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30/12/2011 13:46 CEST - Storie di tennis

Splendori e miserie della n.1 (parte 2)

TENNIS - Caroline Wozniacki: la ragazza di Danimarca capace di raggiungere il vertice del circuito, ma non di ottenere la vera consacrazione. L'avventura alla conquista del successo e del denaro, ma anche le insoddisfazioni professionali e le separazioni familiari; in cui New York è più volte il luogo chiave della carriera. Storia a puntate, ricca di gioie e delusioni, vittorie e fallimenti. Con un futuro tutto da scrivere. AGF

Leggi la prima parte

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- La fanciulla dagli occhi d'oro (ovvero ascesa e grandi guadagni di Caroline) Seconda parte

Quando comincia il il 2011, la Wozniacki è la numero uno; le si chiede che finalmente anche i risultati negli Slam sanciscano il nuovo status. Sul cemento australiano inizia con qualche titubanza. Da nuova leader del ranking ritiene probabilmente di dover essere anche la più brillante e divertente fuori campo: in occasione degli Australian Open si inventa completamente la storia del canguro “mannaro”. Uno scivolone di gioventù (è nata nel luglio 1990), che si lascia alle spalle con scuse immediate e con le vittorie sul campo, dove continua a fare strada. Ma in semifinale perde contro Na Li, senza sfruttare il match point raggiunto nel secondo set (3-6, 7-5, 6-3), e subendo la capacità di rischiare di più della sua avversaria nei momenti decisivi. La delusione è tremenda, anche se può ancora trovare una buona giustificazione nel cambio di racchetta, ed è forse per lei il modo migliore per incassare il colpo.

Ci si trasferisce a Dubai e Doha, dove a mio avviso Caroline gioca il miglior tennis della sua carriera: serve benissimo, con diversi ace, è molto solida sulla seconda (spesso mette a segno uno o due ace centrali di seconda, è una specie di marchio di fabbrica che esibisce quando è convinta) e soprattutto è capace di numerosi vincenti anche da fondo.

Spinge il palleggio forse meno che nel 2009, ma se occorre è in grado anche di accelerare: innanzitutto di rovescio, e se non è sufficiente per avere la meglio, anche con il dritto. Forse la lezione di Melbourne è servita; sembra essere una giocatrice che sta finalmente allargando le sue opzioni di gioco: se è necessario è capace anche di trovare i vincenti. Non è solo una impressione, le statistiche di fine match lo confermano, con differenziali (vincenti/errori non forzati) ampiamente positivi, e con il numero di vincenti superiore a quello delle sue avversarie. Rimane la lacuna del gioco di volo, ma quello pare quasi impossibile da migliorare, perché manca proprio la predisposizione (reattività e tocco innanzitutto).

E fra l'altro Caroline nel 2011 rinuncia del tutto al doppio. Rinuncia non per riposare, ma perché ormai ha troppo da fare, non può perdere tempo dedicandosi ad una specialità negletta. E' la richiestissima numero uno del mondo e sembra non dire mai di no ad alcuna offerta.

Un episodio solo per descrivere la situazione: ad inizio aprile vince il torneo di Charleston. Dopo la premiazione, di corsa verso un aeroporto intercontinentale; viaggia nella notte per arrivare a Londra e poi, con un volo privato, atterra appena in tempo a Montecarlo (torneo maschile) per un'esibizione contro la Schiavone.
E via così: partite su partite, consumando energie come se fosse una ragazza inesauribile, che dovrebbe essere sempre capace di vincere e sorridere in campo.

Accumula guadagni e vittorie, ma lo fa in modo sempre più faticoso. Che stia esagerando è ormai chiaro a tutti, tranne che al suo entourage. Affaticata e irritabile, comincia a lamentarsi con i giudici di sedia, va a controllare ogni chiamata contraria, vorrebbe arbitrarsi da sola. E' evidente che in campo non si diverte più.

Con la stanchezza, arriva anche il regresso tecnico. Raschiando il fondo del barile delle energie fisiche e nervose, in pochi mesi il suo gioco si appanna. Perché rischiare prendendo l'iniziativa? Cercare gli ace? Meglio una rimessa in gioco ad alta percentuale; e poi grandi corse per rimandare palle sempre meno aggressive, aspettando soltanto che l'altra sbagli.


- Illusioni perdute (ovvero come Caroline sia ormai ricca e al vertice della classifica, ma senza Slam)

Insaziabile economicamente fuori dal campo; sempre più avara tatticamente in campo: inevitabilmente i risultati peggiorano. A furia di giocare sempre più in sicurezza la sua palla non corre più, la pesantezza dei colpi viene meno ed emergono le incertezze tecniche: se non spinge con il corpo, il suo dritto diventa falloso. A mio avviso non difetta di top spin, come suggerisce il suo futuro allenatore Ricardo Sanchez, piuttosto dovrebbe (più banalmente) recuperare la naturale spinta in avanti nel movimento, che giocando sempre più in trattenuta le viene troppo spesso a mancare.

Ormai le avversarie la conoscono, e con le sconfitte più frequenti diminuiscono i timori nell'affrontarla. “Numero uno che non sa vincere gli Slam”: il tormentone la affligge proprio nel momento in cui è stanca e in involuzione. L'inverno trascorso senza ricaricare a sufficienza le batterie, e la primavera da stakanovista si fanno sentire. Perde dalla tds 28 al Roland Garros e dalla tds 24 a Wimbledon (le due slovacche Hantuchova e Cibulkova).

