04/11/2013 14:13 CEST - Rassegna Nazionale

Le amiche si riprendono il mondo (Crivelli), Il modello Italia sarà imposto al mondo (Valesio), Quelle magnifiche sorelle (Piccardi), Le ragazze fanno poker (Rossi), Generazione azzurra (Semeraro), Sorelle d'Italia (Giorni), Poker azzurro (Nizegorodcew)

4.11.2013

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Le amiche si riprendono il mondo

Riccardo Crivelli,  la gazzetta dello sport del 4.11.2013

La festa esplode a mezzogiorno, quando il sole è più alto in un cielo mai così azzurro. Il mondo gira sempre intorno alle fantastiche Sorelle d'Italia, le signore delle quattro Fed Cup in otto stagioni, le dominatrici con il sorriso che hanno costruito un gruppo di granito, una squadra vera, sincera, che si guarda negli occhi e macina trofei e avversarie. Ci sono un paio di immagini che la storia di un altro trionfo renderà imperiture: il tifo forsennato da un lato all'altro delle tribune con cui le compagne hanno in pratica portato in spalla la Vinci verso il successo nel primo, tribolatissimo singolare di sabato; e la Schiavone, il Mahatma del team, non convocata eppure presentissima, che irrora di champagne chiunque le capiti a tiro durante il giro d'onore. Lo spirito di un legame quasi trascendente. Senza storie Non poteva essere la Kleybanova, la donna di un miracolo vero di volontà e coraggio, cioè la sconfitta di un cancro, a cambiare seppur per poco le magnifiche sorti di una finale già scritta. Chiaro l'intento del disperato c.t. russo Tarpischev, affidarsi a chi ha già assaggiato i piani alti (Alysa era 26 del mondo prima dello stop nel 2011) e quindi è più consueta alle sfide in quota. Eppure non c'è partita, la Errani è una tigre che non si lascerebbe mai sfuggire la gloria della prima Fed Cup da attrice principale: top spin di dritto per tenere la rivale dietro la riga di fondo e le gambe di caucciù a muoversi su e giù per il campo mentre l'altra arranca negli spostamenti. Ci vogliono solo 58 minuti perché la Cichi scolpisca di nuovo il nome dell'Italia sul piedistallo argentato della Coppa: «Siamo fortissime, ovunque andiamo noi pensiamo solo a vincere». Nessuna giustificazione È un urlo di guerra, l'ascia dissotterrata contro il pensiero debole di una vittoria troppo semplice contro una Russia assai minore: «È un problema loro — tuona Salita — anche perché mentre le loro più forti hanno scelto altri percorsi, le italiane più forti sono qui, a gioire e a fare festa di nuovo. E io non la sento certo come una diminuzione, anzi metto questa vittoria tra le più belle della mia carriera». Capitan Barazzutti sfoglia il vocabolario, deve trovare le parole giuste per un manipolo di regine: «Sono stratosferiche. Siamo di fronte a giocatrici che vincono i grandi tornei individuali e che in squadra sacrificano le opinioni personali per il bene del gruppo. Non devono certo giustificarsi — si accalora — perché l'avversario non aveva le migliori, in semifinale abbiamo battuto la Repubblica Ceca che è la prima squadra del ranking. I loro successi in tutti questi anni parlano per loro, siamo di fronte a ragazze che stanno facendo la storia dello sport». L'unione fa I. farsa Il c.t. è il mastice, il tratto che unisce, la camera di compensazione di caratteri diversi: «Magari ho fatto scelte difficili, ma sempre con il dialogo. Sono padre di due figlie, forse mi ha aiutato». Flavia Pennetta, che con la Vinci è stata in tutte e quattro le squadre vittoriose, gli riconosce un percorso virtuoso: «All'inizio non è stato facile, arrivava dagli uomini e ci trattava con quei metodi. Ma poi ci ha capito e adesso l'armonia è il nostro segreto più bello, c'è una grande unione, tutte dalla stessa parte, sia quelle che giocano sia quelle che sono a bordo campo»…..

