20/03/2014 11:46 CEST - APPROFONDIMENTI

Alla ricerca della vera grandezza L'atletica, la regina delle Olimpiadi

TENNIS APPROFONDIMENTI - Seconda puntata dedicata all'acronimo G.O.A.T. Nell'atletica quali sono gli "amminoacidi di grandezza"? Un viaggio alla scoperta delle imprese di Jesse Owens, Emil Zapotek, Carl Lewis, Usain Bolt e altri grandissimi di questo sport. Davide Orioli

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Usain Bolt alle Olimpiadi di Londra 2012
Usain Bolt alle Olimpiadi di Londra 2012
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Subito il concetto di atletica in sè ci mette di fronte a un paradosso; è infatti il Goat dello sport, la disciplina regina delle Olimpiadi, il più praticato al Mondo e base di ogni altra disciplina; ma, al tempo stesso, ha un seguito risibile in confronto a molte altre. Un grande, grandissimo sport, ma poco vincente.

Chiedendo all'utente medio di nominare alcuni grandi atleti, i nomi più gettonati saranno sicuramente quelli di Jesse Owens, Emil Zatopek, Carl Lewis e Usain Bolt. Atleti indubbiamente vincenti, ma c'è chi ha dominato più di loro.

L'altetica, come anche il nuoto, presenta un “problema”: alcune discipline sono fra loro sufficientemente simili da poter essere dominate dallo stesso atleta. Un centista, con un po' di applicazione, potrà essere anche un gran duecentista. Stessa cosa dicasi per il fondo, dai cinquemila alla Maratona. Un saltatore con l'asta, invece, non potrà mai primeggiare in alcun'altra disciplina. Occorre quindi pesare quanto, nel determinare il valore di un atleta, conti la sua polivalenza, e quanto questa sia difficile da raggiungere. Reputo ad esempio un piccolo malus il fatto che Usain Bolt non abbia mai voluto rischiare di aggiungere i 400m o il salto in lungo al suo programma. Ciò gli ha probabilmente permesso di essere più vincente sui 100 e 200, ma meno grande, per fare un paragone intersportivo, di un Micheal Phelps che non si è mai accontentato di dominare le sue discipline, ma si è sempre messo in gioco cercando nuove sfide in campi per lui inizialmente ostici (ad esempio lo stile libero).

Chiedendo invece a un esperto di atletica qual è, statistiche alla mano, il più grande dominatore della propria specialità (prescindendo quindi dall'essere simpatico, epico, bello a vedersi etc...) risponderebbe probabilmente Edwin Moses, il re dei 400 ostacoli. Ricordo ancora, qualche anno fa (era forse durante le olimpiadi di Atlanta) andare in onda uno spot di una marca di orologi con Moses testimonial. La punchline recitava “122 partenze. 122 vittorie”. Tanto basta come definizione. Dal 1977 al 1987, per nove anni, nove mesi e nove giorni, vinse tutte le gare cui prese parte, ritoccando più volte il suo Record del Mondo.

Come mai allora, Moses non è considerato uno dei grandi, non almeno alla stregua dei sopracitati Bolt, Zatopek, Lewis, Owens, per non citare anche Paavo Nurmi, Lasse Viren, Juantorena, Beamon, Gebreselassie e altri nomi che han fatto la storia di questo sport?

Anzitutto, la sua disciplina. I 400 ostacoli hanno di certo una risonanza minore dei 100 metri o della Maratona (anche se vi sfido a dirmi, senza controllare su Google, chi è campione Olimpico e Mondiale di Maratona; e magari una volta che vi siete arresi e l'avete cercato sul Web potete andare a leggervi la sua storia: anche lui meriterebbe di essere fra i grandi). Oltre a ciò, ha avuto una certa sfortuna con i Giochi Olimpici: è venuto alla ribalta durante le Olimpiadi forse più sfigate di tutti i tempi (Montreal 1976, svoltesi con una gru in mezzo allo stadio perché non riuscirono a terminare i lavori in tempo), idovette saltare per il citato boicottaggio quelle di Mosca 1980, riconfermò l'oro a Los Angeles 1984 in quelli che erano comunque considerati giochi dimezzati e, ai tempi di Seoul 1988, era ormai, come Federer, all'alba dei 33 anni; riuscì comunque a conquistare un grande bronzo ma le luci erano tutte sul suo delfino Kevin Young, che in quella stessa gara gli strappò il record mondiale.

Infine, Moses non è stato un gran personaggio mediatico, durante la carriera non ha detto nè fatto nulla di particolarmente interessante per i tabloid al di fuori dell’ambito sportivo. Tuttavia sarà curioso per gli appassionati di tennis sapere che Moses è, fin dalla fondazione (avvenuta nel 2000), il presidente del Laureus Sport Award, onoreficenza sportiva generale che spesso e volentieri premia dei tennisti.

