10/01/2014 14:45 CEST - Approfondimenti

La Cina vuole il quinto Slam

Si fa sempre più concreta l'ipotesi di un quinto Slam organizzato dalla Cina, paese che vuole emergere e dominare anche nel tennis. Mentre i tradizionalisti storcono il naso all'idea, il grande campione australiano John Newcombe sostiene la creazione di un altro main event. Valentina Buzzi

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“E’ lo Slam dell’Asia e del Pacifico ma la sede è sempre in Australia, l’organizzazione è australiana. L’Asia è solo un’entità e non ne comprendo il ruolo”.  A pochi giorni dall’inizio del primo Major stagionale si ravviva la polemica sulla reale influenza dell’Asia e in particolare della Cina nel mondo del tennis per bocca del direttore del torneo di Shanghai Michael Luevano.

L’ambizione e la voglia di farsi largo di una delle nuove potenze economiche mondiali è sostenuta anche da un mito della racchetta, John Newcombe, che al Sunday Morning Herald ha sponsorizzato l’aggiunta di un quinto Slam proprio in territorio cinese. A detta del tre volte vincitore di Wimbledon (senza dimenticare i due Australian Open e i due Us Open che vanta in bacheca), gli organizzatori dei 4 Slam tradizionali dovrebbero consentire alla Cina di ospitare un quinto main event per un miliardo di dollari, incassando 250 milioni a testa.

“In  questo mondo – spiega Newcombe- il quinto Slam aiuterebbe il tennis a restare al centro dell’attenzione mondiale e contribuirebbe a rafforzare le casse delle associazioni di tennis che ospitano gli altri Major, a partire da Wimbledon”.  L’idea è quella di inserire la manifestazione tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, poco prima dei Masters di Indian Wells e Miami.

Alfred Zhang, l’organizzatore del China Open, ha già chiarito che la città di Pechino è pronta a candidarsi come sede del grande evento: “E’ la motivazione che ci spinge avanti, abbiamo fatto passi solidi e lungimiranti. Forse non accadrà subito ma è la direzione che dobbiamo intraprendere per il futuro”. Zhang ha espresso il desiderio di dar vita al quinto Slam sin dal debutto del China Open nel 2004. La vittoria di Na Li al Roland Garros del 2011 non ha fatto altro che accelerare i tempi e imprimere forza al progetto.

Il semplice incremento della partecipazione della componente asiatica all’Australian Open non basta più anche perché oltre la metà del valore globale degli ascolti televisivi proviene dall’Asia dove il tennis si sta trasformando da sport d’elite a disciplina pop apprezzata e seguita soprattutto dai più giovani. Per una popolazione che già eccelle nel badminton, il passo successivo sembra quello di portare tennisti cinesi maschi nella top 10, mentre ora faticano ad accedere nella top 100. 


Per cercare di ridurre a breve il gap, sono state promosse diverse operazioni per promuovere l’attitudine della popolazione nei confronti del tennis, a partire da quello amatoriale: negli ultimi dieci anni sono stati costruiti più di 30000 campi, mentre ingenti sborsi finanziari hanno permesso la costruzione dello stadio Qizhong (che ha ospitato la Masters Cup nel 2004) e la realizzazione del China National Tennis Center. Quest’ultima struttura dispone di 11 campi e di uno stadio da 15000 posti con tetto retrattile, tecnologia “space-age” di raffreddamento e Hawke Eye.

La Cina, insomma, non è solo vicina ma anche terribilmente ambiziosa.

 

Valentina Buzzi

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