Mario Sconcerti non è più fra noi. Ubaldo Scanagatta ricorda il grande giornalista fiorentino incontrato grazie a… Panatta e Bertolucci

Editoriali del Direttore

Mario Sconcerti non è più fra noi. Ubaldo Scanagatta ricorda il grande giornalista fiorentino incontrato grazie a… Panatta e Bertolucci

I due tennisti si esibirono come calciatori nel Montemurlo. Ubaldo e Sconcerti furono inviati a raccontarne le gesta calcistiche. La comune passione per la Fiorentina. I consigli da direttore: “Non raccontare Flushing Meadows come Wimbledon…”

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Mario Sconcerti (foto Twitter @OfficialSSLazio)
 

È morto improvvisamente, in ospedale, ma dove si era recato per fare soltanto una serie di controlli, Mario Sconcerti. Aveva 74 anni. E’ stato certamente uno dei migliori giornalisti sportivi dell’ultimo mezzo secolo. Quando si ha una certa età, e io ce l’ho, bisogna purtroppo mettere in conto che la Signora in Nero bussi alla tua porta senza preavviso.

Ho già fatto cenno al fatto, indiscutibile, che è stato un grande giornalista. E non lo è stato solo per sé, per quello che ha scritto su tante diverse testate, ma anche per tutti i giornalisti che si è trovato a dirigere. Fra questi anche il sottoscritto.

Mario Sconcerti – e mi duole parlarne al passato, mi sembra inverosimile – non era tanto uno story-teller alla Gianni Clerici, ma semmai un opinionista del suo mondo, quello del calcio, alla Rino Tommasi, se – da indegno allievo – volessi tentare di avvicinare la sua figura a una delle due figure così diverse, dei miei due grandi Maestri del mondo tennis (e non solo quello, lo sapete).

Chi sia stato, quali percorsi abbia fatto il fiorentino Mario Sconcerti, figlio di Adriano (famoso procuratore di pugilato che fu manager fra gli altri di Sandro Mazzinghi), scrivendo prima per il Corriere dello Sport, poi per Repubblica, quindi per il Corriere della Sera, e diventando poi apprezzatissimo opinionista per quasi tutti i più importanti network italiani (SKY, RAI, RMC, MEDIASET) lo potrete leggere – se avrete pazienza – in fondo a questo mio ricordo personale.

Ho conosciuto Mario a bordocampo di un campo di calcio, quello del Montemurlo, provincia di Prato, da cui dista 28 km ma fino al ’92 era provincia di Firenze.

Quale anno fosse esattamente non se lo ricorda neppure Paolo Bertolucci. “Forse a metà degli anni Settanta…”

E perché avrebbe dovuto ricordarsene per l’appunto Paolo Bertolucci?

Beh, perché io per il mio  giornale La Nazione e Mario Sconcerti per il suo Corriere dello Sport, fummo inviati a Montemurlo perché in una partita di non so più quale campionato – un’amichevole? – il Montemurlo schierava Adriano Panatta centravanti e Paolo Bertolucci ala destra!

Fu così che conobbi, in quell’occasione, Mario Sconcerti. E ricordo che Rino Tommasi si raccomandò: “Salutami Mario, ho incrociato talmente tante volte suo padre…anche se lui si occupava di Mazzinghi e io invece organizzavo riunioni di Nino Benvenuti”.

Paolo Bertolucci non si ricorda neppure di aver giocato quella partita. Io invece la ricordo bene e ricordo anche che con Mario ci dicemmo che ci aveva impressionato calcisticamente molto più Paolo (aveva uno scatto breve bruciante, lui che sul campo da tennis qualcuno considerava lento anche se non lo era, ma il fisico di Pasta Kid era ingannevole) che non Adriano.

