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19/05/2011 20:44 CEST - INCHIESTA ESCLUSIVA

La perla di Sabina Simmonds

TENNIS – Quanti titoli WTA hanno vinto le italiane? 49 o 50? Il dibattito riguarda il torneo di Bakersfield, vinto da Sabina Simmonds nel 1982. Qualcuno lo considera, qualcun altro no. Noi ci siamo armati di pazienza, archivi e abbiamo parlato con lei, ricomponendo un disordinato puzzle. Una risposta univoca non può esistere (il circuito WTA non esisteva ancora), ma noi diciamo di si. E vi spieghiamo il perché. Riccardo Bisti

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Partiamo dal fondo. Sabina Simmonds, se qualcuno la fermasse per strada e le chiedesse se ha mai vinto un torneo WTA, cosa risponderebbe? “Si, risponderei di si. Considero tale il mio successo a Bakersfield nel 1982”. La domanda, prodromo di una piacevole chiacchierata con la ex numero 1 d’Italia, si è resa necessaria a seguito del successo di Roberta Vinci a Barcellona. Secondo alcuni (sito FIT compreso) è stato il successo numero 49 per una tennista italiana nel circuito WTA. Secondo altri, al contrario, è stato il cinquantesimo. L’oggetto del contendere, naturalmente, è il successo della Simmonds, oggi maestra di tennis a San Remo presso l’Accademia gestita da Ugo Pigato. Un torneo che risulta e non risulta e che ci ha imposto un piacevole viaggio nel tennis di 30 anni fa, quando il circuito WTA non aveva ancora paletti ben definiti come oggi (e nemmeno gli archivi fotografici: la foto che vedete in cima è una scansione di una rivista d'epoca, presa tra due pagine e per questo non perfetta). Abbiamo spulciato gli archivi e tirato fuori dalla polvere le più improbabili “media guide” e riviste dell’epoca. Il nostro obiettivo era crearci un’idea chiara e finalmente definitiva su questo piccolo dilemma. Il tutto senza dimenticarci di lei, dei ricordi in prima persona della migliore giocatrice italiana a cavallo tra gli anni 70 e 80.

Gli “Avon Futures”
Il torneo di Bakersfield si è giocato nella settimana dall’8 al 14 febbraio 1982. In contemporanea c’era l’evento di Kansas City, vinto da Martina Navratilova in finale su Barbara Potter. A Bakersfield, 370.000 abitanti a circa 100 miglia da Los Angeles, si giocava la sesta tappa dell’ “Avon Series”, circuito di tornei sponsorizzato dalla nota marca di cosmetici e diviso in “Championships” e “Futures”. “Chi vinceva una tappa Future” racconta la Simmonds “Acquisiva il diritto a giocare nei tornei Championships per due settimane. Poteva poi restarci a seconda dei risultati, come è successo a me”. Questo non deve far pensare che gli eventi “Future” fossero di secondo livello. “Non era come oggi: quella settimana si giocava solo a Kansas City e Bakersfield. Non c’erano tornei né di livello superiore né inferiore”. Non a caso la Simmonds, che oscillava intorno alla 100esima posizione, dovette giocare le qualificazioni. Vinse un match dopo l’altro fino a spazzare via in finale l’americana Lea Antonopolis (allora n. 50 WTA) con il punteggio di 6-2 6-1. Un successo che l’ha lanciata verso la migliore stagione della sua carriera, in cui ha toccato il numero 26 del ranking mondiale a cavallo tra settembre e ottobre (è questo il suo best ranking, mentre il sito della WTA la colloca “solamente” al numero 31. Come vedremo, non è l’unica “pecca” della WTA). Il montepremi di Bakersfield era di 40.000 dollari, cifra sostanzialmente paragonabile ai 220.000 di oggi (il minimo per un torneo del circuito maggiore).

