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18/04/2011 12:04 CEST - Rassegna Stampa del 18 aprile 2011

Nadal, Montecarlo è la sua reggia. Settimo sigillo (Crivelli, Semeraro), Fed Cup disfatta azzurra. Francesca & Flavia Ritornate in fretta (Valesio e Martucci)

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Rubrica a cura di Daniele Flavi

Terra uguale Nadal. E Montecarlo è la sua reggia

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 18.04.2011

Sulla terra di Nadal non tramonta mai il sole. D'altronde, la piccola nobiltà non può fare la rivoluzione e così l'imperatore rimane sul trono. Sette volte Rafa a Montecarlo, ma un grazie di cuore all'hidalgo Ferrer, che almeno offre una partita e qualche emozione all'annunciata passerella del signore del rosso. Una striscia consecutiva che riporta agli albori, quando il tennis si giocava ancora tra eleganti signori con i pantaloni lunghi e Richard Sears poteva permettersi di trionfare nelle prime sette edizioni degli Us Open anche perché il vincitore l'anno dopo disputava direttamente la finale. Favola Insomma, nella modernità Rafa è unico. E ne è consapevole: «Vincere così a lungo lo stesso torneo è una favola, qualcosa di inimmaginabile, molto più difficile di uno Slam, perché cambiano le situazioni, cambiano gli avversari e devi sempre trovare la forma perfetta in quel momento». La storia di Nadal nel Principato diventa così un condensato tra dominio e leggenda: 37 partite vinte consecutivamente dal 2005, solo sei set persi, un bilancio di 14-0 con i top ten. Il posto più meraviglioso del mondo, come l'ha definito più volte: e non poteva essere certo Ferrer a guastare l'idillio. Del resto il valenciano cosa poteva chiedere di più alla sfida se non di tenere in campo il mostro per più di due ore, senza mai concedergli un punto facile, provando a sottrargli l'iniziativa usando la palla corta e affacciandosi pure a rete? Lotta Il numero 6 del mondo, che resta un po' sottovalutato perché non ha il colpo che ti stende pur facendo tutto bene, ha in fondo dimostrato che la vittoria di gennaio in Australia contro un Rafa seppur menomato non era un dono dal cielo, ma non poteva pensare di resistere ad oltranza….«Ho fatto semifinale l'anno scorso, finale quest'anno: se Nadal si ritira, la prossima volta vinco io». Un plauso alla simpatia e all'onestà: «Quando giochi contro il più forte di sempre sulla terra, la partita gira su un paio di punti. Se può perdere da qui a Parigi? Non è una macchina...» Miglioramenti Rafa robot è il grande timore degli altri: perché a Montecarlo ha vinto il 44 torneo in carriera, il 30 sulla terra (uguagliati Borg e Orantes), senza asfaltare la concorrenza, concedendo 34 games anziché i 14 del 2010, con il dritto che anche contro Ferrer, pur risultando letale quando è riuscito a giocarlo da dentro il campo, lo ha tradito 14 volte. E, per sua stessa ammissione, sentendo il feeling con i colpi e le partite solo a sprazzi: «Ovvio, la stagione sul rosso non poteva cominciare meglio — analizza il maiorchino — anche perché le due finali perse sul cemento americano mi avevano lasciato la rabbia giusta. Però se devo guardare anche agli aspetti negativi, il torneo ha detto che non riesco ancora a mantenere a lungo il mio livello di gioco più alto»….

Il settimo sigillo

Stefano Semeraro, la stampa del 18.04.2011

«Chiedo troppo al mio corpo? Non lo so, se resto in salute continuo finché mi diverto». Sulla superficie preferita ha. conquistato 208 partite delle 224 giocate ultimo che c'era riuscito era un mezzo dandy che entrava in campo indossando una clamorosa giacca a righe, berretto e cravattino in stile, un paio di baffetti irridenti, e impugnando una racchetta lignea e pentagonale. Si chiamava Richard Sears, era americano, viveva nel XIX secolo. Non immaginava, quando si ritirò dopo aver vinto sette volte di fila gli US National Championships fra. Solo Djokovic lo può impensierire. Forse d'altri tempi come Rafa Nadal, inguainato in una abbagliante t-shirt gialla in microfibra e munito di barbarica bandana, per assistere a un'impresa simile alla sua. Sears, peraltro, palleggiava sull'erba in compagnia di ricchi dilettanti, attaccando appena possibile la rete con volée che i contemporanei definivano, con un gergo da dee-jay di periferia, «crisp», croccanti, e beneficiò quattro volte del Challenge Round, la regola che consentiva ai detentori di affrontare gli sfidanti direttamente in finale. II Number One di oggi, invece, stretta nella presa bimane una leggera ma sofisticatissima arma in carbonio, sgranocchia avversari very professional, preferibilmente sulla terra battuta, abbandonando raramente la linea di fondocampo e sudandosi ogni turno. Altri gesti, insomma, altri ritmi. L'ultima vittima del divino Cannibale è David Ferrer, il maratoneta di Valencia, n. 4 del mondo, il settimo finalista spolpato consecutivamente da Nadal a Monte-carlo (6-4 7-5), nella settima finale tutta spagnola - viva la numerologia - nella storia dei Masters 1000, i tornei appena uno scalino sotto gli Slam. Dopo gli schiaffoni rimediati sul cemento a Indian Wells e Miami da Djokovic, che qui ha astutamente marcato visita, il Nifio, che sulla terra non perde dagli ottavi di finale del Roland Garros 2009 contro Soderling, aveva affettato modestia: «Non so se riuscirò a rivincere tutto come lo scorso anno». Be', a giudicare da come se 1'è cavata al Country Club, dove nonostante una condizione non perfetta e qualche errore di troppo ha vinto lasciando per strada appena un set, si fatica a individuare l'eroe capace di sciupargli un nuovo Slam sul rosso, cioè la vittoria nella stessa stagione di Montecarlo, Madrid, Roma e Parigi (con in aggiunta Barcellona). Ad appena 24 anni, Nadal si può forse già considerare il più grande terraiolo della storia, sullo stesso scaffale di Borg, un tassello sopra Lendl. Sul lento, in tutta la carriera, ha perso la miseria di 16 partite su 224 giocate, vinto 5 volte a Parigi, agguantato 30 tornei come Borg e Orantes. Davanti ha solo Muster (40) e Vilas (45), e se le usurate cartilagini delle ginocchia glielo consentiranno, non mancherà certo di agguantarli. Con Federer un po' fané, Murray sofferente di inferiority complex, Sdderling minaccioso ma incostante e Del Potro ancora in recupero, al momento l'unico in grado di mordergli un po' le caviglie pare Djokovic, che però sulla terra, in nove scontri diretti, non l'ha mai spuntata. A giudicare dai primi tre mesi, questo è l'anno del Djoker, Rafa però è una carta fuori dal mazzo, un asso che non conosce scarti. Nadal è già un Immortale in assoluto, un giovanotto che sulle scansie del suo appartamento di Manacor ha già allineato, con la stessa meticolosità con cui sistema le bottigliette sul campo, 9 trofei dello Slam, 19 Masters 1000, 44 tornei Atp. Ha vinto due volte sull'erba di Wimbledon, una medaglia d'oro olimpica sul cemento umidiccio di Pechino, ma è sulla terra che il suo dominio assume dimensioni mitologiche, che persino la lista dei record stenta a contenere. Qualcuno sostiene che l'unico in grado di giocare un dritto paragonabile al suo, un gesto anomalo, mancino, spiraliforme e fracassante, sia stato un oscuro arrotino made in Los Angeles degli anni '50 e' 60, Carl Earn. «Colpiva il dritto come una frusta, con un top-spin malvagio - sostiene Pancho Segura, campione di quegli anni -. Assomigliava moltissimo al gesto di Nadal». Però i nuovi materiali, le racchette, le corde, oggi aiutano Nadal a centrifugare le palline in maniera impossibile per chiunque altro. II Mio, è stato calcolato, imprime di media 3300 rotazioni al minuto alle povere sferette, con picchi di 4000. Un albero motore umano, comandato da una centralina mentale che non va mai in tilt e che funziona a trazione integrale permanente. Impossibile da attaccare. Aggiungete al catalogo il rovescio impugnato a mani quasi congiunte - Rafa è un destro naturale - che gli consente di anticipare il timing con sventolate piatte. «E come incontrare un mostro con due dritti - ridacchia Segura -. Semplicemente, ti ammazza». In confronto, il vecchio Sears era un calesse. lI suo vero avversario sono gli infortuni, la panne di lubrificante sinoviale. «Vincere perla settima volta a Monte-carlo è speciale - ha raccontato ieri -, perché questo è un torneo a cui sono legatissimo, quello dove tutto è iniziato nel 2003, perché giocavo perla storia e perché sette anni fanno un sacco di match che puoi perdere. La cosa che mi dà fiducia è che stavolta ho vinto anche senza giocare bene. Ero nervoso, non scivolavo come al solito, in semifinale contro Murray ho dovuto difendermi. Se sto chiedendo troppo al mio corpo? Onestamente non lo so. Ci sono tennisti come Moya che devono fermarsi per colpa degli infortuni, se resterò in salute smetterò quando mi passerà la voglia di migliorarmi: può capitare il mese prossimo o fra due, cinque, otto anni, chi lo sa?». Buon Cannibale

Francesca & Flavia. Ritornate in fretta

Piero Valesio, tuttosport del 18.04.2011

Senza Francesca e Flavia non si vince La verità è questa. Schiavone e Permetta sono ancora e tali resteranno ancora per un po', l'ossatura base di una squadra, quella del tennis femminile, che ha stupito il mondo vincendo tre edizioni della Fed Cup nel giro di sei anni. Francesca&Flavia, come è noto, non erano presenti nella semifinale che l’Italia ha perso 5-0 a Mosca. Francesca perché ha scelto di non prendervi parte in modo da avere l'opportunità di preparare al meglio Roma e Parigi; Flavia è stata costretta al forfeit da un tendine della spalla che necessitava di uno stop onde evitare di saltare non solo Roma ma anche Parigi e pure qualcosa dopa Tre le due assenze quella che a Mosca ha più fatto sentire la sua presenza è stata quella di uncesca, indubitabilmente, E' inevitabile che qualcuno ritenga che a tre settimane dall'inizio del torneo romano la Schiavo avrebbe avuto tutto il tempo di perfezionare la propria preparazione sul rossa iniziando immediatamente dopo la trasferta moscovita La quale con lei in campa avrebbe avuto qualche possibilità in più (sul veloce di Mosca perdemmo la finale del 2007 con Schiavone e Pen-netta regolarmente in squadra) di chiudersi con un altro esito o almeno con un altro score Ma la realtà è che la Schiavone si trova alla vigilia del passaggio più delicato e definitivo della sua carriera ha 30 anni e deve di fendere il titolo di Parigi. La delusione per il suo forfeit e quel minimo di straniamento che la sua scelta ha provocato in tutti quelli che vedono in lei un simbolo dell'attaccamento alla maglia azzurra devono essere compensati dal pensiero delle gioie immense che ci ha regalato e dalla speranza che possa, nel mese di maggio, regalarvene ancora.

Le russe spazzano via la nostra Italia

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 18.05.2011

Il 5-0 non si può discutere ed è un risultato tremendo. Soprattutto se sei la nazione numero 1 del mondo (Itf) e la regina degli ultimi due anni (e del 2006) di Fed Cup. Che cosa resta, quindi, all'Italia dopo la frustrante semifinale in Russia, persa già prima di cominciare, senza Francesca Schiavone (n. 4 del mondo) e Flavia Pennetta (20)? Amore Le azzurre sono, al solito, composte, volitive, coese, e disposte a dare davvero tutto. Anche se palesemente inferiori a Vera Zvonareva (numero 3 del mondo e finalista degli ultimi 2 Slam) e Svetlana Kuznetsova (n. 13, ma già 2, e regina di 2 Slam), più forti ancora sulla superficie veloce di Mosca. Anche se loro sono condannate a lottare ogni «15» e i Roberta Vinci, 28 anni, Ieri contro la numero 3 del mondo Vera Zvonareva panzer di casa hanno tanti punti facili. Anche se sono schiacciate in trincea sin dal via. Come racconta Roberta Vinci, amica e compagna di doppio della Errani: «Sara soffriva e io con lei. Sono rimasta in panchina per un set e mezzo, anche se dovevo giocare: volevo starle vicina, le voglio bene»…..Comunque lottano, anche se prendono una stesa, come Er-rani (n. 43 del mondo) nel match d'acchito con Zvonareva. Anche se devono scacciare continuamente i fantasmi delle singolariste titolari (che forse non hanno voluto a Mosca da tifose), come Vinci (n. 37): «Sara ed io non rimpiazziamo nessuno. Dal momento che per la prima volta dalla nascita della Fed Cup, nel 1963, gli Stati Uniti retrocedono dal gruppo Mondiale. A Stoccarda le americane - per 17 volte vincitrici della Coppa, sono state sconfitte 5-0 dalla Germania, con punto decisivo realizzato ieri da Andrea Petkovic, che ha battuto 6-2 6-3 Melanie Oudin. Fuori anche un'altra potenza come [Australia, sconfitta 2-3 a Melbourne dall'Ucraina. v..,Nugi iu , Slovacchia-Serbia 2-3. Schiavone e Pennetta non sono venute, io sono la n. 1 d'Italia e Sara la n. 2, e dobbiamo cercare di battere la Russia. Non m'importa che sarebbe successo con Schiavone e Pen-netta: contro Zvonareva e Kuznetsova, sarebbe stata durissima anche per loro». Talento Purtroppo le gambe abbandonano troppo presto Roberta, costretta a un gioco troppo difficile e dispendioso (profondi rovesci slice da fondo e volate a rete per la volée), dopo un set e mezzo contro Kuznetsova e dopo l'esaltante volata da 1-3 a 4-3 contro Zvonareva: «Più che stanca di fisico, ero stanca mentalmente, e dispiaciuta per i primi set. C'è rammarico per la sconfitta in Russia, ma le mie, contro due così forti, non sono state così nette». Con consolazione di nazioni-guida, come Stati Uniti (per la prima volta nella storia) ed Australia retrocesse in serie B. E chiosa di capitan Barazzutti: «Sono scontento solo del risultato, ma l'impegno è stato massimo e Roberta (Vinci) ha giocato a livello di Zvonareva. Questa squadra darà ancora molte soddisfazioni».
 

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