Rassegna Stampa del 27 Ottobre 2009

Safina-Serena, chi è la maestra (Martucci), Sono cambiata e non finisce qui (Torromeo), le Williams "spaventano" l'Italia (Valesio), Tutti contro la Pennetta, colleghe incluse (Rossi), il Bello delle Donne (Commentucci)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Safina-Serena, chi è la maestra

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 27.10.09

OH computer mostra un'anima, se non un senso dell'ironia o del rispetto per gli emiri del Qatar che hanno speso 42 milioni di dollari per ospitare il Masters donne a Doha (dall'anno scorso, fino a Istanbul 2011). E, dopo appena 2 settimane, riporta al primo posto della classifica mondiale Dinara Safina, la regina senza Slam, senza servizio e senza la personalità del fratello, Marat, ma esempio di costanza e continuità (che, dal 23 aprile, aveva tenuto lo scettro per 26 settimane). Costringendo all'ultimo sprint Serena Williams—la numero 1 virtuale, campionessa di Australian Open e Wimbledon —, per colmare i 155 punti di distacco. Occasione L'occasione è l'ultima gara stagionale che comincia oggi con le prime 8 della graduatoria e 4.550.000 di dollari. Sul Golfo Persico, la russa può cancellare i crolli nei grandi match (a Melbourne, Parigi e Wimbledon), e anche nei piccoli, nel primo turno di Pechino, contro Zhang, numero 226 mondiale: la peggior sconfitta di sempre di una numero 1 come differenza in classifica. E l'afroamericana può convincere che la latitanza è motivata dagli infortuni e non dalla protervia vista a New York nelle pubbliche minacce al giudice di linea. Matrioske Lo squadrone russo è sempre ben nutrito. Safina si ribella: «L'anno scorso non la finivo più di vincere e tutti mi domandavano perché non fossi la numero 1, ora lo sono e tutti mi parlano degli Slam. C'è sempre qualcosa che non va». E le connazionali la difendono. «Se lo merita», taglia corto Svetlana Kuznetsova. Non è la prima numero 1 senza aver vinto uno Slam», suggerisce Elena Dementieva ricordando l'Amelie Mauresmo del 2004-2005, che si sbloccò vincendo il Masters 2005 e poi firmò Australian Open e Wimbledon 2006. Lanciando la volata a Dinara che, nei 2 gironi all'italiana di Doha, per determinare le semifinaliste, è nel gruppo della tenace Jelena Jankovic e delle rivelazioni stagionali, Caroline Wozniacki e Victoria Azarenka. Mentre nell'altro raggruppamento si fronteggiano Serena e Venus Williams (campionessa uscente), Kuznetsova, e Dementieva. Promesse Safina, Wozniacki e le Williams sono le candidate alle semifinali di sabato. Ma hanno tutte le gomme sgonfie, e Serena ha due spade di Damoeie sulla testa: la finale di Fed Cup contro l'Italia del 7-8 novembre sulla terra rossa di Reggio Calabria e la commissione disciplinare Itf che discuterà a novembre la sua squalifica per i fatti degli Us Open (quindi il primo Slam 2010 a Melbourne). Mentre le grandi assenti, Maria Sharapova, Kim Clijsters e Justine Henin, fanno rombare i motori per il 2010. Anni; dal '97 regine-regine Dal 1997, il Masters donne è stato sempre vinto da una giocatrice che era o era stata numero 1 del mondo. Possono vantare questo record Jankovic, Safina e le due Williams. Venus l'anno scorso vinse battendo m finale per 6-7 6-0 6-2 la russa Zvonareva (ora riserva come Agnieszka Radwanska).

