27/09/2013 12:59 CEST - Tennis e doping

Munoz, ex presidente RFET: "Insabbiati molti casi di doping"

TENNIS - Pesanti dichiarazioni di Pedro Munoz, ex presidente della federazione spagnola, all'agenzia Bloomberg. "Una volta ho accompagnato un giocatore spagnolo a Parigi per un'udienza. Era stato trovato positivo per una sostanza presa per recuperare un infortunio. L'ATP l'ha multato e non ha mai reso pubblico il risultato". Alessandro Mastroluca

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Pesanti dichiarazioni di Pedro Munoz, ex presidente della federaazione spagnola, all'agenzia Bloomberg. "Una volta, a fine anni '90, ho accompagnato un giocatore spagnolo", che però non identifica, "a Parigi per un'udienza. Era stato trovato positivo per una sostanza presa per recuperare un infortunio. L'ATP l'ha multato per l'equivalente di quasi 5 mila euro e non ha mai reso pubblico il risultato". In quegli anni, aggiunge, "molti casi sono stati insabbiati".

Dichiarazioni che arrivano dopo le accuse di Koellerer contro Nadal e Ferrer, dopo la squalifica di Troicki per un test ematico rinviato (con un ruolo da chiarire della dottoressa incaricata di effettuarli), dopo la squalifica di Cilic che incolpa le tavolette di glucosio comprate dalla madre a Montecarlo, la sua poca conoscenza del francese e lo stress; e che soprattutto, si legge nella sentenza, "cita un infortunio al ginocchio per ritirarsi da Wimbledon e accetta una sospensione provvisoria". Il croato si è difeso sostenendo che tra la sospensione e l'infortunio non c'è una relazione causale (accettata la sospensione, fingo l'infortunio) ma solo di contemporaneità (ero infortunato, non volevo peggiorare le cose, mi sono ritirato e contestualmente ho accettato la sospensione).

Arrivano anche dopo il mai chiarito caso di Nuria Llagostera Vives, che sarebbe stata trovata positiva alla metanfetamina durante un controllo al torneo di Stanford, che si è disputato tra il 22 e il 28 luglio. Secondo il giornalista del sito d'informazione spagnolo voxpopuli che per primo ha fatto filtrare la notizia, sia l'Agencia Española de Protección de la Salud en el Deporte (l'agenzia spagnola antidoping), sia la federazione spagnola sono state informate. Ma in questo caso non c'è stata nessuna sospensione cautelare e Llagostera ha continuato a giocare a Carlsbad, Toronto, Cincinnati, New Haven e agli Us Open.

Il medico della federazione, Miguel Angel Cotorro, non ha voluto commentare. Ma ha confermato che, se le controanalisi avessero confermato la positività, la sanzione sarebbe diventata effettiva e pubblica, e in alcun modo Llagostera avrebbe potuto giocare. Anche perché, con la nuova legge antidoping spagnola, tutte le sanzioni definitive devono essere pubblicate sul sito della Agencia Española de Protección de la Salud en el Deporte. E finora, sul sito, non ci sono comunicazioni che riguardano Nuria Llagostera.

La federazione, attraverso un comunicato del vicepresidente Fernando Fernández-Ladreda, ha negato di "essere a conoscenza di sanzioni per doping contro sportivi spagnoli, compresa Nuria Llagostera".

Secondo Simon Chadwick, docente di sports business strategy all'università di Coventry, l'ITF sta cercando di "limitare i danni, di proteggere i contratti con gli sponsor e con le televisioni".

In questo modo, però, comunicando le positività quando la sentenza è definitiva, e non solo, basti vedere il caso del brasiliano Romboli la cui squalifica è stata resa pubblica... a squalifica finita, creano una zona grigia che diventa terreno di coltura di sospetti, insinuazioni, complottismi. Tutti accomunati da un ragionamento per analogia: se è successo allora, se l'hanno fatto con lui, potrebbe essere successo ancora.

Proliferano anche gole profonde, aspiranti whistleblowers che si dividono grossomodo in due categorie: insider come l'ex presidente federale spagnolo, che conosce i segreti che si annidano nelle segrete stanze del potere, che lasciano filtrare qualcosa ma non circostanziano i dettagli. Altri, come Koellerer o Rochus prima di loro, che invece i nomi li fanno, o meglio "il" nome lo fanno e il pubblico dei tifosi si divide: gli accusatori si concentrano sul merito e sui contenuti, i difensori sulla poca credibilità di giocatori che hanno avuto una carriera al massimo modesta o, come Koellerer, che non frequentano il mondo del tennis da qualche anno perché squalificati a vita per essersi venduti le partite. Gli accusatori sostengono che, proprio perché non hanno niente da perdere, si prendono la libertà di dire quello che sanno. I secondi ribattono che in realtà non sanno nulla e straparlano per cercare un po' di visibilità.

Al di là del merito delle accuse contro Nadal, che ha ricevuto peraltro la difesa di Tursunov e di Simon (che in termini di credibilità tennistica si pongono certamente su un altro piano), quello che emerge è una cultura del sospetto che si nutre della non totale chiarezza in materia.

I top player hanno più volte richiesto di aumentarli, ma tra il 2006 e il 2011 i controlli sul sangue sono diminuiti significativamente, da 195 a 131. E' stato introdotto il passaporto biologico, come nel ciclismo e in altre discipline, ma negli ultimi anni l'UCI (la federazione ciclistica internazionale) è passata ad una strategia più aggressiva in materia di controlli antidoping e di comunicazione delle squalifiche. La confessione tardiva di Armstrong, su cui si erano addensati i sospetti, rivelatisi a posteriori fondati, dei tifosi per il già citato principio di analogia (se è successo con la Festina, se è successo a Pantani, se hanno scoperto Ullrich), è il risultato di inchieste, prove, testimonianze di colleghi che hanno "incastrato" l'americano. Il doping, per la federazione ciclistica, è il principale vulnus alla credibilità dello sport. Di conseguenza, in questi anni, si sono fatti passi avanti importanti, anche se non risolutivi, per affrontare il problema in modo aggressivo. Quando l'anno scorso è stato trovato positivo Frank Schleck durante il Tour de France, l'UCI ha comunicato i risultati e sospeso il lussemburghese dopo quattro giorni.

Cilic, invece, è stato trovato positivo il primo maggio, sapeva dell'esito dei risultati dall'11 giugno mentre il pubblico e potremmo dire anche gli altri tennisti, l'avrebbero scoperto solo a metà settembre se la notizia non fosse filtrata attraverso i media croati. E' giusto rispettare le garanzie del giocatore, il diritto alla difesa e alle controanalisi. Ma perché aspettare l'esito della sentenza definitiva? Se un giocatore risulta positivo a un primo controllo, tutti avrebbero diritto di saperlo. E la sospensione provvisoria dovrebbe essere automatica (non soggetta all'accettazione del giocatore) e resa pubblica, anche a beneficio degli altri tennisti.

E in un momento storico in cui tutto lo sport vede messa in dubbio la credibilità dei risultati (dopo l'Operacion Puerto, l'Operacion Galgo, i documenti sul Tour de France 1998, il caso Armstrong, la positività degli sprinter giamaicani solo per citare qualche esempio), sarebbe forse opportuno comunicare anche i controlli negativi più in dettaglio. 

E magari affrancare il sistema dei controlli dagli organismi di governo dello sport: adesso, infatti, i finanziamenti arrivano da ATP, WTA e tornei dello Slam, gli stessi soggetti su cui ricadrebbero gli effetti più pesanti della perdita di credibilità dovuta a un eventuale caso di positività acclarata di un top player.

 

Alessandro Mastroluca

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