Ivan Ljubicic: “Roger non ha mai cercato una ragione per smettere. Ha cambiato lo sport”

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Ivan Ljubicic: “Roger non ha mai cercato una ragione per smettere. Ha cambiato lo sport”

Le parole dell’ultimo coach dello svizzero a Sky Sport dopo il ritiro del campione elvetico: “La finale del 2019 a Wimbledon un dolore indigeribile, la vittoria del 2017 con Nadal la gioia più grande”

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Con l’avvicinarsi delle ATP Finals torna “Sottorete”, la video-rubrica curata da Intesa Sanpaolo in collaborazione con Ubitennis in cui vi accompagneremo passo dopo passo, tra aggiornamenti sulla corsa alla qualificazione e pillole dal passato, all’appuntamento in programma a Torino dal 12 al 19 novembre 2023.

Con il secondo appuntamento con “Sottorete” Ubaldo Scanagatta fa il punto della situazione sulle speranze degli italiani di accedere al torneo. Mancano ancora tanti tornei importanti e ci sono molti punti ATP a disposizione prima delle Nitto Atp Finals di Torino, ma Jannik Sinner sembra quasi avere già un piede fra i primi otto. L’altoatesino è quinto con oltre 1000 punti di vantaggio sul n.9 della Race di Torino, Taylor Fritz. Per quanto riguarda gli altri italiani, Lorenzo Musetti sta giocando bene ed è al suo best ranking, n.16. Ma anche Matteo Berrettini sta recuperando alla grande. Pure Lorenzo Sonego dimostra di essere competitivo su più superfici. Il sogno, ancora realizzabile, è quello di ritrovarsi con due italiani in lizza per gli otto posti a Torino. 

Clicca qui per guardare il video completo sul sito di Intesa Sanpaolo

Il mondo dello sport e del tennis saluta Roger Federer, l’annuncio del suo ritiro è certamente la notizia del giorno, non inattesa ma comunque sensazionale per tutto ciò che lo svizzero ha rappresentato. Così Ivan Ljubicic, l’ultimo coach dello svizzero, ha commentato il momento ai microfoni di Sky Sport.

Ljubicic, sapeva da tempo della decisione? Ha provato a convincere Roger a ripensarci?

“Io voglio pensare che dobbiamo festeggiare una carriera, non è un momento triste. Lui non gioca da più di un anno… Lo sapevo da un po’ di tempo, sì. Vuole giocare la Laver Cup, ma ha deciso di mettere la parola fine. Ha cercato di fare di tutto per poter tornare competitivo: lo ricordiamo e lo conosciamo come un giocatore vincente. Lui soprattutto è questo: Roger è eleganza, è classe, ma soprattutto ha vinto tantissimo. La prima immagine di lui che mi viene in mente? I numeri spaventosi, come l’aver vinto per 19 anni di fila il titolo di giocatore più amato. Però soprattutto lui ha portato il tennis su un altro livello. Tutti gli altri, me compreso, lo hanno inseguito e hanno dovuto migliorare per poter stargli dietro. Lui ha rotto il ghiaccio, gli altri sono arrivati dopo e come è normale per certi versi lo hanno pure superato”.

Federer è il primo dei Fab 4 a ritirarsi… Fine di un’era?

“Sapevamo che sarebbe arrivato un momento in cui i Big 4 si sarebbero persi per strada. Roger è il più vecchio ed è normale che si sia ritirato per primo. Ma anche Nadal e Murray hanno problemi, e pure Djokovic. Roger ha giocato più di 1500 partite in singolare sul tour ATP, senza contare doppi, allenamenti, circuito junior. Ha un chilometraggio illimitato. Io mi sono ritirato nel 2012, a 33 anni, e mi sentivo vecchio; Roger oggi ne ha 41. Lui ha alzato l’asticella da tutti i punti di vista. Tutti ora saranno tristi nel non vederlo più giocare, anche se lui ha detto di amare troppo il tennis per smettere di giocare. Lui ha fatto vedere a tutti che si può giocare e vincere a 36-37 anni. Ha cambiato lo sport”.

