La leggenda Nadal non ha ancora scritto la parola fine. Tornerà in Australia, ma già a Parigi lo attende lo Slam n. 22

Editoriali del Direttore

La leggenda Nadal non ha ancora scritto la parola fine. Tornerà in Australia, ma già a Parigi lo attende lo Slam n. 22

Il mondo intero, salvo tre Paesi, sembrava tifare per l’incredibile rimonta del mitico Rafa Nadal. “La più grande della mia vita”

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Rafael Nadal - Australian Open 2022 (foto Twitter @AustralianOpen)
 

Fenomenal. Immortal. Especial. Bestial. Magistral. Sensacional. Descomunal. Colossal. (E senza più rima…) Leyenda. Mito.

[Qui sotto la preview del video “La finale maschile degli Australian Open 2022 con Ubaldo Scanagatta” realizzato in collaborazione per la rubrica “Sotto rete” di Intesa Sanpaolo Sotto al video trovate un link per vedere la seconda parte. Attenzione: se aveste attivato lo schermo intero negli ultimi 5 secondi di questo video osservate e cliccate nell’angolo alto a destra l’avviso “Guarda il video completo”]

Clicca qui per vedere la seconda parte del video

Rafa ha lottato, lottato e lottato. Come sempre, forse più di sempre. Forse perché altre volte aveva giocato decisamente anche meglio (quanti dritti sbagliati…). Forse perché un mese e mezzo fa aveva pensato seriamente al ritiro. Forse perché pensava che questo sarebbe stato il suo ultimo Australian Open. Forse perché nel 2021 non aveva vinto nessun Slam e giocato nessuna finale Major, ma si era fermato alla semifinale del Roland Garros. Forse perché il 3 giugno compirà 36 anni.

Ma quando leggo di squadre di calcio che in 11 (ormai in 16) hanno vinto col cuore partite al novantacinquesimo, mi viene un po’ da sorridere. Cuore collettivo e condiviso in 16? Mentre se penso che Rafa ha vinto con il corazon come questa indimenticabile domenica australiana, mi commuovo e mi vengono le lacrime. Un braccio di ferro titanico, all’insieme fisico, tecnico, mentale. D’una intensità pazzesca, disumana. Nel video che ho lanciato ieri su Ubitennis ho detto appunto che Rafa è stato disumano quanto Federer, perdendo la finale di Wimbledon 2019, e Djokovic, arrendendosi a Medvedev nella finale di Flushing Meadows 2021, erano stati umani. Loro, fenomeni non meno di lui sia chiaro, in quelle due giornate che vorrebbero certo dimenticare, avevano tremato nei momenti decisivi. Rafa no.

Rafa ha davvero vinto nel modo più sorprendente, sorprendendo proprio tutti, in particolare coloro che hanno avuto il privilegio di poter seguire in diretta la sua stupefacente impresa, quando ha perso quel secondo set sebbene fosse stato avanti 5-3 e setpoint,  e poi anche 5 punti a 3 nel tiebreak (perso 7-5).

E quando lo hanno visto sotto nel terzo set 3-2 e 0-40 contro il russo, il grande favorito del torneo, il campione dell’ultimo US Open che impietosamente aveva stoppato Novak Djokovic dall’ingresso nella storia più prestigiosa, quella dei vincitori del grande Slam accanto a Don Budge e Rod Laver. Il russo professionalmente accreditato del ruolo di ufficiale guastafeste. Rafa sembrava a quel punto, morto e sepolto. Tennisticamente, s’intende.

Ma, sorprendendo anche se stesso, come ha detto Rafa, detto e ripetuto, l’irriducibile maiorchino ha lottato, lottato, lottato con tutto il corazon finchè, ai supplementari, esperito l’ultimo tentativo di provocar l’infarto ai suoi aficionados nel commettere un imperdonabile doppio fallo sul 5-4 30-15 a 2 punti dalla vittoria e nel perdere di seguito il servizio, è riuscito ancora a prodursi nell’ultimo rush allo scadere di una maratona pazzesca di 324 minuti. A porre fine all’incredibile battaglia ecco una volee di rovescio che lui, Medvedev, i loro due clan, Tennis Australia che sognava solo l’eterno oblìo per il caso Djokovic, milioni, milioni e milioni di spettatori nel mondo non dimenticheranno mai.

Ci sono tanti modi di scrivere una storia, ma come l’ha scritta Rafa, con la collaborazione involontaria di Medvedev, è da premio Pulitzer.

Dicevo che Rafa poteva giocare meglio. Certo che sì. Soprattutto nel primo set. Ma anche dopo, perchè dopo aver compromesso il secondo set mettendo pochissime “prime” al momento di chiuderlo, avere 22 pallebreak e trasformarne solo 7 non è statistica degna del miglior Rafa, anche se ovviamente Daniil Medvedev ci ha messo del suo. Ma anche Medvedev ha avuto momenti sì e momenti noaltrimenti avrebbe vinto lui. Molto probabilmente in tre set se avesse trasformato una di quelle tre pallebreak consecutive per il 4-2.

Ma non solo. Perché anche lui ha avuto – buffo no? – le stesse 22 pallebreak di Rafa, ma ne ha trasformate solo 6, una di meno rispetto al Fenomenal, Immortal. Especial, Bestial, Magistral, Sensacional, Descomunal, Colosal Nadal, tutti aggettivi con la maiuscola. Chissà, forse proprio è stata proprio quella a far la differenza.

Fatto sta che oggi nessuno osa discutere la legittimità della “guerra” vinta da Nadal. Guerra è stata. Ma che Medvedev abbia contribuito all’epica del match ciccando più d’una opportunità, credo che vada detto per onestà intellettuale, anche se al di fuori dalla Russia (forse anche in Serbia e Svizzera?) tutto il tifo del mondo era per Rafa, in particolar modo dopo quel secondo set perso a quel modo.

Tifar contro l’indomito guerriero di Minorca Rafa alle prese con quella che lui ha definito “La più grande rimonta della mia carriera” – e di partite ufficiali ne ha vinte solo 1039 insieme a 90 tornei e 21 Slam! – sarebbe stato crudele e ingeneroso, sadico come strappare il giocattolino prediletto a un bambino o la pensione a un nonno.

E infatti sono sicuro che Rafa era sincero quando ha detto: “Ho provato emozioni più forti di quando ho vinto il mio primo Slam, non c’è dubbio. A fine carriera apprezzi maggiormente certi momenti perché sai che opportunità simili saranno sempre più rare. A 19 anni certo che fu speciale, ma sai che se continuerai a giocare bene avrai altre chance. Ora invece non sai mai che cosa ti aspetta. Sono fiero di quel che ho fatto e la soddisfazione è maggiore rispetto a qualche tempo fa. No…non mi interessa altrettanto aver vinto uno Slam in più di Roger e Novak, l’ho sempre detto che non è quella la cosa più importante e lo penso ancora adesso”.

Dall’età del suo primo Roland Garros sono passati 17 anni, un’era e un record nell’era Open. Soltanto Ken Rosewall, 19 anni fra il suo primo Australian Open (1953) e l’ultimo (1972) è stato campione di Slam più infinito.

Rafa è anche il primo dell’era Open a rimontare una finale in Australia con l’handicap di due set: ma nel ’65 Roy Emerson recuperò lo stesso deficit all’altro aussie Fred Stolle, 7-9,2-6,6-4,7-5,6-1.

Beh, due mesi fa, e l’ha ripetuto in tutte le salse in Australia, Rafa non sapeva neppure se sarebbe stato in grado di venirci a Melbourne. Per il piede operato, per il Covid-19 contratto a dicembre. E Roger Federer nel congratularsi con lui ha ricordato di avergli parlato “Quando eravamo tutti e due con le stampelle!”

E pensare che Medvedev aveva vinto tutti i suoi 37 incontri di Slam sui campi in cemento quando aveva vinto il primo set. E che Nadal in tutte le sue finali di Slam su quegli stessi campi non era mai riuscito a concedersi la più piccola  rimonta.

Ma anche se a Rafa non era mai riuscita una rimonta così, però quante volte ha provato che non è tipo che si batta da solo, soprattutto quando c’è un trofeo dello Slam in palio. Ne ha vinti 21, ne avrebbe potuto vincere anche qualcuno in più. Quante volte si è fatto male quando avrebbe potuto arrotondare il suo bilancio? Cinque, sei? Al prossimo Roland Garros uno dei primi due favoriti – se ci sarà o meno un Djokovic vaccinato –  sarà nuovamente lui. Tredici Roland Garros non gli bastano a questo punto. E neppure 21 Slam.

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