18/09/2013 15:54 CEST - ATP

Gulbis: "Non mi piace Djokovic, il successo l'ha cambiato"

TENNIS - Ernests Gulbis si conferma come l'ultimo vero personaggio rimasto nel circuito: "Conosco Novak Djokovic da quando ho 12 anni: era un tipo normale, poi il suo sguardo è cambiato". Ruggero Canevazzi

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Ernests Gulbis
Ernests Gulbis

In una recente intervista alla stampa lettone, Ernests Gulbis ha dichiarato di non amare Novak Djokovic perché, a suo dire, da quando ha cominciato a vincere qualcosa d’importante ha smesso di essere il ragazzo che conosceva, quello che non si dava arie e con cui era felice di condividere la stessa stanza quando, ragazzini, si allenavano insieme a Monaco di Baviera. Per Gulbis, dalle prime vittorie Nole avrebbe cambiato atteggiamento, mentre per il lettone è fondamentale non cambiare mai il proprio modo di essere nei confronti degli altri. Comunque la si pensi sul fatto di Djokovic, è indubbio che i due giocatori rappresentano due modelli opposti di gestione della carriera e dello stile di vita. Da una parte Nole, rigoroso, senza deroghe alla preparazione, che da quando ha scoperto qualche anno fa di essere allergico al glutine ha immediatamente rinunciato alla pasta e alla pizza. Tutto in nome della forma e dei risultati, le rinunce in cambio dell’Olimpo e dell’immortalità sportiva. Dall’altra Ernests, il talento scavezzacollo, il re delle feste da fare quando vinci per celebrare e quando perdi per consolarti, e pazienza se il giorno dopo devi giocare il turno successivo… Quello che dopo un grande match contro Nadal sul rosso la scorsa primavera, deluso dalla sconfitta ma soprattutto dal rimpianto di non aver dato continuità nella sua carriera a prestazioni come quella, afferma a caldo in conferenza stampa: “Ah, se solo fossi stato un po’ diverso nella mia vita”. Prima di tornare lui un istante dopo: “Ma io non voglio essere diverso!”.  

Il discepolo di Marat Safin, qualche tempo fa, aveva regalato una perla esemplificativa del suo modo d’intendere la vita: “Non capisco la gente che esce la sera e non beve!”. Ora, trattandosi di uno sportivo professionista, una frase del genere appare come una totale follia:  ma come, è il tuo lavoro, con le potenzialità che hai! Ma lui non cambierebbe una virgola di tutto quello che ha fatto e se gli facessi notare che è stato quasi uno stupido, perchè col suo talento avrebbe potuto entrare anche lui nell’Olimpo del tennis in cambio di un po’ di fatica e di rinunce in più, lui ti risponderebbe: “Faccio della mia passione il mio lavoro, mi godo gli amici, le donne, le feste, mi ritieni uno stupido?”. Allora provi a venirgli incontro, gli dici che potrebbe almeno cercare, da qui alla fine della sua vita tennistica, di pensare un po’ di più al tennis e un po’ meno alle feste, insomma una via di mezzo. Facile pensare alla sua risposta: “Via di mezzo? Cos’è una via di mezzo?”

E allora immaginiamocelo fra cinquant’anni il vecchio Ernests, davanti al camino coi nipotini, fuori il gelido inverno del Baltico, dentro il calore della famiglia riunita, mentre racconta loro le sue imprese in giro per il mondo. All’improvviso uno dei pargoli, impertinente, gli chiede: “Nonno, ma perché non sei diventato forte come Federer e Nadal, col talento che avevi? Il papà ci dice di essere più diligenti di come hai fatto tu!” Ecco, vedi il vegliardo controllare furtivamente di non essere osservato dai genitori del piccolo, poi lo vedi afferrare l’innocente creatura e fissarlo negli occhi con sguardo severo, quasi truce: “Ricordatelo sempre: nella vita, meglio spassarsela!”

LE PAROLE DI GULBIS (traduzione di Riccardo Nuziale)

Sul dare interviste
Non dico mai no a interviste positive e interessanti. Quello che non mi piace è parlare ai tabloid o ai giornalisti sportivi che mi fanno sempre le stesse domande sugli stessi argomenti. Ma sento anche di dover ottenere di più nella mia carriera per essere in grado di dire di più. Al momento sono circa 30 del mondo, quando otterrò di più forse mi aprirò di più nelle interviste.

Sul come si sente nel vedere il successo di altri giocatori
Sono molto felice per qualcuno di loro. Sono contentissimo che Wawrinka abbia raggiunto le semifinali (degli US Open, ndt), lo stesso vale per Gasquet. Li conosco bene, sono bei tipi. Non mi piace granché qualcuno dei top player, come Novak.

