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Regine dei campi: per Martina Navratilova, il cielo è ancora il limite - Marianne Bevis, Bleacher Report

Traduzione a cura di Giulia Vai

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I suoi successi sui campi da tennis sono quasi senza parallelo.
La sua energia nel sostenere i diritti degli altri è una costante.
La sua passione per lo sport che lei dice “le ha dato un’anima” è fuor di dubbio.
Eppure è una particolare intervista, che fa seguito a un evento particolarmente improbabile nella vita di questa icona tennistica, che getta nuova luce sul suo carattere come qualsiasi suo altro successo.
Martina Navratilova è stata a sorpresa partecipante, e finalista sorprendentemente popolare, dello show televisivo del 2008 “I’m a Celebrity...Get Me Out Of Here” (“L’Isola dei famosi”). E in un’intervista per l’importante giornale britannico Times, ha ammesso che è stata semplicemente la sfida che l’ha convinta a partecipare.
“Amo le sfide, che siano cerebrali o fisiche…Se non ti sei mai spinto ai limiti, non saprai mai quale sia il tuo punto di “rottura”. La gente dice sempre che ero molto competitiva. Non con gli altri, ma con me stessa”.
Questo giunge al nocciolo della questione di ciò che ha reso Navratilova una delle donne di maggior successo ad aver mai preso in mano una racchetta da tennis: il bisogno di provare sia a se stessa sia al mondo ciò che era possibile.
Comunque, c’è una seconda citazione che chiarisce ciò che la rende una donna importante, rispettata che resiste oltre i campi di tennis.
“Se sento qualcosa in modo particolare, lo dico. Posso fare del bene parlandone, piuttosto che stando in silenzio. Avrei avuto molti più soldi se avessi mentito, ma non me li sarei goduti”.
Questa è la storia di una donna coraggiosa, grintosa e generosa che combatte anche la repressione politica e i pregiudizi personali sulla sua strada per diventare uno degli più grandi atleti viventi del mondo.
“Non puoi vivere nel passato.”
Navratilova è nata nel ottobre 1956 a Praga, Cecoslovacchia, ma suo padre, istruttore di sci, e sua madre divorziarono quando lei era ancora molto piccola.
Il tennis correva nella sua famiglia. Sua nonna fu una giocatrice internazionale e, quando sua madre si risposò nel 1962, il suo patrigno diventò il suo allenatore.
All’età di otto anni, Navratilova raggiunse le semifinali del suo primo torneo, e il suo talento iniziò ad attrarre l’attenzione delle autorità ceche.
Nel 1972, a 15 anni, Navratilova vinseil campionato di tennis nazionale. L’anno successivo, raggiunse i quarti di finale dei French Open e il terzo turno di Wimbledon.
Incontrò inoltre, e fu battuta per la prima volta, dalla donna che sarebbe per sempre stata associata alla sua carriera, Chris Evert.
Ma è stato il 1975 che è diventato uno di quei momenti spartiacque per Navratilova.
È stato l’anno in cui diventò professionista.
È stato l’anno in cui fu finalista in due tornei del Grande Slam (contro Evonne Goolagong in Australia e contro Evert ai French Open).
Ed è stato l’anno in cui il suo passato si scontrò con il suo futuro.
“Vai e fai quello che devi”
Nel 1968, l’armata sovietica invase la Cecoslovacchia e con la forza impose un regime comunista in un paese che stava cercando di muoversi verso una politica più liberale.
Negli anni seguenti, Navratilova entrò frequentemente in conflitto con il nuovo regime, offendendo le autorità, esprimendo pubblicamente opinioni che erano fuori dalla linea ufficiale. I suoi movimenti erano seguiti dal servizio di sicurezza ceco, ed ormai era abituata ad avere la maggior parte dei suoi guadagni confiscati dal regime.
Era stata avvertita che ulteriori “offese” le sarebbero costati il diniego dei visti necessari per viaggiare fuori dalla Cecoslovacchia.
In quell’estate spartiacque del 1975, il visto di cui aveva bisogno per partecipare agli US Open le fu infatti negato, e fu solo per l’intercessione del suo compatriota, l’ex-campione del Roland Garros Jan Kodes, che cambiarono idea.
Quindi prese la decisione di disertare. Dopo aver perso contro Evert in semifinale, la diciottenne Navratilova andò negli uffici del Servizio Immigrazione e Naturalizzazione a New York e riempì tutti i moduli sul momento.
In un mese, ottenne la carta verde, e nel 1981 la completa cittadinanza americana.
Ma la sua decisione la tagliò fuori dalla sua famiglia. Non potevano lasciare la Cecoslovacchia per farle visita, e lei sarebbe stata arrestata se avesse fatto ritorno a casa.
Navratilova non vide la sua famiglia per 4 anni, e fu improvvisamente lasciata alla deriva in uno stato straniero senza casa e con pochi amici. Ancora una volta, è il nome di Evert che compare nella storia di Navratilova, poiché fu Evert, con il resto della squadra americana, che divenne la famiglia sostitutiva della disertrice.
Ma Navratilova trovò la vita dura, aumentò di peso, perse gli incontri, toccò il fondo. Sarebbero dovuti passare quasi tre anni prima che lei e il suo tennis conquistassero la fiducia per vincere il suo primo titolo in singolare dello Slam: a Wimbledon nel 1978.
“Wimbledon è come una droga. Una volta che lo vinci, senti che devi continuare a farlo ancora e ancora.”
Navratilova non aveva mai vista un campo in erba fino a una settimana dalla sua prima apparizione a Londra nel 1973.
Guardando Wimbledon in televisione da bambina, immaginava che l’erba fosse lunga un paio di centimetri, come un campo di football.
Quando toccò il campo al Queens Club, dove si stava allenando prima di Wimbledon, non poteva credere quanto fosse corto e compatto.
Fu immediatamente conquistata e immediatamente (si sentì) a casa.
In quel tumultuoso 1975, aveva raggiunto i quarti di finale di quello che sarebbe diventato il suo torneo di riconoscimento.
L’anno seguente arrivò in semifinale.
Dopo un’altra uscita ai quarti di finale nel 1977, Navratilova vinse per la prima volta. Era l’inizio di un periodo che infranse ogni record con 13 anni durante i quali vinse 9 titoli in singolare, raggiunse la finale altre tre volte, e fece almeno la semifinale in ogni anno fino al 1994 (eccetto un’uscita in quarti di finale nel 1991).
Le sue vittorie includono cinque su Evert, e una su Andrea Jaeger, Hana Mandlikova, Staffi Graf e Zina Garrison.
Anche se Graf fermò Navratilova sulla strada del suo settimo titolo consecutivo a Wimbledon nel singolare, non le impedì di raggiungere e vincere in due set, la sua nona finale consecutiva nel 1990, all’età di 33 anni.
Un tale successo a quell’età dimostra cosa differenzi Navratilova da quasi ogni altra donna nel tennis di quell’epoca. Sottolinea l’influenza che ebbe sia sui giocatori e sulle giocatrici che seguirono.
Fissò dei parametri più alti “muovendo il sedere e….iniziando veramente ad allenarmi”. Come Andy Roddick e Lleyton Hewitt hanno fatto negli ultimi anni, ha attaccato i suoi livelli di fitness e ha lavorato sulle sue abilità.
Ha fatto progressi continuamente su aspetti del suo gioco come il suo grande servizio mancino tagliato, la sua corsa verso rete, le volèe a chiudere e la ricerca di schemi tattici.
Sostiene che la sua volontà di cambiare le ha permesso di vincere il nono titolo a Wimbledon: “Billie Jean [King] mi ha aiutato nel mio ultimo titolo di singolare a Wimbledon cambiando il mio movimento di piedi – a proposito di insegnare a cani vecchi nuovi trucchi!”
Un messaggio che durerà nel tempo.
“Tutte le ere hanno i loro grandi giocatori, ma Martina sta a cavallo di varie ere come la più grande”. (Billie Jean King)
Per alcuni, una tale affermazione da King sarebbe sufficiente. Ma in qualche punto nella storia di una grande giocatrice, un po’ di statistiche devono puntellare la sua reputazione. Questo è il punto nella storia della Navratilova.
Wimbledon, ovviamente, illumina come la stella polare nei cieli di Navratilova: 12 finali in singolare, un record di nove titoli in singolare, e 20 titoli in assoluto: eguagliando il record di King.
Navratilova, però, fu la forza dominante durante gli anni 80 di tutto il tennis femminile. Inoltre, fu un personaggio principale anche verso la fine degli anni 70 (4 finali dello Slam, 2 vittorie) e i primi anni 90 (tre finali dello Slam, una vittoria).
Agli Australian Open, per esempio, ha giocato il singolo 10 volte in un periodo di 14 anni, e non ha mai mancato i quarti, ha raggiunto la finale sei volte, e ne ha vinte tre.
Agli US Open, ha giocato per 21 anni consecutivi, raggiungendo la semifinale in 12 occasioni, la finale in 8 e vincendo il titolo 4 volte.
Anche al Roland Garros, la superficie più difficile per il suo gioco aggressivo e proiettato in avanti, ha giocato 10 volte tra il 1973 e 1987, raggiunse i quarti in nove occasioni, le finali 5 volte, vincendo due volte.
In tutto, ha vinto 18 titoli del singolare, 31 titoli di doppio femminile (un record assoluto) e 10 titoli di doppio misto.
Nei tornei di fine anno tra il 1975 e il 1992, ha vinto 8 volte e è stata finalista 6. Nel doppio, ha vinto tutte le 11 finali tra 1980 e il 1991.
Detiene il record dell’era Open per maggior numero di titoli di singolare (167) e di doppio (177) e ha la striscia vincente più lunga di 74 incontri consecutivi.
E il colpo del killer: dal 1982 al 1984 ha perso solo sei incontri in singolare.
Le statistiche sono straordinarie. Ma per dare un po’ di prospettiva all’ampiezza temporale della sua carriera, qui un’occhiata ad alcuni dei suoi partner nelle vittorie di doppio del Grande Slam.
Tre dei primi titoli furono con King, e la sua ultima apparizione in finale era con Svetlana Kuznetsova.
Ha vinto il suo primo titolo di doppio misto con Ivan Molina nel 1974, in coppia con Paul McNamee e Peter Fleming negli anni 80, ha vinto due titoli con Leander Paes, e ha raggiunto la sua ultima finale dello Slam con Bob Bryan nel 2006.
C’è ancora un’altra angolatura illuminante da considerare nei record di Navratilova.
Ha giocato tra la metà degli anni 70 e la metà degli anni 80 contro una delle donne di maggior successo dell’era Open, Chris Evert.
Poi ha affrontato, dalla metà degli anni 80 fino al suo ritiro, una delle giocatrici di maggior successo di tutti i tempi, Steffi Graf.
Con quasi 14 anni di differenza con la giovane Graf – il cui atletismo deve molto all’esempio della giocatrice più vecchia – Navratilova ha vinto metà dei 18 incontri e 5 dei loro 9 incontri in singolari dello Slam. Nel loro ultimo incontro nello Slam (la semifinale del 1991 US Open) la trentaquattrenne vinse 7-6, 6-7, 6-4.
Navratilova è stata veramente a cavallo dei decenni come un colosso.
“Mi ha aiutato a giocare più lungo, e soprattutto, mi ha aiutato a giocare meglio”.
È un tema comune nella vita di Navratilova: il costante riconoscimento del contributo degli altri al suo successo.
Fa riferimento a King in quasi tutte le interviste che fa.
