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11/02/2011 13:11 CEST - L'INTERVISTA

"A 18 anni ero un idiota immaturo"

TENNIS - Marcelo Rios, in quest'intrevista con Rodrigo Fluxà di El Mercurio, parla senza peli sulla lingua. Dice di non rimpiangere il tennis, di non essere pentito di aver scialato il talento e di amare la sua vita attuale. E dà un consiglio a Massu e Gonzalez: "Ritiratevi prima di cadere troppo in basso". Riccardo Nuziale

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Marcelo Rios non è mai stato uno molto dolce con le parole e con le proprie azioni. Nel 1997 a Wimbledon, torneo che snobbava regolarmente, tanto da averci giocato solo tre volte in carriera, disse che l’erba va bene per le mucche e il calcio, non per giocare a tennis; si dice (lui negò, ma tant’è) che una volta disse a Monica Seles di muovere il suo “culo grasso”; una volta arrivò, in un episodio più volte ricordato da Rino Tommasi durante le sue telecronache, a spezzare la matita che un giovane tifoso gli aveva allungato per un autografo. Ora 35enne, sposato e con due bambine, l’ex numero 1 senza corona (in carriera una sola finale Slam, Melbourne 1998, dove fu annichilito da nandrolone Korda) gioca a tennis sporadicamente, nell’ATP Champions Tour. Ma lo sport che gli ha dato fama e ricchezza non è più il pensiero primario di El Chino, come spiega in quest’intervista.

Sei uno di quegli ex atleti che amano ricordare ad amici e parenti i bei tempi che furono?
Chi mi conosce sa bene che parlare di tennis è l’ultima cosa che m’interessa. Il tennis fa parte del mio passato, ora mi sto concentrando su altre cose.

Lo consideri un capitolo della tua vita cancellato?
No, no, non voglio dire questo: se vedo una foto di una partita ecco che i ricordi affiorano. Ma da lì a dire e mostrare alle gente quello che ho fatto, no. Non vivrò mai di ricordi.

Quando vedi quelle foto e quelle partite, ti vedi molto diverso da come sei ora?
Penso che a 18 anni fossi un idiota immaturo. Questo è un paese in cui non ti insegnano a gestire la fama, così ho preso la strada che mi sembrava migliore. Oggi si può provare a trovare una spiegazione a quello che mi è successo, il perché di molte mie azioni.

Una spiegazione a cosa?
Al mio modo di essere, al mio approccio sbagliato verso i giornalisti e le persone. Ero molto diretto e dicevo quello che pensavo, facevo quello che volevo. Ora ho capito che nella vita non si può sempre fare così: non si può spendere tutto il tempo a pensare a sé stessi, senza considerare gli altri. Prima c’ero solo io, io, io, io. Il lato positivo di tutto questo è l’aver raggiunto la prima posizione mondiale; senza questo atteggiamento, probabilmente non l’avrei mai raggiunta.

Hai quindi imparato a misurare le parole?
No, dico sempre quello che penso. Ma ora mi sforzo molto di più ad ascoltare gli altri, tentare di comprenderli.

Ci sono state delle volte in cui hai oltrepassato il limite, hai fatto il maleducato?
No, non credo. A volte mi sono dovuto difendere con veemenza da dichiarazioni di giornalisti malinformati, ma non sono mai stato scortese con le persone. Chiaro, ci sono state delle situazioni in cui la gente fu molto irrispettosa, però ero anch’io ad entrare e mettermi in mostra nei luoghi pubblici. Ora ho deciso di non espormi così apertamente.

Vedo infatti che non ti interessi ai social network.
Non mi piace la tecnologia. Ci fu pure un idiota su Facebook che si registrò col mio nome e divenne amico di Federer e Nadal. Comunicava con loro quotidianamente.

Cosa pensi ora quando vedi atleti uscire di notte con le modelle?
Sono cose personali, non posso giudicare. Alcuni sanno controllarsi più di altri; è chiaro però che, essendo quella sportiva una carriera così breve, ci si debba dedicare al 100%.

Consideri quindi quella parte della tua vita un errore? Te ne penti? Pensi che la tua vita sarebbe stata migliore senza di essa?
Non mi pento di nulla. Potrei essere stato un po’ più accorto, ma non mi pento. Ora sono una persona più matura.

C’è qualcosa che ti dà l’adrenalina che ti dava la vita precedente? C’è qualcosa, ad esempio, che ti dà la stessa adrenalina di vincere un torneo?
Sono cose completamente diverse. Veder nascere le mie figlie mi ha dato emozioni uniche, che non avevo mai sentito prima. Ma è difficile sentire sensazioni paragonabili a quelle di giocare una finale Slam o avere match point in un torneo importante. Quando sei stato il numero 1 del mondo in qualcosa, dovresti diventarlo in qualcos’altro per sentire le stesse emozioni.

Paragonandola a quella vita, questa da genitore ti sembra monotona?
E chi ti dice che è monotona?

Nessuno. Dico solo che per uno che ha girato tutto il mondo, conosciuto gente, dev’essere un bel cambiamento il portare i propri figli a scuola, la mattina.
Primo, non devo portarli a scuola (le due bambine, Isidora e Colomba, sono nate rispettivamente nel 2008 e 2010, ndt). Poi il viaggiare è stato una delle cause del ritiro. Ora vivo la mia vita, faccio le cose per me stesso, non solo per il tennis.

Cosa ti piace ora?
Stare con le mie figlie. Svegliarmi con loro. Una ha già due anni, capisce tutto quello che dico. Mi piace andare in bicicletta. E mi piace andare al casinò.

Ora sei impegnato con la tua impresa, la Marimay. Ti sei mai sentito discriminato per venire dallo sport e non avendo una formazione universitaria?
No, mi sentivo un po’ strano in un primo momento, perché fuori dal mio ambiente. Ma non ho mai visto nessuno guardarmi strano.

Non hai dovuto adottare atteggiamenti più formali?
No, sono sempre lo stesso. Nessuno si è mai lamentato del mio atteggiamento.

Come sei?
Non sono socievole. E’ un fatto che la gente mi reputi strano, i miei amici me lo dicono; non sono una persona che rispetta i normali codici di convivenza, che segue le regole della vita. Ma sono così e non cambio. Viaggiare da solo mi ha fatto avere una forte personalità.

Negli anni ’90 sei stato il simbolo di una generazione a cui, presumibilmente, non importava di nulla. Sei interessato a più questioni ora?
In politica non mi metto di certo, però capisco di più. M’informo, ma non sono un fanatico, non m’interessa diventare sindaco.

Vai a votare?
No.

Perché?
Il mio voto non cambia nulla. E chi sia il presidente non cambia molto nella mia vita.

Ti piace il presidente Piñera?
Sì, ma più che altro mi piace quello che ha fatto. Non ha avuto molta fiducia in un primo momento, ma ha fatto bene, ha portato avanti il Paese in tempi difficili.

Sei cattolico?
No, però ho letto molto la Bibbia, il Nuovo Testamento.

Perché?
Me la regalò un caro amico. Ci passai dei mesi, ma alla fine mi annoiai. Molto complicata.

Senza Fernando Gonzalez, vedi possibilità contro gli Stati Uniti in Davis?
E’ difficile, anche perché c’è Roddick, no? Senza Fernando è molto difficile. Ho sempre detto che Nicolas (Massu) da solo non può garantire il passaggio del turno. Bisogna essere realisti, sarà difficilissimo.

Non hai menzionato Capdeville e Aguilar. Non li consideri?
Preferisco non commentare. Parlo di Massu perché lo conosco, so che lui dà tutto per la Davis. Gli altri non li conosco personalmente.

Massu e Gonzalez sono nella fase calante della loro carriera. Vale la pena continuare giocando challenger e tornei minori, fuori dai primi 100?
No. Nicolas, per il suo grande passato, non appartiene al livello challenger. Fernando deve cercare di recuperare bene e tornare a giocare i grandi tornei e, dovesse sentire che non funziona, allora meglio smettere. Io, prima di ritirarmi, provai a giocare i tornei minori e fu un errore. Non è la fine per qualcuno che è stato numero uno o, nel loro caso, top 10.

Ti interessa lavorare in futuro per il tennis cileno?
No, non ho tempo e non mi interessa.

 

Per la versione integrale e in lingua originale dell'intervista, clicca qui

Riccardo Nuziale

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