Sul perché non gli piace Djokovic
Lo conosco da quando ho 12 anni. Ci siamo allenati insieme e abbiamo condiviso la stessa stanza a Monaco. Ricordo che era un tipo normale, a posto. Ma quando ha ottenuto il suo primo grande successo, il suo sguardo è semplicemente cambiato. Lo si poté notare perfettamente. Non è che litigammo o cose simili, sentii semplicemente che era cambiato e non mi piace questo nelle persone. Mi piacciono i caratteri forti che non cambiano quando arrivano il primo successo o i soldi. Questa è la qualità più importante per me ed è importante per me non cambiare.

Sul denaro e il successo nello sport
Tutti hanno le proprie preferenze e idee su come spendere il proprio denaro. Non si dovrebbe guardare nel portafogli degli altri e contare i loro soldi. Si dovrebbe rispettare sempre gli sportivi perché ottengono tutto da soli, non si può comprare il successo nello sport. E devi lavorare molto sodo e dire no a molte cose...dire no alle feste, dire no alla maggior parte delle cose che la gente normale può fare. Per esempio, chi lavora in ufficio può non dormire una notte e andare comunque al lavoro il giorno seguente...noi non ce lo possiamo permettere. Quando avevo 18-20 anni pensavo di poter fare tutto, ma non funziona così. In quest'ultimo anno sono arrivato a capire che solo attraverso il dire no e attraverso la fatica puoi ottenere qualcosa nella tua vita. Ho finamente iniziato a pensare nel modo giusto.

Sulla motivazione e i cambiamenti
Sono successe delle cose cose nella mia vita che mi hanno fatto pensare. Cerco di trovare il lato positivo in tutte le cose negative. Ora mi piace ciò che faccio, mi piace come sono ora. Forse sono...sì, sono un uomo un po' diverso ora. In meglio, spero.

Sull'aspetto mentale del tennis
A mio avviso il tennis è uno degli sport mentalmente più duri, perché sei sempre solo. Sei molto solo in campo, non hai nessuno da criticare o a cui chiedere aiuto, sei tutto solo e se ti capita di avere una giornata storta, hai una giornata storta e la devi affrontare. Negli sport di squadra se hai una giornata storta, la tua squadra può comunque vincere, puoi lasciar perdere o sostenere il tuo compagno, lui fa goal e tutto va bene, la tua squadra vince e tu mantieni la fiducia vincente. Nel tennis sei solo. E' questa la cosa più sfiancante.

Sul sostegno del coach e del padre
L'allenatore è seduto a fianco. Naturalmente c'è scambio di sguardi, magari qualche scambio di parole. Puoi vedere la maggior parte dei giocatori comunicare emozionalmente con il loro box, durante le partite. Tutto il tuo team è seduto lì e anche loro stanno quasi giocando. Sia il mio allenatore che mio padre dopo i match sono esausti, emozionalmente prosciugati dal seguire l'incontro e pensare al risultato. Naturalmente a volte ti è d'aiuto un incoraggiamento o uno sguardo da tuo padre al momento giusto. Ma per la maggior parte del tempo sei solo in campo.

Sul calendario tennistico
E' questo il motivo per cui il tennis è così terribile (in riferimento all'intervistatore che parlava del fatto che ci sono ormai di norma partite oltre le 4 ore di gioco). Invidio davvero altri sport, i grandi sport di squadra... basket, hockey, calcio. Hanno sempre un tempo fisso entro il quale giocare, hanno calendari fissi, conoscono l'intero calendario con un anno d'anticipo. Possono pianificare tutto, come ad esempio quando raggiungeranno il picco di forma. E hanno partite dalla lunghezza costante.

Sulle spese del tennis
Paghi per i biglietti d'aereo, il tuo allenatore, il mangiare...devi pagare per tutto. E sembra che se giochi uno Slam e prendi 20000 dollari per aver perso al primo turno, hai 20000 dollari in tasca e va tutto bene. Se sei statunitense o inglese e giochi bene, la federazione ti aiuta, ti da soldi, ti sostiene. Raonic, per esempio, prende qualcosa come mezzo milione all'anno dalla federazione per coprire tutte le spese e quindi tutto ciò che vince è tanto di guadagnato. E' bello poter guadagnare denaro dalle vittorie.

Sui motivi per giocare
Chiunque ha le proprie ragioni per giocare a tennis. Qualcuno gioca per la fama, qualcun altro per i record o i soldi. Quando raggiungi il tuo obiettivo, devi trovare qualche altra ragione che ti spinga a continuare a giocare. Roger ha certamente giocato per soldi per un po' di tempo. Quando l'ha ottenuto, ha giocato per la fama e quando ha trovato pure quella, ha giocato per i record. Ora che è scivolato in classifica penso che giochi per provare di essere in grado di risalire. Non so se ce la farà, ma devi avere sempre una qualche motivazione. E il denaro non può essere l'obiettivo principale...non è giusto, non è un puro obiettivo. Se pensi al denaro come uno strumento per aiutarti ad essere una persona migliore, allora un puro obiettivo potrebbe essere aiutare la gente attorno a te, ma se hai bisogno di soldi solo per comprarti una nuova borsa, allora non capisco quel tipo di persone e perché fanno così.

