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16/03/2012 18:16 CEST - INDIAN WELLS

Ore 0: il virus diventa cura

TENNIS - Il match tra Dolgopolov e Baghdatis è stato uno stupendo esempio di tennis diverso, non arginabile e controllabile, ricco d'imprevedibilità che oggigiorno è merce sempre più rara. Riccardo Nuziale

 

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In deserto di manzoniana pestilenza, nello scarriolare i resti delle povere vittime della carneficina intestinale che sta uccidendo Indian Wells (ultimo il cadaverino del fu Kolya Davydenko, che preferì la sconfitta microbiologica a quella federeriana, probabilmente lo stesso Ferrer, che a mio modestissimo avviso di virus deve averne preso almeno un paio per subire un 64 63, giocando malissimo, contro bugiardino Istomin), mi apprestai a seguire l’ennesima nottata qua/giornata là del tennis maschile, ammirando come antipasto le gesta del prode Tsonga, impegnato più del dovuto per avere la meglio sul sempre divertente (tennisticamente parlando) Stepanek.

Antipasto che è diventato cena-dessert subito dopo quando, minuto più minuto meno, ora italiana, scoccava la mezzanotte. Il match della nottata qua/giornata là.

A mezzanotte l’ora predicatore delle masse Rai un tempo ci pensava con una carezza in un pugno e a mezzanotte carezza è stata, con la scesa in campo di Alexandr Dolgopolov e Marcos Baghdatis, i due folletti allucinogeni tra i culturisti di oggi, i beffardi virus che anziché far star male curano la monotonia tennistica con la benedizione della follia.

Due giocatori che ricordano gli studenti – presenti in ogni classe che si rispetti – che di studiare la lezione del giorno non ci pensano neppure, andando piuttosto, in un iter personale, a scovare autori, argomenti e aspetti della materia totalmente avulsi dal contesto. Studenti che in pagella, quando va bene, non vanno oltre la sufficienza striminzita, ma che suscitano ben più fascino dei noiosissimi primi della classe, imprigionati nella loro perfetta, ma controllata e spesso inconsapevole conoscenza del materiale loro assegnato.

Dolgopolov e Baghdatis sono così, probabilmente incapaci di vincere grandissimi tornei o di scalare i piani alti della classifica, ma dotati di un estro così puro e fine a sé stesso, di una gioia nel giocare e nel dare spettacolo, da renderli protagonisti tra i più autenticamente belli del circuito. Dio li benedica.

Eccoli quindi, il giocatore dai movimenti che ripudiano ogni sacramento tennistico e colui che ha portato il concetto di spaccare racchette verso vergini orizzonti: uno spettacolo dove l’istinto di sopravvivenza non esiste, la linea di demarcazione tra colpo capolavoro (la demivolee sul 5-4 15-0 di Dolgopolov è abbacinamento religioso) ed errore da turista settantenne è praticamente inesistente, una gara a chi osa di più, a chi indietreggia di meno. Difesa è una parola non conosciuta.

Cattivo come adesso non lo sono stato mai, diceva sempre il predicatore Rai; mai e Rai che fan rima con Sky, che cattiva lo è stata al punto di toglierci il giocattolo lisergico dopo la miseria di un set per propinarci il più noioso degli allenamenti agonistici, Nadal che massacra un suo connazionale che non sia Ferrer (l’unico che ci prova sempre fino in fondo, senza alcun timore reverenziale), in questo specifico caso Marcel Granollers, giocatore che dopo le glorie novembrine di Valencia (dove vinse il titolo sconfiggendo anche Medusa) non ha più azzeccato un match, come ha ampiamente dimostrato ieri (rimane comunque da fare riflessione mistica su quale Dio abbia permesso la sua scalata fino al ventiseiesimo posto del ranking mondiale, quando Raonic è numero 27).

Match di pugilato cinematografico di tommasiana memoria (si sapeva già prima dell’inizio chi avrebbe vinto), il non incontro tra lo spagnolo di serie A e quello di serie B si è, come prevedibile, protratto grazie a sottotrame da innalzamento d’audience – vedere le “difficoltà” avute da Rafa nel secondo set, come le due palle break contro nel sesto gioco o i diversi match point non convertiti – quel tanto da privarci la sublime battaglia troglodita tra i due geni freak.

Anche se non del tutto: fortuna ha voluto che il match spagnolo sia finito quando l’ucraino era avanti 4-3 e servizio nel terzo. Ancora tre game di parossistico nonsense, senza comunque che Dolgopolov concedesse possibilità a Baghdatis di rientrare in partita. Ha vinto il più pazzo (e genio), evviva il più pazzo (e genio).

Oggi tornerà tutto nei binari abituali, con l’ucraino martirizzato (come già successo pochi giorni fa in doppio) da Nadal nel pecioso Centrale, chiesa sconsacrata del trapassato servizio e dritto a stelle e strisce, ma pazienza: noi borderline dello studio non abbiamo orecchie per la campanella del compito in classe.

Riccardo Nuziale

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