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07/07/2011 22:58 CEST - COPPA DAVIS

Le sorprese della Davis (Parte 1)

TENNIS – La Davis ci insegna che nulla è scontato. Ma quante volte è accaduto in passato che nazionali all'esordio nella serie A o comunque poco considerate hanno causato delle clamorose sorprese? Noi proviamo a fare un elenco partendo dall'introduzione del tabellone unico (1981), iniziando (ahinoi) da un rovescio italico. Dalla Nuova Zelanda in poi, ecco i risultati più inaspettati (PARTE 1). Stefano Tarantino

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La magia e la tradizione di Wimbledon ci hanno da poco lasciati ed ecco che all'orizzonte si profila un interessante week end di Coppa Davis. In programma non solo i quarti di finale del World Group, ma anche alcuni match dei vari World Group I dai quali usciranno le nazionali che si giocheranno a settembre la possibilità di far parte della serie A nel 2012 (tra cui l'Italia che affronterà in Sardegna la Slovenia). Tra le otto quartofinalista sorprende la presenza del Kazakhstan, alla sua prima apparizione nel tabellone principale ed autrice della clamorosa vittoria in terra ceca. Certo, si dirà che nelle fila della Repubblica Ceca mancava quel vecchio marpione di Stepanek, ma la presenza di Berdych e la possibilità di schierare un buon doppio (nella formazione vi erano sia Hajek che Dlouhy, due specialisti in materia, ma il capitano non giocatore Navratil ha fatto una scelta diversa) avrebbero dovuto garantire comunque la vittoria ai padroni di casa. Ma si sa, soprattutto in Davis i pronostici a volte vengono clamorosamente sovvertiti in quanto una cosa è giocare un torneo ed una cosa è rappresentare la propria nazione. Del resto la storia della manifestazione ci insegna che clamorosi rovesci di paesi favoriti o rappresentati da giocatori di alto livello non sono una novità.
Partendo dal “caso” Kazakhstan, abbiamo provato a fare un salto indietro nel tempo cercando i risultati più clamorosi che dall'istituzione del tabellone unico (1981) hanno un po' fatto la storia della Davis. Una lista che non vuole essere esaustiva, anzi, noi qui cerchiamo di elencare i match dall’esito più sorprendente lasciando ai lettori la facoltà di aggiungere ulteriori ricordi di “macchie” (per usare un termine da schedina del totocalcio) clamorose.

LO SCIVOLONE DI CERVIA

Partiamo dal 1982 e purtroppo da una clamorosa e inaspettata sconfitta della nostra nazionale. Siamo al secondo turno e dopo aver vendicato negli ottavi la sconfitta dell'anno precedente contro la Gran Bretagna (3-2, con il solito Mottram a darci qualche grattacapo), l'Italia ospita la Nuova Zelanda.
I “kiwi” sono abili giocatori di rete e sull'erba vanno a nozze ma visto che naturalmente optiamo per la terra rossa il loro compito appare proibitivo. I nostri eroi sono un po' stagionati, Panatta (Adriano) e Bertolucci hanno oltrepassato i 30, Barazzutti vi è molto vicino, Zugarelli ormai non c'è più, al suo posto si alternano i vari Ocleppo, Claudio Panatta e si intravedono in lontananza Cancellotti e Paolino Canè.
Insomma sembra il prodromo all'ennesima semifinale, a Sabato Sport Galeazzi e Pietrangeli in una puntata di inizio anno guardando il tabellone commentano sornioni: "Dai, Gran Bretagna e Nuova Zelanda in casa, poi forse ci sarà la Francia, insomma si può puntare alla finale”..... Le cosiddette ultime parole famose.
Innanzitutto la federazione invece di optare per il Foro Italico decide di scegliere come sede per il match Cervia. Bertolucci nel libro scritto a quattro mani con Meloccaro (Braccio d'oro, libro sulla sua carriera, n.d.r.) confessa che quello fu il primo errore, in quanto mentre del Foro i nostri conoscevano ogni angolo e tutte le variabili climatiche, in terra romagnola si trovarono di fronte ad un'afa insopportabile che fiaccò non poco i nostri, anagraficamente più anziani. Inoltre tra i neozelandesi vi era Chris Lewis, che l'anno dopo sarebbe clamorosamente arrivato in finale a Wimbledon (sconfitto poi sonoramente da McEnroe). Insomma qualche dubbio iniziava ad annidarsi nelle fila azzurre. Dopo i primi due singolari i dubbi divennero certezze.
Lo stesso Lewis domò in quattro set Barazzutti che chi scrive ricorda particolarmente nervoso in quel match, con continue bordate sparate al corpo del neozelandese che scendeva continuamente a rete e che il finalista di Wimbledon con incredibile maestria ributtava dall'altra parte come se nulla fosse. Russell Simpson se possibile ci diede il colpo di grazia, a Panatta non bastò nel secondo singolare un vantaggio di due set a uno ed il neozelandese più fresco chiuse con un 6-4 6-2 eloquente che porto i neozelandesi sul 2-0. Sull'orlo del precipizio ci affidammo agli indomiti Bertolucci e Panatta che con la solita maestria ci tennero in corsa battendo agevolmente in tre set gli stessi Lewis e Simpson. Ma nel quarto singolare l'ombra di Adriano fu agevolmente battuta in tre set da Lewis che diede ai “kiwi” l'incredibile vittoria.
Il trampolino di lancio verso la semifinale si era trasformato nel “de profundis” dei nostri eroi, arrivati oramai alla fine del loro ciclo (anche se la sconfitta con l'Argentina dell'anno dopo fu la loro ultima apparizione insieme).

IL PARAGUAY DI VICTOR PECCI

A volte basta un solo giocatore per rendere pericoloso un team nazionale, poi mettici il fattore campo e semmai un compagno di secondo livello ma che si esalta ed ecco che si raggiungono delle vittorie davvero insperate.
E' quanto succede al Paraguay, che a metà degli anni '80 inanella alcune vittorie clamorose. La punta di diamante si chiama Victor Pecci, terraiolo coriaceo, finalista al Roland Garros (nel '79, battuto da Borg, ma a Parigi in semifinale anche due anni dopo), insomma giocatore di tutto rispetto. Al suo fianco si esaltava periodicamente cotal Francisco Gonzalez (best ranking. Nr 49 ATP), con il quale in doppio giocava spesso anche nei tornei. Ebbene se non destano più di tanto clamore le vittorie del Paraguay sull'amata terra rossa di Asuncion contro la fortissima Cecoslovacchia di Smid e Lendl nel 1983, la Francia di Noah e Leconte nel 1985 e gli Usa orfani dei grandi (vi erano Krickstein ed Arias) nel 1987 (tutte per 3-2), clamorosa è l'affermazione sudamericana sull'erba neozelandese nel 1984. Gli stessi Lewis e Simpson furono clamorosamente travolti sulla superficie a loro più congeniale, addirittura la contesa si era già risolta dopo il doppio. Clamorose vittorie di Gonzalez contro Simpson e Pecci contro Lewis nei primi due singolari (entrambe in cinque combattutissimi set), meglio ancora il doppio (le coppie da ambo i lati erano formate dai due singolaristi), dove i paraguaiani si imposero in quattro set. Quel Paraguay non riuscì ad andare mai oltre i quarti, ma le imprese di quegli anni rimangono nella storia del tennis nazionale.

LA METEORA MESSICO

Ci sono poi paesi che arrivano nel World Group quasi per caso o che riescono a restarci per lo spazio di una / due annate, vedi ad esempio il Marocco, l'Indonesia, il Canada, lo Zimbabwe, addirittura Cuba, la Corea oppure il Messico. I messicani arrivano nel 1986 in serie A grazie a due terraioli di medio livello, Francisco Maciel e Leonardo Lavalle, mai capaci di andare oltre la posizione nr. 35 in classifica.
Al primo turno quell'anno i messicani hanno l'onore di ospitare in casa la Germania del campione di Wimbledon Boris Becker che sulla terra non eccelle ma la cui classe dovrebbe consentire ai tedeschi di portare quanto meno a casa i due punti dei singolari ed il doppio che Boris gioca in coppia con Maurer.
Ed invece a Mexico City avviene il miracolo. Westphal (l'altro singolarista tedesco) perde entrambi i singolari, Becker fa quello che può portando i due punti e diventa così decisivo il doppio, dove Lavalle (che oltretutto è il figlio del presidente della federazione tennistica messicana) in coppia con Fernando Perez Pascal (carneade...chi era costui?) conquista un'insperata vittoria superando al quinto la coppia tedesca. Insomma, una specie di “Corea” tedesca.....

L’ISRAELE DI MANSDORF, L’INDIA DEGLI AMRITRAJ

Nel 1987 il tabellone vede in lizza tutta una serie di squadre di seconda fascia, Messico, Corea, India, Israele.
Queste ultime due rappresentative si metteranno brillantemente in luce ed addirittura l'India arriverà clamorosamente in finale. Ma andiamo con ordine.
Al primo turno la Cecoslovacchia ospita sul veloce Israele che si regge praticamente su due soli giocatori, Amos Mansdorf e Shlomo Glickstein. I padroni di casa schierano invece “gattone” Mecir, Karel Novacek, lo spilungone Milan Srejber (alto più di due metri) e la chioccia Tomas Smid che dà ancora il suo contributo fondamentale in doppio. Sulla carta parrebbe non esserci partita, nella sostanza accade l'incredibile.
Dopo la prima giornata Israele è avanti 2-0 grazie alla sorprendente vittoria di Mansodrf su Mecir ed a quella di Glickstein contro Srejber che sotto di due set riesce a portare il match al quinto prima di ritirarsi per un infortunio. I cechi però hanno un sussulto, Mecir e Smid in quattro set battono i due singolaristi israeliani nel doppio e Mecir nel primo singolare della domenica in tre rapidi set regola Glickstein. Nell'ultimo singolare capitan Kodes schiera il giovane Novacek al posto dell'infortunato Srejeber, opposto a Mansdorf. L'israeliano realizza l'impresa della vita e chiude in quattro set portando il proprio paese ai quarti.
Nella stessa parte del tabellone avanza l'India che nelle sue fila annovera i “mitici” fratelli Amritraj (Anand e Vijai, il primo anche capitano, il secondo notissimo in patria ed anche attore in un film della saga “007”) e Ramesh Krishnan. Gli indiani sull'erba sono temibilissimi ed infatti al primo turno si sbarazzano (seppur risalendo da 1-2) dell'Argentina e nel turno successivo proprio di Israele sfruttando il fattore campo. Arrivati in semifinale, agli asiatici tocca la trasferta in terra australiana. Masur, Fitzgerald e Cash (fresco vincitore a Wimbledon) sembrano sicuramente favoriti, tenuto anche conto che i fratelli Amritraj hanno circa dieci anni in più rispetto agli “aussie”e che quindi sulla distanza tre su cinque non sembrano favoriti. La superficie scelta però è l'erba e questo rimescola nonostante tutto i valori in campo. L'Australia ha a portata di mano l'ennesima finale, ma i loro avversari non sono d'accordo. Inizio clamoroso, India avanti 2-0 grazie alle vittorie (entrambe in quattro set) di Krishnan su Fitzgerald e Vijai Amritraj su Masur. Capitan Neale Freaser prova a smuovere i suoi, Pat Cash in coppia con Doohan si aggiudica il doppio (battuti i fratelli Amritraj), nel primo singolare della domenica Fitzgerald riporta il match in parità asfaltando Vijai Amritraj. Nel singolare decisivo Ramesh Krishnan non fa una piega, il giovane indiano batte Masur in tre set e porta l'India in finale. Nell'atto conclusivo gli indiani saranno sommersi dalla Svezia di Edberg & co., ma quella splendida cavalcata è il giusto premio per dei giocatori con grandissimo talento che per molti anni hanno dato lustro al tennis indiano (ricordiamo che Vijai Amritraj nel 1984 fu uno dei tre giocatori a riuscire a battere McEnroe e che a Wimbledon nel 1978 arrivò vicinissimo a battere Borg).

(1 - CONTINUA)

Stefano Tarantino

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