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04/12/2010 18:02 CEST - World Cup

Qatar2022: oltre i confini dello sport

TENNIS - Sorprendente e più che mai inaspettata. L’assegnazione dei Mondiali del 2022 al piccolo Qatar è una scelta che non ha nulla a che vedere con il calcio ma è figlia dei nuovi equilibri geopolitici che condizionano il business mondiale. Per Barack Obama: “una decisione sbagliata”. La risposta dello sceicco Al-Thani: "la Coppa del Mondo migliorerà l'immagine araba a livello internazionale, allontanandola dagli stereotipi anti-islamici".  Giacomo Fazio

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Qatar2022
Qatar2022

Stato petrolifero e soprattutto produttore di gas naturale, il Qatar ha messo tutta la sua potenza economica unita alla posizione geografica, per aggiudicarsi l'organizzazione. Per un paese arabo e il Medio Oriente in generale è una prima volta assoluta a qualsiasi livello sportivo. Finora la principale manifestazione sportiva in Qatar è stata il GP di motociclismo che si disputa da qualche anno a Doha. Quest’ultima sede anche di tre sfortunate edizione del Master di tennis femminile e tappa sia del WTA e del ATP WorldTour.
 

Il Qatar ha superato Australia, Giappone, Corea del sud e soprattutto Stati Uniti per diventare il più piccolo Paese (11.437 kmq per 1.7 milioni abitanti) a ospitare i Mondiali di calcio per i quali serviranno almeno dodici stadi per uno stato che non ha alcuna cultura calcistica. E’ come se l’evento fosse stato affidato al nostro Abruzzo che naturalmente non dispone di risorse economiche illimitate.
 

Il Qatar è uno dei vari emirati della penisola arabica divenuto indipendente il 3 settembre 1971 e diversamente dai paesi confinanti ha rifiutato di diventare parte dell'Arabia Saudita o degli Emirati Arabi Uniti. Negli anni Ottanta aveva sostenuto l’Iraq nella guerra con l’Iran e nel 1991 si oppose all'invasione irachena del Kuwait nella guerra del Golfo. Dal punto di vista politico è una monarchia assoluta nella mani della famiglia reale Al Thani.
 

Quello del 2022 sarà un mondiale futuristico sempre più lontano dal concetto romantico che dello sport hanno i tifosi e sempre più legato al dio danaro. Stadi chiusi, con un refrigeratore sotto il campo e l’aria condizionata, un torneo indoor per superare i 50 gradi della calura mediorientale. Ne sanno qualcosa le tenniste che hanno disputato l’ultimo Master a Doha in condizioni di umidità elevatissime per essere alla fine di Ottobre. E se durante le partite spettatori e giocatori potranno godere del refrigerio degli impianti di climatizzazione, chi li salverà dall’escursione termica?
 

Il paese non ha un linea metropolitana a differenza di Dubai e questo problema unito alla ridotta superficie costringerà la costruzione degli stadi nel raggio di 50 km, in pratica sarà come un enorme villaggio olimpico. L’unico aeroporto di Doha sarà ampliato per consentire un traffico annuo 10 volte superiore a quello attuale.
 

Gli stadi saranno tutti smontabili ma che se ne faranno poi? “Li lasceremo in eredità ai paesi più poveri”. Tanto valeva organizzare la manifestazione altrove! Un evento come quello del Mondiale deve piantare le basi di un movimento futuro sia da punto di vista sportivo che da quello occupazionale. La Germania ne è un esempio: nell’arco di 4 anni è riuscita a scalzare l’Italia dal terzo posto nel Ranking Uefa. Che senso può avere assegnare la World Cup ad un paese che non ha mai preso parte a questa competizione? Dove il campionato è formato da 11 squadre amatoriali, tutte di proprietà della famiglia Al Thani? La stampa oltreoceano non ha dubbi in merito:    “così come hanno comprato i voti saranno i grado tra 12 anni di naturalizzare i vari Messi, Cristiano Ronaldo e Rooney del momento per portare a casa quella coppa. Anzi farebbero prima a introdursi in tutte le Federazioni Nazionali per essere sicuri della vittoria”. 
 

Naturalmente gli americani sono delusi da un risultato che ha del clamoroso se si considera il significato che ne può scaturire: una vittoria del Mondo Arabo su quello Occidentale o piuttosto il timore che questo sia il pensiero predominante nelle frange più estremiste del mondo islamico. Il presidente Obama ha giudicato sbagliata questa scelta da parte della FIFA ma soprattutto perché questa è la seconda sconfitta consecutiva, dopo l’assegnazione delle Olimpiadi 2016 a Rio de Janeiro, in cui figurava come testimonial di eccezione. Le reazioni da parte degli integralisti non sono tardate ad arrivare prevedendo che da qui ad allora Al Qaida avrà creato uno Stato unico nel Golfo: “nel 2022 non ci sarà più un Paese chiamato Qatar, non ci sarà più una provincia chiamata Kuwait, non più l'Arabia Saudita. Al loro posto ci sarà un emirato chiamato lo Stato Islamico". 
 

In un articolo molto provocatorio pubblicato su The Guardian si sottolineava proprio questo aspetto: “ è possibile che nessuno si sia reso conto che dietro questi hotel extra lusso, moderni centri commerciali si celino i limiti dell’estremismo, del fondamentalismo islamico, dell’emarginazione, della discriminazione e violenza nei confronti delle donne, delle diversità culturali e religiose? Per la FIFA tutto questo non è un problema, anzi con una bella cerimonia a Zurigo ci hanno detto … benvenuti in Qatar”
 

Le mille peripezie di Shahar Peer, tennista isreliana a cui nel 2009 fu negato il visto per gli Emirati Arabi e che quest’anno nonostante la semifinale a Dubai è stata costretta a giocare su campi periferici, sono la dimostrazione di un ambiente che ostentando una relativa occidentalizzazione nasconde le lacune delle sue convinzioni.
 

Il primo commento del presidente del comitato organizzatore, lo sceicco Mohammed bin Hamad Al-Thani, dopo la vittoria è stato: “ la Coppa del Mondo contribuirà a migliorare l'immagine araba a livello internazionale, allontanandola dagli stereotipi per avvicinarla alla realtà".

Questa però non è una nuova frontiera come lo è stato il Sud Africa. Questo è semplicemente un piccolo paese ricco. In realtà la Fifa come altre federazioni internazionali hanno da tempo messo i soldi davanti allo sport. Qatar 2022 segna il momento in cui hanno smesso di fingere il contrario.
 

Giacomo Fazio

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