ITALIANO ENGLISH
HOMEPAGE > > Osuna, il grande sconosciuto.

23/12/2011 16:58 CEST - Storie di tennis

Osuna, il grande sconosciuto

TENNIS - Rafael Osuna, primo latinoamericano a diventare numero 1 del mondo, è un campione poco noto e poco celebrato. Vincitore agli Us Open 1963, ha inventato la formazione che caratterizza il doppio moderno con lo storico compagno Palafox. E' morto in un incidente aereo nel giugno 1969. Una settimana prima aveva dato al Messico i tre punti per battere l'Australia in Davis. Alessandro Mastroluca

| | condividi

Messico e nuvole. La faccia triste dell’America è sua. È quella di Rafael Osuna, primo messicano a diventare numero 1 e a vincere uno Slam. Inventore della formazione “a I” in doppio, cresciuto in California, per tutti aveva solo il cielo come limite. Ma un giorno di pioggia, il 4 giugno 1969, il cielo e le nuvole lo tradiscono: muore con altre 78 persone che viaggiavano sul Boeing 727 della Mexican Airways da Città del Messico a Monterrey. Solo pochi giorni prima aveva realizzato un suo sogno: aveva dato al Messico tre punti e regalato il 3-2 all’Australia in Davis.

Era il più veloce della sua epoca” scriveva Bud Collins. Una rapidità che nasce dai suoi inizi di pongista: a dieci anni ha vinto i campionati nazionali di specialità. Ma il soprannome che lo segnerà per la vita, “Pelòn”, se lo guadagna sui campi da basket. Portava i capelli corti all’epoca, ed era il più pericoloso della squadra: per questo gli allenatori avversari gridavano ai loro giocatori “marquen al pelòn!”, “marcate il pelato!”.

Se nella sua breve carriera è riuscito a diventare un campione, tanto da essere ammesso nella Hall of Fame nel 1979, lo deve alla scelta di studiare negli Usa, gestione delle imprese alla University of Southern California (USC), e all’incontro con un maestro di vita e di tennis: George Toley, coach anche di Olmedo e Ramirez, per molti “il padre del tennis messicano”.

Anche Toley si era laureato alla USC in business management, nel 1941, poi resta come capo allenatore della squadra maschile di tennis dal 1951 al 1980. Porta tre suoi allievi al numero 1 del mondo (Olmedo nel 1959, Osuna nel 1963 e Stan Smith nel 1972), e 39 al titolo di All American. I suoi ragazzi hanno vinto 10 titoli individuali e 13 di doppio NCAA, 34 Slam, 78 titoli ATP in singolare e 258 in doppio.

Era molto più che un allenatore, insegnava ai suoi ragazzi ad essere giocatori. Li aiutava a sviluppare il proprio stile, li abituava a pensare in campo e a capire che per vincere basta fare le cose semplici, ma in modo eccezionale. Li spingeva a competere al massimo livello e con la massima sportività, ma spesso esigeva un rendimento accademico almeno pari: il 69% dei suoi ragazzi messicani sono laureati. Oggi è il presidente onorario del CdA della Fondazione Sportiva Rafael Osuna, la cui attività principale è l’aiuto agli sportivi disabili e l’integrazione degli studenti messicani nelle università straniere attraverso borse di studio per ragioni accademiche o sportive.

I primi successi e la formazione a I
Il talento di Osuna inizia a rivelarsi a Wimbledon nel 1960. Con il suo compagno di stanza alla USC, lo statunitense Dennis Ralston, vince il torneo di doppio battendo in finale Mike Davis e Bobby Wilson 7-5 6-3 10-8. Sono la prima coppia non testa di serie a riuscire nell’impresa.

Sempre nel 1960 debutta in Davis in casa, al Club Deportivo Chapultepec, a 2240 metri sul livello del mare, il cui campo centrale oggi porta il suo nome. Il suo esordio ufficiale nella competizione era arrivato due anni prima, nel 1958 (vittoria in singolo e doppio in Finlandia, solo in doppio in Polonia). A Città del Messico, però, Buckhholtz e McKinley vincono 7-5 al quinto dopo essere stati sotto due set a uno. Gli Usa vincono 3-2, ma il Messico vede per la prima volta la coppia destinata a cambiare il futuro della specialità: Rafael Osuna e Tony Palafox.

Insieme giocano 17 tie, compresi quelli vinti contro Usa (3-2), Jugoslavia (4-1), Svezia (3-2) e India (5-0) fino alla finale del 1962 contro l’Australia. Ma Laver e Emerson sono troppo superiori e i messicani cedono 5-0. Osuna commenta: “Prima di chiudere la carriera voglio battere l’Australia almeno una volta”. In totale, nella manifestazione, gioca 65 partite (40 in singolare, 25 in doppio), e ne vince 42.

Ma che aveva di speciale la coppia Osuna-Palafox? Anche se, per Bud Collins, avrebbe fatto meglio a giocare di più con Ralston, è con il compagno messicano che “Pelòn” inventa la nuova formazione che oggi usano quasi tutti: quando uno dei due serviva, l’altro si piazzava sulla riga centrale del rettangolo di battuta, si accucciava per evitare di essere colpito salvo schizzare in piedi per intercettare la risposta. È la formazione a I, che potrebbe aver avuto un ruolo anche nel portare Osuna al suo unico titolo dello Slam in singolare, gli Us Open del 1963.

In finale, sull’erba di Forest Hills, sfida Frank Froehling, giocatore di serve and volley classico. Lui sa come gioca un avversario così, e lo stupisce: resta dietro la riga, ributta palle alte sopra la rete poi all’improvviso attacca. Chiude con inattesa facilità, 7-5 6-4 6-2, e diventa il primo, e finora unico, messicano a vincere un major in singolare.

Il trionfo porta Osuna al numero 1 del ranking ITF, nello stesso anno in cui si laurea. Alla fine del 1962 Jack Kramer gli aveva offerto 120 mila dollari per diventare professionista. Ma per lui, che aveva case a Città del Messico, Beverly Hills e Caracas, i soldi non sono un problema. Rifiuta l’offerta e accetta un lavoro alla Phillip Morris. Resta dilettante, e può così tornare a Wimbledon. Nel 1964 vince il suo ultimo Slam in doppio e ottiene, primo e unico messicano a potersi fregiare di questo onore, di finire sulla copertina del programma ufficiale del torneo.

La fine dell’inizio, l’inizio della fine
Ho conosciuto solo due persone che sapevano acchiappare una farfalla con due dita: una era Bruce Lee, l’altra era Rafael Osuna”. Così ha raccontato Chuck Norris a Rafael Bermar, nipote del “Pelòn”, che ha svelato l’aneddoto alla CNN. Sono questi riflessi, nati negli anni in cui giocava a ping-pong, che l’hanno portato in alto in così poco tempo.

Ma per lui, nato il 15 settembre 1938, nella data in cui ricorre la Festa dell’Indipendenza in cui si celebra la nascita della nazione messicana e la liberazione dal dominio coloniale spagnolo, l’occasione speciale arriva con le Olimpiadi a Città del Messico nel 1968. Sono i Giochi delle lotte di “potere nero”, della premiazione con le teste basse e i pugni guantati al cielo di Tommie Smith e John Carlos, oro e bronzo nei 200 metri piani; sono i Giochi in cui per la prima volta le due gareggiano separate; sono i Giochi dell’incredibile record di Bob Beamon, 8.90 metri nel salto in lungo. Per il Messico, sono i Giochi del “Pelòn”. Il tennis è sport dimostrativo, e Osuna vince oro e argento.

Nel 1969, poi, l’Australia arriva al Club Deportivo Chapultepec per la finale della zona centro e nord-americana. Osuna gioca il primo singolare contro il 23enne mancino Ray Ruffels: vince 9-7 3-6 7-5 6-3. Il capitano australiano, alla vigilia, aveva messo in conto una possibile sconfitta ma si era mostrato fiducioso: possiamo vincere 4-1, aveva detto.

Il 18enne Joaquin Loyo-Mayo perde da Bill Bowrey: 1-1 alla fine della prima giornata. In doppio l’Australia si affida al 18enne Phil Dent e al 17enne John Alexander, che però cedono di fronte all’esperienza di Osuna e Vicente Zarazua, 18-16 12-10 6-4.

Nell’ultima giornata, Loyo Mayo perde da Ruffels 3-6 6-4 4-6 8-10. Tutto si decide nell’ultimo singolare, Osuna-Bowrey. Il match è una corrida. Nel sesto game del primo set, sul 30-40 servizio Osuna, un giudice di linea valuta fuori il colpo dell’australiano. Hopman invade il campo per protestare mentre il gruppo di tifosi Aussie grida “digliene quattro, Harry!. La chiamata rimane, Osuna tiene il servizio e vince il primo set 6-2 in meno di mezz’ora. Bowrey vince il secondo 6-3. Nel terzo succede di tutto. Dopo che un giudice di linea chiama il terzo fallo di piede all’australiano, Ruffels e Hopman scoppiano in vibranti proteste: “Non abbiamo intenzione di perdere così” gridano verso arbitri e tifosi che intanto fischiano e parecchio. Tanto che Ruffels si para a muso duro davanti alle prime file e grida: “state zitti!”. Si sfiora la scazzottata e lo stesso Osuna deve andare al microfono per chiedere ai tifosi di calmarsi. Il messicano vince 8-6, con Hopman che ha un’altra lunga discussione con l’arbitro nell’ottavo gioco, e chiude 6-3 al quarto. È la prima volta in 32 anni che l’Australia non gioca il Challenge Round. È l’ultima che Osuna regala emozioni sotto le stelle del Messico. Le nuvole, quelle “nere come il corvo”, che “sembra che ti guardano con malocchio”, che “certe volte ti avvisano con rumore”, l’hanno avvolto in un giorno di giugno mentre il vento soffiava la sua armonica.

Alessandro Mastroluca

comments powered by Disqus
Partnership

 

Quote del giorno

"In questi giorni, la gente non viene a vederlo giocare. Viene a sentirlo giocare"

La giornalista Julie Welch sul "grunting" di Jimmy Connors

Ultimi commenti
Blog: Servizi vincenti
Ubi TV

ATP World Tour: i colpi più belli del 2011

Virtual Tour / Fanta Tennis virtual tour logo 2

Il fanta gioco di Ubitennis

La vittoria di Francesca Schiavone a Parigi 2010

Copertine di magazine e giornali