Rassegna Stampa del 1 Ottobre 2009

I giochi di prestigio dei Battistone. Quelli del tennis a due manici (Marino), Puerta, ultime cartucce (Bisti)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

I giochi di prestigio dei Battistone. Quelli del tennis a due manici

Giovanni Marino, la repubblica.it del 1.10.09

La battuta è un gioco di prestigio: avviene tutto con una rapidità sorprendente, pallina nella mano destra, racchetta a doppio manico nella sinistra. Lancio accompagnato da un balzo in alto degno di un grande schiacciatore professionista di pallavolo. Subito dopo la sorpresa: contemporaneo cambio di mano in aria,la destra ora impugna la racchetta, la sinistra si agita per dare slancio al corpo arcuato. Via, un rumore secco. L'impatto con le corde. E se non sei stato nevitabilmente distratto da questo tourbillon di gesti assolutamente insoliti, allora potrai osservare una buona prima di servizio dell'originalissimo doppio dei fratelli Battistone (americani di chiare origini italiane). Un marchio di fabbrica.
Non l'unico perché valli a trovare due tennisti che giocano con quella bizzarra tipologia di racchetta, saltano come canguri quando devono cercare l'ace e, di fatto, hanno cancellato dal (loro) gioco un colpo che ha fatto la storia dei gesti bianchi: il rovescio. Sostituendolo con un sempiterno dritto a due mani. Lanciati circa dodici mesi fa da un video di YouTube, cliccatissimo, i fratelli stanno diventando una vera attrazione dei tornei di terza e seconda fascia, categoria Itf o Challenger. Un po' come lo furono, ma a ben altri livelli (perché capaci di vincere 10 tornei fra cui, nel 1992, il Roland Garros), i fratelli Jensen, Luke e Murphy, che giocavano passando la racchetta dalla mano sinistra alla destra e dando spettacolo con tuffi e altre acrobazie, bandane in testa e occhiali a specchio compresi.
Dann Battistone, di 32 anni e Brian, di 30 sono due atletici tennisti di Santa Barbara, California. Hanno fissato la loro residenza ufficiale a Las Vegas e fino a qualche tempo fa hanno dato la priorità agli studi piuttosto che a una carriera sportiva vera e propria: Dann è tuttora assistant coach alla Brigham University; Brian il team manager dello stesso college mormone, che si trova nello Utah. Ma piano piano hanno capito che potevano ambire a qualcosa di più anche nel tennis pro. Intendiamoci: non è che vincano molto, anzi, in singolo veleggiano attorno alla millesima posizione del ranking Atp e in doppio Brian è 197esimo e Dann 296esimo (davvero modesti i prize money raccolti, 40 mila dollari). Ma in questa specialità qualche partita la stanno portando a casa (vantano un successo a Baton Rouge, in un Itf che si disputa in Louisiana) e, soprattutto, assieme cominciano ad attrarre un discreto pubblico e a farsi una certa pubblicità.
Si divertono, insomma e fanno divertire. D'altronde non è da tutti avere queste capacità di coordinazione per battere in quel modo e giocare con quel tipo di racchetta. Qualità che vanno loro riconosciute. Da qualche mese i due si sono anche decisi a varcare l'Oceano (prima giocavano solo negli Usa) e a fare conoscenza con la terra rossa europea. In Italia, in settembre, hanno giocato e stupito a Palermo, nel "Sicilia classic - Mancuso company cup", challenger da 30 mila dollar che grazie all'impegno del direttore del torneo Sergio Capraro, ha segnato un coraggioso ritorno del tennis a Palermo dopo la sconcertante (colpevole) cancellazione dal calendario del tradizionale e prestigioso appuntamento Atp che vanta nell'albo d'oro i nomi di Bjorn Borg, Guillermo Vilas, Manolo Orantes, Mats Wilander, Sergi Bruguera, Thomas Muster, Fernando Gonazalez. I Battistone hanno riscosso applausi nella splendida cornice del Country, sui courts del club guidato da Oliviero Palma e Giorgio Cammarata, a due passi dalla spiaggia di Mondello. Hanno perso subito, ma anche vederli allenare è stato particolare, soprattutto per i ragazzini.
Subito dopo, sono approdati a Napoli, collina di Posillipo, per la "Tennislife Cup - trofeo Kimbo", nel suggestivo panorama del Green Park. In un crescendo di popolarità che ha portato a bordo campo, in un caldissimo pomeriggio di fine settembre per un doppio di fatto piuttosto anonimo (il marocchino El Amrani e l'olandese Middelkoop gli avversari poi battuti in due set), una schiera di cameramen e fotografi di agenzie di stampa anche internazionali. "Ma quanto diavolo è difficile cogliere l'attimo esatto di quel balzo alla battuta, si muovono come degli esagitati", è stato il ricorrente commento preoccupato dei fotoreporter davanti allo stile-Battistone. Ricercatissima, dai teleobiettivi, la racchetta chiamata "The Natural", quella con il doppio manico. Inventata dal loro attuale coach, Lionel Burt, canadese trapiantato in California.
Incalzati dalla curiosità di spettatori e colleghi, Brian e Dann hanno raccontato l'origine dell'attrezzo: "Anni fa Lionel ha avuto problemi fisici perché aveva sempre praticato sport usando principalmente la parte destra del corpo, così cominciò a giocare a tennis passandosi la racchetta da una mano all'altra ma la cosa non gli dava poi un gran sollievo e si mise a cercare un'altra soluzione: in questo modo venne fuori la racchetta a due manici". Burt convinse Brian a usarla durante un allenamento a Los Angeles e quest'ultimo, a sua volta, spinse suo fratello Dann a provarla. Risultato, la "Natural" è stata adottata dai due californiani che si dicono certi della qualità della racchetta: "Possiamo praticamente usare sempre il dritto, diamo un maggiore spin ai colpi, una diversa velocità alla pallina; immaginate se la usassero anche i grandissimi, quelli dai dritti devastanti, chissà cosa potrebbe accadere; pensate a Rafael Nadal che tira il dritto da entrambi i lati del campo... come farebbe Roger Federer?".
Sarebbe la dittutura del diritto. Meglio non pensarci. Perché i Battistone saranno pure simpatici e innovativi ma il rovescio, la bellezza del colpo e la sua efficacia, le vicende dei tanti campioni che sul rovescio hanno costruito leggendarie carriere, non può essere cancellato da due manici in un solo fusto. In back, top, piatto, a una mano o bimane, sarà sempre infinitamente più bello del "doppio dritto" made in Battistone. Per conferme, chiedete a Rod Laver, Ken Rosewall, Bjorn Borg, John McEnroe, Guillermo Vilas, Jimmy Connors, Stefan Edberg, Andrè Agassi, Gustavo Kuerten Gaston Gaudio, Richard Gasquet, Roger Federer solo per fare qualche nome del passato e del presente. A loro, statene sicuri, basterà sempre una racchetta con un solo manico per disegnare il campo a colpi di splendidi rovesci.

Puerta, ultime cartucce

Riccardo Bisti, www.tennisbest.com del 30.09.09

E’ stato uno dei personaggi più discussi del decennio. Nessun tennista è mai stato sospeso due volte per doping: Mariano Puerta si. La prima volta nel 2003, quando risultò positivo al clenbuterolo, sostanza vietata contenuta in un prodotto per l’asma. Dovevano essere due anni di squalifica, vennero ridotti a 9 mesi e una mini-multa di 5600 dollari. Due anni dopo nel suo corpo venne trovata l’etilefrina. Il secondo caso di positività comporterebbe la radiazione, invece gli diedero 8 anni “Perché la quantità era troppo bassa per alterare il suo rendimento”. Lui fece appello, il CAS di Losanna gli diede ragione: sanzione ridotta da 8 a 2 anni. In mezzo a queste avventure, tanto per gradire, ci fu l’incredibile finale al Roland Garros 2005, quando battè Davydenko in semifinale prima di lottare alla pari contro Nadal. Perse in quattro set, ma secondo molti (Toni Nadal compreso) giocò meglio. Qualche mese dopo salì al numero 9 ATP.
Carriera tra alti e bassi
Ma Puerta non è mai stato un tennista come gli altri. La sua carriera è stata costellata da alti e bassi. A causa del doping, certo, ma anche di un fisico soggetto ad infortuni e a una psiche molto delicata, suscettibile. Saperlo prendere non è mai stato facile. Non fosse stato per la finale a Parigi, la sua notorietà sarebbe quasi eccessiva in relazione ai risultati. In fondo ha vinto “solo” tre tornei ATP (Palermo 1998, Bogotà 2000 e Casablanca 2005) e, come detto, non ha mai brillato per continuità. Eppure gioca un ottimo tennis. Dal basso dei suoi 180 centimetri (forse anche meno) è dotato di un buon servizio, un dritto devastante e un rovescio di tipica scuola argentina, tanto bello quanto efficace. Un tennis buono per costruirsi un’ottima carriera, ma forse non sufficiente per le sue ambizioni. Difficile credere che non si sia mai aiutato. I tribunali lo hanno graziato un paio di volte, ma essere beccato per due volte non può essere un caso. Al secondo rientro, datato Giugno 2007, disse che si vedeva tra i top 100 in sei mesi, sicuramente tra i top 50 l’anno dopo. Non ce l’ha fatta. Ha giocato parecchio, ha vinto un buon challenger a Bogotà la scorsa estate, ma al massimo è salito al numero 149. Perchè stavolta ha giocato pulito, potrebbe sostenere qualche maligno.

"Faccio un ultimo tentativo"
Qualche giorno fa ha compiuto 31 anni: sembra proprio che la benzina stia per finire. Il torneo di Bogotà è la prima tappa della “Copa Petrobras”, lungo circuito di tornei challenger sudamericani. Questa settimana si gioca a Buenos Aires, nel ricco Vilas Club. Puerta c’è (ma ha avuto bisogno di una wild card, essendo sceso al numero 339 ATP), ma potrebbe essere l’ultima volta. “Forse mi ritiro. Giocherò i tornei della Copa Petrobras, poi deciderò se andare avanti ancora un anno”. La “Legiòn Argentina”, la generazione di giocatori che a inizio millennio hanno riportato il paese ai vertici, si sta lentamente sgretolando. Guillermo Coria e Agustin Calleri si sono ritirati, Guillermo Canas già pensa di aprire un’accademia a Miami, mentre il duo Gaudio-Zabaleta (coetanei di Puerta), dopo un 2008 passato in pantofole ed infradito, sta faticosamente lottando nei torneo challenger (i due si troveranno al primo turno proprio a Buenos Aires). Un paio di mesi fa Puerta è stato sull’orlo del ritiro, poi ha trovato la forza di “provare a sparare le ultime cartucce”. La benzina è improvvisamente finita lo scorso Luglio, durante il challenger di Manta. Era impegnato contro il colombiano Alejandro Gonzalez, aveva perso 6-1 il primo set. E decise di andarsene. “Non ce la facevo più. Da allora sono stato tre settimane senza fare niente fino a quando mi è tornata un po’ di voglia. Ho parlato al mio coach e al mio preparatore atletico (Leo Olguin e Dario Lecman, ndr), e ho detto che volevo provarci per l’ultima volta. Mi sono allenato per sei settimane, dopodiché sono andato a Bogotà. Mi sono sentito meglio, ma si giocava a 2700 metri d’altura, non fa testo. Vediamo che succede a Buenos Aires”.
A caccia di motivazioni
Adesso si sottoporrà ad un forcing di tornei, 7-8 eventi uno dopo l’altro. Non cerca grossi risultati, quanto piuttosto la motivazione. “Fisicamente e di tennis sto bene. Ma è dura motivarsi, specie dopo essere stato così in alto. Ogni cosa pesa molto di più. Mi sto allenando da tre a cinque ore al giorno, ma non posso fare come quando ero un ragazzino. Diciamo che ci sono vicino”. Dopo aver parlato con il suo psicologo, Puerta ha deciso di combattere l’assenza di motivazioni giocando in posti dove si trova bene. Bogotà ("Lì mi trattano benissimo"), Buenos Aires, Montevideo, Asuncion…Ma le premesse non sono le migliori. “Prendere l’aereo è diventata una tortura. E’ già una guerra arrivare ad Ezeiza (l’aeroporto di Buenos Aires, a 40 km di traffico dalla città, ndr). Capita di dover partire alle 18 e trovarsi alle 14 senza aver fatto la valigia. In questo periodo provo a viaggiare in compagnia, in modo da patire il meno possibile. Ho passato il mio compleanno ancora una volta lontano da casa. E’ dura”.

Futuro incerto
Puerta non ha ancora deciso cosa fare dopo il ritiro. “Non so, prima voglio dedicare tutte le mie energie all’ultimo tentativo con il tennis. Molto probabilmente resterò in questo mondo, ma non credo di creare un’accademia. Non fa per me. Ci pensavo poco fa: dovessi decidere di ritirarmi, questo torneo sarebbe la mia ultima apparizione a Buenos Aires”. Perlomeno ha evitato il più inglorioso degli addii: avevano programmato il suo primo turno sul campo 6, alle 11 del mattino, contro il qualificato Andres Molteni. Ha vinto 6-4 6-3, adesso se la giocherà con Horacio Zeballos, numero 1 del tabellone.

 

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