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06/07/2010 15:51 CEST - Partecipare ad uno Slam

Us Open? Tutti possono farlo

Da quest'anno, e probabilmente per i prossimi, lo US diventa veramente... Open e dà l'opportunità a chiunque di qualificarsi. L'iniziativa viene dal golf, dove sono due i majors(Us e British) che possono portare Mr Nessuno nel main draw. Ecco come è andata Roberto Paterlini

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Chi di noi - e non mi riferisco solo ai ragazzini - non ha sognato almeno una volta, se non di vincere, almeno di partecipare ad un torneo del Grande Slam? La sensazione di essere collega di quel o quell’altro giocatore, gli armadietti della locker room, il corridoio che unisce gli spogliatoi al campo centrale, di cui la TV mostra di solito appena un piccolo scorcio, e poi l’attesa sulla soglia dello stadio, l’annuncio dello speaker, l’entusiasmo della folla al nostro ingresso, noi che percorriamo i pochi metri sino al seggiolone dell’arbitro con passo spedito, sventolando la mano o la racchetta per salutare il pubblico, mentre con l’altro braccio teniamo stretto alla spalla il nostro borsone.

Quest’anno - e probabilmente i prossimi - la USTA ha reso disponibile questa opportunità per lo US Open, al modico costo di 125 dollari. Un attimo, non è proprio così semplice, non sono sufficienti un assegno od un bonifico per partecipare a nessun torneo professionistico, figuriamoci uno Slam. Centoventicinque dollari sono però quanto è servito per iscriversi alla prima fase dello US Open National Playoff, conclusasi lo scorso 26 di Giugno, organizzata con la promessa di regalare all’uomo ed alla donna che ne usciranno vincitori una wild-card per giocare il vero torneo di qualificazione e da quello, chissà, addirittura passare al tabellone principale e trovare al primo turno magari Federer o Nadal (o Serena Williams, per le signore), giocare sull’Arthur Ashe Stadium, volesse il cielo in sessione serale, e... La mia fantasia, già eccessiva, si ferma qui. Federer o Nadal farebbero inevitabilmente a pezzi il malcapitato, che probabilmente si sentirebbe come un cristiano in mezzo al Colosseo e in diretta mondiale forse arriverebbe persino a rimpiangere quei 125 “bigliettoni”. Tuttavia, l’iniziativa resta davvero affascinante.

L’idea originale appartiene da sempre al Golf, che per i suoi due appuntamenti del Grande Slam più antichi, British Open e Us Open, organizza tornei di qualificazione che, come questo, vanno al di là della distinzione tra dilettanti e professionisti, ma che in quei casi sono distribuiti per tutto il globo, promettono ben più posti (46 per il British Open) e direttamente l’ingresso nel “field” dei tornei maggiori. Jeff tarango, uno dei nomi illustri che hanno preso parte all’iniziativa, ne ha subito colto la somiglianza: “Credo sia la risposta tennistica a Tin Cup,” ha dichiarato, riferendosi al film di qualche anno fa nel quale Kevin Kostner interpretava un golfista di club che sfiorava l’incredibile vittoria allo US Open.

Per quanto riguarda il tennis, invece, tutti i mini-tornei di qualificazione - detti Sectional Tournaments - si sono già disputati negli Stati Uniti, il primo dal 18 al 26 Aprile scorso, proprio a New York, esattamente in quello stesso Billie Jean King National Tennis Centre entro i recinti del quale si giocherà anche il quarto Slam della stagione, dal 30 di Agosto. Altre 15 tappe sono seguite, l’ultima ad Arlington, nel Texas (21-26 Giugno), e ne sono usciti 16 uomini ed altrettante donne che si sfideranno ora in occasione delle prime due tappe della US Open Series 2010, ad Atlanta per i primi (22-25 Luglio) ed a Stanford per le seconde (29 Luglio - 1 Agosto), in contemporanea ai rispettivi tornei ATP e WTA. I vincitori potranno infine giocarsi un posto nel tabellone principale attraverso le qualificazioni, ancora a New York (24-27 Agosto), contro tutti quegli altri giocatori che per ragioni di classifica non riusciranno ad entrare direttamente in tabellone.