Cosa rende, viceversa, Owens, Lewis, Bolt e Zatopek più grandi, nell'immaginario popolare, di Moses? Anzitutto, aneddoti e circostanze. Ad esempio Owens fu leggenda non solo per ciò che fece a livello sportivo, ma anche per come e dove lo fece: Berlino 1936, nella culla della Germania Nazista agli albori di un'era di discriminazione razziale. Ciononostante le celebri storie accessorie che raccontano ad esempio di Hitler e del suo rifiuto a stringergli la mano furono invenzioni della stampa dell'epoca, e lo stesso Owens si è sempre risentito molto per questo, nonostante contribuisse ad alimentare il suo mito. Per non citare che il suo miglior amico nell'ambiente, Luz Long, era tedesco e morì in guerra combattendo per la Germania nazista. Il rapporto, prima sul campo e poi epistolare, fra i due, è un altro tassello della leggenda di Owens.

Bolt e Lewis hanno dominato le discipline da sempre più seguite. Basti come esempio pensare che Bolt è stato per il pubblico generico l'atleta di Londra 2012, anche se un vero appassionato d'atletica concorderebbe nel dare questo alloro a David Rudisha, autore di un qualcosa mai visto sugli 800 metri e passato inosservato ai media e al grande pubblico. Oltre a ciò sono due personaggi di grande carisma. Il loro livello atletico non si è mai discusso, anche se su entrambi circolano insistenti e mai provate voci di doping: Lewis per la strana malattia che lo ha colpito una volta terminata la carriera, Bolt per il recente scandalo che ha visto la squalifica per doping di mezza Giamaica (praticamente tutti i nomi di spicco ad eccezione di lui e Yohan Blake).

Zatopek infine, per la sua grande impresa di vincere nella stessa Olimpiade 5mila, 10mila e Maratona, soprattutto correndo quest'ultima per sfizio senza mai averla provata in carriera. E per il suo incedere caracollante, come se corresse ogni volta verso la fine di un martirio, convogliando verso lo spettatore tutta l'idea della fatica che un atleta deve sostenere. Ma ancor di più, per la sua storia di vita nella Cecoslovacchia della Primavera di Praga e la sua rinomata umanità, di cui non parlo qui ma che vi invito a curiosare.

Fra tutti questi nomi non abbiamo parlato di Sergej Bubka. Lo “Zar di tutte le aste” è probabilmente il secondo più grande dominatore della propria specialità dopo Moses. 6 titoli mondiali consecutivi (ovvero tutti, dalla loro istituzione nel 1983 fino al suo ritiro dai grandi livelli nel 1997), 35 record del Mondo abbattuti (ma li migliorava appositamente di 1cm alla volta per incassare i premi collegati) e i suoi primati, sia indoor (6,15) che outdoor (6,14, al Sestriere) sono parsi per anni intoccabili fino al sorprendente miglioramento da parte del francese Lavillenie, solo qualche giorno or sono.

Ciò che lo rende di poco meno impressionante di Owens è che, qua e là, qualche gara l'ha persa. Ma soprattutto, è stato vittima di una maledizione Olimpica. Nel 1984 non potè partecipare causa boicottaggio, nel 1988 a Seoul vinse il suo unico oro. Nel 1992 a Barcelona stupì il mondo al contrario con tre errori (e conseguente eliminazione) alla quota d'entrata. Nel 1996 si infortunò poco prima della gara, si presentò sulla pedana di Atlanta ma non provò neanche un salto. Nel 2000, ormai a fine carriera, concluse la finale nelle retrovie.

Come molti utenti del sito sapranno, anche Bubka come Owens ha un legame con il tennis: suo figlio Sergei è giocatore di alto livello, con un best ranking di 145. Anche se è celebre ai più per un suo “salto senz'asta” effettuato dal terzo piano di uno stabile a Parigi, risoltosi per fortuna con conseguenze meno gravi di quanto previsto inizialmente, ma che gli ha comunque causato un lungo stop dalle competizioni (è tornato a giocare proprio di recente).

Amminoacidi di Grandezza individuati:

1. Appartenenza a uno sport non di nicchia e popolarità della propria specialità.
2. Esser stato, volente o nolente, protagonista di episodi di rilevanza che trascende il Mondo dello Sport
3. Essere dotati di uno stile tecnico molto particolare

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3° PUNTATA: L'AUTOMOBILISMO
4° PUNTATA: IL CICLISMO
5° PUNTATA: IL PUGILATO
6° PUNTATA: LO SCI
7° PUNTATA: CONCLUSIONI

Indice della rubrica:

1) Alla ricerca della vera grandezza
 

Davide Orioli

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