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17/11/2011 10:26 CEST - AMARCORD

Masters ATP: vittorie da maestro

TENNIS – Tra pochissimi giorni avrà inizio la quarantaduesima edizione della Masters Cup (attualmente ribattezzata come “ATP World Tour Finals”). Cerchiamo di ripercorrerne velocemente la sua storia, partendo dalle primissime edizioni fino ad arrivare ai giorni nostri: storia di un torneo dove ha sempre trionfato l’eccellenza, la classe e la fame di vittorie… Daniele Camoni

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Molti ne criticano la struttura, altri ne contestano addirittura il significato, ma è innegabile che la Masters Cup di fine anno (le denominazioni si sono succedute nel corso degli anni, come vedremo) abbia un fascino magnetico e che profuma di storia ed eccellenza, se non altro per il fatto che l’albo d’oro è praticamente un susseguirsi di campioni e fenomeni che hanno plasmato la storia di questo sport nel corso del tempo, e che conoscono praticamente tutti. La prima edizione di quello che allora fu battezzato come Pepsi-Cola Masters ebbe luogo a Tokio nel 1970. La formula probabilmente farà storcere il naso a molti, in quanto rimanda ad una specie di torneo parrocchiale, quello che volgarmente spesso si definisce un “tutti contro tutti” : tra i protagonisti, tutti riuniti in un unico Round Robin, ricordiamo Ken Rosewall (ormai 36enne ma sempre pericoloso, come dimostra la vittoria allo US Open dello stesso anno contro Tony Roche), Rod Laver (solo l’anno prima aveva realizzato il tanto agognato Calendar Year Grand Slam), Arthur Ashe, Jan Kodes (vincitore del Roland Garros), Stan Smith (un mastino del gioco d’attacco) e Zeljko Franulovic (attualmente direttore del Masters di Montecarlo). Vincitore finale fu Stan Smith, il quale ottenne il trionfo in virtù della vittoria nello scontro diretto contro Laver (entrambi avevano difatti chiuso il girone con quattro vittorie e una sconfitta).

La suddetta formula, mantenuta anche l’anno successivo, fu cambiata a partire dall’edizione del 1972, che introdusse la struttura che ancor oggi si usa, con quattro giocatori per girone e semifinali incrociate con i migliori due di ogni gruppo (eccetto una breve parentesi tra il 1982 ed il 1985, con un tabellone a sedici giocatori). Queste prime edizioni segnarono soprattutto il periodo di maggior successo della carriera di Ilie Nastase, il quale tra il 1971 ed il 1975 vinse quattro titoli su cinque finali disputate (perse quella del 1974 contro Vilas, nell’unica edizione mai disputatasi su campi in erba, in Australia), diventando il primo plurivincitore del torneo (lo seguiranno Borg, McEnroe, Lendl, Becker, Sampras e Federer) Diverse sono le edizioni da ricordare : tra le più significative quella del 1978, che rivelò al grande tennis un giovanissimo John McEnroe (vittorioso in un epico scontro generazionale contro Arthur Ashe), quella del 1981, che segnò il primo trionfo importante nella carriera di Ivan Lendl (capace di rimontare due set di svantaggio e con match point a sfavore contro il talentuoso Gerulaitis), quelle del 1988 e 1996 (due tra le finali più spettacolari mai viste : la prima vinta da Becker contro Lendl con un nastro beffardo sul match point nel tie-break finale, la seconda da Sampras contro Becker, condita da tre tie-break spettacolari), e quella del 1989 (lo ammetto, sono di parte, ma non citare una vittoria di Edberg mi sembrava quantomeno irrispettoso). Tra quelle forse da dimenticare quella del 1976 tra Orantes e Fibak (se non altro per il campo di partecipazione abbastanza scarso) e quella del 1998 tra i terraioli Corretja e Moya.

Degna di nota fu anche l’edizione del 1980, passata alla storia soprattutto per il celeberrimo “chicken” rivolto a Lendl da Jimmy Connors, uno che di certo non si mordeva la lingua : presenti entrambi nello stesso girone, Ivan e Jimbo dovettero giocarsi una partita tutto sommato inutile, essendo entrambi già qualificati con uno score di 2-0, valevole se non altro per stabilire il primo classificato. Il “problema” risiedeva tuttavia nell’altro girone, dove il funambolico quadrumane Gene Mayer aveva sorprendentemente liquidato Clerc, McEnroe e Borg (rifilandogli anche un bel 6-0), mentre lo svedese era arrivato secondo. Di conseguenza, chi avesse vinto tra Connors e Lendl avrebbe dovuto affrontare Borg, sicuramente la scelta peggiore rispetto a Mayer : Lendl, dopo aver perso il primo set al tie-break, lasciò così scivolare via il match (il secondo set, finito 6-1, durò 17 minuti), garantendosi la semifinale con l’americano, mentre a Jimbo toccò affrontare Borg. Potete immaginarvi la furia quasi omicida di Connors in quei momenti : Jimmy venne sconfitto e Lendl vinse il suo incontro, anche se la finale fu una mezza carneficina, nella quale l’algido svedese si impose per 6-4/6-2/6-2.