Ogni torneo si è disputato al meglio dei “three tie-break sets”, senza teste di serie, e gli unici vincoli di partecipazione sono stati l’aver compiuto almeno 14 anni e l’essere membri della USTA (la quota di adesione è di 19 dollari per i minorenni e di 30 per gli adulti), senza limitazioni riguardo a residenza o cittadinanza.

Dimenticando per un attimo l’occasione in più per gli juniores o tutti quei giocatori la cui classifica non sarebbe stata sufficiente ad entrare direttamente nel tabellone di qualificazione, l’iniziativa ha riscosso grande curiosità ed interesse tra i semplici appassionati, e persino il recente oro olimpico Bode Miller - campione del Maine nel tennis ai tempi della high school - si è iscritto alla tappa hawaiana dei Sectional Tournament, dal 2 al 6 Giugno. La sua avventura è durata poco, e l’estroso Bode è stato eliminato al primo turno da Erik Nelson-Kortland, ma non se l’è certo presa, consapevole delle sue scarse possibilità - “Non ho una grande ego riguardo al tennis o altri sport. Mi piace giocare, ma non è un problema perdere. Per quanto mi riguarda, mi sono espresso vicino al mio meglio, e va bene così.” - e ben più interessato a raccogliere fondi per la sua Charity e farsi una vacanza spesata alle Hawaii: “Non mi imbarazza dirlo. Se qualcuno mi vuole offrire un viaggio gratis, non mi tiro certo indietro!”

Altri notabili tra gli interessati, il già citato ex professionista Jeff Tarango, ora quarantunenne, numero 42 del mondo nel 1992 ma ben più famoso per il caratteraccio e una controversia a Wimbledon con l’arbitro francese Bruno Rebeuh (che la moglie addirittura schiaffeggiò dopo che Tarango se ne era andato dal campo in segno di protesta), eliminato in semifinale della tappa sudcaliforniana giocatasi a Claremont dall’ex pro Cecil Mamit (poi qualificatosi per Atlanta).

Ancora, si sono visti Tom Perrotta, penna di Tennis Magazine (sconfitto al 4° Turno a New York), e persino l’ Executive Director e CEO della stessa USTA, Gordon Smith.

La tappa newyorchese è stata quella con il maggior numero di iscritti, 150 uomini e 44 donne; la più giovane partecipante è stata la quattordicenne Angela Assal del Bronx, il più anziano il sessantunenne Richie Bustamante di East Norwich, che per la casualità del sorteggio ha trovato al primo turno uno degli avversari più giovani che gli potessero capitare, il quindicenne Sebastien Lafontant (per la cronaca ha vinto quest’ultimo, ma solo al tie-break del terzo set). Il Sectional Torunament delle Hawaii è stato invece il meno frequentato: appena 10 uomini e 13 donne.

I trentadue nomi usciti dalla prima fase, e pronti a sfidarsi nella seconda, sono pressoché tutti sconosciuti: il ventiduenne Blake Stroke, vincitore del torneo del Southwest, quello dalla classifica più alta (n. 483), Jan Abaza, trionfatrice in Florida, la più giovane, con i suoi 15 anni compiuti lo scorso Marzo.

Sarebbe forse stato più intrigante se questo progetto, come nel golf, avesse concesso direttamente una wild-card per i tabelloni principali, ma anche probabile che avrebbe fatto pericolosamente somigliare il tutto ad un reality show, un sogno futile e inutile creato solo per pubblicità, e poco serio dal punto di vista tennistico... quindi alla fine, possiamo pensare che sia andata bene così. “Gli US Open National Playoffs sono una grande iniziativa per il nostro sport,” ha dichiarato il CEO Gordon Smith, il cui intento è stato evidentemente anche quello di avvicinare più giovani allo sport, vista la penuria di campioni americani che si affaccia all’orizzonte. “Offrono a tutti e davvero a qualsiasi tipo di persona la possibilità di guadagnarsi un posto nel più grande torneo di tennis al mondo, e in ogni caso di cogliere la magia dello Us Open ai Sectional Tournaments in tutto il paese. Dico di più, che cambierei in ogni momento il mio accredito da dirigente della federazione per un Badge da giocatore. Sarà anche improbabile... ma non si sa mai.”

Come si suol dire, sognare non costa nulla. O al massimo 125 dollari.

Roberto Paterlini

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker