L'ANALISI

Tutti a riposo! I big si fermano

Stagione iniziata all'insegna della prudenza. Nadal e Del Potro out, Federer e Murray non partecipano ai tornei che precedono i più importanti, Djokovic e Davydenko non si impongono. Cosa è cambiato? Rossana Capobianco

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Che lo abbiano finalmente capito?

E' una domanda che nasce spontanea, dopo aver guardato i tabelloni principali di tornei comunque prestigiosi come quello di Rotterdam, le partecipazioni alla Davis e aver letto le ultime nuove dai siti ufficiali dei top player.

Il calendario esasperato che tanto è stato condannato dagli stessi giocatori di vertice non è più preda di polemiche, adesso regna l'indifferenza.

Non c'è dubbio che ad aprire a questa strada sia stato il Numero 1 del mondo; Roger Federer da un paio di stagioni ha infatti deciso di dare un taglio netto agli appuntamenti da lui considerati "superflui" e inutilmente faticosi e dedicare la preparazione agli obiettivi da lui prescelti, che coincidono naturalmente con i più prestigiosi.

E i suoi avversari, giovani rampanti giustamente assetati di vittorie e pronti alla competizione, pare si siano adeguati.

Novak Djokovic,  fino alla scorsa stagione il giocatore con più partite all'attivo, non ha partecipato ad un torneo ufficiale prima degli Open d'Australia, e, sebbene fosse presente a Rotterdam, non è riuscito a raggiungere la finale. Questione di motivazioni e considerazione del torneo o altro?

Andy Murray ha disputato la sola Hopman Cup prima di Melbourne, rinunciando poi a Rotterdam e all'imminente Marsiglia, un consistente e drastico cambiamento rispetto alla scorsa stagione.

Rafael Nadal e Juan Martin Del Potro sono quelli costretti subito al riposo forzato. Tra ginocchia e polsi malandati, i due dovrebbero rientrare al primo torneo 1000 della stagione, ad Indian Wells, rinunciando così anche a Dubai e Coppa Davis.

A Dubai dovrebbe invece rientrare Federer, che dopo la pausa tra  Svizzera e visita in Etiopia per la propria fondazione, si trova già nella propria residenza negli Emirati, svolgendo, pare, un blocco di preparazione più leggero rispetto agli altri anni, visti i precedenti pesanti periodi di preparazione nello scorso autunno/inverno.

L'unico ad aver giocato di più è il solito stakanovista, quel Nikolay Davydenko da cui forse ci si aspettava di più visti i risultati arrrivati alla fine della scorsa stagione. Un titolo (a Doha) fin qui per lui, un quarto di finale a Melbourne e la semifinale persa a Rotterdam con Soderling.

Naturalmente la colpa non è solo del calendario fitto che caratterizza il circuito, ma anche del ritmo e dello stile di gioco che oramai imperversa e che pare irreversibile. Lo spessore atletico dei giocatori è indubbio, così come l'innalzamento del livello medio, che difficilmente permette turni agevoli o tornei-cuscinetto; la vera novità è però la comprensione di ciò da parte dei più forti, che forse timorosi di un logorio fisico precoce, preferiscono adesso prevenire.

La domanda è: servirà a tutti per arrivare in fondo negli Slam e non arrivare con le pile scariche a fine stagione o risultati del genere (ottenuti con costanza) necessitano anche di altro?

Non sarebbe forse opportuna una scelta diversa riguardo alla differenziazione/omogeneità di superfici e di gioco da parte di tutti?

Di certo, quanto sta avvenendo è un grosso passo avanti ed un tentativo chiaro, oltre che un messaggio forte ad organizzatori e vertici ATP.

Resta da vedere quanto proficuo.

Rossana Capobianco

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