Parla del ruolo giocato da Nancy Lieberman e Renee Richards nel raggiungere la sua straordinaria forma.
Dà merito al suo allenatore e patrigno per l’aiuto e il sostegno che le ha dato nei primi anni della sua vita. E dà merito – nella citazione sopra – alla campionessa che l’ha aiutata a definire la sua carriera: Chris Evert.
Questa fu la rivalità di durata maggiore tra tutte: 16 anni. Si incontrarono 80 volte, 60 in finale.
Tra il 1975 e 1986, una o l’altra finirono la stagione come numero 1.
Sebbene Evert è più vecchia di meno di due anni, iniziò la sua strada di vittorie di Slam a 19, mentre Navratilova fu più lenta a emergere, vincendo solo 2 Slam a 25 anni.
Erano diventate amiche prima di diventare grandi rivali, e unirono le forze per vincere il doppio nei French Open nell’anno spartiacque 1975. Ripeterono il successo l’anno successivo a Wimbledon.
Come crebbe la loro rivalità, così anche la distanza tra di loro, poiché realizzarono che era difficile combinare una stretta amicizia con il bisogno di dominare l’altra. La rottura fu incoraggiata da Lieberman, che credeva fosse necessario detestare l’avversario per dominarlo totalmente.
Evert era in vantaggio nei loro incontri per 20-5. Quindi Navratilova migliorò il suo atletismo a livelli mai visti prima nel gioco femminile, e sviluppò nuove strategie per togliere tempo al gioco dalla linea di fondo che la puniva, in cui Evert eccelleva.
Alla fine della rivalità, i loro testa-testa erano cambiati in favore di Navratilova 43-37. Conclusero la loro carriera con 18 titoli dello Slam a testa.
Quello che rendeva i loro incontri ancora più coinvolgenti era il contrasto di stili e le personalità che portavano in campo.
Evert era adorata in quanto americana-tipo, femminile, una modesta ragazza della porta accanto, mentre Navratilova aveva una condotta muscolare, atletica e provocatoria. Era apertamente lesbica – non ancora un’ammissione popolare all’epoca. Era anche intransigente nella sua attenzione e impetuosa nel desiderio della vittoria.
Quindi mentre Navratilova guadagnava il rispetto dei fan, Evert invariabilmente era la loro favorita.
Cosa era, e resta, chiaro è che Navratilova ha sempre guadagnato il rispetto delle sue compagne. Quanto lei è veloce nel riconoscere meriti agli altri, gli altri in cambio sono suoi entusiasti sostenitori.
Evert e Navratilova misero velocemente le loro rivalità alle loro spalle e tornarono buone amiche un’altra volta. King è sempre stata un’amica e un’ammiratrice. Lo stesso si può dire della sua partner di lungo corso di doppio, Pam Shriver.
La prima cosa che Leander Paes ha fatto dopo aver vinto il doppio dei French Open quest’anno è stata di saltare nella folla per abbracciare la sua ex-partner di doppio: “Guardare Martina giocare mi ha ispirato da giovane in India…Grazie Martina per essere stata il mio veicolo alla grandezza”.
Lisa Raymond, che ha fatto coppia con Navratilova durante il 2003, l’ha trovata fonte d’ispirazione: “Penso che mi abbia reso una giocatrice migliore, e una giocatrice di squadra migliore”.
Bob Bryan è rimasto entusiasmato dal suo servizio, il suo potere mentale e i suoi riflessi, e più che lusingato di essere stato invitato, attraverso un sms, a giocare con lei.
Poca sorpresa, forse, che abbia mostrato un po’ di sarcasmo nel parlare della decisione dell’ITF di quest’anno di darle la più alta onorificenza, il premio Philippe Chatrier. Avevano dato lo stesso premio a Evert 12 anni prima.
Il commento di Navratilova? “Hanno aspettato un bel po’!”
“Le etichette sono per sistemare gli oggetti. Le etichette sono per i vestiti. Le etichette non sono per le persone.”
