Campioni del passato

C'era una volta Stefan Edberg

La sconfitta con Pat Rafter nella finale del Champions Tour offre l'occasione per ripercorrere la carriera del grande campione svedese, protagonista di alcune delle pagine più memorabili del nostro sport. Daniele Malafarina

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Il tennis è cambiato. Lo si sente sulle superfici, lo si vede nei giocatori. Quello che era una volta ora non è più.

L'ultima volta che Stefan Edberg vinse un titolo a Londra risale al 1991, al Queen's. Prima di allora Stefan aveva vinto nella capitale inglese un altro paio di volte. Su tutte due trionfi sui verdi prati di Wimbledon. Poche settimane fa Stefan è tornato nella capitale inglese, dove ha vissuto per molti anni, in occasione dell'evento finale del Champions Tour, il circuito delle 'vecchie glorie'.
Avremmo voluto scrivere di una nuova vittoria sul suolo britannico per lo svedese che per molti anni ha deliziato gli esteti del serve and volley con l'eleganza del suo gioco nei pressi della rete. Invece il destino ha voluto che fosse sconfitto in finale da un altro attaccante, Pat Rafter, il quale a Londra mai aveva trionfato, nonostante due finali.

Ciononostante, rivedere lo svedese in azione, dopo tanti anni, ci ha offerto lo spunto per tracciare un profilo di quello che è stato uno dei campioni più amati della storia. Un tennista che forse avrebbe potuto vincere di più, ma forse, non fosse intervenuto un tale Percy Rosberg, avrebbe potuto anche vincere meno.
Percy Rosberg, che aveva già in precedenza adocchiato il talento di un altro svedese, tale Bjorn Borg, ebbe il merito di far staccare una mano dalla presa del rovescio del giovane Edberg, incoraggiandone così le doti offensive e permettendo a milioni di appassionati di godere per anni di uno dei più bei rovesci mai visti sul circuito. Neanche due anni dopo la trasformazione il giovane Stefan conquistava il grande slam junior, impresa tuttora ineguagliata.

"Per lui è più facile, perchè può fare una cosa sola." Così Boris Becker descrisse, forse un po' riduttivamente, il gioco di Stefan Edberg. Ed era vero. Quella 'cosa sola' era scendere a rete, sulla prima e sulla seconda palla, su un servizio corto dell'avversario o su una qualsiasi palla attaccabile. Grazie ad un servizio molto lavorato (soprattutto la seconda palla degli anni prima dell'infortunio agli addominali) Edberg riusciva a trovare un perfetto piazzamento vicino alla rete, dove giocava una delle migliori prime volè dopo il servizio che si ricordino. Più forte dal lato sinistro sia di volo che da fondo, il vero termometro del gioco di Edberg era però il diritto. I giorni in cui quello funzionava a dovere erano i giorni in cui era quasi impossibile batterlo.

L'ascesa
Un'anno dopo il grande slam junior Edberg si affaccia full time sul circuito professionistico. E' il 1984. Nel mese di febbraio, durante la finale del torneo di Milano tra lui e Wilander, Rino Tommasi, che all'epoca stava scrivendo l'enciclopedia "Conoscere il Tennis" per Rizzoli, confida alla redattrice che lo accompagnava "Lo vedi? Quello è uno che vincerà molto." Stefan vincerà la finale ed il torneo di Milano (nobile evento scomparso che tenne a battesimo anche Roger Federer) andrà ad occupare la prima casella della sua lunga lista di successi. Quell'anno Edberg si aggiudicherà anche la medaglia d'oro alle olimpiadi di Los Angeles (il tennis era ancora sport dimostrativo), farà parte del team svedese campione di coppa Davis (conquistando in doppio il punto del 3-0 con gli Stati Uniti) e raggiungerà la ventesima posizione in classifica mondiale in singolare. Un buon inizio.

