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11/03/2012 21:04 CEST - INDIAN WELLS

Andy and Andy, si sale e si scende

TENNIS - Murray continua a lanciare messaggi inquietanti: ma qual è il suo vero problema? Roddick, ad un passo dal tracollo definitivo, ha dimostrato di avere il carattere del campione. Riccardo Nuziale

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Tu iettatore, Riccardo Nuziale. Due settimane fa elogiavo Michael Llodra, augurandomi di vederlo ancora a lungo sui campi; il francese veniva dalla doppia finale di Rotterdam, vinta nel doppio e persa in singolare. Da quel giorno The Artist ha giocato due partite in singolare, perdendo (con bagel iniziale) contro Federer a Dubai, vincendo faticando come un forsennato contro quel zombie Godot di Gulbis, tre in doppio (una vittoria e due sconfitte: qui ha subito un doppio 6-4 contro Nadal e Marc Lopez…evviva la favola secondo cui gli specialisti del doppio contro i top del singolare dovrebbero vincere).

Ben peggio mi è riuscito con Murray: sei giorni fa ipotizzavo un suo ruolo di anti-Djokovic e lui la scorsa notte riesce nell’impresa di farsi asfaltare da Guillermo Garcia-Lopez, prodottino dell’infinita scuola spagnola che fino a qualche ora fa era ricordato solo per aver battuto due anni fa Nadal annullando all’illustre connazionale le palle break di una stagione intera. Numero 23 lo scorso anno, è uno degli iberici atipici, con rovescio a una mano e una propensione offensiva che ha sorpreso in passato anche top 10 come Cilic e Berdych (giocatori nettamente superiori a lui, ma che non incarnano esattamente l’intelligenza tennistica).

Ma con Murray finora era stato 4-6 4-6 1-6 1-6 2-6. Dodici game in cinque set (tra Queen’s 2009 e Melbourne 2011). Com’è possibile, com’è spiegabile un risultato così sconcertante, severo, imprevedibile, brutto? Da scartare immediatamente qualsiasi aspetto legato al gioco, anche il più feroce detrattore dello scozzese non può giustificare questo risultato con l’aspetto tecnico, Murray è di quattro pianeti tennistici superiore a Garcia Lopez. Allora perché?

Perché Murray, ogni volta in cui la sua posizione di “grande di seconda fascia” viene portata nella terra di nessuno del limbo di attesa, va in totale squilibrio, giocando terribilmente e perdendo contro giocatori con cui non dovrebbe perdere mai o quasi? Era successo in Australia nel 2009 quando, iniziato il torneo addirittura da favorito numero 1 (con frecciatina di Federer, che si chiedeva per quale motivo doveva essere considerato tale non avendo mai vinto un major), perse agli ottavi con Verdasco; era successo nel 2010, dove vinse Montreal battendo Nadal e Federer senza perdere un set per poi venire sconfitto prima a Cincinnati da Fish e poi a New York, al terzo turno, da Wawrinka. Senza dimenticare, ovviamente, il momento tremendo avuto dopo la finale australiana dello scorso anno. Perché? Ora sembrava andasse tutto bene, Lendl, la sconfitta in semifinale in Australia dando comunque il massimo (non la solita sconfitta Slam a tappeto d’orso), un bel torneo a Dubai...e invece la nuova debacle.

Criticarlo ora sarebbe fin troppo facile e non credo sia la chiave giusta: come Federer, l’uomo (ancor prima che il tennista) Murray necessita di una straordinaria quantità d’incastri mentali infinitesimali per potersi esprimere al massimo livello ma, a differenza dello svizzero (comunque baciato da un talento unico, sconosciuto allo scozzese), non è ancora riuscito a trovare un equilibrio che solo lui può trovare, una serenità e una convinzione interiori che gli consentano di diventare il fuoriclasse che potenzialmente è. Certo è che la sabbia della clessidra continua a scendere e la pressione sulle spalle di Murray è sempre più pesante.

Ma se c’è un Andy che stava bene e ora sta male, ce n’è un altro che stava malissimo e ora…continua a stare male ma un piccolo, piccolissimo segnale di vitalità l’ha dato. Perché ieri sera, all’accensione del televisore, ebbi uno shock de profundis: Roddick sotto 6-4 5-4 e break contro Kubot. Non bastavano l’abisso della trentunesima posizione mondiale, le sconfitte contro Istomin e Anderson (la prima facendo sei game, la seconda con match point), ora si stava materializzando davanti ai miei occhi la sconfitta contro Kubot che, con tutto il rispetto per lui, è Kubot, un giocatore non giovane, mai entrato tra i primi 40, mai vincitore di un titolo ATP. Mai niente. Ma stava servendo per il match. Per fortuna ho acceso il televisore al momento giusto, quando la partita stava cambiando e Roddick ha rifiutato la sconfitta, ancor prima di volere la vittoria, ha cominciato a rispondere come raramente gli ho visto fare e, seppur servendo maluccio e giocando a corrente alternata (non si guarisce da un momento all’altro), ha dimostrato ancora una volta che non è stato tra i primi 10 del mondo, vincendo quello che ha vinto, per puro caso o solo grazie a servizio e dritto. Andy Roddick è un agonista vero, un giocatore vero, una persona vera (ieri sera in telecronaca Paolo Bertolucci ha beneficiato dei miei applausi quando ha indicato l’americano come il numero 1 assoluto in conferenza stampa: non può trovarmi più d’accordo).

Con Berdych parte chiaramente sfavorito, ma sarebbe bello vederlo vincere (in barba all’imparzialità giornalistica): se c’è una cosa che Roddick (come tutti i campioni) non merita, è una fine carriera anonima.

Ma dimenticavo, posso usare i miei poteri di iettatore: forza signor Satorov.

Riccardo Nuziale

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