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22/10/2010 23:48 CEST - IL PERSONAGGIO

Il tennis tra Berlusconi e il Che

TENNIS _ Alla scoperta di Martin Vassallo Arguello, il "tennista colto". Cresciuto nell'adorazione di Che Guevara e dell'ideologia socialista, è uno dei pochissimi giocatori ad esprimere pensieri che vadano oltre le solite banalità. Paragona l'ATP al fondo monetario internazionale "Ma almeno è onesta", parla anche di Berlusconi e riflette sulla libertà di stampa, paragonando l'Italia ad alcuni paesi sudamericani: "La agenzie riportano quasi sempre le stesse notizie". Enrico Riva.

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Un giocatore di tennis con una classifica dignitosa rilascia mediamente 200/250 interviste l’anno. Pur avendo strumenti per andare oltre “la palla è rotonda” e “per vincere devo essere al meglio” la maggior parte di loro si annoia a morte a rispondere a alle domande dei giornalisti e rifila frasi di circostanza che dopo un po’ si scrivono da sole. Difficilmente nel tennis qualcuno prende posizione: saranno le origini britanniche, sarà che per campare si gira il mondo e si frequentano culture e persone che più diverse non si può, in ogni caso un tennista prima di azzardarsi ad un opinione netta e puntuale ci pensa due volte. E quando si è deciso il suo ufficio stampa gli tira una gomitata e lo fa desistere.

Capita invece che una rivista online abbia il coraggio e la lungimiranza di provare a scavare oltre la tecnica e gli aneddoti e si finisce a parlare del Che, di Berlusconi, del Fondo monetario internazionale, delle politiche di Menem. Il piccolo gioiellino lo ha realizzato Nos Digital che ha chiaccherato a lungo con Martin Vassallo Arguello, atleta argentino attualmente numero 300 del mondo ma con un solido e recente passato nei primi 50. Cresciuto in una famiglia di militanti del Partido Intransigente negli anni della dittatura dei generali, con un padre giornalista e una madre psicologa, Vassallo Arguello è uno di quei giocatori che ha vissuto una carriera di sudore, aerei e alberghi, che per anni ha fatto la spola tra il Sud America e il Mediterraneo, tanto da prendersi la nazionalità italiana per un paio di stagioni, per poi tornarsene a vestire i colori albiceleste della sua Buenos Aires.

Anche lui appassionato di giornalismo, Vassallo Arguello cura il sito Segundo Saque (secondo servizio), uno dei portali più interessanti sul tennis argentino. Da qui il soprannome di “tennista colto“, con la fama di occuparsi di politica e società a bordo campo. Sedotto dal fascino di Che Guevara (“E’ il più moderno tra i leader latinoamericani”) Martin è cresciuto girando il Sud America osservando le persone, le disparità sociali e le tensioni. Forse ricorderete di quando raggiunse gli ottavi di finale al Roland Garros e firmò la telecamera con la scritta HLVS (“Hasta la victoria siempre“): “Venivamo da molti anni di sonnolenza, di repressione culturale e politica, con una classe dirigente aliena ai problemi della gente. Era il 2006 di Nestor Kirchner, era il periodo in cui iniziavamo ad alzare la testa e a svegliarci dal torpore. Era importante gridare al mondo attraverso quella telecamera che continuavamo a lottare”.

Nell’”Arguello pensiero” il tennis si può definire uno sport egoista, nel senso che ti porta a fare un lavoro che permette di avere accanto un equipe a tua completa disposizione ma non può essere ritenuto il responsabile del fatto che un giocatore sia o meno attento ai problemi che lo circondano: “Un tennista che si guarda poco attorno e non ha sensibilità con i problemi della società farebbe lo stesso se fosse architetto”. Martin si affaccia al professionismo nella seconda metà degli anni ‘90, quando il liberalismo sfrenato aveva ormai lasciato il segno in molti paesi latinoamericani: “Andai a giocare in Venezuela in uno dei club più esclusivi del paese da cui ci si muoveva solo con la scorta perchè all’esterno la gente saccheggiava i supermercati per non morire di fame”.

Parla di partecipazione dal basso Vassallo Arguello: “Non è vero che la politica la si fa solo in Parlamento. Ognuno la influenza tutti i giorni con le scelte personali”. In un paese segnato dalle politiche di Menem di “privatizzione e aumento della distanza tra la gente ricca e quella povera” secondo Martin è necessario pensare ad una decentralizzazione sistematica delle risorse, in modo che il benessere non ruoti unicamente attorno a Buenos Aires ma raggiunga tutte le province del paese, creando opportunità per tutti.

Sul governo del tennis Vassallo Arguello è tranchant: “L’Atp è come il Fondo monetario internazionale“, mette a disposizione la maggior parte delle ricchezze per i migliori giocatori del mondo. L’unica qualità che le si può riconoscere è l’onestà: “L’Atp lo dice apertamente, chi vince di più guadagna di più. Nel 2009 l’Atp ha aumentato del 18% i premi in denaro ma li ha destinati tutti a semifinali e finali, di fatto tagliando fuori la maggior parte dei giocatori. Alla fine ne beneficiano Nadal, Federer, Djokovic: tutta gente che non ne ha bisogno. Di contro chi ha una classifica bassa finisce a dover tirare la cinghia e a rinunciare a farsi seguire da un team. Come associazione l’Atp è molto lontana da essere comunista“.

Da questa visione un po’ naive emerge però una riflessione molto interessante che coinvolge direttamente l’Italia e l’evoluzione che Berlusconi ha portato nella politica degli ultimi vent’anni: "Noi [argentini] di sinistra – centrosinistra dobbiamo lottare affinche la destra emerga per quello che è agli occhi della società. E’ necessario che dicano ciò che realmente pensano mentre ora non lo fanno. Per esempio Berlusconi nei dibattiti con i progressisti del sud Italia dice apertamente che i suoi obiettivi sono che il denaro del nord rimanga al nord e che gli immigrati vengano cacciati dal paese. Te lo dice in faccia. In Argentina questo non succede“. Da giornalista Vassallo Arguello si sofferma anche sul tema della libertà di stampa: “E’ importante lavorare affinchè le voci si moltiplichino e si diversifichino. Quello che accade in Italia alla stampa è esattamente ciò che accade in Argentina o in Brasile. Le agenzie riportano per lo più sempre le stesse notizie ed è difficile ascoltare voci fuori dal coro”.

Enrico Riva

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker