22/03/2014 08:43 CEST - Rassegna Nazionale

Nieminen razzo finlandese (Mariantoni); Seppi, che maratona con Stepanek (Crivelli); Flavia: «Fabio il tennis e i cavalli» (Zanni); Djokovic "La mia dieta da numero uno" (Rossi); Talento da attore prestato al tennis (Clerici)

22-03-2014

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A cura di Davide Uccella

Nieminen razzo finlandese, solo la Lenglen fu più veloce (Luca Mariantoni, La Gazzetta delo Sport, 22-03-2014)

Jarkko Nieminen come John Isner. Sono i due protagonisti, opposti, dei due record più curiosi nella storia del tennis. Se l'americano aveva vinto a Wimbledon 2010 il match più lungo di sempre, battendo 7068 al quinto set il francese Nicolas Mahut dopo 11 ore e 5 minuti diluiti in tre giorni, giovedì il finlandese Jarkko Nieminen ha battuto a Miami l'australiano Bernard Tomic 6-0 6-1 in appena 28 minuti e 20 secondi. Frantumato per mezzo minuto il vecchio record che resisteva dal torneo di Sydney del 1996 quando l'anglo-canadese Greg Rusedski superò con un doppio 6-0 il tedesco Carsten Arriens in 29'. Questo Tomic merita qualche parola in più: considerato da due anni un possibile top ten, soprattutto dai connazionali australiani che vorrebbero tornare ai fasti del passato, fin qui si è fatto notare per le clamorose sconfitte e un padre manesco (con gli altri).

Infortunio La corsa contro il tempo ha affascinato storici e statistici di mezzo mondo. La sfida di Miami però non ha il fascino della finale di Wimbledon 1881 vinta da William Renshaw su John Hartley (6-0 6-1 6-1) in 37 minuti o quella del 1936 vinta da Fred Perry in 40 minuti su Gottfried Von Cramm (6-1 6-1 6-0). Tra le donne sono da segnalare i 23 minuti che furono sufficienti a Suzanne Lenglen per battere nella finale di Wimbledon del 1922 la statunitense Mallory (6-2 6-0) o i 32 minuti che bastarono e avanzarono a Steffi Graf per schiacciare nella finale del Roland Garros del 1988 la bielorussa Natasha Zvereva per il più umiliante 6-0 6-0 della storia. Ci sono stati incontri durati ancora meno a causa d'infortuni. Al Roland Garros 2007 Mikhail Youzhny superò il ceco Jan Hernych che si ritirò nel corso del primo game. Nove punti in otto minuti, poi Hernych si fece male alla schiena.


Seppi batte un bel colpo, che maratona con Stepanek (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport, 22-03-2014)

Sembrerà banale, ma ci sono vittorie che hanno un peso specifico diverso dalle altre, perché rappresentano un punto di svolta, una ripartenza. In stagione Andreas Seppi aveva ottenuto tre successi a fronte di sette sconfitte, non esattamente l'avvio di stagione che ti aspetteresti dopo aver raggiunto la top 20: ebbene, finalmente contro il diabolico Stepanek con il suo gioco tutto d'attacco di antico retaggio, l'allievo di Max Sartori si è scrollato di dosso i dubbi di tre mesi in salita, imponendosi dopo una mezza maratona di due ore e 52 minuti.

