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16/02/2012 21:04 CEST - Amarcord

Milano, quanto ci manchi!

TENNIS - Storia di un torneo ormai scomparso, ma che per 25 anni é stato un vero punto di riferimento per il tennis italiano, e non solo. Storia di grandi campioni che ne hanno riempito l’albo d’oro, di future stelle che qui si sono rivelate e di un triste addio.. e anche di un bambino di 7 anni che grazie a Omar Camporese scoprì Tele +2 e il circuito ATP. Christian Turba

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Febbraio 1992, Lecco. Un bambino di 7 anni cresciuto a pane e TV commerciale, che nell’era pre-politica del Silvio nazionale s’ immergeva nel palinsesto di Canale 5 (in casa sua Italia 1, per ragione tuttora ignota, non si prendeva..): Il pranzo è servito, Bim Bum Bam, Buona Domenica, Telemike, Ok il Prezzo è Giusto, La Ruota della Fortuna, quel gran cult de Il Gioco dei 9, un trashissimo quiz pre-serale intitolato Babilonia e condotto da Umberto Smaila e tanto altro ancora.. Insomma, tutti gli ingredienti per far di quel bambino un futuro lobotomizzato da Fininvest/Mediaset.

Poi, una sera, il lampo. Il padre del bambino cambia canale. Sulla semi-neonata Tele +2 scorrono le immagini: un palazzetto coperto con un campo da tennis rosso e blu, lo striscione “Muratti” campeggiante sullo sfondo e un ragazzo italiano che i telecronisti incitano al grido di “Omar Omar”. Lo avrete capito: quel ragazzo era Omar Camporese e il palazzetto il Filaforum di Milano che ospitava il “Muratti Time Indoors”, altrimenti detto “ Milan Indoor”. Omar avrebbe vinto quel torneo, prevalendo in finale su uno dei re indoor degli anni’90, Goran Ivanisevic, con il punteggio di 3-6 6-3 6-4.All’epoca frequentavo già il mondo tennistico, prendendo la mia lezione settimanale presso il tennis club cittadino. Omar e il torneo di Milano,però, mi appassionarono definitivamente al tennis di alta quota, quello dei campioni: dopo il Muratti Indoors, pian piano, abbandonai Canale 5 e cominciai a seguire le telecronache dei “ Fab 4” di Tele +2, e da qui in avanti sino ai giorni nostri. Se oggi ho l’opportunità di scrivere su questo sito, è anche grazie a quella serata di Febbraio 1992..


Con questo mieloso ricordo personale, a 20 anni esatti di distanza, volevo celebrare il Milan Indoor, un torneo assente dal calendario ATP dall’ormai lontano 2005, un torneo che –credo di poterlo affermare senza tema di smentita- manca molto all’Italia e agli Italiani. In primo luogo perché unico baluardo dell’indoor made in Italy, in mezzo a cotanto mattone tritato, appuntamento quasi irrinunciabile per molti lombardi come me e non solo. In secondo luogo perché, sul carpet milanese, si sono scritte importanti pagine di storia del tennis, che hanno reso questo torneo popolare e prestigioso quanto gli Internazionali d’Italia, con 1/5 del montepremi di questi ultimi. Ripercorriamole queste pagine..


Dopo il prequel del 1973, vinto dall’americano Marty Riessen in una finale a stelle e strisce con Roscoe Tanner, il Milan Indoor entrò a far parte con tutti i crismi del circuito ATP nel 1978. Mai debutto fu migliore: con un periodico 6-3 l’Orso Bjorn Borg inflisse una delle sue celebri 16 sconfitte a Vitas Gerulaitis.. A partire da quest’edizione, la città meneghina divenne tappa fissa del calendario maschile: dal 1978 al 1997, il Milan Indoor fece parte di 3 diversi circuiti, cambiò 300.000 denominazioni (WCT Milan, Cuore Tennis Cup, Fila Trophy, Stella Artois Indoor..) ma restò un riferimento nell’ambito della stagione indoor, dapprima a cavallo tra marzo e aprile (1978-1987), in seguito ad inizio febbraio,nella collocazione più nota al grande pubblico.


