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13/07/2010 01:07 CEST - Storie e Profili

Auguri Adriano, auguri Campione

Per celebrare i 60 anni di Adriano Panatta, vi facciamo rivivere le sue vittorie più belle: Roma e Parigi 1976. Tre settimane di trionfi tra matchpoint annullati (dodici in dodici partite), ritiri, veroniche e tuffi. Enzo Cherici

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Quando giocava lui, la gente s'arrampicava sui tetti per ammirarlo. Non ci credete? Date un'occhiata a questo video : è la finale del Roland Garros 1976, quella della vittoria contro il “Sorcio” Solomon. Adriano, con una spettacolare volée in allungo di rovescio, ha appena messo a segno il punto dell'1-0 nel tie-break del quarto set e alcuni spettatori si spellano le mani dai tetti circostanti il centrale di Parigi. Non propriamente un campetto di periferia.
Non conosco personalmente Panatta, ma credo di non essere troppo lontano dalla realtà se affermo che siano proprio queste “istantanee”, anche adesso che è fresco sessantenne, ad inorgoglirlo più di ogni altra cosa. Più dei successi, dei trofei, Adriano amava far divertire la gente. E la gente rispondeva scendendo in campo con lui, giocando assieme a lui. Arrampicandosi sui tetti se necessario.
“Della mia carriera sono contento: ho vinto quello che volevo. Non è da tutti". C'è tutto Panatta in questa dichiarazione, contenuta nella bellissima intervista rilasciata pochi giorni fa a Giovanni Marino per la Repubblica. Provate a dargli torto. Nel corso della sua carriera ha vinto dieci tornei Atp (oltre ad aver disputato altre 16 finali) e l'unica Coppa Davis conquistata dall'Italia. Su tutto, naturalmente, Roma e Parigi, conquistati in quel magico 1976. Due tornei, 12 match, 12 matchpoint annullati.
Adriano, stranamente, a Roma non aveva mai combinato granché. Spesso fuori al primo o secondo turno, non era comunque mai riuscito a vincere tre partite di seguito in quello che sembrava dover essere il “suo” torneo. Finalmente le cose sembrano mettersi bene nel '76. Il sorteggio gli riserva l'australiano Kim Warwick, potenzialmente pericoloso sul rapido, ma nettamente sfavorito contro il nostro giocatore sul centrale del Foro Italico, in quegli anni molto più simile ad una palude che a un campo da tennis. Macché. L'aussie se ne frega della superficie lenta e gioca una partita tutta d'attacco, anticipando spesso e volentieri Panatta nella conquista della rete. L'incubo di una nuova sconfitta al primo turno si materializza quando Adriano si trova sotto 5-1 nel terzo set. “Quando mi vidi perduto, presi a sparare forte. Lo feci per liberarmi dal malessere, o forse per giungere rapidamente alla conclusione e scappare negli spogliatoi a vergognarmi in santa pace”, ricorderà anni dopo Panatta nel libro scritto con Daniele Azzolini “Più dritti che rovesci”. Morale: annullerà ben 11 matchpoint, dieci dei quali giocati addirittura sul servizio di Warwick. Un miracolo. Seguirono le agevoli vittorie con Zugarelli e Franulovic, prima d'un altro match da consegnare, per tutt'altri motivi, alla storia, nei quarti di finale contro Solomon. La partita non tarda a scaldarsi per via di alcuni “errori” arbitrali a favore del nostro giocatore. Adriano restituisce ben quattro punti e arriva addirittura a proporre all'avversario di arbitrarsi da soli. Non se ne fa nulla. Nel set decisivo Panatta scappa sul 4-0. “Solly” rimonta e si porta a condurre 5-4 e servizio, quando sullo 0-15 succede il fattaccio. Un'ennesima palla contestata, stavolta Adriano non può essere certo della chiamata (un suo pallonetto atterrato nei pressi della linea di fondo) e non restituisce quindi il punto. L'arbitro chiama lo 0-30, Solomon s'infuria e dopo una discussione infinita si mette le racchette sottobraccio e se ne va. Clamoroso al Foro.