Sul fare la storia del tennis lettone
Non importa cosa faccio ora, sto facendo la storia giusto per il fatto che sono stato il primo lettone a entrare nella top 100. Spero di non fermarmi qui, ora sono 30o, spero di diventare n.1, un giorno...quello è il mio obiettivo finale.

Sulla durata della sua carriera
Posso giocare fino a 30 anni, questo è certo. Per esempio c'è Tommy Haas che ha 35 anni ed è a ridosso dei primi 10. Non penso che sarò come lui, ma tutto può cambiare...magari a 29 anni ragionerò in maniera diversa rispetto a come faccio ora. Magari a 29 anni troverò qualche ulteriore motivazione e vorrò giocare altri 5 anni, e se il mio corpo me lo permetterà...perché no?

Sulla preparazione per la Davis
Non voglio preoccupare i tifosi, ma non mi preparo per la Davis questa settimana. Sono venuto qui col mio allenatore e lui mi ha detto "Non importa come ti sentirai venerdì o sabato prima dei match. L'importante per te è come ti senti durante tutto l'anno e lavoriamo sistematicamente per questo".

Sulle distrazioni durante le partite
Sento di aver detto delle cose sbagliate a riguardo. Devo essere colui che affronta i problemi...neanche problemi, più che altro situazioni. Non posso far fare a qualcuno qualcosa che vorrei facesse. Se qualcuno sente il bisogno di parlare o girare attorno in un certo momento, lo devo accettare...non mi deve preoccupare o influenzare. Non voglio insegnare a nessuno a come dovrebbe comportarsi.

Sulle provocazioni tra i giocatori
Onestamente mi piace provocare di tanto in tanto. Ho detto un paio di volte che Nadal e gli altri top player sono noiosi nelle loro interviste. Tutti si comportano allo stesso modo, tutti sono uguali l'uno all'altra. Non voglio essere come tutti gli altri, voglio essere diverso. I top player sono macchine fabbrica-soldi, se dovessero dire qualcosa di "scorretto" potrebbero perdere i loro contratti e sponsor e loro hanno paura di questo. Se cominci a comportarti in una certa maniera, allora devi continuare ad essere così; Roger ha cominciato a comportarsi come un gentleman svizzero e ora deve continuare a far così, dovesse fare qualcosa di diverso, nessuno lo capirebbe. Io sono completamente a favore dell'individualismo, non mi piace se tutti sono uguali, si comportano alla stessa maniera, parlano alla stessa maniera...gli esseri umani sono diversi, non mi piace quando recitano, non mi piace quando le persone ottengono qualcosa e a quel punto, improvvisamente, cominciano a comporarsi in modo diverso.

Su quanto serio il tennis sia diventato
Tempo fa avevo un allenatore, Nikola Pilic, che ricordava i tempi in cui i giocatori si allenavano, ma non c'erano dottori, né fisioterapisti. Al tempo i giocatori più talentuosi vincevano sempre, ora il duro lavoro è alla base del 70-80% dei risultati.

Su cosa l'aspetta una volta arrivato all'aeroporto di Riga
Cosa mi aspetta Riga? La mia macchina, si spera bel tempo, bella musica, un breve viaggio a Jurmala, che mi piace molto. Non ho bisogno di nessun altro. Vengo qui per riempire il vuoto che cresce quando sono lontano da casa...è un vuoto dell'anima che puoi riempire solo stando nel tuo Paese, immerso nella nostra natura, nel nostro mare, nella nostra foresta.

Sui tifosi americani
In America le persone sono semplicemente più aperte, ti vengono incontro per parlare. In Europa stanno molto più sulle loro. Mi piace quando le persone sanno dove si trova la Lettonia, mi piace quando conoscono qualcuno dei nostri sportivi. Magari un giorno conosceranno la Lettonia perché c'era Ernests Gulbis.

Sul farsi una famiglia
Ovviamente ci penso. Ma è quello che voglio ora? No, non sono pronto, non tanto emozionalmente, quanto economicamente. Vorrò una famiglia quando sarò in grado di sostenerla, quando sarò in grado di darle tutte le comodità e necessità.

Sulle donne e le questioni linguistiche
Ad essere pienamente onesti, preferisco le donne degli Stati post-sovietici (Lettonia, Russia, Bielorussia, Ucraina) più di tutte. Le donne di madrelingua russa perché non ho alcun problema con quella lingua e ovviamente anche quelle che parlano lettone. La lingua che si parla lega le persone...non puoi aprirti completamente parlando una lingua che non padroneggi. Conosco bene l'inglese, lo parlo liberamente, ma non posso tradurre i miei pensieri in parole, non posso usare il mio umorismo nero.

Sui piani di futuro dopo il tennis
Il denaro non è il mio obiettivo, ma è uno strumento per raggiungere i miei obiettivi più alti. Il mio obiettivo principale è essere felice come nessun altro, ma devi capire la cosa profondamente. Come posso essere felice? Facendo qualcosa che mi piace e, se posso aiutare persone che amo e mi sono vicine, essere felice e trovare i loro obiettivi.

Ruggero Canevazzi

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