Il Milan Indoor fu senza dubbio uno dei tornei più fortunati di quel periodo, dando lustro a campioni già affermati. Tra questi, coloro che più di tutti brillarono sotto la Madonnina furono Boris Becker e John Mc Enroe. Su una superficie rapida che favoriva il suo gioco d’attacco, Bum Bum trionfò per ben 4 volte (1987-89-93-94), ritagliandosi grandi soddisfazioni anche nelle sue peggiori annate. Anch’egli quadruplo vincitore, Super Brat resta invece nella memoria dei tifosi più anziani per il triplete messo a segno tra il 1979 e il 1981, ogni volta annichilendo la concorrenza a suon di serve-and-volley: e quando la concorrenza si chiama Borg, difficile che la finale passi inosservata..
Ma i nomi di prestigio non si fermano certo qui: oltre al summenzionato Borg, nel corso degli anni fu coronata gente come Guillermo Vilas (1982),Ivan Lendl (1983-1986-1990), Yannick Noah (1988), Evgeny Kafelnikov (1995) e ancora Ivanisevic, che si riprese in fretta dalla delusione del 1992 trionfando nelle edizioni del 1996 e del 1997, le ultime disputate prima che il torneo si trasferisse sulle rive del Tamigi.


Più che le conferme, però, la peculiarità di Milano fu quella di lanciare nel firmamento tennistico futuri campioni: una delle edizioni memorabili, in questo senso, fu quella del 1984. In quell’annata un longilineo 18enne svedese di Vastervik, reduce dal Grande Slam juniores, sbarcò sui Navigli per iniziare nel migliore dei modi la sua carriera professionistica. Entrato in sordina nel tabellone, il giovane si fece strada battendo Buehning, Jarryd, Curren e Drewett e si guadagnò un’inattesa finale contro il connazionale più famoso dell’epoca, quel Mats Wilander vincitore del Roland Garros 1982 ed erede ideale di Borg: qui, il biondo 18enne impose il suo gioco così atipico nel panorama svedese, fatto di serve-and-volley perfetti e discese a rete maestose, e strapazzò Mats col punteggio di 6-4 6-2. Quel 18enne si chiamava Stefan Edberg e di lui, poco tempo dopo, Rino Tommasi avrebbe detto: “se non vince Wimbledon nei prossimi cinque anni smetto di fare il giornalista”. Beh, Rino è ancora vivo e vegeto tra noi..


Per dirla tutta, l’unico abbaglio che in quei 20 anni Milano diede agli addetti ai lavori riguarda proprio Omar Camporese. All’indomani di quella vittoria, mentre Big Jim Courier scalzava Edberg dal trono mondiale, il bolognese conquistava il best ranking di numero 18: ai tempi, anche per un bambino di 7 anni, era palpabile la sensazione che Omar sarebbe diventato un campione vero, un erede dei Pietrangeli e dei Panatta. Mai previsione fu più erronea: nel giro di un anno, Camporese si infortunò e sprofondò definitivamente nel ranking. Comunque, col trionfo del 1992 Omar entrò di diritto nella storia del torneo e sublimò il trend positivo dei tennisti nostrani, dalle semifinali di Panatta (1979) e Ocleppo (1981) fino alla performance di Cristiano Caratti, che nel 1991 battè-tra gli altri-il numero 1 del seeding Lendl, cedendo solo in finale al russo Volkov e dando lo spunto per il conio del fantastico slogan “solo Caratti vince il Muratti”,,


Idealmente, la storia del Milan indoor si sarebbe potuta concludere qui. Ma dopo tre edizioni londinesi non felicissime, nel 2001, Cino Marchese e Franco Bartoni riconquistarono i diritti del torneo, che –trasferitosi al Palalido- in pochi anni regalò emozioni quasi comparabili a quelle dei 20 precedenti.
Il nuovo inizio fu col botto, con un tabellone che comprendeva top 5 come Safin e Kafelnikov, ottimi giocatori come Hrbaty, Kiefer, Schalken e Santoro e vecchie glorie come Rosset e Ivanisevic. E soprattutto, accreditato della testa di serie numero 7, un giovane elvetico che 2 anni prima aveva fatto piangere l’Italia di Davis, un certo Roger Federer. Ebbene, 17 anni dopo Edberg, il Palalido vide nascere una nuova stella. Dopo due vittorie non facili contro Schuettler e Saulnier, il 20enne di Basilea salì in cattedra sbarazzandosi degli ultimi vincitori del torneo, un Ivanisevic che qualche mese dopo avrebbe ottenuto la Sua consacrazione e il Principino Kafelnikov. In finale, Roger sudò sette camicie, ma alla fine venne a capo del sorprendente Julien Boutter col punteggio di 6-4 6-7 6-4, ottenendo la prima di mille vittorie che hanno costruito il suo Mito. E, come il suo Maestro Rino nel 1984, quel giorno il nostro Ubaldo fu profetico, scrivendo che “ha vinto ieri a Milano il primo torneo della sua carriera, ma certamente non l’ultimo..” e aggiungendo che “Edberg da junior aveva vinto tutti e quattro gli slam giovanili. Federer due anni fa era il n.1 del mondo under 18. Corsi e ricorsi storici…a Milano”..


A quest’edizione seguirono due di altrettanto interesse. Nel 2002, Davide Sanguinetti indovinò la settimana della vita, giocando –a mio modesto parere- il miglior tennis della propria carriera ed estromettendo con i suoi colpi piatti in appoggio Ferrero, El Aynaoui ed Escudé, prima di privare Federer del bis milanese ed inscrivere, 10 anni dopo Camporese, il nome di un italiano sull’albo d’oro. L’anno seguente, invece, il Palalido fu terreno di caccia per uno sconosciuto olandese di 25 anni, Martin Verkerk: goffo e lungagnone, Verkerk sorprese tutti battendo Enqvist, Sanguinetti, Ljubicic e infine impedendo di sollevare l’ultimo trofeo della carriera a Kafelnikov. Un ottimo preambolo a una stagione irripetuta e culminata con la finale del Roland Garros e senz’altro, per come arrivò, la sorpresa maggiore nella storia del torneo, anche più della vittoria del francese Dupuis (su un giovane Mario Ancic) nel 2004.


Il torneo aveva talmente ripreso quota nel cuore degli appassionati che quando nel 2005, in una finale “ ad alto tasso di cattiveria”, Robin Soderling prevalse su Radek Stepanek, pochi avrebbero pensato –o quantomeno sperato –che il vichingo di Tibro sarebbe stato l’ultimo a sollevare un trofeo al Palalido. E invece così avvenne. Nel 2006, schiacciato dalla mancanza di sponsor, Milan Indoor chiuse i battenti e la sua data venne concessa a Zagabria. E a tutt’oggi, non vi sono segnali che indichino una potenziale rinascita del torneo meneghino.


Soluzioni? Qualche anno fa, Gianluca Comuniello proponeva di agganciare il torneo alla Fashion Week di fine settembre, creando un connubio tennis-moda dalle forti potenzialità economiche e mediatiche. Trattandosi di una parte della stagione “tranquilla” e introduttiva all’autunno indoor, l’idea non sarebbe malvagia.. Certo, in primis il panorama economico italiano attuale non induce a sperare un una Seconda Resurrezione della Fenice meneghina, in secondo luogo il tennis diventa ogni anno più “ globalizzato” e rubare il posto ad uno dei nuovi tornei asiatici è più difficile che scalare l’Everest a mani nude..


Non ci resta quindi che crogiolarci nel ricordo di un torneo da 500mila dollari che conta nel suo albo d’oro 10 vincitori di Slam e 2 Italiani, e che negli anni ha regalato alcuni momenti fantastici di tennis..

L’albo d’oro del torneo di Milano
1978 Bjorn Borg
1979 J. Mc Enroe
1980 J.McEnroe
1981 J.McEnroe
1982 G.Vilas
1983 I.Lendl
1984 S.Edberg
1985 J.McEnroe
1986 I.Lendl
1987 B.Becker
1988 Y.Noah
1989 B.Becker
1990 I.Lendl
1991 A.Volkov
1992 O.Camporese
1993 B.Becker
1994 B.Becker
1995 E.Kafelnikov
1996 G.Ivanisevic
1997 G.Ivanisevic
2001 R.Federer
2002 D.Sanguinetti
2003 M.Verkerk
2004 A.Dupuis
2005 R.Soderling 


 

Christian Turba

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