Il 1985 è l'anno della consacrazione ad alti livelli con la vittoria del primo slam in carriera ottenuta in dicembre sui prati di Kooyong a Melbourne. Per vincere il titolo Stefan, che per molti anni ebbe fama di non essere un buon combattente, recuperò due set di svantaggio a Masur negli ottavi e superò 9-7 al quinto Ivan Lendl in semifinale (ripercorrila qui). Edberg terminò l'anno in quinta posizione mondiale e conquistò la seconda coppa Davis, questa volta vincendo il singolare decisivo. Il 1986 fu l'anno della conferma ad alti livelli, con tre titoli e la prima semifinale all'US Open, Stefan rimase stabile alla quinta posizione mondiale in singolare mentre raggiunse la prima posizione in doppio (in coppia con Anders Jarryd).
Il secondo titolo dello slam venne nel gennaio 1987, nell'edizione successiva agli open d'Australia 1985, la prima nella nuova ricollocazione ad inizio anno, l'ultima sull'erba. In finale Edberg superò in cinque set l'idolo di casa Pat Cash (ripercorrila qui). Altri sei titoli durante la stagione lo portarono ad un solo passo dalla vetta della classifica.

La rivalità
Parlando di Stefan Edberg ci sono diversi nomi che ricorrono spesso. Come le grandi rivalità con Ivan Lendl e Mats Wilander ad esempio. Ma c'è un nome che sopra tutti viene associato a quello dello svedese. E' Boris Becker. I due erano la nemesi l'uno dell'altro, avevano due caratteri opposti che, per dirla con le parole di Boris, si mescolavano perfettamente in campo (eccoli insieme nel 2003 al Queen's: qui). La rivalità risale addirittura al circuito junior, dove Edberg, di quasi due anni più anziano del collega, aveva raccolto maggiori successi ed aveva battuto Boris verso il suo successo a Wimbledon nel 1983. Boris aveva poi vinto Wimbledon da pro nel 1985, a soli 17 anni, pochi mesi prima del primo trionfo di Stefan in Australia.
Nel 1988 si incontrarono per la prima volta in un torneo del grande slam. E non poteva essere che a Wimbledon. E non poteva essere che in finale. Becker aveva battuto il rivale al Queen's giusto tre settimane prima e, forte dei due titoli conquistati nel 1985 e nel 1986, entrava in finale da grande favorito. Il risultato lo conoscono tutti. La partita, ultimata di lunedì per via della pioggia, salvò la famosa scommessa di Rino Tommasi e consegnò ad Edberg il primo titolo al torneo più importante del mondo (qui).

La crisi
Quello che poteva essere il definitivo salto di qualità segnò invece l'inizio di un periodo di crisi per lo svedese. Da lì a fine anno vinse un solo altro torneo a Basilea e terminò la stagione al quinto posto. Come l'aveva iniziata. Nel 1989 le cose non migliorarono. Un solo titolo fino a dicembre, sul prediletto cemento giapponese di Tokyo, dove trionfò ben quattro volte in carriera, e ben cinque finali perse. Cinque finali tra cui una al Roland Garros ed una a Wimbledon.
A Parigi in semifinale aveva superato Boris Becker, per la seconda volta su due confronti negli slam, ed in finale affrontava da favorito Michael Chang, giustiziere di un furioso Ivan Lendl negli ottavi. Purtroppo quel giorno, come molte altre volte in quell'ultimo anno, a Stefan mancò il killer istinct. Sciupò dieci palle break nel quarto set essendo avanti per due set ad uno e finì per perdere al quinto (qui).
"Allora pensavo che avrei avuto un'altra possibilità. Non credevo che sarebbe rimasta la mia unica finale e non sarei più andato oltre i quarti." raccontò Edberg molti anni dopo.
Sciupata la finale di Parigi, Stefan raggiunse per il secondo anno la finale di Wimbledon e si trovò di fronte, ovviamente, Boris Becker. Boris aveva una gran sete di vendetta ed Edberg non entrò (quasi) mai in partita. Quasi perchè, dopo aver perso il primo set a zero, Edberg ebbe tre set point sul proprio servizio sul 6-5 del secondo. Ma lì Becker infilò 13 punti ad 1 e chiuse il discorso riconquistando (per l'ultima volta) l'amato titolo londinese (qui il tie break del secondo set).

