Rassegna Stampa del 22 Febbario 2010

Lendl: "Contro Federer avrei perso anche io" (Semeraro)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Lendl: "Contro Federer avrei perso anche io"

Stefano Semeraro, la stampa del 22.02.10

Ivan il Terribile compirà 50 anni il 7 marzo, e ha deciso di regalarsi una partita di tennis: contro il suo vecchio amico Mats Wilander, in aprile, ad Atlantic City. Un'esibizione, ma comunque la prima partita in pubblico di Ivan Lendl, l'arci-rivale di McEnroe, a 16 anni dal ritiro ufficiale. Ivan, come mai?
«La ragione principale è che la mia schiena sta meglio. Poi sto per inaugurare una nuova academy di tennis e golf in Florida dove vivo: se devo insegnare qualcosa preferisco mostrare come si fa».

Come ha passato il tempo dal '94 a oggi?
«Ho cinque figlie, tre di loro (Marika, Isabelle e Daniela, ndr) giocano a golf e vanno all'Università, così mi sono dedicato soprattutto alla famiglia e a giocare a golf».

Il tennis non le è mancato?
«No, la schiena mi faceva troppo male, e poi non ho mai amato viaggiare. L'unica trasferta che mi piaceva era quella in Australia, quando potevo giocare a golf e andare in bici nei dintorni di Sydney. Ma seguo i grandi tornei in tv e mi diverto molto».

Federer da poco ha eguagliato le sue 270 settimane da n.1. È il migliore di sempre?
«Ci ho rimuginato per due anni e alla fine ho concluso che non si può comparare il tennis Open a quello che c'era prima. Laver è il migliore dell'era pre-open, Federer quello dal 1968 a oggi. Cambierò idea se Federer farà il Grande Slam».

Come avrebbe affrontato il Federer di oggi?
«Cosa farebbe uno sprinter degli anni 80 contro Bolt? O Mark Spitz contro Michael Phelps? Prenderebbero quattro metri di distacco. Lo stesso vale per il tennis. Sono cambiati troppo condizioni e materiali».

Ma lei è stato il primo tennista a curare scientificamente preparazione e alimentazione…
«Per battere Federer non sarebbe bastato, mi dia retta».

Parliamo di golf: anche lì ha giocato a livello semiprofessionale…
«Sono un cinquantenne: non vedo l'ora di giocare dei tornei senior quest'estate nel New England con dei vecchietti come me».

È stato detto che i buoni giocatori amano vincere, i campioni odiano perdere. Immagino che non vorrà perdere nemmeno con i "vecchietti"…
«Il giorno che accetterò di perdere sarò morto».

Frequenta ancora i suoi vecchi avversari? Non ci dica che con McEnroe siete diventati amici…
«Due anni fa organizzai l'esibizione fra Federer e Sampras, John commentava in tv. Gli dissi: ho sempre saputo che un giorno avresti lavorato per me. Ha riso e mi ha risposto: "Basta che sia solo per una volta". Ma l'anno scorso l'ha rifatto». Cosa ricorda della finale di Parigi 1984, quando gli rimontò due set cambiando la storia del tennis?
«La verità? Non molto. John era avanti due set, ma dopo il secondo mi resi conto che vincere il terzo set avrebbe significato vincere il match. Sapevo che il fattore fisico avrebbe giocato a mio favore».

È stato McEnroe il suo più grande avversario?
«La mia vera bestia nera è stato un francese, Cristophe Freyss. Nel '78 mi battè nelle qualificazioni a Firenze. Due settimane più tardi a Roma mi battè di nuovo. Lo ritrovai nel 1980 a Indianapolis, quando ero già n.6 del mondo. Giurai che mi sarei vendicato. Il match finì 6-3, 6-0. Per lui».

Parliamo della finale di Coppa Davis che l'Italia perse contro la Cecoslovacchia a Praga nell'80: Panatta disse che i giudici gli rubarono anche l'anima. Vero?
«Non vidi il match fra Adriano e Smid, ero negli spogliatoi. Quello fra me e Barazzutti fu normale, nel doppio il pubblico fece un baccano d'inferno: in Italia sarebbe stato lo stesso. Adriano però fece una cosa che non dimenticherò mai: venne negli spogliatoi a complimentarsi per la vittoria. Un grande gesto».

L'Italia le porta bene, a Roma ha vinto due volte.
«Che bei ricordi. Purtroppo sono allergico ai pollini e giocare al Foro Italico a maggio era un incubo».

Nadal è il suo nipotino tennistico. Cosa ne pensa?
«Un grandissimo. Tutto quello che facevo io, con l'eccezione del servizio, lui lo fa meglio. Sono dispiaciuto e preoccupato per gli infortuni che ha avuto. Ora sembra più lento, e questo limita l'efficacia del suo dritto. È un peccato».

Murray ce la farà a vincere uno Slam per l'Inghilterra?
«Sì, ma deve aggredire di più: quando perdevo sempre in finale avevo il suo stesso problema. Per vincere bisogna sempre farsi un po' violenza».

Cosa ne pensa delle rivelazioni di Agassi su droga e inganni?
«Non ho letto il libro, ma non capisco che bisogno ci fosse di scriverne uno per raccontare tante cose negative».

Lei non ha mai scritto un'autobiografia…
«E mai lo farò. Su di me sono state scritte tante cose false, che non credo più a quanto scrivono sugli altri. Poi non ho tempo: preferisco giocare a tennis, a golf e con i miei cani».

Una cosa che la faceva arrabbiare?
«Sono nato in Cecoslovacchia, passavo per il cattivone comunista. Invece nessuno odia i comunisti più di me».

Rimpianti?
«Ogni singola sconfitta. Persino quelle giovanili».

E le due finali perse a Wimbledon, l'unico Slam che le è sfuggito?
«No, lì fui dominato in entrambi i match».

Che cosa la rende felice e cosa la fa arrabbiare?
«Mi fa arrabbiare il governo americano. Mi sembra di essere tornato in Cecoslovacchia: Obama e Nancy Pelosi sono dei comunisti mascherati. Mi fa felice giocare a golf e a tennis, cenare con le mie figlie. E se oggi (ieri per chi legge, ndr) i cechi batteranno i russi a hockey alle Olimpiadi, sarò molto felice. Le dirò: sarei contento persino se li battessero gli slovacchi…».

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