Barbara Rossi: “Lo paragonerei a un 220.000$ di oggi”
Chi non considera la vittoria della Simmonds si rifà a quanto dicono gli addetti della WTA: secondo loro, Bakersfield non figurava nel calendario 1982. In effetti la “media guide” dell’associazione giocatrici, la “bibbia “ del tennis femminile, non riporta più i risultati dei vecchi tornei. E nelle edizioni di qualche anno fa, nella sezione relativa ai tornei del passato, si andava indietro solo fino al 1984. Andando ancora più indietro, tuttavia, il panorama si schiarisce. Il nostro punto di riferimento, naturalmente, è la guida del 1983. Nella sezione “Tournament Recap” sono menzionati i vari tornei disputati, da Wimbledon fino ai tornei satellite da 10.000 dollari di montepremi, tutti infilati in un’unica lista. E' evidente che i satelliti non possono essere considerati alla stregua degli attuali WTA: si pone dunque il problema di capire il reale valore di Bakersfield. Il montepremi sembra essere l’unico parametro che dà ragione a chi preferirebbe non considerarlo. Come detto, era di 40.000 dollari, mentre i tornei “maggiori” avevano un minimo di 50.000. Ma non esisteva una reale distinzione. “Anche perché all’epoca non c’era il computer” ci spiega Barbara Rossi, oggi apprezzata allenatrice (nonché commentatrice di Eurosport), pure lei in tabellone a Bakersfield. Perse al secondo turno dopo aver battuto al primo una giovanissima Raffaella Reggi. E fu proprio lei a raccontare il torneo sulle colonne di “Matchball”. Quando le chiediamo un parere su quel torneo, dopo un comprensibile sforzo mnemonico, la risposta è chiara: “All’epoca era tutto diverso. Non esisteva il circuito WTA come è inteso oggi, quindi è impossibile fare un paragone chiaro. Tuttavia penso di si, lo si potrebbe considerare un torneo WTA. Paragonabile a un 220.000$ di oggi. In fondo lo giocavano le top 100, con in palio la possibilità di giocare contro le top 30”. Ciò che può trarre in inganno è il fatto che gli “Avon Futures” erano una sorta di tornei di qualificazione per gli “Avon Championships”. Per questo, a un’occhiata superficiale, potrebbero essere definiti tornei “minori”. Lo erano indubbiamente rispetto ai “Championships”, ma non certo rispetto a tanti tornei WTA di oggi. Per dire, nel 2011 si sono giocati alcuni tornei WTA il cui campo di partecipazione certamente inferiore a quello di Bakersfield 1982. Prendiamo Memphis: la prima testa di serie era la ceca Barbora Zahlavova Strycova, numero 56 WTA. E l’ultima ammessa in tabellone era Michaella Krajicek, numero 145. Ma ci sono stati altri tornei (Pattaya, Bogotà, Fes) in cui il cut-off era ampiamente la 130esima posizione. Per rendere l’idea della qualità della vittoria di Sabina Simmonds, basti dare un’occhiata al suo ranking e a quello delle avversarie battute. L’azzurra era numero 108 del mondo…e dovette giocare le qualificazioni! Nel tabellone principale battè, una dopo l’altra, Barbara Hallquist (n. 46), Marianne Van del Torre (n. 84), Laura Arraya (n. 116), Kate Latham (n. 37 e prima testa di serie) e in finale l’americana Lea Antonopolis, all’epoca numero 50 WTA. Tre top 50 e una top 100. Insomma, un cammino ben più complicato di quello di Magdalena Rybarikova, vincitrice del torneo di Memphis 2011. Nel suo cammino, l’avversaria di più alta classifica battuta dalla Rybarikova è stata la canadese Rebecca Marino (n. 84).

Inglese di nascita, sudafricana d’infanzia, italiana per la vita
Eppure la “bibbia” del circuito WTA sembra essersene dimenticata. Dispiace scorrere la lista delle vincitrici di almeno un torneo WTA e non trovare la Simmonds. Secondo noi ne avrebbe pieno diritto. E pensare che non è così conosciuta come meriterebbe. “Lei è stata intorno alla 20esima posizione” ricorda Barbara Rossi, unica testimone oculare dell’impresa maturata sui “campi lenti” del “Laurel Glen Tennis Club” di Bakersfield. Il best ranking della Simmonds, per intenderci, è migliore (almeno per ora) di quello di Errani, Vinci, Oprandi, Brianti e Camerin. E allora ci proviamo noi, a rendere giustizia a una figlia di un tennis che non c’è più. Come detto, oggi la Simmonds insegna tennis a San Remo. Ma dove era finita dopo il ritiro? “Ho smesso di giocare nel 1987 e mi sono subito dedicata all’insegnamento. Ho lavorato a Torino per 10 anni, poi mi sono spostata in Francia, in Costa Azzurra, dove ho seguito una giocatrice come coach privata. Dopodichè sono tornata in Italia e ho insegnato ad Arma di Taggia prima di stabilirmi a San Remo. Amo molto quello che faccio, seguo i bambini dalla SAT fino all’agonistica”. Non ha mai pensato di tornare a occuparsi del tennis professionistico? “Oggi come oggi non me la sento. Non dico che mi dispiacerebbe, ma comporterebbe scelte importanti, diverse da quelle che sto facendo adesso”. La storia di Sabina Simmonds è affascinante. Nel modo iper-mediatico di oggi, i giornalisti farebbero a gara per raccontarla. Nata a Londra da mamma Rosa, italiana, e papà William, polacco, ha vissuto in Sudafrica fino all’età di 16 anni. Ma com’è finita da noi? “Nel 1974 l’Italia di Coppa Davis venne a giocare a Johannesburg e ci furono i primi contatti. In particolare fu il circolo Fleming di Roma a “martellare” affinchè venissi in Italia. E così, a 18 anni, sono diventata cittadina italiana”.

WTA, errori e dimenticanze
Non era facile rappresentare il tennis italiano femminile nell’epoca dei Panatta, dei Barazzutti e dei Bertolucci. Anche sulle riviste d’epoca si deve annusare tanta polvere prima di trovare qualche informazione. Eppure i successi sono arrivati. Bakersfield è il piatto più prelibato per chi ama le statistiche, ma ci sono anche vittorie contro Mandlikova, Sukova, Temesvari…Quando le chiediamo il ricordo più dolce ci pensa un po’ su, poi dice: “Ce ne sono diversi. Ricordo una bella vittoria contro Virginia Ruzici agli Internazionali d’Italia a Perugia, vinsi 13-11 al tie-break del terzo. C’era uno splendido tifo. Ho anche un bel ricordo in Fed Cup, quando a Santa Clara battei la britannica Jo Durie. Il capitano era Massimo Di Domenico”. E’ rimasta in contatto con qualche collega dell’epoca? “In verità no, ho preso un’altra strada. Ai tornei giovanili mi capita di incontrare qualcuno, ai raduni di Tirrenia ho potuto rivedere Corrado Barazzutti. Ma credetemi, la passione è rimasta identica. Fare l’opinionista in TV? Per ora non me l’hanno mai chiesto…”. Rileggiamo la pagina a lei dedicata nella Media Guide 1983 e trova subito due errori. “Rovescio a due mani? Macchè, l’ho sempre avuto a una mano…”. A un certo punto, si legge che i miglioramenti nel serve and volley le avevano permesso di vincere un torneo a Ginevra….”Mi fa ridere questa cosa. Io giocavo prevalentemente da fondo, di certo non facevo servizio e volèe. Il mio gioco era incentrato soprattutto sul dritto”. Un dritto che a Bakersfield 1982 le ha permesso di vivere una settimana magica. Barbara Rossi, su “Matchball” numero 7 del 1982, un rivistone in bianco e nero con la sola copertina a colori in cui troneggia un dritto di Guillermo Vilas, scriveva così: “Lanciatissima, non si è lasciata sfuggire la grande occasione contro la giunonica Lea Antonopolis che, malgrado la mole, in campo si muove con discreta agilità. L’americana ha spesso tentato di avvicinarsi alla rete per rompere il gioco regolare fino all’ossessione di Sabina, ma nelle volèe non è risultata sufficientemente precisa ed è stata letteralmente bucata dai passanti”. Con quella vittoria, la Simmonds ebbe il diritto a due settimane nel circuito “Championships” e avrebbe potuto restarci solo con i risultati. Ce la fece, ottenendo ben tre semifinali a Dallas, Austin e agli Open del Canada. Il suo 1982 fu straordinario, al punto che la WTA la elesse “Most Improved Player” dell’anno. “All’epoca non c’erano tanti tornei come oggi” racconta “Per giocare nei primi tornei dell’anno bisognava per forza andare negli Stati Uniti. Sa una cosa? Io sento di aver vinto un torneo WTA, anche se su Wikipedia c’è scritto il contrario (le conteggiano solo due finali, Barcellona 1978 –pure questa ignorata dalla WTA, ndr- e Hong Kong 1981)”. La Simmonds ha ottenuto anche altri successi “Ricordo in particolare una vittoria a Ginevra, una finale a Madrid e altri successi nei tornei satellite. In più ho fatto finale al torneo di consolazione di Wimbledon (denominato "Wimbledon Plate", ndr), un torneo riservato a tutti i giocatori che avevano perso ai primi turni. Oggi non esiste più”. Perse contro Sue Barker, quella che oggi intervista sul campo i finalisti subito dopo la premiazione. Sabina Simmonds è lontana da certi palcoscenici, ma è giusto ricordare la sua traccia nella storia del tennis italiano ed è bello restituirle (o almeno provarci) un titolo che in troppi hanno dimenticato. E la ringraziamo, perché ci ha consentito di tuffarci in un tennis che non c’è più e raccontare una storia un po’ diversa dalle altre. Una bella storia.

SABINA SIMMONDS
Nata a Londra il 17 aprile 1960
Ha studiato presso il Parktown Convent di Johannesburg, Sudafrica
Cittadina italiana dal 1978
Da junior, ha raggiunto la finale al torneo dell’Avvenire (1975) e al Trofeo Bonfiglio (1978)
Vittorie in torneo: Rimini 1976, Perugia 1977, Taormina 1978, Ginevra 1979, Stoccarda, Loano, Catania e Nicolosi 1981, Bakersfield 1982, Gstaad 1983
Finali: Barcellona e Madrid 1978, Hong Kong 1981
Semifinali: Dallas, Austin, Canadian Open 1982
Campionessa italiana assoluta nel 1978 e nel 1980
Finalista a Wimbledon Plate nel 1979
“Most Improved Player” WTA nel 1982
Miglior Classifica WTA: 26 (Settembre-Ottobre 1982)

Sabina Simmonds oggi (a destra) con alcuni allievi

Riccardo Bisti

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