Il vertice
La marea cambiò nell'ultimo torneo dell'anno. Al masters di New York Edberg, allora numero tre del mondo dietro a Lendl e Becker, sorprese tutti e superò prima Lendl in semifinale e poi Becker in finale conquistando il titolo (qui). Poche settimane dopo, in Australia, Edberg demolì Mats Wilander in una semifinale perfetta, in cui però si procurò uno stiramento addominale. A rendere l'idea di come stava giocando basta il fatto che in finale, nonostante lo stiramento gli impedisse di servire al meglio, vinse il primo set ed andò vicino a vincere il secondo giocando prevalentemente da fondo con Ivan Lendl (qui la fine).
Al Roland Garros Lendl non si presentò per la folle ossessione di preparare al meglio Wimbledon ed Edberg fu insignito della prima testa di serie per la prima volta. Fu un disastro. Le prime due teste di serie uscirono entrambe al primo turno. Stefan sconfitto da un giovane Sergi Bruguera e Becker superato da un giovane Goran Ivanisevic.
Il luogo della rivincita per entrambi fu il centrale di Wimbledon. Edberg mise fine ai sogni di Lendl in tre set in semifinale e si presentò puntuale alla sfida con il tedesco. Per la prima volta due giocatori si fronteggiavano in finale in uno slam per tre anni consecutivi. Edberg giocò i primi due set su una nuvola. poi si smarrì, si fece recuperare ed andò sotto di un break nel quinto set. Invece di darsi per vinto però riuscì a strappare due volte il servizio al rivale ed a vincere il secondo titolo a Wimbledon (qui). Sarebbe stata la sua ultima vittoria contro Boris.

Da lì Stefan infilò una striscia vincente di 14 incontri il cui apice è rappresentato dal quarto di finale vinto con Michael Chang a Cincinnati.
Dopo aver detto tanto di Stefan Edberg è difficile non spendere due parole per Tony Pickard, il coach che accompagnò lo svedese durante tutta la carriera professionistica. "Un secondo padre" nelle parole di Stefan, "amici per la vita" nelle parole di Pickard. Ebbene la sera del 10 agosto 1990 Edberg trovò un Pickard gongolante che lo aspettava in spogliatoio. "Che hai da sorrider tanto?" gli chiese lo svedese.
"Bè, questa sera, ragazzo mio, sei diventato il primo tennista della classifica mondiale."
Edberg arrivò all'US Open con una scia di quattro tornei vinti consecutivamente, testa di serie numero uno e favorito del torneo... e toppò completamente venendo battuto al primo turno dal russo Volkov.
Stefan riuscì comunque a chiudere l'anno al primo posto raggiungendo la finale al masters, sconfitto da Andrè Agassi.

Il 1991 Edberg lo passò al vertice del tennis mondiale, a parte il breve interregno di Boris Becker, giocando a tratti il suo miglior tennis e perdendo un paio di incontri epici, sfortunati, forse anche incredibili. In Australia venne sconfitto da Ivan Lendl in semifinale sotto un sole implacabile dopo aver avuto tre match point, la memoria dei quali si squagliò sotto sotto lo stesso sole. Lendl fu poi sconfitto senza difficoltà da Becker in finale.
A Wimbledon Stefan perse una delle partite più incredibili della storia del tennis. Arrivato in semifinale avendo ceduto una volta sola la battutta in tutto il torneo venne superato da Michael Stich per 4-6 7-6 7-6 7-6 senza mai subire un break (ripercorrila qui). Quel giorno morì Jimmy Van Allen, inventore del tie break, ed Edberg ebbe a dire "Se non fosse stato per lui io e Michael saremmo ancora là fuori a giocare." Stich poi non ebbe difficoltà a sconfiggere Becker in finale.
La stagione di Edberg fu riscattata all'US Open, torneo dove, nonostante due semifinali, non aveva mai brillato. Edberg ritrovò il suo miglior tennis e demolì in finale Jim Courier, che si era ormai da qualche mese affacciato alla finestra dei grandi (qui).
(Val la pena ricordare il quarto di finale in cui Edberg dominò Lendl con il cecoslovacco capace di fare questo e lo svedese capace di rispondere così.)

La discesa
Gli anni novanta segnano l'ascesa di una nuova generazione di campioni. Giocatori potenti, attacanti da fondo con solide risposte e passanti. Jim Courier ed Andrè Agassi sono i principali esponenti di questo tennis ed è proprio Courier, dopo la vittoria in Australia in finale proprio con Stefan, a spodestarlo dalla prima posizione mondiale.
A Wimbledon, per la prima volta dal 1986, Edberg non raggiunge le semifinali, fermato nei quarti da Goran Ivanisevic. Ancora una volta, come l'anno precedente è l'US Open a salvare la stagione dello svedese. Questa volta però non si tratta di una cavalcata trionfale. Prima di superare Sampras in finale (qui) infatti Edberg dovette sudare sette camicie e quindici set per venire a capo di Krajicek, Chang e Lendl. Giocando la partita più lunga della storia dell'US Open con il cino-americano nei quarti e recuperando tutte e tre le volte da un break sotto nel quinto set. Alla faccia di chi sosteneva che non fosse un combattente. Dopo il sesto ed ultimo slam della carriera Edberg passerà qualche altra settimana da numero uno prima di cedere definitivamente la poltrona a Jim Courier.

