Quattro semifinaliste europee e nessun giornalista. Vale la pena fare uno sforzo per l’immagine del torneo?

Editoriali del Direttore

Quattro semifinaliste europee e nessun giornalista. Vale la pena fare uno sforzo per l’immagine del torneo?

Due top-ten non bastano? Siamo sicuri che non si possa fare nulla di più? Occorrerebbe una visione meno provinciale. E uno status

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Johanna Konta - Roma 2019 (foto Roberto Dell'Olivo)
 

Nel torneo femminile sono approdate alle semifinali quattro tenniste europee. Una ceca, Karolina Pliskova n.7 e una greca Maria Sakkari n.39, nella metà in basso. Un’olandese, Kiki Bertens n.4 e un’inglese, Johanna Konta n.42 nella metà alta del tabellone.

Nessuna di queste nazioni ha un rappresentante fra i giornalisti accreditati. È evidente che la colpa primaria non può essere di chi organizza, ma della situazione economica della stampa cartacea e forse di un certo disinteresse per il tennis femminile, in parte registrato anche in Italia dove tutto sommato le vittorie delle quattro ragazze Schiavone, Pennetta, Vinci e Errani, non hanno suscitato molta più attenzione del successo di Fognini e Montecarlo, della semifinale di Cecchinato al Roland Garros, dei primi exploit di Berrettini e perfino di Sinner. Il tennis femminile non attira quanto quello maschile, in un Paese di machi come il nostro.

Ciò detto, però non credete che chi organizza un torneo internazionale dovrebbe cercare di favorire la propria immagine facendo tutto il possibile per procurarsi un’adeguata promozione ed immagine? Forse, al di là della crisi economica di gran parte delle testate cartacee olandesi, inglesi, ceche e greche, non c’era sufficiente fiducia nelle loro chances di arrivare in fondo. Sono curioso di constatare se nel weekend qualche collega di questi quattro Paesi apparirà. Ma certo anche le previsioni meteo, soprattutto per domenica, non incoraggiano ad affrontare una trasferta dell’ultima ora.

Questo è il primo anno in cui non è presente a Roma neppure un giornalista britannico. Anche i colleghi inglesi, se solo aveste letto quel che hanno scritto in questi anni Barry Flatman del Sunday Times, Richard Evans di Fox, Times e varie testate, Simon Briggs del Daily Telegraph, non hanno mai particolarmente apprezzato lo scarso senso dell’ospitalità di un direttore del torneo che oltre a deludere scopertamente Fabio Fognini (“Ma ci sarà vita oltre Palmieri? Dirigerà anche le finali ATP di Torino e la Next Gen”, mi chiedevano un paio di colleghi francesi dopo aver appreso delle dichiarazioni di Fabio) non è mai stato gradito nemmeno ai giornalisti, perennemente snobbati oltre ogni dire, confinati all’ex ostello.

L’Equipe ha scritto oggi un articolo intitolatoMasters 1000 de Rome: le couacs de l’organisation’ (gli scricchiolii dell’organizzazione). Sotto si legge nel sottotitolo (che traduco): Il forfait di Roger Federer, infortunato a una gamba a causa delle righe fradicie del Grand Stand, mette in luce le numerose carenze dell’organizzazione del Masters 1000 di Roma. I giocatori lamentano…

Le prime righe dell’articolo dicono: “Il Masters 1000 di Roma, che si disputa ogni anno al Foro Italico, è per molti il più bel torneo del mondo insieme al suo omologo californiano Indian Wells. Lo deve soprattutto al campo Pietrangeli, semi-interrato e circondato da 17 magnifiche statue di marmo. Ma questo monumento non è sufficiente a nascondere i numerosi difetti del sito, assai angusto. Come conseguenza non ci sono parcheggi per gli spettatori, sono pochi i campi di allenamento per i giocatori, con criteri di prenotazione molto limitati e ci sono campi adiacenti appiccicati gli uni agli altri. Situazioni simpatiche per un circolo che disputi incontri sociali, meno per un Masters 1000…”.

Vi tradurrò, o in un prossimo articolo, o qui in un commento in evidenza, il resto dell’articolo. Intanto vi dico – per farvi capire il disagio dei giornalisti che desiderino coprire al meglio un torneo e che quindi disertano Roma… – che in quasi tutti gli altri tornei i giornalisti ITWA (La International Tennis Writers Association) hanno accesso alla players lounge, possono cioè incontrare i giocatori al di fuori delle banalissime conferenze stampa. E anche per i non ITWA members, ci sono pass temporanei in un numero limitato che consentono il medesimo accesso a Wimbledon come a Parigi, a Miami, Indian Wells e altrove. Ma a Roma no.

E allora perché mai i nostri colleghi dovrebbero venire a spendere soldi? Vi ho già detto nei giorni scorsi che a Roma chi non ha acquistato diritti tv non può filmare neppure i propri stand-up (che non credo costituirebbero un’insidia per Supertennis… se quello è l’obiettivo primario di Binaghi e soci). Di nuovo ripeto: ma perché mai un giornalista straniero dovrebbe venire fin qui? Di giornalisti americani, che non risiedano a Roma, qui ce n’è uno solo, che è un freelance. I giornali non li mandano perché non potrebbero avere contenuti che giustifichino le spese di un inviato.

Di spagnoli, sebbene qui ci sia un certo Nadal, che dopo 8 trionfi se non è il favorito n.1 poco ci manca, eppure non c’è proprio nessuno. Tedeschi nemmeno a parlarne. I francesi invece ci sono, 4 o 5, ma solo perché c’è il Roland Garros alle viste. Anche loro si dicevano stupiti del cinismo mostrato dalla FIT nel preoccuparsi soprattutto di non restituire il prezzo dei biglietti ai propri… clienti! Vi ho scritto qualche riga più su l’inizio del loro articolo. Avrete presto anche il resto.

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