TENNIS E BILANCI

La crisi australiana

Il tennis australiano è ormai da troppo tempo ai suoi minimi storici. Nel 2006 un solo giocatore nei primi 100, Hewitt, che ha avuto sulle spalle l'intero movimento nazionale. E il futuro? Sara Cecamore

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Si fanno tanti rimproveri al tennis italiano maschile, sia esso quello giocato o quello gestito (male?). Ci si chiede in cosa sbagliamo noi, o abbiamo sbagliato negli ultimi anni, rispetto ai cugini francesi e spagnoli che possono vantare invece due movimenti in perfetta salute. Per una volta però vogliamo guardare oltre i confini europei per scoprire che forse c’è qualcuno che è messo peggio di noi.
Dall’altra parte del mondo, e nell’emisfero in cui tra poco più di mese inizierà il primo Slam della stagione 2010, non sembrano passarsela un granchè bene quanto a giocatori, risultati e successi. Il tennis australiano infatti è ormai da tanto, troppo tempo relegato ad un ruolo di secondo piano rispetto ai fasti degli anni 60-70 quando la terra dei canguri era di gran lunga una delle superpotenze tennistiche. Non a caso l’ ultimo uomo ad essere riuscito nell’ impresa del Grande Slam, e per ben due volte nel ’62 e nel ’69, è stato proprio un australiano, Rod Laver. Ma bastano alcuni numeri per rendere ancora meglio l’idea. Prendendo il numero di rappresentanti nei primi 100 come indicatore della “salute” di un movimento tennistico nazionale notiamo che le cose dal ’73, data in cui inizia il sistema della classifica ATP, ad oggi sono cambiate e anche parecchio.
 

 

Data Numero giocatori (top 100) Giocatori (e classifica)
14.12.1973 18

Newcombe(2); Rosewall(6);Laver(8);

Emerson(12);Alexander(29); Stolle(36);Dibley(39);

Case(42);Dent(49);

Crealy(51);Masters(52); Stone(60);

Mulligan(62);Philipps-Moore(64);Carmichael(80);

Cooper(86);Fletcher(87);Kronk(97)

15.12.1975 15

Rosewall(6); Alexander(8); Laver(10);

Roche(12); Newcombe(20); Case(27);

Dent(33); Stone(38); Masters(44);

Warwick(49); Crealy(56); Carmichael(71);

Giltinan(87); Kronk(89); Dibley(94)

26.12.1979 11

Alexander(20);McNamara(46);Dent(50);

Warwick(52); Masters(62); Case(74);Drewett(78);McNamee(82);

Frawley(86);James(91);Edmondson(95)

24.12.1984 7

Cash(10);Fitzgerald(37);McNamee(61);

Frawley(68);Allan(69);Drewett(75); Doohan(85)

29.12.1986 4 Cash(24); McNamee(45);Dyke(66);Masur(87)
19.12.1988 8

Cash(20);Fitzgerald(25);Cahill(27);

Woodforde(40);Masur(43);Frawley(60);

Stoltenberg(71);Drewett(91)

24.12.1990 6

Fromberg(32);Woodbridge(50);

Masur(53);Cahill(57);

Kratzmann(75);Cash(81)

19.12.1994 5

Rafter(20);Stoltenberg(21);

Woodforde(43);Fromberg(58);

Woodbridge(90)

14.12.1998 9

Rafter(4);Philippoussis(15);

Stoltenberg(27);Fromberg(40);

Draper(51);Woodforde(58);Ilie(59);

Woodbridge(65);Hewitt(100)

17.12.2001 4 Hewitt(1);Rafter(7);Ilie(66);Arthurs(77)
15.12.2003 2 Philippoussis(9); Hewitt(17);
18.12.2006 1 Hewitt(20)
07.12.2009 2 Hewitt(22); Luczak(77)

Con la tabella la visione d’insieme è immediata: all’affollamento di nomi degli anni ’70 corrisponde la scarsità imbarazzante degli ultimi 10 anni. Partendo dai 18 giocatori del 1973 (tra cui ben 3 nei top 10 come nel ’75) il tennis australiano si avvia lentamente verso una fase discendente che diventa particolarmente calante a partire dal 2001 quando, pur potendo vantare il numero uno del mondo Hewitt (che chiude per due anni consecutivi al vertice della classifica, nel 2001 e nel 2002), ci sono solo altre 3 giocatori a fargli compagnia: Rafter (7), Andrew (66) e Wayne (77). Sia il 2004 che il 2006, poi, sono anni in cui è toccato al solo Hewitt fare da chiudi pista. Ed è sempre lui ad aver conquistato più della metà dei titoli vinti dall’Australia negli ultimi 10 anni: su 37, 26 portavano la sua firma il che conferma come un intero movimento nazionale sia stato per troppo tempo sulle spalle di un unico giocatore.


La mancanza di titoli degli ultimi due anni ha infatti coinciso proprio con il periodo in cui “Rusty” si è allontanato dal tennis per infortuni e famiglia: solo il suo ritorno a discreti livelli e la vittoria al torneo di Houston nell’ aprile di quest’anno ha permesso di interrompere una siccità che durava dal suo ultimo titolo (e anche l’ultimo australiano) del 2007 a Las Vegas. John Alexander, ex top-10, non dice dunque nulla di sorprendente quando afferma che il tennis australiano è ai suoi minimi storici degli ultimi 100 anni. Il 2008 infatti è stato l’unico anno dal 1968 in cui nessun australiano è riuscito a portare a casa un titolo di primo livello in singolare.


Sono numeri questi che sorprendono e fanno riflettere ancora di più se si pensa che l’Australia ospita tutto il primo mese del calendario con ben 4 settimane di tornei: Brisbane, Sidney e ovviamente i 15 giorni degli Australian Open. E c’è di più. Secondo un report di Sweeney Sport,azienda specializzata in ricerche sul mondo sportivo australiano, il tennis sarebbe lo sport più popolare e occuperebbe quindi il primo posto nella categoria d’interesse delle preferenze sportive per l’inverno 2009. I risultati parlano di un 58% di livello di interesse, con apice a Sidney(65%) seguita da Melbourne (60%) e primo sport per numero di spettatori televisivi. A quanto pare però poi questi numeri non si trasformano in una partecipazione attiva nello sport limitando e riducendo dunque il bacino di possibili nuovi talenti. Secondo Alexander il motivo risiede in un “silenzioso smantellamento” delle strutture tennistiche in Australia a seguito del quale è diminuito il numero di campi da tennis disponibili e di conseguenza “l’opportunità per i giovani di iniziare a praticare lo sport”.


Mark Woodforde invece, vincitore in doppio di 12 titoli dello Slam (praticamente sempre in coppia con il connazionale Woodbridge) crede che molto dipenda anche dall’allontanamento dalle vere origini australiane, che vedono nell’erba la superficie preferita. Il passaggio al Rebound Ace ha di fatto significato la scelta per una superficie diffusa solo nei maggiori centri tennistici del continente e non in maniera capillare anche nei club più piccoli a causa di costi troppo elevati.


Hewitt invece analizza il problema capovolgendolo. In una lettera aperta scritta nell’ottobre di quest’anno in occasione delle elezioni per il presidente di Tennis Australia, ha infatti menzionato le due ragioni del successo degli altri paesi. “Non bisogna guardare solo agli Australian Open e quanto riusciamo a guadagnarci o quanto spendiamo sullo sviluppo di tennisti d’ elite. Guardiamo le altre nazioni che ospitano uno Slam: Gran Bretagna, USA, Francia. Tra questi solo l’ultima sta facendo bene e forse un po’ anche gli Stati Uniti. Spagna, Argentina, Russia, Serbia, Belgio, Repubblica Ceca, Germania e tante altre nazioni non hanno un torneo del Grande Slam e le loro associazioni nazionali non hanno nemmeno budget così elevati da spendere. Eppure hanno successo. Sono due i motivi: la forza dello sport alle “radici” e la voglia di arrivare. Il futuro del tennis australiano non può quindi dipendere dal solo sviluppo di Melbourne Park, da un solo mese di tennis o dai soldi che se ne possono ricavare. Il maggiore indicatore del futuro dovrà essere quello che succede alle radici, da Darwin a Hobart, da Newcastle a Fremantle. Dipenderà dalle opportunità, dall’ esposizione e dalla volontà delle persone”.


Alle parole seguono i fatti e Patrick Rafter è deciso a voler proporre qualcosa di concreto per evitare che il tennis australiano scivoli definitivamente nell’oblio. Il fresco vincitore del Master Senior di Londra vuole infatti organizzare un incontro con i connazionali ex-professionisti per buttare giù un piano da presentare al board di Tennis Australia in occasione dei prossimi Australian Open. “C’è un gruppo di noi che la pensa allo stesso modo e che crede che Tennis Australia potrebbe adottare dei cambiamenti ed implementarli meglio di come stia facendo. Ci sono delle cose che scriveremo in maniera chiara e formale. Non devono per forza seguire le nostre idee ma ci siamo resi conto di essere in tanti tra gli ex-professionisti a pensarla allo stesso modo e noi questo mondo lo conosciamo perché ci siamo stati dentro, sappiamo quindi di cosa parliamo. Certo, non sarà un cambiamento immediato. Non avremo di colpo 20 giocatori. È un processo di 10 anni.”.


Ed è certo che qualcosa deve essere fatto al più presto, perché se il presente non è stato dei migliori il futuro si preannuncia ancora meno roseo visto che all’ orizzonte non si intravedono così tanti talenti pronti a rubare la scena internazionale.
 

Sara Cecamore

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