Equilibrio Soprattutto, Andreas ritrova sul cemento di Miami, mai troppo amato, le qualità che lo avevano portato nell'empireo dei più forti in classifica, cioè la capacità di non concedere punti facili e di lottare su ogni palla. Le cifre, infatti, testimoniano di uno straordinario equilibrio: 6 ace e 6 doppi falli per ciascuno. sei palle break sfruttate da entrambi, 61 punti al servizio per l'azzurro e 64 per il ceco, che ha ottenuto cinque punti in più complessivi, 116 a 112. Ciò significa che la partita si è decisa su due/ tre palle e che Seppi ha saputo sfruttare le occasioni. Come nel primo set, quando il 35enne Stepanek, numero 49 del mondo (il nostro è 33), che aveva vinto 4 sfide dirette su 5, serve per il parziale sul 5-4 e sul 6-5, venendo poi costretto a un tie-break spettacolare ed estenuante che l'azzurro si aggiudica a otto. L'unico momento di debolezza di Andreas alla fine del secondo set, quando dal 4-4 (dopo la rimonta da 1-4) concede due giochi all'avversario, prima di issarsi 3-1 nel terzo. Stepanek recupera fino al 4-4, ma l'altoatesino gli strappa il servizio nel nono game e poi, dopo due match point annullati e tre pericolosissime palle del con-trobreak, si qualifica per il terzo turno, dove troverà Robottino Ferrer. Tra i big, qualche patema per Federer contro il re degli ace Karlovic (308 in stagione in 19 match), domato al tie-break del secondo set dopo però che lo svizzero nel primo set concede solo un punto sul proprio servizio (sul 5-4 40-0): «Il fisico risponde benissimo, ora i miei risultati dipenderanno solo dalla fiducia». Dal suo angolo, ha assistito al match la direttrice di Vogue Anne Wintour. Avanti anche Djokovic, mentre giovedì notte Hewitt, battendo Haase, ha raggiunto le 600 vittorie sul circuito, terzo in attività dopo Federer (942) e Nadal (675). E oggi tocca a Fognini contro Lasko.

Ciao Roberta Porte sbarrate, invece, per la Vinci, che prosegue nel momento no (una sola vittoria in singolare in stagione su nove match) e viene stoppata dalla ceca Strycova. E' la solita Roberta in versione 2014, che alterna grandi colpi a clamorosi cali di tensione, una giocatrice troppo passiva e che sembra tornata tecnicamente a qualche anno fa, quando non lasciava andare il braccio. Nella sagra degli errori contro la numero 64 del mondo, la tarantina paga il prezzo più alto. Coraggio, verranno tempi migliori.


Intervista a Flavia Pennetta - Flavia: «Fabio il tennis e i cavalli» - «Io, film e cavalli Altro che marito...» (Roberto Zanni, Il Corriere dello Sport, 22-03-2014)

Quanto si può cambiare dopo aver sbalordito il mondo, dopo aver dimostrato a tutti che in nove mesi si pub saltare dall'anonimato del 166 posto del ranking Wta alla soglia delle Top 10? Forse altri sarebbero cambiati, non Flavia Permetta E sempre La stessa: sorridente, disponibile, pronta a raccontare (quasi) tutto. E forse anche questa serenità fa parte dei segreti che hanno riportata ai vertici del tennis mondiale, a 32 anni, numero 12 ad appena due posti dal suo massimo in carriera.

«Dopo tornei come quello di Indian Wells la tensione aumenta, come le aspettative - spiega Flavia - però quando sono uscita dal campo domenica, dopo aver battuto la Radwanska non ho sentito quella euforia che mi potevo aspettare. Attorno invece si, anche quando sono arrivata a Miami, tanti complimenti, ma ho cercato subito di isolarmi, parlando con il mio allenatore, con il fisio. Non è sempre facile gestire queste situazioni, ma per ora ci stiamo riuscendo bene».

Si può dire che la partita con la Stephens, che a Indian Wells ha segnato in un certo senso la svolta, può essere definita uno dl quegli incontri da ricordare? «È stata orrenda - ride - ma c'è stato tutto, un casino. Da ricordare? Diciamo solo a piccole dosi, le parti positive. Quella invece indimenticabile? Ce ne sono tante, la prima che viene in mente gli US Open del 2009 con la Zvonareva».

Dal campo possiamo passare ad appena un po' fuori? "Mi puoi chiedere quello che vuoi - risponde ridendo per lunico no - tanto non dico nulla".

Fastidio o divertimento rispondere a tutti quel l' che vogliono sapere cosa succede in realtà tra gli amici Pennetta e Fognini? «Nè l'una e nemmeno l'altra cosa: capisco la curiosità ma poi cerco di farmi rispettare, casomai tagliando certe domande. Di oertonon mi arrabbio. Quello che mi disturba è quando mi fanno dire cose che invece non ho detto, quello sì».

Un po' come la data delle nozze di Flavia che secondo qualcuno era già stata fissata. «Questa è un'altra di quelle... stronzate, saltata fuori su Twitter, non so l'origine esatta, ma risale addirittura a luglio dell'anno scorso. Poi l'hanno ripresa ultimamente e chi lo ha fatto sa benissimo che non è assolutamente vero nulla».