Perde con la Vinci al primo incontro in Canada, dove l'anno prima aveva vinto. Il picco negativo è forse la sconfitta con la McHale a Cincinnati. Trova una ragazzina che ha la sfrontatezza di affrontarla tatticamente sul suo stesso terreno: aspettando l'errore. Il match è una sfida con la palla che viaggia a velocità ridotta, e ben lontana dalle righe. L'aspetto più preoccupante è che non c'è alcuna differenza nel modo di giocare tra la numero 1 del mondo e la numero 76 (d'accordo è una giovane emergente, ma la partita non è certo trascendentale). Raramente qualcuna prende dei rischi; tanti palleggi estenuanti, poche iniziative, in attesa che qualcuna sbagli. E più spesso è Caroline che cede per prima, tradita dal dritto sempre più incerto (6-4, 7-5).


- Papà Goriot (ovvero Caroline abbandona il padre)

Vincitrice seriale di tornei nel 2010 e nella prima parte del 2011, negli ultimi mesi si afferma solo nel suo “feudo” di New Haven, dove non ha mai perso (4 titoli consecutivi dal 2008). Torneo che però di solito le migliori disertano perché troppo a ridosso di Flushing Meadows (medita, Caroline...). Gli US Open 2011 sono ancora una volta significativi: arriva in semifinale dove la aspetta Serena, la ex numero uno del circuito, che dopo la lunga assenza per défaillance fisiche ha tutta l'intenzione di mostrare al mondo chi sia la più forte.

Il match è impietoso: in 86 minuti la Wozniacki riesce a produrre zero vincenti nel primo set, e solo 5 nel secondo: un bel lob difensivo, uno smash, una risposta fortunosa, un ace, e un rovescio di attacco. Di vincenti, Serena ne mette a segno 34 per il 6-2, 6-4 finale.

Con le cattive prestazioni del Masters si chiude la sua stagione. Ancora da numero uno, ma con la fiducia ai minimi termini e la Kvitova che incalza. Mentre viene celebrata la sua coetanea ceca con già uno slam all'attivo, nuova stella capace di tirare vincenti da ogni parte di campo, la numero uno del mondo gioca sempre più piano, sbaglia sempre più spesso, e vince sempre di meno. E il rapporto tecnico con il padre si incrina; cerca nuovi allenatori e nuovi consigli.


- Per concludere (provvisoriamente)

Caroline ha sempre avuto molti detrattori, ma anche tanti sostenitori: giocatrice noiosa, (“Wallniacki”); ma anche giocatrice che, ancora prima di diventare numero uno del ranking, aveva la pagina più visitata nel sito della WTA. Per quanto mi riguarda penso che non sia mai stata la più forte tennista del mondo, ma nemmeno che quella dell'ultimo periodo sia la vera Wozniacki.

In parte mi pare sia stata anche vittima di una scelta tattica poco oculata. Mi spiego: nel momento di superattività si è resa conto che per vincere la maggior parte dei match poteva giocare anche sotto ritmo; e si è adeguata. Ma, quando avrebbe avuto bisogno di tornare a pieno regime non è più stata in grado di recuperare i suoi picchi di gioco; e così la sua scelta al risparmio si è trasformata in una involontaria ma duratura menomazione. La capacità di amministrarsi per spendere il minimo di energie, a mio avviso, è dote che si acquisisce con l'esperienza, farlo a 20 anni è molto più rischioso.

A questo credo vada aggiunto il colpo psicologico della vittoria della sua pari età Kvitova (nata nel marzo 1990) a Wimbledon: la giustificazione a cui pareva tanto affezionata (“sono ancora giovane, arriverà il mio momento per vincere gli Slam”) suona meno persuasiva non solo agli altri, ma sicuramente anche a se stessa.

E poi non può pensare di gestirsi come ha fatto nell'ultimo anno; credo che, prima ancora di affrontare le questioni tecniche, la prima cosa da fare sia programmarsi pensando di essere innanzitutto una tennista e solo poi una testimonial ben pagata per presenziare ovunque (tornei, esibizioni, pubblicità etc). Non è un paradosso: più che allenandosi, potrebbe ritrovare la strada per giocare meglio riposandosi maggiormente. E se dosa gli impegni, sul piano fisico non ha certo bisogno di crescere. Perché per qualità atletica non è veramente seconda a nessuna.

Per quanto riguarda il suo tennis, secondo me dovrebbe recuperare gli atteggiamenti di gioco degli US Open 2009 e di Dubai e Doha nel 2011. Rispetto alla fine 2011, nel 2009 era molto più propositiva; mentre nei tornei in Medio Oriente di quest'anno si era dimostrata efficace al servizio e con molti più vincenti da fondo campo.
Dovrebbe ripartire da quel modo di giocare, ci sono discrete basi per fare bene. Probabilmente non sufficienti per stare alla pari con la miglior Serena, o Clijsters e Kvitova, ma almeno per tornare a livelli superiori a quelli modesti di fine stagione, che non credo corrispondano alle sue reali potenzialità.

Highlights

Dubai 2011 (vs Kuznetsova) (e seguenti)

Cincinnati 2011 (vs McHale)

US Open 2011 (vs S. Williams)

 

AGF

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