Antidoping

Wickmayer e Malisse a rischio

Il belga ha saltato un controllo antidoping e non si è reso reperibile due volte negli ultimi 18 mesi; la rivelazione degli Us Open ha solo violato la norma Wada sugli spostamenti. Alessandro Mastroluca

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Yanina Wickmayer, semifinalista agli Us Open, e Xavier Malisse, attualmente n.153 del ranking, sono stati convocati dal Tribunale Fiammingo Antidoping (VDT) per aver violato le norme della Wada, che richiedono la compilazione del questionario ADAMS (Anti-Doping Administration and Management System) con l’indicazione degli spostamenti quotidiani, tra le 6 e le 23, per un periodo di tre mesi. L’ex “signor Capriati” non avrebbe comunicato un cambio di programma per due volte negli ultimi 18 mesi, e nello stesso periodo si sarebbe sottratto ad un controllo anti-doping. Mentre la Wickmayer avrebbe solamente mancato di avvertire le autorità antidoping nazionali. La normativa prevede che alla terza violazione possa scattare una sospensione. Malisse sarà ascoltato l’8 ottobre, la Wickmayer il 22.

“È tutto un misunderstanding” ha detto il portavoce della diciottenne, Rudi Kuyl, mentre i giornali belgi sottolineano come il mancato adempimento di tutti i requisiti formali potrebbe non essere sufficiente a configurare l’ipotesi di infrazione delle norme Wada.

La notizia comunque non può che rinfocolare il dibattito sull’utilità di questa nuova regolamentazione e sul difficile equilibrio con le norme a tutela della privacy. Furono proprio 60 atleti belgi, a gennaio, ad avviare una causa davanti al giudice ordinario contestando questo nuovo regolamento accusando la Wada e l’Itf di perpetrare una violazione della privacy.

La norma è stata aspramente criticata in passato anche da Serena Williams e da Rafa Nadal, e non ha portato un aumento significativo delle sospensioni. A questo proposito, secondo Bill Gifford “il tennis mantiene l’immagine di sport da gentiluomini, non sporcato da steroidi, trasfusioni, stimolanti e altre pratiche dopanti tipiche dell’atletica [...] perché il programma anti-doping è una farsa”.

I dati sembrano, purtroppo, dargli ragione. Nel 2008, secondo un rapporto pubblicato sul sito dell’ITF, sono stati condotti appena 142 test a sorpresa fuori dai tornei sui primi 130 giocatori al mondo. Nello stesso periodo, l’International Cycling Union ne ha collezionati 6449 su oltre mille corridori e la Iaaf ne ha realuzzati 1823 su circa 500 atleti.

Questi controlli sono essenziali perché, come sostiene Stuart Miller, che supervisiona i test per la Federazione, è più probabile che gli atleti assumano sostanze per migliorare le prestazioni in allenamento o durante un periodo di recupero da un infortunio. E ha annunciato un aumento dei test tra il 2008 al 2009, ma senza fornire cifre o ulteriori dettagli.

L’altro grande limite dei controlli anti-doping nel mondo del tennis è l’assenza, o comunque l’insufficienza, di test in grado di rivelare l’assunzione di EPO. Nel 2008 la Federazione ne ha condotti 20 durante i tornei e 32 fuori. Troppo pochi, ha chiosato Miller, che ha anche sottolineato come la Federazione non abbia aumentato tali controlli, che vengono effettuati solo qualora i primi screening del campione di sangue indichino la possibilità di assunzione di doping, nel 2009. a, ha spiegato, i tennisti potrebbero essere meno inclini a tali pratiche rispetto ad altri atleti.

Una posizione che non convince David Howman, ex tennista a livello junior ed ex presidente della Federazione neozelandese, benché condivisa da molti, anche in altre discipline. “Purtroppo i fatti smentiscono questa teoria” ha dichiarato qualche tempo fa al New York Times. “Oggi ci sono molti modi, anche sofisticati, per assumere doping ora che gli atleti possono assicurarsi di reggere lo sforzo fisico per lunghi periodi. E questo riguarda anche il tennis” ha concluso.

 

Alessandro Mastroluca

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