Sono cambiata e non finisce qui

Dario Torromeo, il Corriere dello Sport del 27.10.09

La risonanza magnetica al ginocchio sinistro di Flavia Pennetta aveva evidenziato «la distensione del complesso posteriore esterno del ginocchio sinistro con piccolo versamento» Dopo riposo, antifiammatori e fisioterapia, ieri il nuovo controllo Infiammazione e versamento sono m via di totale guarigione Domani Flavia tornerà in campo. La finale di Fed Cup è salva Francesca Schiavone, il capitano Corrado Barazzutti dice che la cosa che l'ha più colpito nella tua vittoria al torneo di Mosca (montepremi da un milione di dollari, impresa mai riuscita prima a un'italiana) è stata la capacità di esprimerti con continuità ad alto livello. «Ha ragione Sono andata in crescendo, anziché alternare alti e bassi. Primo match non granché bene, ma nei momenti importanti ho fatto la differenza Secondo incontro meglio, quarti di finale bene, semifinale molto bene. In finale ho giocato in modo perfetto per vincere quella partita”. Come spieghi questa continuità finalmente raggiunta «Io la vedo in questo modo, per quanto irreale possa sembrare. Ho vissuto tantissimo il presente, l'attimo. Ho creduto m quello che facevo nel momento in cui lo facevo. Tu potresti dire perché allora non accade sempre, perche non lo fai in tutte le situazioni' Entriamo in un campo più difficile da spiegare. Stavolta ci sono riuscita e questo mi ha permesso di giocare non solo bene, ma anche di trovare l'energia necessaria per continuare a giocare cosi, per andare sopra qualsiasi cosa, per superare la tensione». Barazzutti ha detto che gli è piaciuto il modo in cui hai saputo leggere ogni partita, capire come giocarla. «Credo che questa sia una dote che mi appartiene A volte riesco a metterla in atto m modo evidente, a volte meno II fatto è che con giocatrici di altissimo livello basta un attimo per sprecare tutto Faccio un esempio nel primo set della finale stavo 3-1 e ho perso il servizio, l'ho subito brekkata di nuovo e sono andata 42 Magari se lo fai con Serena Williams, quella serve, ti spara due ace e devi ricominciare tutto daccapo. Ho sfruttato la possibilità di vincere con giocatrici buone, ma c'è un altro gradino da fare» Per la finale di Fed Cup speri che vengano entrambe le Williams o che non venga nessuna delle due «Spero che vengano entrambe. Se pensi agli Usa, pensi a loro. Un po' come se pensi all'Italia pensi a Pennetta e Schiavone, scusa Schiavone e Pennetta (ride, nar) A livello personale, mi piacerebbe giocare contro le sorelle. La percentuale di vittoria si ridurrebbe, sarebbe stupido negarlo. Ma per me sarebbe uno stimolo in più». Come finirà la sfida di Reggio Calabria «Con noi felici e contente, perché credo che indipendentemente da come finisca avremo confermato ancora una volta che esistono giocatrici italiane a un livello cosi alto da battersi per vincere il titolo monelle con la possibilità di farcela». Mosca è stato il torneo più della tua vita «Quest'anno ho vissuto un grande Wimbledon. E' imparagonabile. Ho sentito e provato sensazioni di qualsiasi genere, emozioni di tipo umano e tennistico, che non avevo mai provato prima Autentiche vibrazioni. In quel torneo ho scoperto una nuova parte di me. Non che no la conoscessi, sapevo di averla, ma spesso non riuscivo ad esprimerla e cosi non portavo a casa alcune partite Invece stavolta sono stata una macchina da guerra E ho vinto 4-5 partite m cui di solito sarei stata in difficoltà in difficoltà. Li, ci sono passata sopra come un rullo compressore. Come ti ha aiutato Barazzutti a Mosca «Corrado mi ha dato un aiuto da ex giocatore a giocatrice. Dal punto di vista umano e una persona che ti da sicurezza, dal punto di vista professionale e uno che ha vissuto da giocatore questi momenti e può capirti. Non parlo di tecnica o tattica Mi ha dato fiducia, sicurezza. Mi ha sollecitata a tirar fuori quello che io ho. Ha avuto un ruolo fondamentale nell’aiutarmi a esprimere quella che sono» Dove vuoi arrivare «Il mio obiettivo è vivere migliorandomi ogni attimo e in ogni occasione Essere il 17 del mondo mi fa piacere. E' "utile" Sei testa di serie, sei dentro i tornei più grandi, e un riconoscimento concreto sul circuito. Dove voglio arrivare? Ti risponderò quando ci sarò arrivata» LA SCOPERTA Ho trovato l'energia necessaria per superare la tensione per avere continuità di gioco

Le Williams "spaventano" l'Italia «Giocheremo la finale di Fed Cup»

Piero Valesio, Tuttosport del 27.10.09

Lo scontro delle titane pare proprio che sarà delle titane davvero. Dal Masters femminile di Doha che prenderà il via oggi giungono segnali certi Venus Williams risponderà regolarmente alla convocazione della capitana Mary Jo Fernandez e sua sorella Serena ci sarà al 90% Franceseca Schiavone (che ieri è gloriosamente tornata fra le prime venti giocatrici del mondo occupando la posizione numero 17) dovrà dunque cavalcare assai bene l'onda lunga dell'entusiasmo derivante dal suo successo moscovita per prendere per mano la formazione azzurra e trascinarla a giocarsi un match almeno m equilibrio «Io non ho dubbi se staro bene giocherò ha detto a Doha la numero 1 di fatto del tennis mondiale (Serena) anche se e stata scavalcata dalla Safina a causa degli astrusi calcoli del computer. E Venere si e detto per nulla preoccupata del cambio di superficie (a Reggio Calabria si giocherà sulla terra) e tanto meno delle condizioni climatiche di certo diverse da quelle di Doha. “E che sarà mai mi e già successo che prima di scendere in campo abbia nevicato. Sono pure di buon umore le sorellone Cerchiamo di metterci di buon umore anche noi pensando positivo. Flavia Pennetta (che e tornata n 11) è tornata in Spagna e lentamente ha ripreso ad allenarsi. Solo palestra ma l'infiammazione e in via di guarigione e il dolore è scemato. Domani tornerà in campo dopo il ritiro di Mosca Lo staff azzurro è ansioso di vederla e si valutare live le sue condizioni, fino ad ora i contatti sono stati solo telefonici.

Tutti contro la Pennetta, colleghe incluse

Paolo Rossi, la Repubblica del 27.10.09

Roba da guinness, il caso di Flavia Pennetta. E' la storia di una vincente che si ritrova tutti contro. L'Itf e la Wta, perfino le altre tenniste che la scaricano invece di difenderla. Ma cosa avrà mai fatto, la numero uno del tennis italiano? Nulla di criminoso, solo aver guadagnato con le altre azzurre la finale di Fed Cup e, personalmente, il pass per il Tour. Il calendario folle penalizza la nostra n. 1, che perderà posti dopo essere entrata nella Top 10 IL NO DEL BOARD il 16 ottobre il Consiglio direttivo della Wta, dopo il precedente parere delle giocatrici, nega a Flavia Pennetta i benefit è prenotata per il prossimo fine settimana contro le americane: è la finale di Coppa Davis delle donne. Però, in contemporanea, Flavia è qualificata al torneo di Bali: montepremi di 600mila dollari, in palio 600 punti, ammesse le migliori tra le escluse dal Masters principale che si sta giocando a Doha, in Qatar. Domanda ovvia: com'è possibile un errore del genere in quello che viene considerato il calendario più controllato del mondo. I dirigenti internazionali si chiudono a riccio, evitano l'assunzione di responsabilità. Il presidente della Federazione mondiale, Francesco Ricci Bitti, dice chiaro e tondo che «è un problema della Wta, perché la Fed Cup è lì in calendario da sempre». Noblesse oblige, insomma. La Wta replica che non è vero, che le date della finale della Coppa Davis. Salta la mediazione il Council delle giocatrici rifiuta un indennizzo in punti e soldi femminile erano diverse in passato: si giocava a settembre, non a novembre. Un meraviglioso scaricabarile, ma con la Pennetta che si fa? La Fit chiede un compromesso: «Si diano dei soldi e dei punti a chi è costretto a rinunciare ad un torneo prestigioso». Il caso viene esaminato dal Players' Council, ne fanno parte dieci giocatrici che giungono a questa conclusione: «Verrebbero penalizzate anche le altre giocatrici, passasse la richiesta italiana». Si va ai voti: uno per l'azzurra, un'astensione e otto contrari. Una grande occasione di solidarietà tra tenniste va perduta nel nulla. Alla fine, nei documenti ufficiali, campeggiano parole come «The players' choice» (cioè la scelta è solo della brindisina), «Bali isn't mandatory tournament», non è obbligata ad esserci, Flavia. Ci rimetterà solo punti e soldi. Itf e Wta intanto stilano il calendario della stagione 2010: la finale di Fed Cup ed il torneo di Bali, sono di nuovo contemporanei. Con un asterisco che significa possibile modifica certo, ma sempre contemporanei. Incredibile.

Il Bello delle Donne

Robero Commentucci, www.spaziotennis.com del 26.10.09

Con la splendida vittoria di Francesca Schiavone nel Wta Premier di Mosca – il più importante torneo, in termini di montepremi, mai vinto da una giocatrice italiana – la differenza di rendimento in questa stagione 2009 fra le giocatrici italiane e i loro colleghi maschi si è fatta davvero imbarazzante.
Qualche numero
Le nostre ragazze hanno vissuto una annata fantastica: si sono aggiudicate 4 tornei del circuito maggiore (tra cui per la prima volta figurano 2 eventi “Premier”, Los Angeles e Mosca) hanno giocato 10 finali, portato una loro rappresentante fra le prime 10 della classifica mondiale (un traguardo storico) e si sono qualificate (per la terza volta in quattro anni) per la finale della Federation Cup, battendo tra l’altro due potenze tennistiche come la Francia (stracciata con un umiliante 5 a 0 in trasferta) e la corazzata Russia. Negli Slam, hanno messo insieme due piazzamenti nei quarti di finale (la Schiavone a Wimbledon, la Pennetta allo US Open).
I nostri maschietti, invece, non sono andati al di là di 3 modeste semifinali (2 Seppi, una Fognini) nei tornei Atp di livello più basso, i “250”; non sono riusciti ad andare oltre il secondo turno nei tornei dello Slam; sono ormai da 9 anni confinati nella serie B della Davis e non vincono un torneo Atp dal 2006, quando Filippo Volandri si aggiudicò l’ultima edizione del defunto torneo di Palermo.
Il diverso rendimento ovviamente si riflette sulla posizione in classifica: fra le ragazze chiuderemo l’anno con due giocatrici fra le prime 20 del mondo, mentre fra i maschi avremo con ogni probabilità un solo tennista a stento fra i primi 50.
E non è tutto. Il dominio delle donne sul tennis azzurro sembra destinato a durare anche in prospettiva futura: anche a livello di ricambi, infatti, fra i due settori le prospettive sono ben diverse: mentre fra le giovanissime abbiamo un vero esercito di ragazzine terribili, fra i maschi i giovani con concrete possibilità di arrivare fra i primi 100 si contano sulle dita di una mano.
Ma da che dipende questo apparentemente inesplicabile fenomeno?
La parola magica: professionalità.
Le spiegazioni possono essere molte.
Sicuramente fra le donne c’è una concorrenza meno numerosa e qualificata, ed è più facile emergere ad altissimo livello che non fra gli uomini.
Sicuramente il tennis in Italia tra le ragazze riesce ad attrarre elementi dall’ottimo fisico, mentre tra i maschi la concorrenza di altri sport (in primis il calcio) si fa sentire maggiormente e priva i nostri vivai degli elementi atleticamente più dotati.
Tuttavia, probabilmente la ragione vera ed ultima è una sola: le nostre donne sono più determinate, più convinte, più disposte a sacrificarsi, più coraggiose nelle scelte. In una parola più professionali.
Basta vedere la caparbietà con cui tenniste di medio livello – come sono ad esempio Maria Elena Camerin o Alberta Brianti – sono sempre pronte a salire sul primo aereo per andare a giocare un torneo magari in estremo oriente: sul cemento, con climi spesso impossibili, cibo da prendere – letteralmente – con le molle, culture diversissime. Ma loro vanno, si buttano, ed ottengono i loro bravi risultati. Non stanno a perdere tempo con i challenger nel circolo di casa, sulla confortevole terra battuta.
Ma oltre alla diversa ambizione nella programmazione, ciò che ha fatto la differenza, in questi anni, è stata la capacità delle nostre giocatrici di lavorare su loro stesse e sui loro limiti, per migliorarsi e crescere.
Prendiamo le nostre due portacolori, Francesca Schiavone e Flavia Pennetta.
Qualcuno ricorderà la prima Schiavone, quella ragazzina di poco più 20 anni capace, nel lontano 2001, di arrivare nei quarti di finale a Roma e a Parigi. Una tarantolata regolarista, con una gran capacità di soffrire in difesa, una clamorosa rapidità di piedi e un buon rovescio, ma anche una tennista modesta: un diritto francamente inguardabile, un servizio tenero, una posizione in campo sempre tremendamente arretrata, a correre e remare in braccio ai giudici di linea…
Che differenza con la tennista che abbiamo ammirato negli anni successivi: dotata di un servizio che fa male, di un liftone di diritto (il suo antico punto debole) che mette in crisi le top players, di una strepitosa capacità di variare ritmo, angoli e rotazioni, di un gioco al volo acrobatico e spettacolare.
Dietro una simile trasformazione, c’è una sola ricetta: lavoro, lavoro, lavoro e ancora lavoro. Soprattutto con Daniel Panajotti, il tecnico argentino che le cambiò il diritto. Ma anche da sola, in palestra, per irrobustire il fisico, migliorare il peso di palla, acquisire la capacità – che ad inizio carriera non aveva – di tirare dei winners.
Un discorso analogo può essere fatto per Flavia Pennetta. Alla sua prima apparizione fra le prime 100, l’azzurra incantava per la grazia e la pulizia dei gesti, l‘efficacia del rovescio bimane, la leggiadria del tocco, la solare avvenenza mediterranea. Ma ad uno sguardo più attento si vedeva anche dell’altro. Un fisico sinuoso ma rotondetto e poco tonico, che la penalizzava gravemente degli spostamenti. Un diritto giocato con una western esasperata, da cui usciva una palla magari pesante, ma che andava spesso fuori misura, specie in lungolinea. Un servizio discreto nella prima palla ma di burro nella seconda. E una tendenza perniciosa a giocare sempre uguale, sempre di ritmo, sempre sulle diagonali, sempre alla stessa velocità, senza mai variare il gioco. Il modo migliore, con quelle forti, per essere presa a pallate…
Chi avrebbe mai pensato che una così un giorno sarebbe entrata fra le prime 10 del mondo? Che si sarebbe costruita una delle migliori prime palle di servizio del circuito? Che avrebbe reso il diritto un colpo affidabile quasi quanto il rovescio? Che avrebbe fatto della rapidità di spostamento una delle sue armi migliori? Chi avrebbe mai creduto che una delusione d’amore, anziché generare sconforto e rassegnazione, si sarebbe trasformata in ulteriore grinta e motivazione?
Di nuovo, come si vede, è sempre la solita, vecchia storia. Non ci sono segreti, nello sport. Quel che conta, è rimboccarsi le maniche, meglio ancora se si ha a fianco una persona di qualità, e della quale si ha fiducia, come Gabriel Urpi.
Conclusioni (visionarie).
Insomma: le nostre ragazze, anche dopo essere approdate nel circuito maggiore, non si sono sentite “arrivate”, ma sono state in grado di continuare a lavorare duro su tecnica, fisico e testa per migliorarsi, fino ad estrarre da loro stesse il 100% del loro potenziale. E’ quello che i coach chiamano “allenabilità“.
I nostri ragazzi, per ora, non sembrano in grado di fare altrettanto.
Il contrasto tra il lungo percorso di sviluppo delle nostre giocatrici di punta e la mancata evoluzione tecnica e fisica dei nostri attuali giocatori (Gaudenzi e Furlan erano un’altra storia) è infatti davvero stridente. E ti viene una certa malinconia. Nel pensare a cosa avrebbe potuto fare ad esempio un Volandri, se a 22 anni si fosse messo in testa di andare a giocare sul veloce e di imparare a servire. Nel pensare a cosa potrebbe ancora fare un Bolelli, se si mettesse a testa bassa a lavorare su risposta e spostamenti. Per non parlare poi della seconda di servizio di Seppi, ancora tanto debole quanto paradossale, in un tennista alto 1,90.
E allora la malinconia diventa un groppo alla gola. Perché ti metti a fantasticare.
A pensare a come starebbero oggi le cose se i bellissimi risultati delle azzurre li avessero colti, invece, i maschietti.
Beh, state sicuri che in questo momento, in Italia, si parlerebbe solo di tennis. Provate ad immaginare questo scenario: Bolelli e Fognini fra i primi 20 (dopo che uno dei due è stato due mesi fra i primi 10) che vincono un Masters 1000 ciascuno e portano l’Italia in finale di Coppa Davis…
Roba da stare sui telegiornali dalla mattina alla sera.
Sveglia, ragazzi, e rimboccatevi le maniche! Le vostre colleghe vi hanno dimostrato che si può fare, e vi hanno anche fatto vedere come si fa. Adesso sta a voi.

 


 

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