A smuovere i nostri giornali, a richiedere quel servizio sui tennisti famosi che diventavano calciatori per un giorno era stata assai più la curiosità per Adriano che a quei tempi era l’uomo copertina…: Se anche in Davis magari era stato più determinante Barazzutti, in copertina e nei titoli finiva sempre e comunque Panatta. Niente è cambiato sotto questo profilo, neppure ai giorni nostri. Chi è il personaggio più personaggio de La Squadra, il docufilm di Procacci? Chi è dei quattro in tv ogni due per tre nei programmi più diversi a parlare di tutto e di più?

Dopo quella prima e strana occasione Mario e io ci siamo rivisti e sentiti in mille occasioni, anche per via della grande e comune passione per la Fiorentina. Non so più quante volte ci siamo trovati da ospiti a discuterne nel corso delle rubriche quotidiane del tardo pomeriggio in Pentasport, la fortunata rubrica radiofonica di Radio Bruno, la radio viola diretta da David Guetta (è solo un omonimo del celebre disc-jockey, tranquilli).

Mario è stato anche, per un certo periodo, mio direttore quando dirigeva le pagine sportive di Repubblica all’epoca in cui collaboravano Gianni Brera, Mario Fossati, Gianni Mura, Emanuela Audisio (ci collabora ancora) e io che con uno pseudonimo, Mario Ellena, curai per un certo periodo una rubrica settimanale, Tennis Week, scrivendo anche da alcuni tornei dove andavo a mie spese (prima dell’assunzione a La Nazione o in ferie).

Sotto la sua guida feci anche interviste piuttosto impegnative – ricordo una pagina intera con Martina Navratilova…– ma ricordo soprattutto che lui pretendeva articoli che dovevano essere diversi da quelli che ero più abituato a scrivere per altre testate. Gli aspetti tecnici non si addicevano troppo ai lettori di Repubblica che all’inizio dell’avventura Scalfariana aveva ritenuto addirittura di poter fare a meno delle pagine dello sport. Salvo poi ricredersi, prima con una edizione sportiva del solo lunedì. E successivamente invece a respiro quotidiano. 

So che conosci il tennis  a menadito, la tecnica, che l’hai giocato, e anche che conosci bene tutti i tornei – mi diceva – ma mi raccomando che nel dirci chi ha vinto e perché…non ti devi dimenticare mai di far capire dove ti trovi. Se sei a New York non sei a Wimbledon. Se una partita si gioca nel puzzo e nel frastuono dei campi infernali in cemento di Flushing Meadows in mezzo al casino perenne della gente che si muove, che grida, che mangia gli hamburgers e gli hotdogs, che è vestita in shorts e scarpe da tennis come se tutti gli spettatori fossero loro per primi dei giocatori… raccontalo, fallo capire, non scrivere chi ha vinto, come e perché, come se quella partita si giocasse nei silenzi e fra i gesti bianchi di Wimbledon, sull’erba verde e profumata che attutisce perfino il rumore dell’impatto della palla sulle corde della racchetta.

Ecco vi ho fatto un esempio di una delle prime nostre conversazioni da capo pagina a inviato giovanissimo e certo inesperto…Ma le nostre occasioni di colloquio erano sempre stimolanti, interessanti, istruttive.

Lui non era mai banalePoteva, a volte, non sembrare troppo coerente, perché magari un anno prima aveva sostenuto – anche dissertando di calcio e di Fiorentina della quale era stato anche direttore generale ai tempi di Vittorio Cecchi Gori – un concetto o un argomento in modo diverso, e un anno dopo invece smentirlo come se quelle cose non avesse mai sostenuto, ma poi era lui il primo a dire – se glielo si faceva presente senza eccessi polemici (avvea un caratterino non facile!) – che la coerenza non era sempre una qualità e che quando una persona aveva cambiato idea era perché “è più intelligente cambiarla piuttosto che arroccarsi su una idea sbagliata”. Insomma, non doveva necessariamente essere scambiata per trasformismo, per opportunismo. Certo è che i suoi argomenti, bianchi o neri che fossero (mai bianconeri però!), Mario li difendeva con grande decisione. Non si è fiorentini per caso. Non siamo, spesso, capaci di agire di fioretto. Siamo più da sciabola. E non sempre simpatici. Maledetti toscani, secondo Curzio Malaparte e non solo, siamo polemici per natura, litighiamo più degli altri. Non tutti eh…

Vabbè, ripeto e ribadisco, è stato un grande e mi mancheranno le sue analisi, le sue opinioni, le sue certezze più che i suoi dubbi. L’ultimo suo articolo l’avevo letto una settimana fa in sede di presentazione del duello di quarti di finale del mondiale in Qatar Francia-Inghilterra, sul Corriere della Sera.

