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22/07/2011 12:31 CEST - SI TORNA IN CILE

35 anni fa: Cile sì, Cile no?

TENNIS - Rispolveriamo un paio di articoli di Ubaldo Scanagatta. Uno di questi gli fu commissionato dal suo direttore Domenico Bartoli con la richiesta di "massimo equilibrio". Le ragioni che suggerivano di affrontare il viaggio nel Paese del dittatore Pinochet e quelle che sostenevano il contrario. E, in un altro articolo, le posizioni dei conquistatori della nostra unica Davis. Ubaldo Scanagatta

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Quanti amarcord a seguito del sorteggio dei play-off di Coppa Davis che dal 16 al 18 settembre vedrà l’Italia protagonista a Santiago del Cile. Io ne ho uno assai personale, perché sebbene scrivessi per la La Nazione fin dall’ottobre 1972 e avessi già “coperto” da collaboratore nel 1976 tre Wimbledon e un Roland Garros (che esordio, ragazzi, quell’anno con il trionfo di Adriano Panatta a Parigi!), non andai a Santiago perché mio padre era ricoverato in ospedale.

Seguii per radio dalla sua stanza i puntuali resoconti in diretta di Mario Giobbe dal Cile. Ma ben prima di allora, dopo due giorni di manifestazioni inscenate da una sessantina di contestatori della “trasferta” nel Cile del dittatore Pinochet (tra i quali, in prima fila, l’attuale direttore della comunicazione della federtennis Giancarlo Baccini, che scriveva per Il Messaggero ed era fra coloro che gridavano: "No, no, niente volèe nel Paese di Pinochet") e dopo che l’URSS in semifinale si era rifiutata di affrontare il Cile, il direttore del mio giornale, Domenico Bartoli, chiese al capo delle pagine sportive de La Nazione Raffaello Paloscia di affidarmi l’incarico di un articolo che raccogliesse nel modo più equilibrato possibile le ragioni del sì alla trasferta e le ragioni del no. Scrissi allora quest’articolo che oggi potete rileggere e che, all’epoca, mi dette la grandissima soddisfazione di ricevere una delle rarissime lettere mai scritte ad uno dei suoi redattori dal direttore Bartoli _ grande giornalista di notevolissima personalità (oggi i giornali sono diretti dagli editori, più che dai direttori), tuttavia molto schivo e poco comunicativo. Una lettera, ovviamente da me conservata religiosamente, nella quale il direttore si congratulava direttamente con il sottoscritto per “l’ottimo, coscienzioso, approfondito lavoro svolto”.

Non ero ancora assunto, avevo 27 anni, e anche quell’articolo certamente giovò alla decisione di procedere alla mia assunzione qualche mese dopo.

Vi ripropongo quell’articolo, “Davis in Cile sì o no?” con i due “tagli” sottostanti “Perché il viaggio si dovrebbe fare” e “Perché il viaggio non si dovrebbe fare” perché lo commentiate oggi, 35 anni dopo, preceduto da un altro mio articolo pubblicato martedì 28 settembre 1976 con titolo all’indomani della vittoria di Panatta su John Newcombe (5-7,8-6,6-4,6-2, dopo che il match era stato sospeso domenica sera sul set pari e 2 pari al terzo) a Roma dell’ItalDavis nella semifinale sull’Australia: “Ora vogliamo andare in Cile” che ha per sottotitolo la dichiarazione di Pietrangeli: “I giocatori mi hanno detto che se ci impedissero di giocare laggiù lascerebbero la nazionale”.

TENNISTI ITALIANI COL CILE NELLA FINALE DELLA DAVIS (28 settembre 1976)

ORA VOGLIAMO ANDARE IN CILE (28 settembre 1976)

DAVIS IN CILE SI O NO? (25 novembre 1976)

Ubaldo Scanagatta

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