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17/08/2011 15:19 CEST - DOPPIO...GIOCO

King-Casals compagne di lotta

TENNIS – Inizia una nuova rubrica dedicata alle grandi coppie che hanno fatto la storia del doppio. Nella prima puntata ci occuperemo di un binomio non molto noto ma non per questo meno importante e vincente : quello composto da Billie Jean King e dalla meno blasonata Rosie Casals. Storia di una collaborazione troppo spesso sottovalutata… Daniele Camoni

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Alzi la mano chi, tra gli appassionati di tennis, ha mai sentito nominare il nome di Rosie Casals : i più agguerriti fanatici ed amanti delle più improbabili e remote statistiche (tra i quali figura anche il sottoscritto) con ogni probabilità sanno già di chi stiamo parlando, mentre la maggior parte potrebbe rispondere con echi di manzoniana memoria, Carneade, chi era costui (o, meglio, costei) ?

Nata in California nel 1948 da genitori provenienti dallo stato centroamericano di El Salvador, la vita di Rosemary Casals rappresenta un vero esempio di grandioso coraggio e tenace determinazione. Già svantaggiata da una corporatura minuta, la piccola Rosie dovette scontrarsi spesso e volentieri con tutta una serie di pregiudizi e discriminazioni razziali allora drammaticamente in voga : come avrebbe potuto una persona di umili origini, povera e di discendenza latinoamericana entrare in un mondo allora dominato solo da individui bianchi, ricchi e di estrazione sociale assai elevata ?

Chiunque avrebbe gettato la spugna in una situazione del genere, ma non Rosie, il cui carattere estremamente grintoso l’avrebbe poi portata, nei primi anni Settanta, a sostenere una tenace lotta per la parificazione dei diritti e dei montepremi tra uomini e donne : ad esempio, nel primo Wimbledon a livello Open (1968) Billie Jean King incassò £750 (sì, sì, avete capito bene), Rod Laver circa £2,000, una discriminazione mantenutasi ai Championships fino al 2007, anno in cui il montepremi venne finalmente parificato. Per fare un altro esempio, nel 2006 Federer staccò un assegno di £655,000 mentre la “Maga Amelia” (Amélie Mauresmo, ndr) dovette “accontentarsi” di £625,000.

“I wanted to be someone […] and winning tournaments – it’s a kind of way of being accepted” (“Volevo essere qualcuno, e vincere tornei, beh’, è un modo per essere accettati”) : così urlava una Rosie 17enne la sua voglia di essere veramente qualcuno, di imporsi in un mondo sessista oramai diventato un club esclusivo per ricchi bianchi snob. Le qualità ed i gesti tecnici sicuramente non mancavano : come testimonia un articolo di Kim Chapin apparso nell’ottobre del ’66 su “Sports Illustrated”, “Rosemary Casals of san Francisco hits the ball so hard and moves around the court with such agility it seems just a matter of time until she takes over as the next queen of tennis” (“Rosemary Casals da san Francisco colpisce la pallina così forte e si muove intorno al campo con tanta agilità che sembra solo una questione di tempo il fatto che prossimamente diventi la nuova regina del tennis mondiale”) ; e ancora : “Now people are saying that young Rosie looks like the best U.S. girl since Maureen Connolly” (“Ora la gente considera la piccola Rosie come la più grande tennista americana dai tempi di “Little Mo” Maureen Connolly”, vincitrice di 9 Slam nei primi anni Cinquanta e prima autrice del “Grande Slam” nel 1953, ndr). Previsioni che sembrarono avverarsi già a partire dall’anno successivo, quando in quel di Wimbledon ‘67 estromise agli ottavi la brasiliana Maria Bueno (seconda testa di serie), una delle stelle più luminose dell’epoca, perdendo poi solo da Ann Haydon-Jones in semifinale per 7-5 al terzo, ma che forse caricarono di enormi tensioni una ragazzina non ancora diciottenne e non ancora pienamente a proprio agio in un mondo totalmente nuovo.

Se poi la grinta e la vivace energia di Rosie Casals riscossero un grande successo al di fuori del campo da tennis propriamente detto, portando alla nascita della futura WTA nel 1973, grazie alla fondamentale collaborazione di Billie Jean King, Ann Haydon-Jones (vincitrice di Wimbledon nel 1969, ndr) e Françoise Durr (vincitrice a Parigi nel 1967), nell’ambito squisitamente tennistico Rosie trovò la sua metà ideale in Billie Jean Moffitt, guerriera indomita ed implacabile nota ai più con il cognome da sposata (King), la quale si prodigò spesso in sinceri elogi verso la compagna : “She wants to be the best, and with her determination and potential I'd say she'll make it” (“Vuole essere la migliore e con la sua determinazione ed il suo potenziale direi che ce la può fare” ; Kim Chapin, “Sports Illustrated”, ottobre ’66).


Nata nel 1943, Billie Jean Moffitt si rivelò al grande tennis nel 1962 quando, tra il compassato stupore generale del pubblico londinese, estromise al secondo turno dei Championships niente meno che la prima testa di serie, Margaret Smith (futura signora Court). La sua eccezionale ed incorruttibile mentalità vincente può essere sintetizzata in un paio di massime altamente significative : “A champion is afraid of losing. Everyone else is afraid of winning” (“Un campione ha paura di perdere. Tutti gli altri hanno paura di vincere”), “Victory is fleeting. Losing is forever” (“La vittoria è passeggera. La sconfitta è per sempre”), frasi che la portarono a battersi senza timore con avversarie di 10/15 anni più giovani (a Wimbledon ’83 gioco contro Andrea Jaeger, futura suora, addirittura di 23 anni più giovane!)

Nel corso della sua ultraventennale carriera Billie Jean ha sempre posto in primo luogo il sacrificio costante, la capacità di superazione e di sfida con sé stessi ; celebri sono rimasti i suoi riferimenti quando, con pungente ironia ed un pizzico di sana invidia, si rivolgeva a John McEnroe esclamando “He didn’t pay the price” (“Non ha pagato il prezzo”), alludendo alla manina fata dell’americano, per niente bisognoso delle massacranti sedute di allenamento alle quali si sottoponeva la maggior parte dei tennisti (a tale proposito si narra anche che una volta lo stesso McEnroe abbia piantato in asso Mats Wilander dopo soli 10 minuti di allenamento, dichiarandosi sufficientemente allenato e lasciando assolutamente di sasso lo svedese).

“Tennis is a perfect combination of violent action taking place in an atmosphere of total tranquillity” (“Il tennis è una combinazione perfetta di gesti violenti inseriti in un contesto di totale tranquillità”) soleva dire la King con una saggezza da vera storica del tennis : ma, d’altronde, come darle torto, lei che ha da sempre vissuto il tennis come una battaglia senza esclusione di colpi, lei che ha rivoluzionato il tennis sconfiggendo nel 1973 il 55enne Bobby Riggs nella celeberrima “Battaglia dei Sessi” (in realtà fu questa la seconda : nella prima “Battaglia dei sessi” lo stesso Riggs sconfisse Margaret Court con il pesante passivo di 6-2/6-1, mentre nella terza, disputata nel 1992, Jimmy Connors si impose su Martina Navratilova), dimostrando come la competitività delle donne anche nel tennis non potesse essere messa in discussione dagli stupidi pregiudizi sessisti fino ad allora in voga.

Dotata di grande personalità e di un gioco votato all’attacco costante, nel corso della sua carriera la King dominò singolo, doppio e doppio misto : in particolare, nelle specialità di coppia vinse ben 27 Slam (16 in doppio e 11 nel misto), alternando diversi partner, ma rimanendo particolarmente legata a Owen Davidson e Rosie Casals, assieme alla quale, tra gli anni Sessanta e Settanta, seminò il panico nelle competizioni di doppio ; insieme conquistarono ben 46 titoli di doppio (a fine carriera la Casals chiuderà con un bottino di 112 titoli, la King con 101), tra i quali 7 Slam (5 Wimbledon e 2 US Open), nonché 4 Federation Cup.

La loro storia tennistica continuò in diverse puntate anche in singolo, con diversi dispiaceri per Rosie : fu proprio Billie Jean a negarle la vittoria allo US Open 1971, nonché l’accesso in finale ai Championships nel ’69 e nel ’72. Tuttavia, l’incontro più importante disputato tra le due ebbe luogo al torneo di Houston 1970, che sancì l’inizio ufficiale del circuito Virginia Slims, la “madre” dell’attuale WTA : per inciso, vinse Rosie Casals, capace addirittura di rifilarle una “bicicletta” (6-0/6-0) l’anno seguente al torneo di Los Angeles!
La sfortuna da singolarista continuò a perseguitare la Casals per diverso tempo ed ebbe come principale carnefice l’implacabile Margaret Smith Court (vincitrice di 24 Slam), che la sconfisse in finale allo Us Open ’70, in semifinale a Wimbledon ’72, ai quarti del Australian Open ’68 e ’69 e ai quarti del Roland Garros ’70 : una vera e propria maledizione australiana!

Billie Jean si ritirò nel 1983, non senza essersi prima imposta a 39 anni e 7 mesi nel torneo di Birmingham, mentre Rosie lasciò definitivamente il circuito nel 1988, dopo essersi imposta a quasi quarant’anni nel torneo di Oakland, in coppia con Martina Navratilova : entrambe entreranno poi a far parte dell’Olimpo del tennis, il luogo dove la storia e le gesta dei tennisti perdurano per sempre, la Hall of Fame di Newport (Billie Jean nel 1987, Rosie Casals nel 1996), lasciando le loro gesta impresse per sempre nel corso della storia del tennis.

Daniele Camoni

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