In semifinale Adriano domina Newcombe (6-2 6-4 6-4: allora semi e finale si giocavano 3 set su 5) e vola in finale per giocarsi il titolo contro Guillermo Vilas. Dopo un inizio che più stentato non si può (2-6), Adriano inizia ad attaccare quasi su ogni palla. Vilas gli annulla un setpoint sul 5-4 del secondo set, ma Panatta sia aggiudica ugualmente il set al tie-break, rimontando da 3-5 e chiudendo con una spettacolare volée di dritto. È il segnale che la partita ha cambiato padrone: 2-6 7-6 (5) 6-2 7-6 (1) e titolo di Roma in bacheca. Il sogna d'una vita che finalmente s'avvera.
All'epoca i tornei di Roma e Parigi si giocavano uno dopo l'altro, senza settimana di pausa nel mezzo. Così, due giorni dopo il trionfo del Foro, Adriano si ritrova di nuovo in campo contro il ceco Pavel Hutka, vittima designata solo apparente. Stavolta si gioca da subito 3/5 e Panatta, dopo aver subito uno 0-6 nel quarto set, deve fronteggiare il “dodicesimo” matchpoint contro sul 6-7 del quinto, stavolta col servizio a favore. La prima non entra, Adriano segue la seconda, risposta alta di Hutka, veronica di Panatta, passante di rovescio del ceco, tuffo e volée che supera d'un niente la rete. Finirà 12-10 per “noi”. Salvo. Salvi. Di nuovo.
Era la scossa che ci voleva per riprendere a volare dopo la sbornia romana. Kuki, Hrebec, Franulovic: no problem. Il torneo di Adriano sembrava doversi arrestare nei quarti di finale, contro il vincitore delle ultime due edizioni, l'astro nascente del tennis mondiale, Bjorn Borg. Neanche per sogno: primi due set dominati, 6-3, 6-3. Classica pausa rigenerativa nel terzo (2-6), prima di vincere un quarto set al cardiopalmo al tie-break, dopo aver mancato due matchpoint consecutivi sul 5-4. Adriano potrà raccontare d'essere stato l'unico giocatore ad aver sconfitto, due volte ('73 e '76), l'Orso a Parigi. La semifinale contro Dibbs sarà mattanza allo stato puro, così come i primi due set della finale contro Solomon, lo stesso del ritiro di Roma: 6-1, 6-4. Dopo la consueta “pennica” nel terzo, Adriano sembra essere scappato definitivamente nel quarto: 5-2 e servizio. Serve una prima volta per il match e viene breakkato. Ci riprova sul 5-4, ma il risultato è lo stesso. Panico: il “Sorcio” conduce ora 6-5. Adriano si rifugia nel tie-break, quello della gente sui tetti. Ora o mai più, nel quinto non potrebbe mai vincere. Quando una delle rare volées di Solomon si ferma sul nastro, Adriano lancia la racchetta in aria e alza le mani al cielo. È fatta, Parigi è finalmente sua.
Alla fine dell'anno arriverà anche la Coppa Davis, quella delle infinite polemiche sulla trasferta in Cile e della famosa maglietta rossa. Ma tante altre cose ci sarebbero da raccontare. Altre vittorie, ma anche sconfitte. Come quella con Borg nella finale di Roma del 1978. O quella con Connors, negli ottavi di finale dello Us Open, per la prima volta disputato a Flushing Meadow, con quell'incredibile passante di rovescio lungolinea giocato a una mano da Jimbo nell'ultimo gioco del quinto set. Per non parlare della sanguinosa sconfitta nei quarti di finale di Wimbledon 1979, contro quel “maledetto” Pat Dupré, in un match che stava dominando 6-4, 4-0...
Una doverosa citazione spetta anche alla “veronica”, quello smash dorsale bellissimo ed elegantissimo che Adriano giocava come nessun altro, ed in breve diventato il suo marchio di fabbrica. Fu Rino Tommassi ad inventarsi quel neologismo, paragonando il colpo di Adriano a quello del torero nella Corrida, quando fa volteggiare la cappa davanti al toro tenendola con le due mani.
Insomma, Adriano, nella vittoria come nella sconfitta non è mai stato banale. È stato il giocatore italiano con la miglior classifica nell'era Open (numero 4 del ranking nel giugno '76), il primo a giocare il Masters di fine anno, l'unico a rifilare un doppio 6-0 ad un pur giovane Ivan Lendl.
Avrebbe potuto vincere di più? Forse, ma allora non sarebbe stato Panatta. Quello che abbiamo amato, quello che continuiamo ad amare. Auguri Adriano, auguri Campione.

Enzo Cherici

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker