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14/12/2011 16:45 CEST - Personaggi

L’X Factor di Ashleigh Barty

TENNIS – A 15 anni la Barty sarà la più giovane nel main draw degli Australian Open dal 2004. Ha vinto i playoff senza perdere un set battendo, tra le altre, Dellacqua, Rodionova e Rogowska. Nel 2011 ha vinto Wimbledon e Fed Cup junior. Con un po' di sangue aborigeno come Evonne Goolagong, È allenata da Jason Stoltenberg che ammira la sua capacità di gestire le emozioni e la pressione. Alessandro Mastroluca

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Il concetto di “bambina prodigio” nel tennis femminile va ripensato. Se Monica Seles, Steffi Graf o Jennifer Capriati a 16 anni vincevano gli Slam e diventavano numero 1 del mondo, oggi la prima 15enne in classifica è l’australiana Ashleigh Barty, n.678, con un best ranking di n.531. Appassionata di videogame, computer e pesca, a 13 anni già vinceva tornei ITF under 18 e sta continuando a bruciare le tappe.

Eletta insieme a Luke Saville “Junior Sport Star of the Year”, la Barty ha completato una stagione praticamente perfetta. Ha vinto il titolo junior a Wimbledon, battendo in finale Irina Khromacheva, seguita sugli spalti da Justine Henin perché si allena nella sua accademia in Belgio, chiudendo 75 76 recuperando un break di svantaggio in entrambi i set. Ha guidato l’Australia a trionfare nella Fed Cup junior senza perdere un match e cedendo un solo set, peraltro in doppio. Ma soprattutto sarà la più giovane giocatrice nel main-draw degli Australian Open dal 2004, quando Olivia Lukaszewics perse 6-0 6-0 da Justine Henin prima di scomparire dai radar tennistici.

Ashleigh il suo posto se l’è conquistato con pieno merito, ha vinto il playoff organizzato dalla federazione senza perdere un set iniziando con un doppio 6-3 all’ex numero 39 del mondo Casey Dellacqua che arrivava da una serie di 30 vittorie di fila in sei tornei Pro Tour.

In semifinale, contro la naturalizzata australiana Arina Rodionova, è emersa una maturità ben superiore rispetto alla sua età anagrafica. Perso il break di vantaggio conquistato in avvio, la Barty ha inizialmente sofferto le palle corte della più esperta avversaria che ha provato ad avvantaggiarsi delle folate di vento che tagliavano il campo 7 a Melbourne Park. Si è trovata a servire sul 5-5 15-40, ma ha tenuto il servizio e brekkato nel game successivo. Nel secondo ha usato la sua arma migliore, l’accelerazione di dritto, per tenere un difficile quinto game e brekkare nel sesto prima di chiudere 7-5 6-3.

In finale Olivia Rogowska, che aveva vinto il playoff l’anno scorso, parte meglio, si apre il campo col rovescio e allunga su un 5-2 “leggero”, con un solo break di vantaggio. Ma la Barty rimonta e ancora una volta alza il livello quando conta di più: serve sul 5-6 30 pari (dopo un insensato drop di dritto morto a rete) e infila due punti diretti col servizio. Vince il tiebreak 8-6, e nel secondo impone una maggiore velocità di palla da fondo per chiudere 76 62.

Ma nel gioco di Ashleigh Barty c’è molto più di un servizio solido e di un dritto compatto e profondo, più efficace se colpito con traiettoria incrociata e col peso del corpo in avanti. “C’è un X Factor nel suo gioco” commenta Todd Woodbridge, “ha la capacità di essere creativa e variare i colpi: non si vedono tante giocatrici così, ancor meno a livello junior”.

Già un anno fa John Fitzgerald l’aveva definita “la miglior giovane tennista che abbiamo avuto in Australia negli ultimi 20 anni”. Per Scott Draper è una versione più potente di Martina Hingis, o una moderna Hana Mandlikova, con un paio di marce in più al servizio.

La Barty, che ha un po’ di “sangue aborigeno” che le arriva dalla nonna paterna, è stata inevitabilmente messa in relazione con prima aborigena a vincere uno Slam, Evonne Goolagong Cawley. La vincitrice di sette major in singolare ha inviato a Ashley messaggi quasi ogni giorno durante i playoff. “Ash mi ha fatto tornare a guardare il tennis” ha detto la Goolagong, che raramente ha assistito ai match dagli spalti durante e dopo la sua carriera, all’Herald Sun.

Ashleigh è seguita da Jason Stoltenberg, che è anche consulente della Federazione australiana, e un po’ di esperienza di teenager campioni ce l’ha: c’era lui dall’altra parte della rete quando un sedicenne Lleyton Hewitt vinceva il suo primo titolo ATP, a Adelaide nel 1998.

Quello che mi stupisce di più di lei è la sua capacità di reggere la pressione” ha spiegato Stoltenberg, “e questo è un talento in sé. Poi nei primi anni ha avuto un grandissimo coach, Jim Joyce, che le ha insegnato come giocare il rovescio slice e Asleigh sembra sapere istintivamente quando è il momento di usarlo. Grazie a Jim ha imparato molto, ha sviluppato il suo amore per il tennis. In più ha sempre goduto del grande supporto della famiglia. Tutto questo le ha permesso di sviluppare le sue qualità. Ma adesso dobbiamo stare attenti e fare in modo che si circondi delle persone giuste per darle tempo di sviluppare tutte le sue potenzialità nel modo corretto”.

Ci vuole poco, infatti, per bruciarsi sotto la luce dei riflettori.

Alessandro Mastroluca

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