Il 1993, iniziato da numero 2, finirà da numero 5, con un solo torneo vinto, a Madrid, sulla terra battuta, una finale persa a Melbourne nuovamente da Courier (qui con il commento di...) ed una semifinale a Wimbledon, l'ultima. I tempi sono cambiati. In semifinale a Wimbledon quell'anno ci sono Edberg e Becker ma anche Sampras e Courier e saranno i due americani a sigillare il passaggio di consegne ed a raggiungere la finale. Il gioco di Edberg ormai si espone a troppi tiratori capaci di infilarlo con la risposta o con il passante. Il servizio non è più incisivo come una volta, soprattutto con la seconda palla, e l'impressionante capacità di trasformazione a rete non basta più ad evitare un numero sempre crescente di sconfitte premature.
Nel 1994 arriva anche l'ultima semifinale in uno slam. Sempre in Australia, fermato stavolta da Todd Martin. Edberg continua a ripetere che sente di avere ancora energie per un altro slam ma a Wimbledon finisce la benzina dopo due set contro Kenneth Carlsen ed a New York, in una serata con luci artificiali a lui non gradite, non riesce nemmeno a vedere la palla contro il connazionale Jonas Bjorkman. Tre titoli lo aiuteranno a rimanere nei top ten ma ormai appare chiaro che il tennis di vertice si sta allontanando inesorabilmente.
Nel 1995 vince a Doha il suo ultimo torneo e poche settimane dopo perde un'ennesima partita in cinque set con Aaron Krickstein (per la terza volta in carriera negli slam) uscendo per la prima volta in dieci anni dai top10.
Le domande su un eventuale ritiro si fanno sempre più insistenti finchè, finalmente, arriva la risposta.
"L'anno prossimo sarà il mio ultimo anno di tennis giocato."
Stefan prepara un'ultima passarella per salutare il mondo del tennis.

L'addio
Il 1996 è l'anno dei saluti. Così è stato annunciato e sappiamo non ci saranno ripensamenti. Ancora a Londra, questa volta al Queen's Edberg raggiunge la sua ultima finale da professionista e di fronte si trova il rivale di sempre Boris Becker. Tra i due c'è sempre stato un profondissimo rispetto nonostante due caratteri così antitetici. Becker, dopo aver vinto in due set, alla stretta di mano gli dirà: "Ci vediamo tra tre settimane."
Tre settimane dopo però, all'All England Club sono rimasti solo Krajicek, Washington ed una inaspettata streaker.
Becker è uscito, infortunato al terzo turno. Edberg ha salutato per l'ultima volta Wimbledon addirittura al secondo, sconfitto da Tillstrom sul campo n.1.
Il sipario sta calando sulla stagione degli attaccanti. Il tennis è cambiato.
A settembre, a New York, dopo 54 tornei dello slam consecutivi (record poi superato da Santoro), Edberg saluta gli slam, sconfitto nei quarti da Ivanisevic. A Stoccolma, nella natia Svezia, Edberg saluta il circuito, sconfitto al primo turno da Kulti (l'addio). Infine a Malmoe, nella finale di Coppa Davis, un infortunato Stefan Edberg giocherà e perderà il suo ultimo incontro di tennis professionistico con Cedric Pioline. Nelle parole di Stefan, non poter giocare al meglio quella finale è stato il suo più grande rimpianto, insieme alla sconfitta a Parigi con Michael Chang.
Sipario.

Oggi Stefan, tornato a vivere in Svezia, nella natia Vaxjo, con la moglie Annette (unica nella storia ad esser stata compagna di due numeri uno del tennis mondiale) ed i due figli, si dedica alla famiglia, agli affari e frequenta un circolo di tennis dove i giovani aspiranti campioni non lo riconoscono. Sono i genitori a chiedergli autografi. Dal 2006 poi partecipa saltuariamente e rilassatamente al Champions Tour. Non è più il giocatore freddo ed impassibile cui eravamo abituati. Scherza e ride con gli avversari e con il pubblico (sul serio: guardatelo qui) e probabilmente con un certo distacco si gode il fatto di essere un pezzo di storia del tennis.

 

Daniele Malafarina

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