Di certo lui non si aspettava che fosse il suo ultimo articolo. “Per Natale torno a casa”. Non se lo aspettava né lui né nessuno. Di certo non io. Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace. Soprattutto a una certa età sappiamo bene, mentre attorno i vuoti crescono, d’essere appesi a un filo. E quanto accaduto a Sinisa Mihajlovic…dice che il peggio può’ accadere purtroppo anche prima di quella certa età cui Mario e io apparteniamo.

Mi sento di concludere, prima di ricordare qua sotto la brillante carriera di Mario, con la più grande delle filosofiche banalità. Di quelle che Sconcerti non avrebbe scritto. E cioè che anche se ci accadono tante cose spiacevoli che crediamo di non meritare e che sulle prime ci fanno perdere la trebisonda e gridare contro certe ingiustizie di cui ci sentiamo vittime, non vale però assolutamente la pena di prendersela e perderci il sonno. Raccomandazione inutile, forse, ma da continuare a fare a noi stessi. Magari imparando a fare mindfulness. È quella dottrina che ti insegna a scacciare dalla mente, soprattutto quando vorresti dormire, pensieri ricorrenti negativi, terribilmente ripetitivi (uno si può chiedere se sia arteriosclerosi perché accade soprattutto agli anziani…) che diventano quasi ossessivi. Che la terra vi sia lieve Sinisa e Mario.

Biografia :

Mario Sconcerti iniziò la propria carriera al Corriere dello Sport, nella redazione fiorentina. Nel 1972 passò alla redazione di Milano. Poi, a fine ’74 a quella di Roma. Per cinque anni si occupò di ciclismo: cinque Giri d’Italia e tre Tour de France. Raccontò la prima Parigi- Roubaix di Francesco Moser in modo inimitabile.

Nel 1979 passò a Repubblica. E creò una redazione sportiva, le cui firme di maggior prestigio furono Gianni Brera, Gianni Mura, Mario Fossati, Emanuela Audisio, Licia Granello. Divenne poi responsabile delle sedi di Milano, Bologna e Firenze di Repubblica. Dopo una parentesi alla Gazzetta dello Sport – quando il presidente della FIT Paolo Galgani lo suggerì quale direttore alla contessina Bonacossa…inimicandosi per sempre Candido Cannavò che da allora in poi con la FIT dell’avvocato fiorentino non fu mai tenero…-  tornò a Repubblica, dove divenne il fondatore e responsabile delle pagine fiorentine (1988) nella prima sede della redazione, in via Maggio, Oltrarno. Nel 1990 passò a Milano. Poi nel 1992 diventò direttore del Secolo XIX di Genova. Tornò presto a Roma per guidare, per sei anni (1995-2000), il Corriere dello Sport. A fine 2000, sotto Vittorio Cecchi Gori, divenne direttore generale della Fiorentina, la squadra del suo cuore.  Iniziò anche la sua carriera televisiva. Nel 2003 l’approdo su Sky Sport. Dal campionato del mondo 2006 è prima firma sportiva del Corriere della Sera. Nell’agosto 2016, dopo tredici anni come opinionista sui canali Sky, venne ingaggiato dalla RAI come commentatore e opinionista sportivo. Dopo essere stato opinionista del campionato del mondo 2018 per Mediaset, ricompare come ospite su Rete 4 a Pressing – Prima serata e su Italia 1 a Pressing nella stagione 2021-2022 e 2022-2023.

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