Parlare di Masters Cup (o di Masters Grand Prix, o di ATP World Tour Championships, fate voi) significa anche elencare tutta una serie di record impressionanti : ricordiamo ad esempio le cinque vittorie di Lendl, Sampras e Federer, le nove finali consecutive di Lendl (1980-1988), le trentanove vittorie sempre di Lendl (e le sue dodici semifinali), le tredici partecipazioni di Agassi (superabili da Connors, il quale vanta undici apparizioni, se solo non avesse boicottato il torneo per ben cinque volte). Inoltre, solo tre giocatori hanno vinto il Masters senza perdere neanche un incontro (dal 1990) : Michael Stich nel 1993, Hewitt nel 2001 e Federer, per ben quattro volte (2003-2004, 2006, 2010), a dimostrazione di come mettere in fila cinque tra i primi otto giocatori del mondo in una settimana sia impresa quanto mai ardua. Il riferimento al 1990 è quanto mai necessario vista la mutevole struttura della formula : Ivan Lendl lo vinse senza perdere un set nel 1987, 1986 e 1981, Björn Borg nel 1979, McEnroe nel 1978, Vilas nel 1974, Nastase nel 1972 (sempre con struttura a gironi classici). Questo in riferimento al fatto che Nastase vinse un ulteriore Masters nel 1971, vincendo tutti gli incontri in un girone unico, mentre tra il 1982 ed il 1985 il Masters fu giocato con un tabellone a sedici giocatori ad eliminazione diretta (con i primi quattro direttamente nei quarti). In questi ultimi casi è ovvio che chi vinse il torneo lo fece senza perdere un set (sarebbe stato altrimenti eliminato, secondo i canoni di un consueto tabellone tennistico).

Inoltre, solo tre giocatori hanno vinto il Masters senza perdere neanche un incontro: Michael Stich nel 1993 (contro Sampras), Hewitt nel 2001 e Federer, per ben quattro volte (2003-2004, 2006, 2010), a dimostrazione di come mettere in fila cinque tra i primi otto giocatori del mondo in una settimana sia impresa quanto mai ardua. Diverse sono state poi le sedi: senza dubbio la più celebre e rinomata fu il Madison Square Garden di New York, che accolse l’evento per ben tredici anni, dal 1977 al 1989. Altri sedi importanti sono poi state Francoforte (1990-1995), Hannover (1996-1999), Shanghai (2002 e 2005-2008) e, dal 2009, Londra. Chi non ricorda poi i celeberrimi campi con la particolare struttura per i soli singolari, campi che osservati oggi sembrano quasi più piccoli, adatti a tutto fuorché al tennis, che noi concepiamo con i suoi spaziosi e lunghi corridoi (che ormai non servono più, visto che il doppio è un puro orpello decorativo di questo sport…)

Insomma, quando si dice che il Masters sia il torneo più importante dopo i quattro Slam credo corrisponda a verità, se non altro per prestigio e per il fatto che difficilmente il tabellone ti potrà favorire : potrai forse avere un girone relativamente comodo (se sei un #1 di razza, modello Federer, Sampras o Lendl) ma per sollevare il trofeo dovrai per forza battere giocatori assai tosti. Si potrebbe poi discutere sulla formula : molti la criticano ma non forniscono soluzioni o alternative (secondo l’italico costume di criticare a iosa, solo per il gusto di farlo), altri propongono un ritorno all’antico schematipico del Masters femminile dei tempi che furono, con sedici giocatrici ed un tabellone ad eliminazione diretta, altri ancora ne apprezzano la struttura attuale, credendo sia la soluzione tutto sommato migliore (mi includo tra questi). Un tabellone a sedici sarebbe forse più conforme allo spirito del gioco del tennis, ma probabilmente la qualità potrebbe essere lievemente inferiore…

E voi, che ne pensate ?

Daniele Camoni

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