i quarti ottenuti qui l'anno scorso (dove perse con la Errani), se arriverà in semifinale  centrerà anche quello che era il suo grande obiettivo per il 2013: entrare tra le Top Ten. Ha vinto 6-4, 6-2 Roberta, giocando un match senza sbavature, lasciando sfogare Camila, che era partita con un 4-1, per poi infilarla con un parziale di sette game a zero che le hanno permesso di vincere il primo set e di mettere una ipoteca fondamentale sul secondo, perchè a quel punto la Giorgi ha perso sicurezza e le sue fiondate il più delle volte finivano oltre la linea. La compattezza, la forza, la sicurezza e l'esperienza della Vinci, numero 13 al mondo contro il 136 dell'emergente Giorgi, hanno avuto la meglio e le nubi nere che coprivano il Grandstand, terzo campo di Flushing Meadows, pieno fino all'inverosimile per il derby italiano, hanno oscurato solo Camila incapace di reagire al gioco dell'avversaria. URLO DI GIOIA - Un sorriso grande così. Ecco Roberta dopo il match che le ha fatto eguagliare il suo migliore risultato in uno Slam. «So che non sono giovane, ho trent'anni, tanta esperienza, e credo che questa volta mi sia servita. Si è trattato di un aspetto importante. Il successo è arrivato perchè ho cambiato continuamente il mio gioco. Camila è forte e tira sempre forte, ma io sapevo come' dovevo giocare» . Poi una pausa e nessun rancore per il tifo che era tutto o quasi perla Giorgi. «E normale che il pubblico stia con la ragazzina... Ma il mio tennis è diverso dal suo ed evidentemente non le è piaciuto». Poi un pensiero anche ai derby. .Si, li ho vinti quasi tutti, ma non è mai facile tra noi. Sono stata fortunata a finire prima che cominciasse la pioggia e certo il doppio ha migliorato il mio gioco, ma adesso sono diventata brava anche nel singolare, no? E ora voglio conquistare la semifinale». MEGUO DELLA WOZNIACKI - La Giorgi, reduce dal colpo a sensazione inflitto alla Wozniacki, non si è saputa ripetere, ma contro la forza e l'intelligenza tattica della vinci non poteva bastare ieri un semplice bombardamento da fondo campo. Anche il "New York Times" aveva puntato sulla Vinci: «Si muove meglio della Wozniacki -aveva scritto nella presentazione del derby italiano - è molto più solida a rete e può fare punti da ogni parte del campo». Ed è stato così è stato anche se papà Sergio Giorgi, confessandosi al sito Ubitennis ha dato la colpa alla stanchezza: .Camila non si muoveva bene - ha detto - l'ho visto anche quando era sul 4-1, ma è normale dopo sei partite e tenendo presente le condizioni è arrivata qui, dopo l'infortunio e giocando, non so, una quindicina di incontri. Ha fatto di più di quello che mi potevo immaginare. Sono contento ugualmente. Camila non stava bene, era stanca, ma alla fine ha disputato un ottimo torneo». COLPA MIA - Anche Camila non ha dato particolari meriti all'avversaria: «Non è stata la mia giornata - così ha spiegato la sconfitta - non ho giocato come gli altri giorni. Non ero io, non è stato il gioco della Vinci, in passato ho affrontato giocatrici simili, ma questa volta buttavo le palle fuori. Sul 4-1? Volevo chiudere il set e non ci sono riuscita. E si, finita la partita, ho anche pianto».

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