Davvero non te la prendi? Forse perché oltre ll tennis, ü gioco della vita comprende tanto dl più? "I miei hobby? Mi piacciono i film Mi piace andare al cinema. E ci vado anche da sola, non importa dove sono in Italia o a Cincinnati. A volte mia madre mi dice: "Ma sei stata al cinema sola?" E io le dico "SI, non ti preoccupare". Lo faccio anche durante i tornei, mi rilassa..".

Ma quando Flavia riesce a trovare una pausa ha un rifugio segreto? «La mia grande passione sono i cavalli. Mi piacciono. Quando ho tempo mi chiudo in un maneggio, non solo per cavalcare, ma anche per prendere cura dei cavalli. Mi piace quella atmosfera. Per ora non ho dei cavalli. Però in futuro sl. Mi vedo. Da piccola, ogni Natale, chiedevo a mio padre di regalarmene uno, ma non c'è stato verso".

Allora tra qualche anno ci sarà la fattoria dl Flavia Pennetta? «Mia sorella me lo dice sempre'. "Ci prendiamo una casa in campagna, ci facciamo l'orto e teniamo i cavalli". Non so se alla fine sarà proprio così, però di sicuro i cavalli mi piacciono e in futuro, quando avrò più tempo, li prenderò".

E oltre I cavalli? «Domani grande tifo per Valentino Rossi, queste sono le cose che mi piacciono e mi motivano. Il calcio? Un po' meno, ma quando c'è l'Italia è diverso. Ecco posso dire che tutto ciò che è Italia mi appassiona. Quest'anno ho seguito per la prima volta il "6 Nazioni" di rugby, sono stata ospite in tv per la gara d'esordio dell'Italia, tutti giovani, hanno fatto un partitone. Io in teoria dovevo commentare, ma non avevo idea, dicevo: "A parte il fatto che non si può passare la palla in avanti non so nulla...". Mi sono appassionata, bello, davvero..".

Un'altra curiosità: cosa vuol dire vincere un milione di dollari? «Non lo so. A Indian Wells non sono nemmeno andata a ritirare l'assegno. Ci ha pensato il mio allenatore. I soldi sono importanti, è ovvio, ma questa volta non dico che siano passati in secondo piano, ma ci sono state altre cose che mi hanno riempito di più, la vittoria in sè che aspettavo da tanto. Nessuno ci sperava più, forse nemmeno io».
Adesso però è già terzo turno al Sony Open, Ana Ivanovic aspetta. «Partita difficile, non l'ho mai battuta (0-4 il bilancio ndr). Ma visto che quest'anno sto spezzando diverse serie-no, chissà che non mi riesca anche questa".


Intervista a Novak Djokovic - Nole Djokovic "La mia dieta segreta da numero uno" - Novak Djokovic "Ecco la dieta per diventare un campione" (Paolo Rossi, La Repubblica, 22-03-2014)

I contropiede restano il suo marchio di fabbrica, non c'è che dire. A Novak Djokovic piace sorprendere. Sempre. Che sia su un campo da tennis o nella vita di tutti i giorni. Ricordiamo con nostalgia le sue imitazioni (meravigliose) deivari Federer, Nadal, Sharapova (tanto per citarne alcuni). Poi smise di scherzare (gli altri sl risentirono) e si prese lo scettro del mondo, spodestando proprio Fede-rer e Nadal. E oggi con cosa ci vuole sorprendere? Con un libro. Dov'è la novità, direte? Che non è autobiografico, come fan tutti. Novak Djokovic ha scritto un libro di ricette. Ma tranquilli, non lascia il tennis. Non va a cercar fortuna a Master-chefe dintorni. ll volume (IL punto vincente, lo si trova in libreriada martedì 25, Sperling&  Kupfer, 16,50 euro) è il racconto segreto (non più tale, ormai) di un problema fisico.

