Rassegna Stampa del 9 Novembre 2009

La Fed Cup è ancora un volta azzurra (Semeraro, Martucci, Perrone, Valesio, Torromeo, Lombardo)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Pennetta & Schiavone, donne di coppe

Stefano Semeraro, la stampa del 9.11.09

Inizia con un pugno, finisce con una carezza. Inizia con Flavia Pennetta che agita il drittone e stende 7-5 6-2 la grinta adolescenziale di Melanie Oudin, la mini-numero uno degli States. E finisce con il ballo generale, lo champagne e l'acqua minerale sparsi in campo e negli spogliatoi, e l'immagine da collegio di Francesca Schiavone seduta in braccio alla Pennetta, le teste appoggiate come sorelle, mentre in campo Sara Errani (con la febbre) e Robertina Vinci si prendono anche l'inutile ma gioioso doppio del 4-0, 3-6 6-4 11-9, sul doppio etno-americano Huber-King. L'ultimo punto della nostra seconda Fed Cup.

Guerriere e tenerone, velluto e acciaio, le due della premiata ditta Pennetta & Schiavone, il nucleo bipolare attorno a cui da anni si aggruma il nostro tennis femminile, si addensano le nostre vittorie. C'erano loro a Charleroi nel 2006, insieme a Mara Santangelo e a Robertina Vinci, ci sono ancora loro oggi a Reggio Calabria, accanto alla cucciola Errani che quando parla delle maestre si commuove: «Sono due ragazze incredibili, giocare in questa squadra è un onore. Voglio loro un bene dell'anima, scusate se mi viene da piangere, magari è perché ho la febbre».

Flavia e Francesca, la pugliese e la lombarda, nate a due anni – classe 1980 la Schiavone, 1982 la Pennetta – e a mille chilometri di distanza. L'infanzia più popolare di Francesca, figlia di un impiegato dell'azienda trasporti, Francesco e di una ostetrica, Luiscita, quella più borghese di Flavia, figlia di Oronzo, detto Ronzino, piccolo imprenditore, e di mamma Conchita, tutti e due tennisti. La Pennetta che da piccola era già una pin-up, pantaloni di pelle e sguardi concentrati dei maschi alle feste, Francesca che cresceva più selvaggia, più brada, più spericolata.

In comune hanno la tigna, la voglia di non mollare. Di diverso tutto il resto. Flavia ha un tennis più lineare, più regolare, sa essere una pressa da fondocampo. Francesca è più zen, più creativa, la regina delle variazioni. La Penna è nata con il sorriso, con il suo charme da piccola Loren capace di sedurre a prima vista. Francesca il sorriso sa farlo esplodere quando si sente fra amici, protetta, e allora toglie la maschera da Filosofa Introversa e diventa Francy la party-girl, scatenata, uno spasso sotto i muscoli da samurai. «Francesca è soprattutto una che ha bisogno di capire tutto, di parlare, di elaborare – dice Rita Grande, la ex collega che forse, un giorno, potrebbe diventare la loro capitana -. Flavia invece è una che si fida, più istintiva, più immediata».

Due che sanno rischiare, resettarsi, ripartire. Flavia lo fece già da teen-agers, dopo il tifo preso al ristorante, che la costrinse a un anno di stop, poi spostandosi da Brindisi a Milano, e infine, ormai cinque anni fa, con il trasloco in Spagna, a Barcellona, da Gabriel Urpi. Sembrava una fuga d'amore dietro le tracce di Carlos Moya, collega, fidanzato e playboy, invece era un sentiero verso il successo. Con Carlos, bello e traditore, la storia è finita lo scorso anno. Con il cuore, il morale e un polso infortunato da riparare avrebbe potuto essere l'inizio della fine, invece è stato solo un nuovo inizio. Un 2008 in recupero, un 2009 da superstar, con il successo a Los Angeles, il n.10 in classifica, la seconda Fed Cup.
Un boom che ha contagiato, irritato e stimolato anche la Schiavo, il jolly di Coppa che in nazionale rende da Superwoman. Numero 11 nel 2006, numero 50 nel giugno scorso, quando è iniziata la risalita più ardita della carriera: quarti a Wimbledon, finale a Osaka, vittoria nel torneone da un milione di dollari di Mosca, in faccia all'Armata Rossa, numero 16 in classifica. A cinque passi dall'amica-rivale, dalla gemella molto diversa. Dioniso contro Apollo. Francesca è risalita contando molto su se stessa, senza un coach fisso, ma con una musica interiore, un ritmo indiavolato dentro. Sempre stata orgogliosa, la Schiavo: anche nello scegliersi i tornei più grossi e difficili, vincendone solo due in carriera contro i molti più che avrebbe potuto agguantare con una programmazione più scaltra, Pennetta style. «Questa è la miglior squadra in cui abbia giocato», dice oggi Francesca la Leonessa. «Un punto di partenza per rendere il tennis più forte in Italia. Aiutateci a farlo parlando bene di questo sport».

Ora in squadra si divideranno il premio che deciderà il consiglio federale – più dei 60 mila per la semifinale contro la Russia... – l'anno prossimo si tratterà di spostare oltre il confine. «Magari per vincere qualcosa di importante – si lascia scappare Flavia – non solo in Coppa, ma anche nei grandi tornei». Al momento, ancora una missione per loro due.

La Pennetta regala alle donne d'Italia un bis da leggenda

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 9.11.09

«Le 12.03 di un giorno storico, al Rocco Polimeni di Reggio Calabria: dopo un'ora e 26 minuti, al secondo match point, Flavia Pennetta buca col passante di rovescio Melanie Oudin e sigla il 7-5 6-2, cioè il 3-0 della finale di Fed Cup Italia-Usa. Poi si inginocchia in terra e viene travolta dalla felicità del meraviglioso gruppo azzurro per il secondo trionfo dopo il 2006, nella terza finale negli ultimi 4 anni. Bello, bellissimo. Un'emozione che il tennis italiano attendeva da tanto, in casa, in una gara così importante. Un brivido che pervade la numero 1 azzurra, la prima a infrangere il tabù di un'italiana fra le top ten mondiali: «Che liberazione, nell'ultimo game ero avvinta dalla tensione, cercavo di respirare, da fuori mi dicevano: "Cerca il punto col servizio". Io chiedevo: "Devo spingere7". E loro: "No, tira, tira". E io: "Se dicono tira, io tiro". Ma poi solo alla fine ho tirato quel buon rovescio». Progressi Missione compiuta: al di là del 4-0 del doppio, per lo spettacolo, le sorelle d'Italia, Flavia & Francesca (Schiavone) battono da sole, in tre singolari senza perdere un set, le americane Oudin e Glatch. Rispettando il pronostico post-rinuncia delle Williams, davanti al proprio pubblico e sulla prediletta terra rossa, contro avversarie inferiori di classifica, età ed esperienza. «Le avversarie da battere», come puntualizza, senza banalità, ma con concretezza, capitan Corrado Barazzutti. Avversarie che sono il futuro di una grande nazione tennistica come gli Stati Uniti, e che costringono le veterane azzurre a dimostrare importanti progressi tecnici ed emotivi: la Oudin tutta tigna e dritto, che arriva sul 5-4 al primo set contro tutte e due le italiane, e poi si scioglie, di fretta e inesperienza, la Glatch che con la Pennetta lotta un set e poi crolla. Meriti Non storciamo il naso, non mistifichiamo, non denigriamo, non ricordiamo gli assenti, non elenchiamo l'unica top ten (Kuznetsova) che quest'anno ha partecipato alla Fed Cup, non facciamo gli italiani. Applaudiamo questo gruppo — finalmente un gruppo, non fenomeni individuali! —, viviamo la gioia, prendiamo il buono che arriva da uno sport da tempo con le orecchie basse ad altissimo livello, accettiamo l'esaltazione del c.t. : «Le ragazze hanno scritto la nuova storia del tennis italiano che è partita con la coppa Davis del '76 e ora viene superata da queste due vittorie che mettono le donne un gradino sopra noi uomini. Questa è la squadra più forte del mondo. Non so se nello sport italiano ci sono altre squadre che in quattro anni hanno fatto risultati del genere». Festa Commuoviamoci per le lacrime di mamma Paola Luzzi (che pensa al suo sfortunatissimo Federico, scomparso un anno fa per leucemia fulminante). Gustiamoci l'amore di mamma e papa Pennetta, e la dedica della figlia: «A tutti coloro che mi sopportano e mi stanno vicini da 4-5 anni. La prima volta, come si dice, non si scorda mai, ma vincere davanti ai propri amici e parenti è tutt'altra cosa». Sorridiamo alle rincorse e agli innaffiamenti di champagne, sul campo, ridiamo delle voci rotte dalle grida di felicità delle azzurre. E dell'invito di Flavia: «Vi aspettiamo tutti in discoteca, anche voi giornalisti». LA GUIDA Zero set ceduti II prossimo anno c'è l'Ucraina ITALIA-USA 40 Sabato: Pennetta (Ita) b. Qlatch (Usa) 6-3 6-1, Schiavone (Ita) b. Oudin (Usa) 7-6 (2) 6-2. Ieri: Pennetta (Ita) b. Oudin (Usa) 7-5 6-2; a risultato già acquisito, Errani-Vinci (Ita) b. Huber-King (Usa) 4-6 6-311-9. ALBO D'ORO Recente 1986 Usa, 1987 Germania; 1988 Cecoslovacchia; 1989 Usa, 1990 Usa; 1991 Spagna, 1992 Germania; 1993 Spagna, 1994 Spagna, 1995 Spagna, 1996 Stati Uniti, 1997 Francia, 1998 Spagna, 1999 Stati Uniti, 2000 Stati Uniti, 2001 Belgio, 2002 Slovacchia; 2003 Francia, 2004 Russia, 2005 Russia; 2006 Italia, 2007 Russia, 2008 Russia, 2009 Italia. FED CUP 2010 La prossima stagione di Fed Cup ricomincia II 6-7 febbraio. L'Italia gioca In trasferta contro l'Ucraina delle sorelle Bondarenko. All'eventuale secondo turno contro la vincente di Repubblica Ceca-Germania.

Le ragazze del tennis in cima al mondo

Roberto Perrone, il corriere della sera del 09.11.09

Pioggia appesa su, gioia esplosa giù. n cielo è benevolo, lo si tocca con un dito e non solo per queste nuvole basse e pietose, ma soprattutto per la Federation Cup che si ferma qui, per la classifica mondiale che vede l'Italia al primo posto, oltre la Russia. Campionesse del mondo, alla terza finale in quattro edizioni, al secondo titolo (dopo quello del 2006), le ragazze vincenti hanno solo voglia di festeggiare. Attorno a loro si sprecano paroloni, paragoni, periodi ipotetici. Dentro di loro solo una semplice, disarmante felicità, una convinzione semplice e profonda: essere una squadra forte e completa. Due singolariste, Flavia Pennetta e Francesca Schiavone, così diverse, così simili, due doppiste acquisite, Roberta Vinci e Sara Errani (con la febbre) che non ci stanno a fare la passerella e conquistano anche il punto del doppio fissando il rotondo 4-0 finale: Pennetta b. Oudin 7-5, 6-2; VÌnci-Errani b. Huber-King 4-6,6-3,11-9 al super tie break. La Fed Cup 2009 la conquista Flavia Pennetta con la giovane Melarne Oudin, un tipino elettrico e compatto che rifiuta il ruolo di bella statuina e le prova tutte, variando il gioco, pestando duro, alzando le traiettorie da sfrontata pallettara, non mollando mai (riacchiappa Flavia sul 5 pari nel primo, rischia di andare 2-0 a inizio secondo). Flavia la tiene a bada col servizio «che mi sono costruita negli anni». Melanie si arrabbia per un urlo inappropriato dal pubblico, si infuria con se stessa per aver buttato due palle break in modo inappropriato. Piange, alla fine. Sentiremo parlare di lei, ma non qui, non ora. Questo è il tempo di Flavia Pennetta, la bella brindisina che ama i cavalli. «Siamo campioni del mondo. Questo dicono i fatti. Abbiamo battuto grandi squadre. In un torneo magari ci sta di perdere da questo o da quell'avversario, ma come squadra abbiamo battuto tutti. Per me è la conclusione perfetta di un anno bellissimo. Siamo tutte più mature rispetto al 2006 e poi in casa, con la famiglia e gli amici, si assapora tutto un po' di più. Ora vado in vacanza felice». Questo è il tempo di Francesca Schiavone a cui piace scrivere e lottare, che oggi bigia la lezione. «Non ho mai avuto dubbi, partiamo sempre in modo positivo, con fiducia. Io non pensavo di giocare il quarto punto, credevo in Flavia. Questo è il miglior team in cui mi sia mai trovata». Questo è il tempo di Roberta Vinci, la tarantina che è la migliore nel gruppo nel gioco a rete e col pallone da calcio. Da ragazzina faceva il doppio in coppia con Flavia Pennetta (giusto dieci anni fa, nel 1999, vinsero il torneo junior al Roland Garros) e in Fed Cup vanta 14 vittorie su 14. «Perché non mi specializzo di più? Cerco disperatamente una compagna fissa, meglio se italiana È una frecciatina a queste due ragazze, comunque straordinarie». Questo è il tempo della febbricitante Sara Errani, la più giovane del gruppo, giocatrice di Monopoli, che tra parco della Vittoria e via dei Giardini, trova lo spazio per commuoversi: «Per me è un grande onore far parte di questa squadra, con queste due ragazze fantastiche ma molto semplici». Il segreto? «Lo spirito di gruppo, bisogna far loro un monumento» dice Corrado Barazzutti che avrebbe voluto che la Rai trasmettesse in chiaro e non solo sul satellite. «Lo sport è maschilista». Ma con o senza televisione queste campionesse del mondo hanno fatto un bello spot, lo dicono tutti, a cominciare dal presidente del Coni, Gianni Petrucci, in loco. Così si conclude il grande anno sportivo dell'Italia rosa, che, partendo da Federica Pellegrini e Alessia Filippi, passando per cicliste, schermitrici, pallavoliste si conclude qui. Difficile tentare una sintesi dell'eterno raffronto tra uomini e donne. Ma nel tennis sicuramente, e forse anche in generale, le donne non lasciano margini al loro miglioramento. Se Flavia Pennetta vale il numero io del mondo ci arriverà, se la squadra è la più forte del mondo, starà in cima al ranking, con la coppa rosa accanto. Queste ragazze non concedono nulla al caso, alle avversarie, a se stesse. Se devono vincere, vincono. E adesso, ancora una volta, in piedi per l'inno. Sorelle d'Italia.

