Rassegna Stampa del 22 Novembre 2009

Geniale e spaccaracchette lode di Safin dopo l'addio (Clerici), Europa padrona: 7 su 8 in finale Nadal: «Il tennis siamo noi» (Martucci), Djokovic in corsa per il bis (Marcotti)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Geniale e spacca racchette lode di Safin dopo l'addio

Gianni Clerici, la repubblica del 22.11.09

Nell'accingermi ad assistere a un nuovo Masters, il 39° della storia, mi rendo conto di esser vittima, ancor prima che della curiosità, della nostalgia. Come accade a tutti quelli che, prima che tifosi, si chiamano aficionados, non sono interessatissimo a sapere se Federer vincerà il suo quinto Masters, raggiungendo così Lendl e Sampras. Qualsiasi giovane appassionato dotato di computerino ne sa sicuramente più del vecchio Scriba. Quel che mi manca, in questo torneo avvelenato dalle sconfitte rimediabili, è l'assenza di un tipo non meno geniale che masochista, non meno creativo che bizzarro. E', voi lo sapete, Marat Safin, che ha compiuto l'ultimo giro del circuito senza guadagnarsi l'ammissione. Non sono certo l'unico che Safin indusse all'errore, figlio, nel suo caso, dell'entusiasmo. Par giusto risalire al 2000, alla sua vittoria nello U.S. Open, mancato di una manciata di punti, proprio nel corso di un Masters squilibrato. Fu, quella di New York la volta che vidi Sampras incredulo ancor prima che battuto, ricordo addirittura un suo esordio in conferenza stampa in cui mi parve desideroso di un umano conforto, invece che di una scusa tattica; «Safin ha giocato un tennis che non conoscevo», disse, e nello scuotere il capo, incredulo, pareva rivedere dei flash di quanto gli era accaduto in campo. E, infatti, finì per aggiungere: «Spero sia una specie di incubo, e che non si ripeta». Il Safin di quel giorno fu probabilmente, il miglior tennista dell'ultimo decennio. Destinato a non ripetersi per ragioni che uno psicoterapeuta saprebbe meglio analizzare dello scriba. Era stato costretto al tennis per ragioni di nascita, papa Misha direttore di tre campetti a Mosca, e soprattutto mamma Rausa Islanova, allenatrice implacabile, tanto severa e coraggiosa da propiziare l'incontro con un filantropo svizzero, finanziatore di un'avventura adolescenziale spagnola. Viaggio non proprio rose e fiori, per un ragazzine di quattordici anni che parlava solo russo. Un tipo tosto, che dopo un esordio a Barcellona scelse invece Valencia dove «se la tirano molto meno, e io mi trovo meglio». Tanto bene che lo lasciarono fare,non gli ritoccarono quei colpi destinati a divenire irresistibili, e si. rassegnarono alle racchette infrante. Maggior distruttore di racchette, Safin, che mai sia esistito, superato forse solo dal Conte Salm, che verso metà degli Anni Venti era celebre per dargli fuoco, alle sue racchette di legno. Non solo distruttore, ma impareggiabile nello smarrirle, come mi raccontava il suo coetaneo Ivan Ljubicic: «Vedrai che poi me le riportano in un modo o nell'altro». E qui non mi pare sia necessario lo psicoterapeuta. E' probabilmente per questa sua indifferenza, questo fatalismo, che Marat non rimane negli annali come il suo talento gli avrebbe concesso. In un mondo in cui il professionismo richiede ormai devozione assoluta, Marat è stato capace di vivere come un tipo bizzarro, ma dilettante. Oltre alle risse, delle quali portava spesso i segni, rifiutandosi di entrare nei dettagli, oltre l'ovvia passione per il gioco d'azzardo, rimane l'invenzione delle safinette, gruppi di giovani donne affascinate, e da lui finanziate. «Ti pare il caso di non ammetterle alla divisione dei miei premi? - confidò a Robertino Lombardi -Quando sono sessualmente e economicamente soddisfatte non fanno problemi ad uscire di camera, e a lasciarmi dormire tranquillo». Come non aver nostalgia dì un simile attore, incapace di non recitare se non a soggetto? Nel primo turno dei Campionati che vinse a New York, lo ricordo furibondo in primo turno, contro quel genio della dolcezza che fu Gianluca Pozzi. Come finì per vincere, e venne a parlarmi , tentò dì spiegare il perché di quella sua intemperanza. «Non riesco a non impazzire-affermò -quando non capisco l'altro. E, il tuo amico italiano, proprio non lo capivo. Sembra un pittore anemico, non un tennista». Spero di aver spiegato perché mi mancherà Safin.

Europa padrona: 7 su 8 in finale Nadal: «Il tennis siamo noi»

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 22.11.09

Vecchio è bello. Vecchia Europa vuoi dire tradizione, imparare il tennis sulla terra rossa, qualificare tecnica e resistenza (cioè difesa), variare personalità e stili. Europa vuoi dire anche due record molto importanti, sul circuito maschile, a eguagliare l'anno di grazia 1986: nella classifica mondiale, 8 dei primi 10 sono rappresentanti del Vecchio Continente (più l'argentino del Potrò e lo statunitense Roddick), e ce ne sono addirittura 7 fra i primi 8. Circo¬stanza che si riflette sul Masters, anche grazie alla forzata' rinuncia dell'infortunato Roddick. Del resto, l'ultima prova stagionale torna in Europa dopo 9 anni (Lisbona 2000)e per la prima in assoluto a Londra, nella nuovissima 02 Arena. Dove re¬sterà fino al 2011, per lasciar poi posto all'Olimpiade del 2012, sull'erba di Wimbledon. Rivincita Questo è il Masters numero 40, ma il business, prima di matrice Usa e poi dei nuovi mercati asiatici, ha sempre comandato la sede. Che soltanto per 15 volte è stata europea, e per 13 anni di fila è stata New York, al mitico Madison Square Garden, ma con l'esplosione di Boris Becker e Steffì Graf, è sbarcato in Germania dal'90 al'99 (fra Francoforte e Hannover). E, dopo l'una-tantum di Lisbona 2000, è emigrato da Sydney a Shanghai a Houston, e ancora a Shanghai, dov'è rimasto fino all'anno scorso. Per accompagnare i Giochi Olimpici di Pe-chino e piantare il seme del tennis. Lontano, troppo lontano dal calore della vecchia Europa. Spagna «L'Europa merita rispetto, l'Europa avrebbe meritato il di un Masters finalmente sulla prediletta terra rossa, e si consola, fierissimo, con la presenza di due spagnoli (il maggior contingente nazionale) a Londra: lui e Fernando Verdasco, non a caso un altro mancino esploso nella sua scia. Protagonista l'anno scorso della finale di Coppa Davis vinta a sorpresa in Argentina,, e atteso protagonista, la settimana prossima a Barcellona, contro la Repubblica Ceca (tendinite al ginocchio permettendo), insieme a Ferrer e Lopez. Un'altra sfida storica, tutta europea. Proprio come il dualismo al vertice .degli ultimi "4-5 anni, fra lo svizzero Federer e il maiorchino Nàdal, con il nume-Masters anche prima, l'Europa è il tennis» sottolinea Rafa Nadal, che ha abbandonato l'idea. Business Il mercato asiatico, con i suoi mastodontici numeri, rimane fondamentale per tutti. E dalla Federtennis Usa arrivano buone notizie; i praticanti hanno superato i 30 milioni (+12% rispetto al 2008 e +25% rispetto al 2003), e l'incremento nasce da ispanici (+32%) e neri (+19%), cioè i serbatoi più capaci e meno sfruttati. Ma le notizie più belle arrivano proprio dalla Gran Bretagna: lo sponsor del Masters, la Barclays, rivela che quest'ano no il tennis ha avuto 200mila nuovi praticanti. Il ritorno, fra l’effetto-Murray, la tradizione-Wimbledon e il giovane-Masters con la musica a tutto volume? E' di 300 milioni di euro.

Djokovic in corsa per il bis

Gabriele Marcotti, il corriere dello sport del 22.11.09

Anche per i bookmakers inglesi è il favorito. Al fianco di Sua maestà Roger Federer c'è Novak Djokovic nei pronostici per la vittoria dell'Atp Master. Davanti al numero due al mondo Rafa Nadal, ma soprattutto all'idolo di casa Andy Murray. Che i 250mila appassionati che hanno acquistato in prevendita i biglietti per la 02 Arena sognano di vedere trionfare nell'ultimo appuntamento di una stagione lunga e faticosa. Soprattutto per il tennista serbo, il top-ten che ha giocato più match di tutti (76 vittorie e 18 sconfitte), vincendo proprio la scorsa settimana a Parigi il quinto torneo dell'anno. A Londra Novak si presenta da detentore dall'alto della vittoria dello scorso anno, quando si giocava ancora a Shangai, in finale contro Nicolai Davydenko. «Sono stanco mentalmente e fìsica-mente, ho bisogno di una vacanza - ha ammesso Djokovic - Ma sono anche impaziente di difendere il mio titolo. E' un'occasione unica giocare il Master, mi piace molto questa formula». A Londra Djokovic ha annunciato il suo nuovo sponsor, la Tacchini, con la quale ha siglato un accordo di 10 anni come testimonial. «Ho scelto non per soldi, altri mi offrivano anche di più. Ma non c'è azienda che abbia una tradizione più importante nel tennis. Basta pensare a McEnroe e Sampras che era il mia idolo». Reduce da tre vittorie negli ultimi quattro tornei disputati dopo gli Us Open, Djokovic è soddisfatto della sua annata anche se non nasconde qualche rimpianto per non avere centrato neppure una finale degli Slam: quarti in Australia, terzo turno a Parigi, quarti a Wimbledon e semifinale a New York
«Nei match tre su cinque sono ancora un po' incostante. Devo migliorare e mantenere la giusta concentratone più a lungo. Ma resta una buona annata, e credo che negli incontri due su tre pos-so dire la mia contro tutti». Ormai da più di due anni stabilmente- sul terzo gradino del ranking mondiale, molti si aspettano da Novak l'ultimo definitivo salto di qualità per raggiungere il tetto del mondo. Un obiettivo che lo stesso serbo sogna un giorno di centrare anche se non è un'ossessione, «Non credo che mi manchi qualcosa di particolare per diventare il numero uno. Devo solo trovare un po' di continuità di rendimento, e fare risultati migliori negli Slam. La classifica ovviamente è molto importante, ma a me interessa vincere match dopo match, 'E quello il mio traguardo»,
A partire dal pruno incontro dell'ATP Master, domani sera proprio contro Davydenko. Ma Novak pensa anche al vincitore degli Us Open, Juan Martin Del Potrò. «La sua vittoria negli States è stata una sorpresa, ma io sono felice perché ha dimostrato che anche altri possono vincere oltre a Roger e Rafa. E ancora molto giovane e ha davanti a sé una grande carriera».


 

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