ATP Finals, Torino rischia la beffa: serve l'aiuto del governo

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ATP Finals, Torino rischia la beffa: serve l’aiuto del governo

Il 15 febbraio va consegnato il dossier definitivo con le garanzie economiche. Serve una fideiussione a garanzia che FIT e istituzioni locali, da sole, non possono accollarsi. Binaghi: “Va costituita una società con la partecipazione preponderante della nuova Sport e Salute”

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ATP Finals 2018 (foto Alberto Pezzali/Ubitennis)
 

La questione è chiaramente diventata politica. La candidatura di Torino a ospitare le ATP Finals dal 2021 al 2025 vive giorni decisivi, perché il dossier definitivo va consegnato venerdì 15 febbraio e deve contenere le garanzie economiche a supporto della proposta. Le cinque candidate (insieme al capoluogo piemontese ci sono Manchester, Tokyo e Singapore oltre a Londra che potrebbe non passare il testimone) devono allegare – secondo quanto riportato da La Gazzetta dello Sport, nell’analisi di Riccardo Crivelli – una fideiussione da 62 milioni di euro a garanzia dei primi due anni del quinquennio. La cifra è importante e per raggiungerla serve liquidità immediata.

Va però specificato come la tassa a fondo perduto da versare all’ATP per l’intero quinquennio ammonti complessivamente a 78 milioni di euro (18 per il primo anno, 15 per i quattro successivi). I conti vanno quindi separati: l’esigenza di una cifra importante da garantire nell’immediato per la fideiussione, ma anche un investimento sui cinque anni (i 78 milioni) che potrebbe rivelarsi facilmente recuperabile. Per dare un’idea: gli introiti dell’edizione londinese del 2018 sono stati stimati in circa 60 milioni di euro tra diritti tv, sponsor, ticketing e indotto. Per aggiudicarsi le Finals serve un esborso importante, ma il gioco può valere la candela.

IL TEOREMA BINAGHI – Il primo step diventa quindi ottenere in pochi giorni, da un istituto di credito con filiale negli USA, una fideiussione dall’ammontare significativo. A fare la differenza sarà la solidità del soggetto contraente, che non potrà essere soltanto la federazione. Il presidente Angelo Binaghi, sempre su Gazzetta, ha spiegato così: “Risulta evidente come la FIT, che ha un bilancio annuo di 20 milioni di euro, non possa accollarsi il peso dell’intera fideiussione. Le cifre sono molto più importanti rispetto agli Internazionali di Roma. Perciò è fondamentale che si arrivi in tempi brevissimi alla costituzione di una società che ripartisca al suo interno le responsabilità economiche, con la partecipazione preponderante di Sport e Salute, che ha un bilancio di 400 milioni. Sulle quote non faccio questione di principio, potrebbe essere il 50 per cento in capo a loro e il resto diviso tra noi, Regione Piemonte Comune di Torino. Dico di più – prosegue Binaghi -, sul tavolo c’è giù un modello di contratto, quello di associazione in partecipazione tra la FIT e i suoi partner agli Internazionali. In questo caso Sport e Salute sarebbe l’associante e gli altri soggetti gli associati.

IL RUOLO DI SPORT E SALUTE – Ecco come sul tavolo della neonata Sport e Salute – società di diretta emanazione governativa che ha sottratto la cassaforte dello sport italiano a Coni Servizi – finisce subito un fascicolo importante quanto insidioso. La volontà politica diventa determinante, perché (a differenza del vecchio status quo) non ci sarebbe qui da superare il problema di un governo chiamato a garantire soldi a una società di cui non è partecipe. L’appello di Binaghi alla costituzione di un nuovo ente promotore ancora attende risposte, con il tempo che sta però per scadere. Non sono in discussione i rapporti (buoni, lo testimonia una recente intervista) tra i vertici FIT e i fautori della recente riforma dello sport italiano, ma i delicati equilibri all’interno della compagine politica alla guida del Paese.

Le Finals possono diventare per la Torino pentastellata di Chiara Appendino un risarcimento per l’esclusione dalla candidatura olimpica di Milano-Cortina? Se il progetto a cinque cerchi passa al momento dall’esplicita rinuncia a ogni contributo governativo, qui invece il supporto dell’esecutivo sarebbe necessario. Si parlerebbe di cifre chiaramente più basse rispetto a quelle necessarie per un’Olimpiade, ma la linea d’azione sarebbe comunque differente. A sciogliere le resistenze governative (soprattutto sul fronte Lega), potrebbe anche esserci una maggiore disponibilità da parte del vicepremier Di Maio ad autorizzare l’intervento statale anche per la candidatura olimpica, ammorbidendo il veto grillino. Non era da escludere – l’ha esplicitato qualche giorno fa il sottosegretario Giorgetti – il coinvolgimento del voto parlamentare. Ma i tempi adesso sono strettissimi.

ANSIE DAL TERRITORIO – Ciò che emerge in queste ore decisive è la preoccupazione di chi, a Torino e dintorni, sembrava cavalcare con significativo ottimismo fino a qualche giorno fa l’onda della candidatura. Ottimismo che sembrava autorizzato dall’ampia sinergia istituzionale che ha visto remare insieme – anche al momento dei sopralluoghi decisivi – governo, istituzioni locali, CONI e FIT.

L’edizione torinese di Repubblica dà spazio ai timori dell’assessore allo Sport della giunta Appendino, Roberto Finardi: “Dopo aver incontrato la delegazione ATP e aver sentito i loro discorsi – ammette – non dico che pensavo fosse fatta, ma quasi. Noi come amministrazione abbiamo fatto sistema e questa volta abbiamo dato il meglio, anche al CONI hanno fatto tutto il necessario con l’impegno di un grande professionista come Diego Nepi Molineris. Manca l’ultimo passaggio, ma sembra sia il più difficile. In un bilancio come quello della città di Torino le risorse economiche da fornire a garanzia non ci sono, altrimenti le avremmo già messe a disposizione per non trovarci in questa situazione. Va però tenuto presente che a fronte di un investimento di 20 milioni l’anno, il ritorno sarebbe di almeno 60 milioni. (…) Visto che i Giochi non sono stati dati a Torino ci dovrebbe essere un impegno maggiore per portare un altro appuntamento importante qui, perché abbiamo dimostrato in questi anni di saper organizzare grandi eventi sportivi”.

Sul rettilineo finale, ce la stanno mettendo tutta anche i privati per far cogliere al governo l’importanza di portare in Italia il Masters: il presidente della Camera di Commercio di Torino, Vincenzo Ilotte, ha scritto una lettera al premier Conte per sensibilizzarlo sull’opportunità di non far sfuggire dalle mani della città e dell’hinterland una così chiara occasione di sviluppo. Anche il gruppo Lavazza, eccellenza italiana del caffè che da anni vanta con il tennis un legame strettissimo, ha lasciato intendere il suo appoggio: “Da torinesi, se il sogno dovesse realizzarsi, noi saremmo fieri di esserci“, ha dichiarato il vice presidente Giuseppe Lavazza a La Gazzetta dello SportLa decisione finale, come noto, sarà affidata al board ATP in calendario a marzo in occasione del torneo di Indian Wells. Ma già in questi giorni si saprà se Torino potrà davvero giocarsela fino in fondo.

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