Che tennis lascia Federer?

“Lui è stato il primo a dominare 52 settimane l’anno. Prima di lui abbiamo avuto Borg, McEnroe, Sampras, Agassi, per carità, ma lui è stato il primo a far vedere a tutti che si può vincere sempre. Lui ha fatto 17 finali in 18 Slam di fila, ha avuto una continuità impressionante. Ha portato nel tennis la continuità. Ha portato un tennis bello e lo sta lasciando altrettanto bello perché Alcaraz, il n.1 di oggi, gioca un tennis spettacolare e bello da vedere. Federer ha cambiato lo sport. La differenza tra lui e altri come Sampras sarà il fatto che Roger non lascerà mai del tutto il tennis come ha scritto nel suo messaggio, perché sente il fatto di dovere così tanto a questo sport”.

Lo hai trovato come avversario e lo hai supportato come coach. Cosa ti ha impressionato di più?

“L’energia che ha. Come gestisce le problematiche nella vita e in campo. Da avversario era il più complicato. Ricordo quando giocavamo contro, nel 2005 o 2006. Si presentava sempre con una tattica diversa, non giocava mai due partite uguali, ed era impossibile preparare la partita contro di lui, perché non sapevi cosa aspettarti. Da allenatore l’ho trovato un po’ sfiduciato, quando sono arrivato era da 4 anni che non vinceva uno Slam. Abbiamo provato a dargli la fiducia per vincere uno o più Slam. Non abbiamo mai lavorato su un colpo specifico, ma sul gioco in generale, perché secondo me doveva stare più vicino al campo e giocare piatto per togliere tempo all’avversario. Ma mi ha sempre impressionato, di lui, l’energia: dorme poco ma funziona benissimo. E ragiona in modo impeccabile, è veramente una macchina perfetta”.

Da allenatore di Federer c’è una sconfitta che ti è rimasta sul groppone in modo particolare?

“La finale di Wimbledon 2019, indigeribile anche col tempo. Ma la vittoria dell’Australian Open contro Nadal è stata una gioia indescrivibile e mai provata prima. Per me è stata la partita più storica di sempre, ovviamente sono di parte, ma c’era molta pressione, erano i due giocatori che hanno accettato questo ruolo di giocare la partita più importante della storia del tennis, i due prima della partita non si nascondevano in proposito. La sua stagione 2017 è stata impressionante, e ha continuato a vincere anche nel 2018. Diciamo che queste due partite hanno segnato la mia carriera con Roger. Un’altra forse è la semifinale di Wimbledon 2019, vinta contro Nadal in quattro set. Lui era preoccupato, sotto pressione, abbiamo dovuto lavorare per convincerlo di poter vincere perché in quel momento si sentiva inferiore. Abbiamo dovuto tirarlo su e convincerlo. Ho pianto dopo quella semifinale, poi quella partita sarà dimenticata per quanto successo due giorni dopo, ma per me fu molto emozionante”.

Se avesse vinto Wimbledon 2019, avrebbe smesso in quel momento?

“Lui non ha mai cercato una ragione per smettere. Lui vuole e vorrebbe giocare, ancora oggi. Questo forse non tutti lo hanno capito. Lui vorrebbe vincere, stare lì, combattere, è la sua vita. Quella del 2019 ovviamente è stata una partita che ci ha dato un grande dolore. Ma anche la finale del 2009 dello US Open con Del Potro secondo me è stata molto dolorosa, avrebbe potuto cambiare il corso della storia. Ci sono state partite che invece non doveva vincere e le ha vinte; ad esempio il quarto turno del Roland Garros 2009 contro Haas. In definitiva, non credo che se avesse vinto Wimbledon 2019 avrebbe smesso. Lui smette oggi perché il suo corpo gli sta dicendo che non può più essere competitivo come vorrebbe ancora essere. Ha sempre giocato divertendosi e cercando di vincere il più possibile, ma senza mai cercare la ragione per smettere”.

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