Navratilova si è ritirata nel 1995 con uno dei più grandi record nel tennis a suo nome. Ma il suo approccio altamente energico alla vita continua: “Prendere la vita con facilità” semplicemente non è nel suo DNA.
Ha ottenuto la licenza di pilota (ha paura delle altezze), ha imparato a tuffarsi (perché ha paura di annegare), ha scritto un paio di racconti gialli, e ha iniziato a fare fotografie e dipingere.
È stata presidentessa dell’associazione giocatrici WTA per molti anni tra gli anni 80 e 90.
Ha sempre dedicato il suo tempo e la sua energia a cause politiche e sociali. Il suo lavoro a sostegno di uguali diritti per gay e lesbiche è riconosciuto, ma è anche un’attivista rumoreggiante degli animali e di cause in favore dell’ambiente.
In breve, vive secondo le sue convinzioni: “Non farti fermare dalla gente che dice: “No, non puoi farlo perché sei troppo vecchia o perché sei troppo pesante o non sei un’atleta”. Qualsiasi possano essere i tuoi limiti, non lasciare che ti definiscano. Io non ho lasciato che mi definissero”.
Come risultato, quando ha deciso nel 2000, a 43 anni, che non era pronta per girare le spalle al tennis, è stata una decisione facile impegnarsi ancora in una serie di incontri. Era in una forma smagliante, e voleva unirsi alle nuove giovani giocatrici, non al Senior Tour.
Ha vinto una dozzina di titoli di doppio, inclusi i titoli di doppio misto in due prove dello Slam, con una mezza dozzina di partner diversi.
Ha giocato le sue prime Olimpiadi.
Ha allungato il suo record di Fed Cup a 40-0 prima che la sconfitta in finale nel 2004 macchiasse il foglio bianco.
Quello che ha vinto è stato il sostegno entusiasta del pubblico ovunque giocasse, e chiaramente significa molto: “Quello che ricevo dal pubblico, non l’ho mai ricevuto in vita mia….non me lo aspettavo!”.
“Spero, quando smetterò, la gente penserà che in qualche modo sia stata importante”.
Quando alla fine ha appeso la racchetta al chiodo, l’ha fatto con stile, dopo una vittoria in finale di un Grande Slam, in quello che lei considerava il suo torneo di casa a Flushing Meadows, con il compagno americano Bob Bryan. Ha compiuto 50 anni un mese dopo.
Ora sta preparando una nuova serie di sfide.
Ci sono le sfide personali, da “I’m a Celebrity…” fino a fare l’audizione per la versione londinese di Chicago.
C’è un continuo bisogno di sfidare il pregiudizio, dal fare campagne a favore dei diritti dei gay, a scrivere libri per ultracinquantenni sulla salute fisica e mentale, al parlare in pubblico di aspirare a nuovi obiettivi.
Poi c’è il tennis: è stata aperta nel condannare i grantoli ad alto volume sul campo, ed è favorevole che il tennis femminile segua l’esempio del gioco maschile e cambi il tipo di gioco.
Per Navratilova, è sempre stato un fatto di spingersi oltre la propria comfort zone, rifiutando di essere limitata o definita dalla sua carriera, dalla sua età o dalla sua sessualità.
Questa quindi continua ad essere la storia di una donna coraggiosa, grintosa e generosa che è anche una delle più grandi atlete viventi. Guardare materiale televisivo su Navratilova a ruota libera, correre verso rete anche sulla terra, cogliere ogni sfumatura delle volèe fino alla perfezione, è ancora oggi una delle gioie del tennis.
Sembra appropriato, quindi, dare la parola in conclusione a una delle sue più vecchie amiche. King ha detto di Navratilova nel 2006, “è la più grande giocatrice di singolare, doppio e doppio misto che sia mai vissuta”.
Io, per una volta, non ho alcuna intenzione di controbattere.
 

Marianne Bevis

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