Adesso il modello Italia sarà imposto al mondo Fed Cup e Davis con i big

Piero Valesio, tuttosport del 4.11.2013

Saremo anche un Paese che non sa più a quale santo votarsi, fors'anche perché pure i santi ci hanno girato le spalle. Ma stavolta abbiamo fatto bingo. E la più imprevedibile (prima) finale della storia della Fed Cup con una potenza come la Russia incapace di schierare una formazione decente ha fatto emergere come l'Italia sia ancora capace di organizzare un grande evento, di renderlo appetibile anche quando proprio appetibilissimo non è, di donargli una cornice degna. E di lanciare un messaggio al resto del mondo: Fed Cup e Coppa Davis non solo non sono morenti: ma se torneranno alle loro radici potranno diventare avvenimenti super, capaci di conquistare la passione del pubblico molto più di quanto avvenga adesso. E quali sono queste radici? Semplice: giocare per il proprio Paese deve essere una regola, la prima preoccupazione di un atleta professionista. Esattamente il messaggio che le azzurre di Fed Cup hanno lanciato sbarcando a Cagliari. Il messaggio che ha lanciato Francesca Schiavone arrivando in Sardegna per restare al fianco delle sue amiche-compagne dopo aver chiesto di non essere convocata per motivi suoi: il messaggio che hanno lanciato gli spettatori di Cagliari che ieri mattina alle dieci e mezza di una giornata estiva hanno riempito le tribune per seguire un match che presumibilmente non avrebbe superato l'ora di gioco e un doppio amichevole. MODELLO Dato che non si può pensare ad un tennis che faccia a meno di Coppa Davis e di Fed Cup è però ancora più chiaro che la soluzione è il modello-Italia uscito da Cagliari. Un modello che stavolta ha salvato la competizione nel suo insieme: se lo stesso incontro fosse stato organizzato in una grande città o in una grande città di un altro paese avrebbe richiamato allo stadio una manciata di appassionati. E' andata diversamente solo perchè di modello Italia si trattava: giocatrici che sentono l'impegno con la propria nazionale più di tutto, organizzazione della finale in un luogo dove la fame di tennis è tanta e la passione per i colori azzurri pure. Ma se non si parte dal primo punto non si va da nessuna parte: le top-top players snobbano spesso la Fed per-chè non frutta loro denaro: e la prendono in considerazione quando può concedere lo- ro il pass per le Olimpiadi. Che le Williams, la Sharapova, la Azarenka e altre si concedano con il contagocce non ha senso. Italiane e serbe hanno dato in questi anni un esempio che va applicato a tutto il mondo del tennis femminile. Tanto per cominciare si dovrebbe affermare chiaro e tondo che se non si gioca per il proprio paese tutto l'anno col cavolo che poi si va alle Olimpiadi. Ecco è il punto: se non si chiarisce questo è inutile pensare, come fa la Wta, che la Fed ridotta a una settimana o poco più in cui le squadre si affrontano in due gironi con finale fra le vincenti la riporterebbe in auge. Ci sarà sempre qualcuna che avrà di meglio da fare in quella settimana. SEGNALI Certo da Cagliari è partito anche un altro segnale chiaro: Fed e Coppa Davis (ma soprattutto la Fed) devono ritrovare la loro autostima. E' l'attività individuale che deve guardare a quella a squadre con rispetto e anche con un po' di tremore, non il contrario. Ciò che la Federazione internazionale non è riuscita a fare in questi anni. LItalia che vince quattro Fed Cup e le voci ricorrenti che vorrebbero l'attuale presidente della Fit Angelo Binaghi successore di Francesco Ricci Bitti alla guida proprio della Federazione internazionale dicono che stavolta è il modello Italia che può "invadere" il resto del mondo, non il contrario. Sarebbe un caso più unico che raro di un'Italia a pezzettini che spiega ad altri come si fa una determinata cosa. Non sarebbe esattamente la prima volta che succede nella storia, peraltro.

Quelle magnifiche sorelle d'Italia

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 4.11.2013

Donne. Sara, la leader: «Ci accettiamo». Robi, la lottatrice: «C'è rispetto». Flavia, la memoria storica: «Nessuna è primadonna». Karin, la matricola: «Mi sono sentita accolta». Quello che le donne (di solito) non dicono tramonta sul mare di una dolcissima domenica sarda, la risacca porta a riva un rigurgito d'estate e il quarto titolo dell'Italia in Fed Cup, dal 2006 cinque finali e quattro coppe, le ex riserve oggi sono titolari (Errani, killer della Kleybanova per il sigillo del 3-0, e Vinci), le ex bambine sono diventate donne (Pen-netta), il futuro (Knapp) ha debuttato in doppio (punto del 4-o) e la mattatrice (Schiavone), volata a Cagliari per fare l'ultrà, è la più scatenata. «Grandissimo gruppo: cinque tenniste stra-to-sfe-ri-che» sillaba capitan Barazzutti per chi si fosse distratto. La Russia è già un continente periferico sul mappamondo del tennis («Chi pensa che questo successo valga meno perché mancavano le avversarie più forti, è fuori strada» chiosa il c.t.) quando Errani, Vinci, Pennetta e Knapp si riuniscono intorno a un tavolo per spiegarci che il segreto di questo gruppo di femmine solidali, pragmatiche e non invidiose è non avere segreti. «Otto anni fa nessuna pensava di poter aprire un ciclo: il risultato è andato oltre le aspettative» racconta Flavia cui, dopo l'operazione al polso, l'ottimo 2013 ha allungato la carriera. Dalla colazione del mattino al furibondo burraco del dopocena, il gineceo si muove armonico e rispettoso dei pregi e difetti altrui, si parla di tennis, risultati, uomini e sogni, si discute e si fa pace, si condividono pensieri, sfollò e twitter in un ricircolo continuo di sentimenti perché sentir dire «quando siamo insieme in Fed Cup è come una vacanza» fa un certo effetto al pensiero di quanto possa essere individualistico, ed estraniante, il tennis. L'Italia di Fed Cup è un'allegra tribù allargata che balla intorno a un totem, Barazzutti («Veniva dalla Davis, all'inizio ci trattava come i maschi. Poi ha capito... » sorride Flavia), talmente ammorbidito dalle azzurre da aver portato in campo, ieri nel party a cielo aperto, il nipotino 7bmmaso, 6 mesi, tenera mascotte. E poi i genitori, i parenti-manager, i coach con i figli («Cinà, Lozano, Navarro: per questa squadra sono un valore aggiunto» è il tributo del c.t.), le borse, le racchette, i passeggini. Ieri sera, alla cena di gala al Forte Village, si è parlato molto di vacanze di gruppo: non si sta insieme per la ragion di Stato, questo è un affetto vero che sopravvive ai sorellicidi (Vinci batte Errani a Palermo) e alle scelte, balzane ma rispettabili, di non accettare la convocazione in azzurro, e il coinvolgimento della Schiavone nei frizzi e lazzi, nelle docce di spumante e nei gavettoni, con quella medaglia al collo che non era prevista dal protocollo, cantando a squarciagola l'inno, sta lì a dimostrarlo. E sembrato un commiato, quello della regina di Parigi a Cagliari….

Le ragazze del tennis fanno poker

Paolo Rossi, la repubblica del 4.11.2013

Quattro Fed Cup dopo, la rivoluzione può dirsi compiuta. 2006-2013, queste- ragazze hanno davvero cambiato il tennis italiano in sette anni. Hanno concluso il loro percorso, dimostrando di essere coraggiose, non provinciali. Semplicemente moderne. Cagliari 2013, e i14-0 forale alla Russia, non è solo una pagina di storia. «Hanno sconvolto il contesto. Fatto conoscere la Fed Cup, dato dignità al tennis femminile nel nostro paese, preso per mano il nostro movimento e quello dello sport italiano in generale». Lo dice Barazzutti, il capitano. Lo sottoscrivono Binaghi (presidente Fit) e Malagò (presidente Coni). Per questo possiamo glissare sui classici gavettoni dopo vittoria, ormai un po' scontati, seppur sempre divertenti. Anche, in realtà, stavolta la festa ha avuto un connotato più familiare, fosse solo per i tanti bambini in campo. Segno anche che il tempo passa. Il post Russia è tutto uno sketch, voglia di carbonara e di staccare, battute su battute. «Dai Flavia, sciogliti» fa la Vinci. «No, rispondi tu» replica la brindisina. «Allora facciamo un duetto... rispondiamo insieme». Stavolta Barazzutti, quello che una volta disse (scherzosamente) alla Er-rani «fammi parlare che tu non c'eri ancora quando il ciclo del gruppo è cominciato. Eri giovane», lascia il microfono a chi ha chiuso la sfida (6-1, 6-1 alla Kleybanova), e la romagnola exriserva silenziosa spiega perché quel filo, da Charleroi 2006 (passando per Reggio Calabria 2009 e San Diego 2010), non s'è mai più spezzato: «Abbiamo saputo accettarci. Sappiamo di essere diverse. Ci siamo parlate. Ci siamo chiarite. Ci parliamo, prima di tutto come persone. Ci divertiamo». Ed è vero: si parlano prima di tutto con gli occhi, complici sulle cose, su come muoversi. «Questo cosa significa? Unità di gruppo» ribadisce Flavia Pen-netta, una che — sabato — faceva il tergicristallo ad ogni cambio di cambio insieme alla Schiavone (che havolutovenire, alla fine) e alla Knapp per urlare il sostegno alla Vinci in difficoltà contro la Panova. Un fatto confermato da Diego Nargiso, ex Davisman, presente a Cagliari per ricevere un premio: «La verità è che Roberta, senza il sostegno delle sue compagne, non avrebbe mai vinto. Ne aveva bisogno, psicologicamente». Le azzurre lo hanno indirettamente confermato, ammettendo di aver ricevuto un "warning" dal giudice di sedia, idem Barazzutti. «Roberta voleva giocare quel match, non è andata a Sofia al Master "B" della Wta per esserci». Il capitano, e soprattutto le ragazze, hanno mostrato indifferenza sull'assenza delle tante giocatrici russe. «Io faccio il mio, mi interessa solo vincere» ha detto seccamente Sara Errani, mentre capitan Barazzutti ha ampliato la risposta: «Ma se andate in forale al Roland Garro s, vi interessa se c'è Federer o pinco pallino? E comunque noi le numero uno, le ceche, le abbiamo superate in semifinale. Infine, giusto per chiudere: ma cosa devono dimostrare di più queste ragazze, che sono al top della classifica ogni giorno dell'anno?»…..

Generazione azzurra: la 4a Fed Cup è la più facile

Stefano Semeraro, la stampa del 4.11.2013

Hanno vinto a modo loro: insieme. Sara Errani ha attaccato al muro la cornice della quarta Fed Cup, vinta sulla Russia, martellando in 59 minuti il punto del 3-0 contro la Kleybanova, poi sono saltate tutte dentro il quadro. Salita, Roberta Vinci, Flavia Pennetta che a risultato acquisito ha fatto da balia in doppio a Karin Knapp; e Francesca Schiavone, buttata a furor di popolo sul palco anche se lei a Cagliari era arrivata solo per fare il tifo. «Davvero mi volete con voi?», ha chiesto la Leonessa versione secretary negli spogliatoi. Davvero non c'era bisogno di aspettare la risposta. La presenza di Flavia e Francesca dà il tono della continuità del nostro stratosferico gineceo (l'aggettivo è di Corrado Barazzutti): 4 coppe portate a casa, negli 8 anni che hanno cambiato il nostro tennis promuovendo 3 azzurre fra le top ten (Pennetta, Schiavone ed Errani), raccogliendo 3 finali consecutive e una vittoria in singolo al Roland Garros, 5 Slam e 3 numero 1 del mondo in doppio. E l'Italia rosa che va, e si trascina dietro anche i maschietti che nel 2011 sono tornati nella serie A della Coppa Davis e nel 2013 hanno piazzato Seppi e Fognini fra i top 18 Atp, iniziando a svezzare il futuro con Gianluigi Quinzi, campione juniores a Wimbledon. «II nostro segreto è che ci rispettiamo e ci vogliamo bene anche fuori dal tennis», sostiene Salita, dopo un gavettone-party durato mezz'ora buona che ha coinvolto persino il divertito ma allarmato presidente del Coni Giovanni Malagb. «E ce lo dimostriamo anche nelle piccole cose - continua Roberta Vinci - scherzando, giocando insieme a carte». La sintesi finale è della Penna: «Nessuna di noi vuole fare la primadonna. E poi c'è Corrado: era abituato con gli uomini, poi ha iniziato a maneggiarci meglio: è lui il nostro collante». Corrado Barazzutti, da ieri in arte Mr. Vinavil, se la ride, anche se il ruolo di mastice gli piace fino a un certo punto. «Ho due figlie, sono abituato a gestire le ragazze. Più che da colla io faccio da capitano, uno che ti fa ragionare quando perdi la testa, che capisce come trattare caratteri diversi. E fa delle scelte, a volte sgradevoli. Il merito di questa squadra è di averle rispettate e accettate». Il sorriso gli si incrina solo quando il discorso cade sulla inconsistenza della Russia approdata a Cagliari. «Se una squadra vince tre Fed Cup e la quarta superando in semifinale la squadra più forte del mondo, la Repubblica Ceca, non deve dimostrare nulla. Il problema è dei russi, che hanno perso un'occasione, e della federazione Internazionale che per anni ha approvato un calendario nel quale la finale era in concomitanza con il Masters di Sofia». Riassumendo: gli assenti hanno sempre torto, e spesso anche più da guadagnare altrove. Trattasi di capire se il ciclo iniziato nel 2006 a Charleroi con il Belgio è al tramonto o all'alba di un nuovo inizio. Il merito di due quadrienni di gioia è soprattutto delle ragazze, che perb per scoprirsi campionesse sono dovute emigrare (soprattutto in Spagna). Delle famiglie che le hanno sostenute, dei coach che le hanno allenate e che Barazzutti ha coinvolto nella gestione delle due nazionali. Ora Pennetta e Schiavone sono ultra-trentenni, la Vinci sulla soglia. La Er-rani ha 25 anni, dietro la risanata Karin Knapp e l'altalenante Camila Giorgi le nuove generazioni prodotte dal centro tecnico di Tirrena stentano a battere colpi. «Questo gruppo pub andare avanti almeno due anni», dice Barazzutti. «Per quanto riguarda la Giorgi spero che ottenga i loro stessi risultati: io non convoco dei nomi, ma chi se lo merita». Sotto il caldo sole di Cagliari il futuro è un piccolo brivido freddo.

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Sorelle d’Italia (Alberto Giorni, Giorno-Resto del Carlino-Nazione)

Il poker è servito. Quando Alisa Kleybanova mette in rete l’ultima volée di rovescio, saltano i tappi di champagne e l’Italia può festeggiare la quarta Fed Cup della sua storia (in otto anni, dopo quelle del 2006, 2009 e 2010). A Sara Errani è bastata meno di un’ora per dominare 6-1, 6-1 la sua avversaria e portare a casa il punto decisivo (poi nell’ininfluente doppio Flavia Pennetta e Karin Knapp hanno messo il sigillo sul definitivo 4-0 superando Khromacheva e Gasparyan 4-6, 6-2, 10-4). La Kleybanova, ex top 20 scesa ora al n°183 dopo aver sconfitto un tumore, era stata esclusa a sorpresa sabato dal capitano russo Tarpischev in favore della Khromacheva; ieri è crollata sotto i colpi di una Errani determinata a chiudere nel minor tempo possibile.

Esplodono di gioia i cinquemila appassionati che hanno riempito con calore per due giorni il Tennis Club Cagliari («Non ricordo un tifo così acceso», dice la Pennetta), baciato da uno splendido sole, e la fotografia più bella è l’abbraccio in campo tra tutte le azzurre, compresa Francesca Schiavone, venuta a sorpresa per fare gruppo: proprio lei è la più scatenata con i gavettoni (vittima anche il presidente del Coni Malagò) durante il giro di campo con il tricolore.

Un simbolo, perché stavolta sono state protagoniste Errani e Vinci, ma è una vittoria di squadra, dove l’unione fa veramente la forza. Sorelle d’Italia: Sara e Roberta sono il presente, Pennetta e Schiavone ci hanno fatto grandi in passato (e non intendono di certo mollare), la Knapp dopo tanti problemi fisici può rappresentare il futuro insieme a Camila Giorgi, talento che sta sbocciando. «Ho giocato meglio rispetto al primo giorno – spiega la Errani –, però la coppa è di tutte e cinque, ci troviamo bene insieme e si vede».
Un successo strameritato (arrivato dopo quelli nei quarti sugli Stati Uniti e in semifinale sulla Rep. Ceca), agevolato dalle assenze russe ma non è certo colpa delle nostre, che con orgoglio mettono la maglia azzurra sempre al primo posto. E ha vinto anche Cagliari, con un’organizzazione perfetta. Raggiante Corrado Barazzutti, capitano di tutti e quattro i trionfi: «Il merito è loro – e indica le ragazze –. Questo gruppo ha segnato e continuerà a segnare la storia del tennis. Tutti quelli che amano lo sport devono ringraziarle per le emozioni e per questi grandissimi risultati che portano l’Italia in cima al mondo».

Chiude il presidente della Federtennis, Angelo Binaghi: «Sono atlete e donne straordinarie, guidate da un grande capitano, che ci hanno permesso di vincere più di tutti in Fed Cup negli ultimi otto anni. Un successo che fa bene a tutto lo sport italiano». Ora finalmente è tempo di vacanze. Le azzurre inizieranno a difendere il titolo l’8-9 febbraio 2014 in una difficile trasferta negli Stati Uniti: l’appetito vien mangiando…

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Poker azzurro in Fed Cup (Alessandro Nizegorodcew, Il Tempo)

Sara Errani annichilisce Alisa Kleybanova e consegna all'Italia la quarta Fed Cup in otto anni. La romagnola ha conquistato il terzo punto della finale grazie ad un eloquente 6-16-1 realizzato in meno di un'ora di gioco a suon di diritti vincenti e cambi di ritmo. La russa, ex numero 20 del mondo, non è mai entrata in partita, grazie ad una Errani sempre concentrata e aggressiva. «Sarita» ha dominato il match dall' 1-1 del primo set, mettendo in fila un parziale di sette giochi consecutivi che hanno tramortito la Kleybanova, in chiara difficoltà dal punto di vista della preparazione fisica. Un trionfo mai in discussione e arricchito, a risultato acquisito, dalla vittoria del doppio Knapp-Pennetta su Khromacheva-Gasparyan 4-6 6-2 6-4. Non è certamente colpa delle azzurre se le nostre avversarie si sono presentate a Cagliari con le terze (se non quarte!) linee. Errani, Vinci, Pennetta, Knapp e anche Schiavone, che ha rifiutato la convocazione ma non ha voluto rinunciare alla presenza in Sardegna, hanno festeggiato l'ennesimo trionfo del tennis rosa italiano insieme ai 5.000 entusiasti spettatori. «Sono contentissima, soprattutto per la squadra - ha dichiarato Sara Errani a fine match - ho giocato una bellissima partita, rimanendo concentrata punto su punto. Questo successo ha un grande significato, perché giunge dopo altre dure sfide con Usa e Repubblica Ceca».

Proprio la sfida a Kvitova e compagne, vincitrici nel 2011 e 2012, può considerarsi a posteriori una vera e propria finale anticipata. «L'impegno in Fed Cup ha tolto a noi ragazze anche qualche energia per i tornei individuali - ha proseguito la Errani - ma questa vittoria ripaga di tutti i sacrifici. Il pubblico è stato fantastico, indescrivibile, vedere tutta questa gente qui per noi è stato emozionante. Anche Francesca Schiavone fa parte della squadra e sono contenta che sia qui». Grande soddisfazione che trapela dalle parole di capitan Corrado Barazzutti: «Questo è un gruppo fantastico, che lotta sempre con lo spirito giusto. Bisogna ringraziare queste ragazze per le emozioni che ci hanno regalato e gli straordinari risultati raggiunti. Siamo una delle nazionali «top» del mondo. Sara è stata bravissima in entrambe le giornate, doveva essere spietata e così è stato. Un grande ringraziamento ai coach di tutte le ragazze, che sono stati molto importanti durante la settimana». Giovanni Malagò e Angelo Binaghi, presidenti di Coni e Federtennis, un tempo nemici e oggi più vicini che mai, sono apparsi soddisfatti sia della vittoria azzurra che per l'organizzazione della Regione Sardegna. «Questa è una scommessa stravinta da parte del presidente Binaghi e della sua federazione - ha sostenuto Malagò - all'inizio vi erano delle perplessità e invece la risposta della gente, il contesto e anche il clima hanno reso l'evento magnifico. Difficilmente altre locations avrebbero dato la stessa risposta. Bisogna riconoscere il merito di chi ha avuto il coraggio di proporre una fantastica regione come la Sardegna».

Visibilmente emozionato il presidente federale Binaghi: «Le parole del presidente Malagò mi rendono felice: questa è una grande vittoria delle ragazze e una scommessa vinta da una grande squadra che ha potuto contare sul supporto del presidente del Coni. Credo oggi possa dire di aver fatto uno dei migliori investimenti nello sport che siano mai stati fatti in Sardegna. Ho personalmente visto un pubblico straordinario, forse anche troppo composto. Sono orgoglioso della mia città e della mia regione, che meriterebbe altri appuntamenti di questo livello anche in altri sport». Un nuovo successo straordinario per Barazzutti e le sue ragazze, che torneranno in campo ad inizio febbraio in trasferta contro gli Stati Uniti per difendere il titolo e puntare all'ennesimo trionfo.

 

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