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23/12/2010 21:21 CEST - LA SENTENZA DEL TAR

Il TAR dà ragione a Claudio Pistolesi

TENNIS – Il TAR del Lazio dà ragione a Claudio Pistolesi sui ricorsi in merito alle sanzioni comminate dalla FIT (10.000 euro di multa e 18 mesi di squalifica) e _ aspetto che potrebbe avere riflessi anche su gli altri sport _ sull’illegittimità di alcuni articoli del Regolamento dei Tecnici che riservava ai soli tecnici  FIT l’opportunità di insegnare nei circoli affiliati. La FIT RICORRERA' AL CONSIGLIO DI STATO. Scanagatta / Bisti

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La sentenza del TAR del Lazio, emessa dai magistrati Giuseppe Daniele, Maria Luisa De Leoni e Giulia Ferrari, ha messo in subbuglio il piccolo mondo del tennis italiano. E non solo quello del tennis, perché la sentenza in questione potrebbe far giurisprudenza ed essere quindi estesa a tutte le altre discipline sportive.
Ricostruiamo la vicenda giudiziaria.
Da una parte c’era Claudio Pistolesi, dall’altra la Federazione Italiana Tennis. Gli oggetti del contendere erano due:
A) il primo riguardava la sanzione comminata a Pistolesi dalla Corte Federale per la violazione di due articoli del Regolamento di Giustizia (con l’aggravante di aver commesso le infrazioni quando aveva la carica di “Tecnico Nazionale”),
B) il secondo toccava lo spinoso “argomento maestri”: mentre giornalisti, avvocati, notai, ingegneri, architetti e financo i maestri di sci appartengono ad ordini professionali disciplinati da leggi ordinarie della Repubblica, la categoria dei maestri di tennis è ignorata. Ad oggi, di fatto, è la FIT che intende gestirla: secondo la Federtennis i soli abilitati a insegnare nel club affiliati sono i maestri formati dalla stessa FIT (Istruttori di Primo e secondo grado, maestri nazionali, tecnici nazionali).

La sentenza del TAR del Lazio
In entrambe le circostanze il TAR ha dato ragione a Pistolesi, annullando la sanzione di 10.000 euro e l’inibizione a ricoprire cariche federali per 18 mesi, e definendo illegittimi alcuni articoli del Regolamento dei Tecnici. Ma andiamo con ordine, cercando di spiegare nel modo più chiaro possibile una sentenza che presenta alcuni passaggi di non facile comprensione.

Il caso e il ricorso di Pistolesi
Il “Caso Pistolesi” si apre il 3 Dicembre 2009, quando esce la sentenza 25/09 della Corte Federale, in cui il coach romano viene condannato al pagamento di 10.000 euro di multa e a 18 mesi di squalifica per aver violato gli articoli 1 e 7 del Regolamento di Giustizia, peraltro aggravati dalla violazione dell’articolo 41 bis, comma 3, lettera L: "Aver commesso violazioni rivestendo la qualifica di dirigente federale o di affiliato, di capitano di squadra, di Giudice arbitro, di Arbitro, di tecnico, nonché se trattasi di tesserati chiamati per l'occasione a svolgere funzioni di Ufficiale di gara". In data 1 Febbraio, Pistolesi ha presentato al Tribunale Amministrativo Regionale il suo ricorso, contestando diversi punti tra cui:

- L’illegittimità di diversi articoli del Regolamento di Giustizia FIT.

- L’illegittimità di un procedimento aperto e concluso dopo che Lui, Pistolesi, aveva già rinunciato e restituito la tessera FIT.

- La mancata opportunità di difendersi durante il procedimento.

- Un provvedimento nel quale non sarebbero stati indicati i fatti imputati e sarebbe carente sia per motivazione che per istruttoria.

LE TESI DELLA FEDERAZIONE ITALIANA TENNIS
La Federazione Italiana Tennis si è costituita parte in giudizio, contestando l’inammissibilità del ricorso di Pistolesi perché un decreto legge del 2003 sostiene che la controversia deve aprirsi e chiudersi nell’ambito dell’ordinamento sportivo senza il coinvolgimento di un giudice dello Stato.
Il TAR ha respinto questa tesi poiché Pistolesi si era dimesso da Tecnico Nazionale in data 6 Novembre 2008, e per questo aveva diritto a rivolgersi, per tutelarsi, a un giudice amministrativo.
Secondo il TAR non è condivisibile l’ulteriore argomentazione della FIT, la quale aveva anche eccepito che gli effetti della sanzione si sarebbero limitati al solo ambito sportivo.
Il TAR ha infatti sostenuto che: “Gli effetti prodotti dalla decisione della Corte di Giustizia e dal regolamento, parimenti impugnato, si traducono in divieti per il ricorrente di esercitare la propria professione nel mondo del lavoro sportivo”.

Il TAR RESPINGE UNA DELLE ARGOMENTAZIONI DI PISTOLESI: “ERA SOTTOPONIBILE AL PROCEDIMENTO ANCHE S NON PIU’ TESSERATO”

Allo stesso tempo il TAR ha però sottolineato _ respingendo una delle argomentazioni di Pistolesi _ come il ricorrente fosse ugualmente sottoponibile al procedimento nonostante non fosse più tesserato. E la ragione di ciò è legata all’epoca dei fatti contestati: essi erano avvenuti quando Pistolesi era ancora tesserato.
Il principio è quello di impedire che le dimissioni di un soggetto abbiano lo scopo di sottrarsi a un procedimento disciplinare salvo poi richiedere l’ammissione all’ordinamento sportivo. “A questo interesse dell’Amministrazione (leggi FIT) può accompagnarsi quello, parimenti qualificato, del dipendente ad ottenere una pronuncia che dichiari l’infondatezza degli addebiti che gli sono mossi e che gli restituisca l’onorabilità che gli preme gli sia riconosciuta anche fuori dell’ambiente di lavoro.”.

LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI: LE VICENDE DI CROAZIA-ITALIA
Chiariti gli aspetti preliminari, i magistrati sono entrati nel merito della questione. Leggendo la sentenza, pur in assenza di riferimenti precisi, si può ricostruire l’accaduto, a partire dai fatti imputati a Pistolesi. Il TAR del Lazio ha proposto una serie di osservazioni alla sentenza 25/09 della Corte Federale, in cui:

- Non sono indicati i fatti imputati a Pistolesi

- Non sono indicate le modalità con cui i fatti sono stati esaminati

- Non viene spiegata la “coerenza logica” tra i fatti, il loro esame e la decisione finale

- Si sostiene che le affermazioni lesive di Pistolesi colpiscono anche la FIT e non il solo Angelo Binaghi, mentre l’ente FIT non sarebbe mai stato chiamato in causa da Pistolesi.

- “Non stabilisce se le ingiurie rivolte indirettamente dal ricorrente al Presidente consisterebbero nell’averlo definito “stronzo” ovvero “coglione”, tenuto conto delle diverse versioni rese dai due testimoni la cui attendibilità è stata dichiarata “fuori discussione” …

- Non prende posizione sulla discordanza delle dichiarazioni dei due testimoni chiave, il medico Pierfrancesco Parra e l’osteopata Massimo Tosello “Il primo dei quali aveva affermato che all’epiteto “stronzo” il ricorrente aveva aggiunto l’augurio che il Presidente finisse “schiacciato da un autobus”, aggiunta che il secondo testimone, pur presente, aveva dichiarato di non aver udito…”

Che cosa era accaduto? Durante il match di Coppa Davis Croazia-Italia, giocato a Dubrovnik nel weekend dal 4 al 6 Aprile, Angelo Binaghi avrebbe chiamato al telefono Simone Bolelli dopo un match (nella sentenza si legge un’imprecisione, “tennista vincitore del torneo”…, dunque si dovrebbe parlare della vittoria di Bolelli su Ivo Karlovic). La chiamata è stata fatta al cellulare di Pierfrancesco Parra, il quale ha passato il telefono a Bolelli. Pistolesi si sarebbe risentito, sentendosi “scavalcato” ad avrebbe apostrofato indirettamente Binaghi con gli epiteti sopra menzionati.
La sentenza del TAR dice che le affermazioni di Pistolesi non sarebbero così gravi da giustificare la severità della sanzione (10.000 euro di multa e 18 mesi di squalifica), e che “al limite giustificherebbero un richiamo ad un comportamento più corretto”. Nella sentenza si sostiene che generalmente gli elogi e le critiche, nel mondo dello sport, vanno prima all’allenatore e poi agli atleti. Per questo Pistolesi, già teso per il clima agonistico, avrebbe interpretato la chiamata di Binaghi “Come un atto di scortesia nei suoi confronti e un tentativo del Presidente di appropriarsi di un merito non suo”.

GLI EPITETI RIVOLTI IN UN COLLOQUIO PRIVATO E NON IN PUBBLICO
La sentenza del Tar fa anche menzione dell’applicabilità dell’articolo 7 del Regolamento di Giustizia, il quale punisce: "Il tesserato che pubblicamente, con parole, scritti od azioni, lede gravemente la dignità, il decoro, il prestigio della Federazione e degli organi federali è punito con sanzione pecuniaria e con sanzione inibitiva da tre mesi ad un anno".
Secondo i magistrati del TAR, le affermazioni di Pistolesi non sono arrivate in un contesto pubblico, poiché l’episodio si sarebbe svolto in un colloquio privato alla presenza di Parra e di Tosello (quest’ultimo solo di passaggio).

PER IL TAR I TERMINI STRONZO E COGLIONE SONO “LINGUAGGIO COMUNE”
Citiamo qui completamente virgolettato il testo della sentenza del Tar: “Stronzo” e “coglione” sono epiteti ormai entrati nel linguaggio comune, qualunque sia il livello sociale del soggetto che li rivolge a sé stesso ovvero al suo interlocutore, e che non necessariamente hanno un intento offensivo, ma possono anche esprimere un dissenso amichevole, se non addirittura affettuoso, di chi li rivolge al suo interlocutore. Certamente non è questo il caso che ricorre nella specie, ma è da escludere che si tratta di epiteti che, anche se proposti con intenti tutt’altro che amichevoli, non hanno, per l’uso che ne fa la generalità dei soggetti, una gravità tale da giustificare le gravissime sanzioni comminate al ricorrente, sul presupposto di una sacralità da riconoscere al loro destinatario, ma che al limite giustificherebbero un richiamo ad un comportamento più corretto, specie se tenuto in pubblico, circostanza che, come si chiarirà, non ricorre assolutamente nel caso in esame”.

L'OPERATO DI PROCURA E CORTE FEDERALE
Nella sentenza si legge anche: “Fra gli addebiti da muovere al decisum della Corte federale un posto di assoluto rilievo assume il modo con cui essa ha utilizzato il materiale probatorio messo a sua disposizione dal Procuratore federale”.
Viene menzionato l’operato del Procuratore Federale (il vicentino Maurizio Ravaglia), il quale aveva dichiarato di essere venuto a conoscenza in via informale dei fatti avvenuti in Croazia durante l’incontro di Coppa Davis.
Secondo il TAR, Ravaglia:

- Non ha indicato da chi è venuto a conoscenza dei fatti

- Non ha chiesto a queste persone come fossero venute a conoscenza dei fatti

- Non le ha chiamate a testimoniare

- Non ha verbalizzato in loro presenza le notizie che gli venivano date

- Ma si è evidentemente accontentato di avere indicazioni sui soggetti che, per essere stati presenti all’episodio, erano in grado di dare testimonianza dell’accaduto.

Il Procuratore ha individuato quattro testimoni: oltre ai già citati Parra e Tosello, si è rivolto a Simone Bolelli e Corrado Barazzutti. Bolelli ha detto di non aver assistito ai fatti perché si era allontanato subito dopo la chiamata di Binaghi. Barazzutti ha fatto una dichiarazione relativa a “Fatti lontani nel tempo del tutto estranei alla materia del contendere e da lui conosciuti solo perché riferitigli da soggetti terzi, neppure in questa occasione nominati e che ciononostante è stata rimessa alla Corte Federale”.

Al contrario, rileva il TAR (e virgolettiamo il tutto) , “Nessun richiamo è stato fatto” per i testimoni indicati da Pistolesi a difesa delle proprie ragioni “Perché evidentemente ritenuti inattendibili, né questa carenza è stata ravvisata dalla Corte, che si è limitata ad affermare che l’attendibilità dei due testimoni indicati dal Procuratore federale era “fuori discussione”, senza chiarire il perché di questa affermazione, che deve ragionevolmente ritenersi fondata su una conoscenza personale acquisita nel tempo dai singoli componenti del collegio giudicante, che non li esonerava dall’accertare la veridicità dei fatti e soprattutto il modo, assolutamente irregolare, in cui erano stati acquisiti, e le eventuali pressioni esercitate sui soggetti prescelti per testimoniare”.

IL VERBALE DI OLBIA

Per argomentare la presunta irregolarità con cui le informazioni erano state acquisite, la sentenza porta ad esempio la convocazione di Parra e Tosello presso un hotel di Olbia in data 27 Aprile 2008.
La sede non è casuale: in quel weekend si giocava Italia-Ucraina di Fed Cup proprio a Olbia.
Riportiamo il passaggio della sentenza del TAR: “Dal verbale del 27 aprile 2008 risulta che il suddetto dott. Parra dapprima è stato convocato (ore 11) ”informalmente” (questa è la locuzione che si legge nel verbale per indicare che non era stato regolarmente convocato) ed “interrogato” sui fatti di cui il Procuratore era venuto a conoscenza da soggetti non identificati. Una volta che, a seguito di detto interrogatorio, l’interrogato aveva “confermato” la veridicità dei fatti e la loro “gravità” (giudizio, questo, che non spetta al teste esprimere né all’inquisitore chiedergli), lo stesso è stato richiamato (deve ritenersi nel pomeriggio perché l’audizione risulta terminata alle ore 19) per “regolarizzare” la convocazione “informale” già avvenuta nella mattinata. Nell’occasione è stato ammonito, per non incorrere nella sanzioni previste dalla giustizia sportiva, a riferire su tutti i fatti a sua conoscenza ed invitato a non formulare riserve o eccezioni “in ordine alla repentinità della convocazione”. Nell’occasione il Parra ha dichiarato di non essere in grado di affermare se al colloquio fra lui e il ricorrente erano presenti altri soggetti, atteso che lo stesso si era svolto “al limitare di una porta, quindi in una zona di passaggio”, (il che conferma il carattere privato del loro incontro) e che nell’occasione egli si era limitato ad affermare che il telefono, di cui si era servito il Presidente per contattare il giocatore, era il suo e che dello stesso egli faceva l’uso che riteneva “opportuno”. Lo stesso trattamento è stato riservato al teste Tosello, al quale è stata data lettura delle dichiarazioni già rese dal Parra ed è stato chiesto di confermarle. Al che il Tosello ha risposto affermativamente, sia pure con i distinguo di cui sé detto e che riguardano l’epiteto indirizzato indirettamente dal ricorrente al Presidente e l’aggiunta al quale aveva fatto cenno il Parra e che egli afferma di non aver udito. Il comportamento sia dell’accusa che del giudicante è di assoluta gravità perché assunto in totale indifferenza per principi elementari di diritto processuale, il che induce a ritenere non arbitraria la tesi del ricorrente di un premeditato intento di danneggiarlo definitivamente sul piano professionale, ingigantendo con affermazioni apodittiche e con il ricorso a metodi scorretti di acquisizione delle prove una vicenda che andava risolta sulla base del comune buon senso”.

LA CONCLUSIONE DEL TAR
“Il ricorso proposto contro la decisione della Corte di giustizia deve essere quindi accolto, con annullamento della stessa e degli atti ad essa presupposti”


NIENTE PIU' ESCLUSIVA FIT SUI MAESTRI

La seconda parte del ricorso non riguardava direttamente Pistolesi, ma il Regolamento dei Tecnici FIT.
Secondo il ricorrente (Pistolesi) alcuni articoli del regolamento sarebbero illegittimi in quanto in contrasto con alcuni articoli della Costituzione, in particolare nella parte in cui preclude, a chi non è tesserato, di insegnare presso i circoli sportivi, contrasta con il principio, costituzionalmente garantito, del lavoro, della libertà di insegnamento. L’oggetto del contendere è l’esclusività che la FIT concede ai propri maestri riconosciuti: Secondo la Federtennis, soltanto loro possono svolgere l’attività di insegnamenti nei circoli affiliati.
La Federazione si era opposta al ricorso, definendolo inammissibile per il difetto di interesse di Pistolesi: in quanto non tesserato, non avrebbe avuto alcun vantaggio a contestare le regole imposte dalla FIT ai propri tesserati.
Ma secondo il TAR, invece, è proprio la nuova situazione di Pistolesi che gli impedisce “Di svolgere la propria attività professionale nei soli luoghi (i circoli sportivi) nei quali il maestro di tennis può esercitarla”.
Qui la spiegazione è meno articolata che nel caso precedente: le Federazioni hanno il diritto di imporre obblighi ai propri tesserati, ma “A condizione che l’invocata (dalla Fit) potestà regolamentare si svolga nell’assoluto rispetto dei principi dettati dal legislatore comunitario e da quella nazionale in tema di diritto al lavoro, nonché di libertà di iniziativa economica, di associazione, di insegnamento, che nella specie risultano palesemente violati”.
Il Tar sostiene che ai circoli viene privata la libertà di scegliere i tecnici desiderati e che la categoria dei tecnici affiliati si trova in condizioni di oggettivo vantaggio perché “Chi li rappresenta ritiene di essere la sola a dettare le leggi del mercato”.
Il ricorso di Pistolesi è stato dunque accolto, creando un precedente che potrebbe rivoluzionare la situazione dei maestri. Sono infatti diversi i tecnici con riconoscimenti di enti diversi dalla FIT (la UISP, ad esempio ha tecnici in 600 club) cui è precluso l’insegnamento nei circoli affiliati alla FIT.
Pistolesi aveva anche richiesto un risarcimento per il danno subito dalla sentenza della Corte Federale e per i mancati guadagni derivanti dalla stessa. Entrambe le richieste sono state rifiutate. Nel primo caso non è dimostrato il danno di immagine e di identità personale (comunque pienamente ristabilito dall’accoglimento del ricorso). Nel secondo non ha prodotto indicazioni di eventuali offerte di lavoro a lui presentate dopo la sentenza. Nè è stata dimostrata la disponibilità dei circoli ad utilizzarlo in assenza del divieto federale.

EVENTUALI SCENARI. POSSIBILE IL RICORSO AL CONSIGLIO DI STATO
Nell’ambito della Giustizia Amministrativa, le sentenze del TAR sono appellabili presso il Consiglio di Stato, cui ci si può rivolgere entro 60 giorni dal deposito della sentenza. Vedremo se la Federazione Italiana Tennis deciderà di appellarsi per ristabilire le proprie sentenze e regolamenti. Comunque vada a finire questa vicenda, la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale ha posto per la prima volta in modo incisivo la tematica della Giustizia Sportiva. Nella FIT e in tutte le altre Federazioni, gli organi di Giustizia (Procura Federale, Corte Federale, Corte D’Appello Federale) sono nominati direttamente dal Consiglio Federale. Una situazione che alimenta qualche dubbio su quello che dovrebbe essere un principio ovvio, quello della terzietà dei giudici. Qualche tempo fa, aveva scritto della questione l’avvocato Massimo Rossi, presidente della Pro Patria di Milano, che disse: “E’ come se l’arbitro di Milan-Inter venisse scelto da Moratti o Galliani”.

Aggiornamento 22/12/2010, H. 16.50 - Con un breve comunicato stampa, la FIT ha informato che ricorrerà contro questa sentenza. Eccolo: "La Federazione Italiana Tennis comunica di aver conferito ai propri legali il mandato di ricorrere al Consiglio di Stato avverso la sentenza numero 37668/2010 emessa il 16 dicembre scorso dal Tribunale Amministrativo del Lazio".

Ubaldo Scanagatta / Riccardo Bisti

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker