05/11/2012 10:25 CEST - ATP

Resta con noi, Artist Michael!

TENNIS - Domenica Llodra è tornato a giocare una finale ATP in singolare dopo quasi due anni, a conferma che, quasi trentaduenne, sta vivendo un bellissimo momento. Seppur non un giocatore d'alto livello, il francese è amato perché gioca un tennis diverso dagli standard odierni che, seppur non vincente, regala al pubblico partite di bellissimo spettacolo. Riccardo Nuziale

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Llodra
Llodra

Nel momento in cui scrivo queste righe, nel mondo cinefilo impazza perplessità al risveglio dalla notte degli Oscar che, come ampiamente previsto, ha visto trionfare il film francese The Artist. Cinque statuette, tra cui quella più importante, quella per il miglior film.

Scelta che come dicevo ha lasciato scontenti molti appassionati e addetti ai lavori: un film che elogia troppo pedissequamente il periodo muto, sostengono, troppo zuccheroso, troppo buonista. Un film che – sempre secondo i detrattori - ha solo dato una spolverata al linguaggio del cinema degli anni 20, rendendolo digeribile al pubblico odierno, incapace di apprezzare i muti originali ma ammaliato da questo film così magicamente demodé.

Esagerazioni? Direi di sì. Premesso che il film non è il mio preferito della scorsa stagione (non è nemmeno sul podio), The Artist rimane comunque lavoro bellissimo, con più di un difetto ma in ogni caso capace di regalare momenti di cinema superbo. Sarebbe poi da chiedere a coloro che storcono il naso se si ricordano o meno in che contesto il film abbia trionfato. Gli Academy Awards non sono il panorama del cinema mondiale, bensì una vetrina con ben specifiche ideologie e canoni (che The Artist rispecchia alla perfezione); chiedere all’Academy un affresco credibile ed eclettico dello stato del cinema contemporaneo equivarrebbe a chiedere a Rolling Stone un panorama veritiero del mondo pop/rock di oggi (con la differenza che la prima deficita per scelta, la seconda per incapacità di aggiornarsi e capire i nuovi linguaggi musicali).

Non è un caso che a Cannes, il Wimbledon del mondo del cinema, dove viene tendenzialmente elogiato un tipo di cinema meno accondiscendente (più da cinephiles snob, insomma), la visione cosmogonica di The Tree of Life non abbia lasciato scampo ai baffetti in bianco e nero (che hanno vinto pure ai Bafta e ai Cesar, dite voi? Beh, ma quelli sono i Master 1000, mica Wimbledon).

Detto questo, torniamo agli anacronismi…Michael Llodra. Mascotte panda da WWF del tennis, segno della croce per coloro che si coccolano nella campana di vetro del serve and volley (con spiccato senso anacronistico, si capisce) contro il cybertennis odierno. A Wimbledon due anni fa estasiò in diretta Gianni Clerici, che non poteva credere ai suoi occhi nel vedere un tennis così smaccatamente old style, come piace tanto allo Scriba (gli elogi non impedirono al francese di perdere in 4 set contro Roddick, ma non si può avere tutto dalla vita).

Con una carriera che lo ha visto sorridere decisamente più in doppio che in singolare (sei finali Slam di cui tre vinte, ma nella casalinga terra parigina fu sconfitto, insieme a Santoro, dall’altrettanto geniale coppia Malisse-Rochus nella finale 2004), ieri Llodra, dopo quasi due anni, è tornato a giocare una finale ATP, a quasi 32 anni.

Una seconda giovinezza, la sua: lo scorso maggio ha raggiunto il best ranking di carriera, accarezzando la top 20 (n. 21), mentre chiuse il 2010 ATP (prima di terminare definitivamente la stagione con la disastrosa e decisiva performance nella finale Davis contro Troicki) con quello che rimane probabilmente il più bel torneo della carriera in singolare, a Parigi Bercy. Un Llodra fantastico, che sconfisse uno dietro l’altro – dopo il nostro Starace al primo turno – Isner, Djokovic e Davydenko senza perdere l’ombra di un set. Arrivò così una semifinale intensissima e bellissima contro Soderling, giocata da entrambi con la consapevolezza di avere la grande possibilità di giocare la prima finale 1000 della carriera. La tensione, da sempre cattiva compagna per Llodra, gli impedì di trasformare tre match point e così il francese finì per perdere 6-7 7-5 7-6. Avesse vinto, avrebbe trovato non Federer (l’altro sciupone della giornata, con 5 palle match buttate al vento), ma Monfils: non sarebbe partito favorito, ma comunque occasione della vita mancata.

Campione mancato? No. In 13 anni di professionismo, ha fatto 10 finali vincendone la metà, tutte di seconda fascia, negli Slam non è mai andato oltre gli ottavi di finale. Non ha i numeri, il carisma, la personalità in campo per poter rimpiangere una carriera da top mai sbocciata.

Però, appunto perché gioca un tennis che sembra appartenere alla preistoria, piace, è amato, diverte. Non ha obiettivamente le armi per fare né grandi tornei né grandi sorprese (a meno di generosissimo aiuto da parte del big di turno), ma è indubbio che quando il francese scende in campo, ci si diverte sempre parecchio.

La recente partita australiana con Murray ne è l’esempio lampante: troppo, troppo superiore lo scozzese (e non è questione di superficie, età, palline, o che altro, Murray è più forte di Llodra sempre e comunque), ma gli applausi più scroscianti, in campo e su Youtube, sono stati tutti per lui grazie a quel gioco dove, già a partita segnata (il risultato finale fu 6-4 6-2 6-0), diede quel tocco d’immortalità ad una partita altrimenti anonima.

Come detto in precedenza, Llodra non è un campione, non lo sarebbe stato neppure in periodi storici più consoni alla sua tipologia di gioco. È un giocatore che però sa ammaliare un pubblico ormai completamente abituato al tennis attuale con le sue volee, i suoi tocchi e la sua mentalità tattica “di una volta”. Non è assolutamente poco.

Oggi l’artista in bianco e nero se la dovrà vedere con Roger Malick: Oscar contro Palma d’Oro. Nel circuito maggiore i due si sono affrontati solo una volta, a Montreal nel 2010, e si divertirono parecchiosarà oggi un gustosissimo remake?

p.s. a proposito di cinema e tennis, un’ultima constatazione post-Oscar…habemus Lady Wimbledon!

Riccardo Nuziale

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