Regine del mondo

Piero Valesio, Tuttosport del 09.11.09

Prendi una donna, falla allenare e in Fed Cup falla giocare. Se sarà di azzurro vestita vincerà. Costringendo a ricredersi anche chi di tennis non si occupava. O forse riteneva che il femminile fosse cosetta da circolo, la versione in pizzi e merletti di uno sport (quasi sempre) da scaricatori di porto. Le donne di azzurro vestite sono campionesse del mondo per la seconda volta in quattro anni. Rifilano agli Stati Uniti in finale un 40 che è «il» risultato per antonomasia: quello che sintetizza una superiorità assoluta senza sconfinare nello sgarbo. L'Italia delle donne di azzurro e bianco vestite ascende alla prima posizione del ranking mondiale, davanti a Russia e Stati Uniti medesimi: il che suscita sempre un certo effetto, diciamolo. E soprattutto (soprattutto) l'Italia del tennis diventa, dopo il weekend di Reggio, il paradigma della squadra perfetta. Una griglia umana sulla quale qualunque agglomerato sportivo di buona volontà può collocare i propri membri per mutuarne atteggiamenti e metodi. L'Italia del tennis femminile non è più solo una squadra vincente, attualmente la più for te del mondo: ma è un qualcosa che, quasi evangelicamente, si consegna allo sport italiano (tutto) per diventare esempio e fertilizzante di chiunque voglia approfittarne. NASCERE Perché un conto è se nasci squadra: altra questione è se sei tennista. Che di solito è un modo d'essere che è individualità e, in qualche caso, pure solitudine. Diventare squadra (e squadra che vince) per chi è diventato bravo a cantarsela e suonarsela da solo può essere molto complicato. Non è diventare compagnia del sabato sera: un cinemino, due risate, una birra e saluti. E' diventare SQUADRA. Flavia Pennetta, Francesca Schiavone, Sara Errani e Roberta Vìnci coordinate da Barazzutti ci sono riuscite. Prese una per una non saranno dei fenomeni le nostre ragazze; ma hanno dato vita ad una creatura sportiva fenomenale. Come se fossimo ad una specie di Superquark dedicato allo sport dei gesti azzurri, analizziamo il comportamento di questo gruppo-archetipo che ha stupito il mondo. CRESCERE Il gruppo ha piena coscienza della propria natura. Se una sta fuori Ca Vìnci che non ha mai giocato un singolare) trasforma il suo dispiacimento in grinta, e come nel caso di Roberta, vince i doppi. Undici di fila, per la precisione, gruppo non convoca riunioni pre match in cui inevitabilmente si parla di soldi; ma discute prima, durante e dopo i match di come spendere i soldi per trasformare un ciclo in una sorta di costante predominanza. Se una del gruppo ha il malumore e è triste si rispettano i suoi spazi e si entra nei medesimi solo quando lei da il via libera. Se il gruppo gioca contro un superteam gode di aver raggiunto quel grado di maturazione che gli permette di scendere in campo col sorriso di chi dice alla debordante avversaria: credi di avermi già battuto. E mo', invece, ce la giochiamo. Vedi Francesca Schiavone l'anno scorso nelle sei ore di tennis contro la Francia e quest'anno contro la Kuznetsova (che di lì a poco avrebbe vinto Roland Garros, mica cotiche). E vedi Flavia Pennetta contro Amelie Mauresmo a Orleans. Che era una Amelie verissima e arrivò ad un punto del match. Ma i membri del gruppo quando devono tirar fuori i canini (e pure il dito medio, vero Flavia?) mica si tirano indietro. Buone sì, remissive mai. VINCERE E quando il gruppo affronta invece un aspirante gruppo di minor valore specifico (gli Stati Uniti) scende in campo con più stomaco chiuso che non con le russe. Flavia Pennetta soffre contro la bimba Oudin nel match decisivo. Soffre quando si fa recuperare dal 53 nel primo e quando va sotto nel secondo. Le ragazze del gruppo vanno in tv ma non sono «della» tv. Possono pure parlare di sesso alle «Iene» ma è un gioco e il loro futuro non lo vedono in case di plastica, n gruppo ha anche un atteggiamento comportamentale preciso: sono benestanti ma non sfoggiano. Non disdegnano di apparire ma sono sostanza. La foto che ci dice così il gruppo è quella in mezzo al campo con amici, parenti, bambini con la bandiera. H gruppo di Fed Cup delle tenniste italiane è la citta ideale dello sport italiano. E dopo aver battuto gli Stati Uniti 4-0 e aver vinto la Fed Cup è la squadra femminile di tennis più forte al mondo.

Le più forti siamo noi

Dario Torromeo, il Corriere dello Sport del 09.11.09

Le donne. Ancora loro. Seconda Fed Cup in quattro anni. E' l'ultimo regalo di una stagione segnata da Pellegrini e Filippi, dalle ragazze della scherma e del volley, dalla tiratrice Jessica Rossi e dalla ciclista Tatiana Guderzo. E ci perdonino quelle che abbiamo dimenticato. Il colpo finale ieri lo ha messo a segno Flavia Pennetta, troppo più forte di Melania Oudin. Una figliola di 18 anni che potrebbe anche essere tra qualche stagione la numero 1 del tennis americano, ma che oggi deve piegarsi alla superiore bravura della brindisina. L'Itf mette la squadra azzurra in testa alla classifica mondiale. Davanti a tutte, Stati Uniti e Russia comprese. Il senso da dare a questo dato è preciso. Siamo il gruppo migliore. Abbiamo due giocatrici di alto livello, un doppio molto competitivo e una quarta ragazza di buona levatura. Una grande squadra. Meritiamo questa posizione. Non siamo tra quelli che fanno spallucce su ogni risultato positivo delle italiane. Dicono: abbiamo vinto perché le Williams non sono venute. Vero, anche se a questo punto della stagione, e contro una delle sorellone, non siamo poi convinti che avremmo ceduto. Ma se loro si sono divise tra vacanze e Promozione di un libro non e dopo quello del 2006 certo colpa nostro movimento forte. E poi il Secondo successo che adesso aspetta risposte dagli uomini abbiamo rifilato un 5-0 alla Francia in trasferta ed abbiamo battuto anche l'armata russa che schierava Svetlana Kuznetsova, numero 3 del mondo. Abbiamo mangiato per anni insalata e ora che arriva la bistecca continuiamo a lamentarci. Nelle nostre file non ci sono stati Sampras, Agassi o Nadal. Come tra le donne non ricordiamo di avere avuto Navratilova, Seles o Graf. Dunque, se l'Itf mette l'Italia al primo posto e in bacheca figurano due Fed Cup, prendiamo e portiamo a casa. Nel senso buono del termine. Le nostre ragazze, parliamo soprattutto di Pennetta e Schiavone, non sono le migliori del mondo. Non hanno (ancora) vinto uno Slam. Ma navigano a contatto con le Top 10 (la prima) o subito a ridosso (l'altra). Quest'anno hanno raggiunto entrambe i quarti di uno Slam, hanno vinto tornei importanti come Los Angeles e Mosca. Il tennis femminile italiano è forte, sembra quasi che ci vergogniamo ad ammetterlo. Manca l'ultimo passo avanti. Il successo a Roma o il titolo di uno Slam. Ma sono progetti ambiziosi. Dobbiamo imparare a goderci il presente. Il tennis femminile è più livellato? E' più facile salire in alto? E allora perché (tranne eccezioni a livello individuale e in tempi diversi, parliamo di Farina, Reggi o Cecchini) prima non abbiamo frequentato questi palcoscenici Con la seconda Fed Cup il movimento italiano mostra di essere competitivo. Peccato che i maschi continuino a fare passi indietro. L'ultimo torneo che hanno vinto è storia di tre anni fa. E in Davis siamo in serie B da una vita. Lì sì che c'è da piangere. Lasciate pure che le ragazze ridano felici.

L’Italia trova nella Davis rosa le eredi di Pietrangeli e Panatta

Marco Lombardo, il giornale del 9.11.09

Campioni del mondo. Fa un po’ specie dirlo nel tennis, ma si sa che nel Paese delle donne tutto è possibile, e infatti è successo. Italia-Usa è finita 4-0 come da pronostico ma parlare a questo punto dell’assenza delle Williams è quantomeno ingeneroso, anche perché le nostre - prima di far fuori gli Usa - hanno battuto Francia e Russia, che erano al completo. Insomma: Flavia Pennetta, Francesca Schiavone, Sara Errani e Roberta Vinci hanno sollevato la Fed Cup con pieno merito e il primo posto nella classifica a squadre che la federazione internazionale oggi ci assegna è solo il timbro che certifica una superiorità inequivocabile.
Per questo, nel giorno del trionfo, si può dare ragione al presidente della federtennis Binaghi, che celebra il secondo successo nella Davis femminile («ma la prima volta, nel 2006 in Belgio, ero più stravolto: le ragazze ormai ci hanno abituato troppo bene...») per una volta senza alimentare polemiche ma dicendo una cosa assolutamente ragionevole: «Chiedo la par condicio: quando vincono le donne mi chiedete sempre della squadra maschile, vorrei che quando perdono gli uomini mi parlaste dei successi delle ragazze». Giusto, così come è giusto erigere «un monumento» mentre Francesca Schiavone insegue tutti con lo spumante per una doccia di felicità.
Campioni del mondo, anzi campionesse, con Flavia Pennetta che dopo aver sistemato la Oudin ed essersi tuffata sulla terra rossa di Reggio Calabria, parla con un filo di voce per l’emozione, quella «di aver giocato e vinto davanti ai miei genitori. L’avete visto mio padre? Era più agitato di me...». Flavia che quest’anno è entrata nella top ten mondiale e che della Fed Cup ne ha fatto sempre una religione, così come le sue compagne: «Ma non penso che i ragazzi siano da meno, magari devono essere un po’ più gruppo anche loro. Noi è un po’ di tempo che siamo lì, che facciamo buoni risultati e che portiamo in questo sport qualcosa di buono. Credo che la squadra maschile meriti il primo girone, anzi. Secondo me hanno semplicemente avuto un po’ di sfortuna nei quattro o tre anni in cui hanno avuto la possibilità di tornare nel primo girone. Anni in cui, comunque, hanno giocato due volte contro la Spagna e una contro la Svizzera. Federer, tra l’altro, non gioca quasi mai e poi si presenta contro di loro».
Tutto vero, solo che lei e le sue compagne contro le Federer in rosa sono capaci di vincere, come fu in Belgio e com’è stato contro la Francia della Mauresmo e la Russia della Kuznetsova, segno che nel nostro tennis - e non solo - i ruoli sono ormai capovolti. Per questo fanno piacere i complimenti dell’altro campione del mondo Valentino Rossi («Sono molto contento che le ragazze vincano tanto, in compagnia delle donne si sta sempre bene...»), così come fa pensare la proiezione del Coni in vista delle Olimpiadi di Londra del 2012: secondo i calcoli la squadra italiana sarà al 45 per cento al femminile - contro il 39 di Pechino - e riguardo al medagliere presunto ben 19 sulle 31 medaglie previste saranno rosa. Tiè.
Insomma, abituiamoci: lo sport italiano è donna e le ragazze del tennis sono la copertina di un fenomeno inesorabile. Così alla fine il capitano Corrado Barazzutti è l’unico uomo che può gioire del trionfo di Reggio Calabria: «Queste ragazze hanno riscritto la storia del nostro tennis. Credo che sia una delle squadre più forti in assoluto dello sport italiano. Lasceranno un libro con scritte cose meravigliose». E lo dice proprio lui, uno dei quattro che nel 1976 in Cile sollevò l’unica Coppa Davis targata Italia: «La prima vittoria - ha detto - è stata straordinaria, ma la seconda va oltre il limite. Un consiglio ai nostri uomini? Prendano esempio». Finale della storia: siamo campioni del mondo dopo aver inseguito per anni un nuovo fenomeno del tennis, come furono Nicola Pietrangeli prima e Adriano Panatta poi. Non avevamo capito che i fenomeni c’era già: solo che portano la gonna.

 

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