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07/02/2011 11:57 CEST - L'OPINIONE

Donne ok: giù le mani dalla WTA

TENNIS - Partendo dagli ascolti televisivi della finale di Melbourne (nettamente migliori di quella maschile), Peter Bodo traccia un elogio del circuito femminile. La presenza di 10 paesi diversi nella top ten alimenta la competitività e il livello medio delle giocatrici. Inoltre sono emerse belle storie come quelle di Stosur e Schiavone. Peter Bodo (Trad. a cura di Teo Gallo)

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La notizia è ufficiale: il tennis femminile è in striscia positiva. Avete notato che la combattuta finale vinta in tre set da Cljisters su Li Na ha più o meno distrutto in termini di share televisivo la finale maschile? Le donne hanno fatto circa un 21% meglio dei maschi, un margine significativo se consideriamo l’importanza che hanno il tennis e l’Australian Open in particolare nel calendario sportivo australiano. Stando al Sidney Morning Herald, la differenza a favore della finale femminile è stata di quasi 300.000 utenti , pur essendosi giocata di sabato, la serata con meno spettatori televisivi nell’intera settimana. Va detto che la finale maschile era in contemporanea con un importante match di cricket. Non è difficile immaginarsi schiere di tele-sportivi che cambiano canale dopo aver dato una rapida occhiata a quello che Djokovic stava facendo a Murray, in una delle finale meno competitive degli ultimi anni. Va tenuto presente che, al di là del rapporto speciale di “Aussie Kim”con l’Australia, il match degli uomini aveva anche sulla carta più appeal. Cljisters era la numero 3 del ranking contro la numero 9, Li Na; Djokovic il numero 3 e Murray il 5. Se è vero che mancavano Federer e Nadal, dall’altra parte non c’erano Serena, né Venus, Maria o Justine.
Nonostante ciò le donne hanno segnato un altro punto a favore, proprio mentre la nuova classifica della Wta viene pubblicata. Per la prima volta nella storia, le 10 giocatrici migliori vengono da 10 paesi diversi. Ciò è notevole e in un certo senso è solo una coincidenza (metteteci un’altra russa e avrete un titolo pronto). Ma è anche in qualche modo interessante, e una grande pubblicità per il gioco, anche se non ha niente a che fare con la qualità dello stesso.
La cosa strana è che all’inizio dell’anno uno dei passatempi preferiti era stroncare il circuito femminile, e con motivazioni ineccepibili: la mancanza di una giocatrice davvero dominante, l’usura, (anche la Cljisters si è ritirata a un certo punto, per poi tornare come e più forte di prima), la poca voglia di seguire davvero il tour in tutte le sue tappe, la quantità di infortuni (anche la ex numero 1 Safina e la pluri-vincitrice di Slam Maria Sharapova stanno da tempo lottando per tornare ai vertici) erano tutti visti come punti deboli del prodotto Wta e della sua immagine.
Ma nello sport le cose cambiano in fretta. Durante il 2010 il circuito ha creato un paio di meravigliose storie come quella di Francesca Schiavone e, in misura minore, di Sam Stosur. Ci ha dato una nuova numero 1 nella popolare e affascinante Caroline Wozniacki, che ha colmato con successo qualunque lacuna in termini di dedicazione e impegno. E poi la Cljisters, una campionessa semplice che piace alla gente. Può non essere un vero e proprio “ambasciatore” nel senso classico del termine, ma è amata e rispettata in tutto il mondo.
Inoltre, sul piano puramente tecnico, le difficoltà e i problemi delle big girls hanno alzato il livello delle giocatrici di seconda linea dando vita ad un’Australian Open terribilmente competitivo. Dieci anni fa, una come Victoria Azarenka sarebbe stata vista come una predestinata a vincere uno Slam. Non più. Ora la Wta pullula di pretendenti. Dunque, non importa cosa potrebbero fare Venus, Serena, o Justine, o una Maria in forma se solo avessero voglia di farlo o recuperassero la forma fisica. Potremmo anche fare a meno di parlarne. Il punto è che il circuito femminile ha fatto un passo avanti. Naturalmente, ciò potrebbe non essere sufficiente per convincere i fans del tennis a sintonizzarsi sulla Fed Cup questa settimana, ma potete scommetterci che io ci sarò. La Wta ha un nuovo adepto.

L'ARTICOLO ORIGINALE

Peter Bodo (Traduzione a cura di Teo Gallo)

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