Un problema che potrebbe vere— o che magari ha già avuto — qualsiasi sportivo, tennista e non. «Stavo per trionfare nella finale dell'Open di Croazia del 2006. La folla sugli spahi tifava per me, e la mia squadra mi sosteneva a gran voce» ricorda il campione serbo. «Ma io non li sentivo. L'unica cosa che udivo era un ruggito nella testa. E provavo un gran dolore: qualcosa mi otturava il naso, mi comprimeva il petto e mi versava cemento liquido nelle gambe». Non proprio la situazione che aveva pianificato quel ragazzino che, tredici anni prima, seduto davanti al televisore nel minuscolo salotto sopra la pizzeria dei suoi genitori, nello sperduto paesino di montagna di Kopaonik, in Serbia, aveva visto Pete Sampras vincere Wimbledon rimanendo folgorato sulla via di Damasco: «Decisi che un giorno ci sarei stato io al suo posto». Da quel giorno il piccolo Noie ha iniziato a scalare la montagna, fino ad arrivare al top. Poi l'ostacolo. Incomprensibile. «Avevo capacità, talento, motivazione. Avevo le risorse per sperimentare ogni genere di allenamento fisico e mentale concepito dall'uomo, nonché i medici migliori del pianeta a mia disposizione. Mi allenavo nel modo giusto, giocavo nel modo giusto, ma a frenarmi era qualcosa che non avrei mai sospettato».

Il cibo. Cioè il fattore che nel passato è stato spesso sotto stimato. Un esempio, Ivan Lendl, il cecoslovacco leggenda degli anni Ottanta Mangiava «mezza dozzina di uova strapazzate a colazione, due o tre hamburger a pranzo, con tanto di Coca Cola, e una bistecca la sera. Mangiavo qualsiasi cosa. Se non mi avesse fatto male, anche il cibo per cani sarebbe andato bene» ammise un giorno, dopo essere stato costretto dal suo staffa sottoporsi ad analisi del sangue, che constatarono un eccesso di protidi e tasso di colesterolo ampiamente sopra la media.

«Nel tennis di oggi, invece, una minima variazione in termini di abilità tecniche, condizionamento atletico o stato mentale può fare la differenza» ribadisce Djokovic, che parla per esperienza diretta. «Impazzivo perché non capivo l'origine: mi allenavo tutte le mattine e tutti i pomeriggi. Ogni santo giorno sollevavo pesi, andavo in bicicletta e correvo per ore. Non c'era un motivo logico per cti dovessi essere fuori forma Cambiai preparatoreatletico e programma di allenamento. E cambiai anche allenatore, pensando che qualche accorgimento tecnico potesse liberarmi dalla maledzione. Mi sottoposi perfino a un intervento chi-urgico al naso, sperando che mi aiutasse a respirare meglio».

No, non era quella l'area dove intervenire. E sapete chi era possiamo dirlo, non sarà il finale del libro) il "grande virus" del Djoker? Il grano. Cicrediate o no, sostiene Djokovic, il grano è capace di interferire con il sistema digestivo e provocare disturbi, infiammazioni e malattie autoimmuni. Può palesare persino disturbi psichiatrici latenti e, infine, limitare la performance atletica. Provocare "annebbiamento" mentale, senso di spossatezza. Effettiche possono abbattersi su chiunque, in qualsiasi momento. Djokovic può testimoniarlo in qualsiasi tribunale. Buon per lui che ha creduto al nutrizionista che gli fece la diagnosi, iniziando un percorso che mai avrebbe creduto di compiere.

«Credo che alcune cose nella vita succedano perché devono succedere. Credo che nell'universo ci sia un'energia che ci connette tutti quanti e che in qualche modo ci permette di comunicare. E non credo che le cose succedano per caso tutte quello che ci capita ha una ragione sua precisa». Scompare così il Djokovic amante del pane, e spunta il Djokovic che mangia solo pasta senza glutine con le verdure. «Ma se devo fare uno strappo alla mia alimentazione, e voglio farmi un regalo, mangio un dolce e scelgo una torta al cioccolato. Faccio questa scelta perché nella mia alimentazioneoltre al glutine hoeliminatozuccheri elattosio. Quindi no cioccolato e no zuccheri raffinati. L'unico zucchero di cui mi alimento è quello contenuto nella frutta».

Ma tutte le ricette contenute nel libro? Non sono uno scherzo, e non diteglielo che s'arrabbia: «Capisco che tutti si aspettassero una mia au to-biografia, ma a questo puntodella miacarriera mi sembrava ancora presto e quindi per il momento ho preferito condividere le mie esperienze in termini di alimentazione e di stile di vita. Spero che per il momento vada bene cosi, credo ci siano spunti important' da prendere in considerazione, ricordando però che questa è la mia esperienza e non è detto che sia perfetta per tutti».

La domanda, a questo punto, è spontanea: ma se mangiamo tutti così diventeremo dei Djokovic? «Ma no. Mica tutti devono mangiare come me. lo spiego che l'alimentazione è importante, e che si deve essere coscienti di questo. Verifichiamo, con test e esami, eventuali intolleranze e poi creiamoci uno stile alimentare adatto alle nostre vita e attività Non deve essere il mio. ma è sicuro che un'alimentazione con meno glutine e zucchero è vivamenteconsigliata. E se tutti iniziano a preoccuparsi della propria alimentazione succede che viviamo meglio, e sarei felice di questo». Ne è davvero convinto Djokovic: «Tutti noi abbiamo qualcosadi dire e da trasmettere». L'altruismo è una delle priorità della vita, soprattutto per chi, come lui, è coscientedi essere un privilegiato: i sacrifici veri sono quelli che fa la maggior parte della gente obbligata magari a fare lavori che non ama e con molto più stress e difficoltà del mio». È per questo — per il senso d'appartenenza (al popoloserbo) e l'aver sofferto (le bombe) in gioventù — che Novak Djokovic mantiene un equilibrio quasi da karma, anche dopo le sconfitte: «lo sono felice cosi. Nella vita ci sono cose più importanti che vincere a tennis o essere il numero uno». Come la salute, e per questo l' ultimo pensieco va all'amico Fiorello, reduce dall'incidente in scooter. "L'ho saputo, e mi è dispiaciuto molto. Spero che Fiore si rimetta presto. Per questo non guido le moto...».


Visto da vicino - Un talento da attore prestato al tennis (Gianni Clerici, La Repubblica, 22-03-2014)

Esiste un'iniziativa diffusa nel giornalismo contemporaneo, che tende a fare delle persone, nel caso dei campioni sportivi, dei personaggi. Un tempo, simile specialità era tipica degli scrittori, i quali si spingevano—disse Cyril Connolly—a far sì che i personaggi divenissero letterariamente immortali, mentre le persone scomparivano. Per rimanere al tennis, si è visto recentemente l'incredibile successo di un Pulitzer, J. R. Moehringer, che si è inventato l'inesistente personaggio di Agassi. E, non più tardi di ier l'altro, Federer ha affermato di «sentirsi Zen», dopo avermi domandato, in una conferenza stampa, chi mai fosse Freud.Aquestasortadi deformazione diretta ai lettori, sfugge invece Novak Djokovic, detto Nole. Il testimonio più attendibile non è certo un simil-Moeringer, o Foster Wallace, il genio che ha scritto, sul campione svizzero «Federer come esperienza religiosa».

Il testimone è invece uno del mestiere, Fiorello, che mi ha assicurato, anni addietro, che Djokovic avrebbe potuto essere un suo collega, e probabilmente già lo era, visto il dialogo che i due avevano intavolato su un palcoscenico romano. Si trattava, in realtà, di Commedia dell'Arte, e non di testi scritti, ma qualsiasi teatrante sincero vi dirà che frammenti di commedia dell'arte continuano a insinuarsi beneficamente tra le battute previste dai commediografi.

Simile affermazione di Fiorello non fece che ripetersi ognigiornoperchi, come lo scriba, ebbe la fortuna di assistere a più di un Australian Open. Un ex-campione, Courier, riciclato in intervistatore, spinse Djokovic, dopo le partite, nel mezzo del Centrale, a imitazioni dei suoi avversari degni di un autentico attor comico. I match vittoriosi, di Nole, divennero non meno appetibili dei suoi sketch finali, che sollevavano ondate di applausi, e di risate. Purtroppo quellarealtàdovette cessare, perché alcuni degli avversari, e il sindacato ATP, non gradirono quello svago, che sia in inglese, "play", che in francese "jouer", significa recita e recitare. L'inventore di una assoluta novità fuquindi costretto a limitarsi al gioco del tennis, e alla sua maggior specialità, gli straordinari colpi dagli angoli, in scivolata, per i quali sono necessarie giunture ed equilibrio non dissimili da un Nurejev o, per limitarci ai contemporanei, da un Bolle. Rimase quindi a bearci il Djokovic tennista, ma scomparve, per la mediocrità di chi era imitato, l'attore. Chissà se lo diverrà veramente, tra qualche anno, o come suggeriscono certi giornalisti serbi, non si dedicherà al palcoscenico della politica? In fondo, Reagan è stato solo il primo, tra i contemporanei.

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