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22/03/2012 20:55 CEST - Indian Wells

Gli anni segreti di Gonzalez a Miami

TENNIS - A Miami Fernando Gonzalez ha iniziato a diventare un tennista. Arriva per la prima volta in Florida nel 1988. E dopo oltre 20 anni sceglie di dire basta, di finire dove tutto è iniziato. Alessandro Mastroluca

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Miami Masters: Fernando Gonzalez (foto Art Seitz)
Miami Masters: Fernando Gonzalez (foto Art Seitz)

Ha visto bene suo figlio?” dice un ginecologo a una sua paziente che ha portato con sé il suo bambino di sei anni perché non sapeva a chi lasciarlo. “No, perché? Che ha fatto?” chiede con un po’ di apprensione. “Non ha fatto niente. Ma con la sua struttura ossea sarà una stella dello sport”. Aveva visto lontano, quel medico. La donna, infatti, era Patricia Ciuffardi. E quel bambino di sei anni diventerà “el Bombardero della Reina”, vincerà tre medaglie olimpiche (unico tennista ad aver conquistato oro, argento e bronzo a cinque cerchi) e undici titoli di singolare. Quel bambino è diventato un uomo tradito dal suo corpo, che prima dell’addio ha scelto un ultimo giro di giostra, ha deciso di finire dove tutto è cominciato.

Fernando Gonzalez arriva la prima volta a Miami a otto anni, nel dicembre 1988. Due anni prima, Patricia e suo marito, che si chiama Fernando come suo figlio, avevano comprato una nuova casa. Avevano deciso in una settimana: non per lo stile, non per l’arredamento, ma per il campo da tennis sul davanti. Il papà di Fernando si era innamorato del tennis a 20 anni, ma non avrebbe mai sognato per suo figlio una carriera da big mondiale. Ma quando, sempre nel 1986, vede una videocassetta con Agassi a sei anni cambia idea. “Non perché sono suo padre” ha spiegato al quotidiano cileno El Mercurio, “ma Fernando giocava meglio di Andre alla sua stessa età. Chiunque lo guardava in Cile rimaneva incantato”.

A Miami arriva perché suo padre contatta Patricio Apey, coach cileno che ha aperto un’accademia in Florida con 120 ragazzi,un quarto dei quali stranieri. Apey ha già visto il piccolo Fernando, a Vina del Mar qualche mese prima, convinto da suo fratello Jorge che era rimasto impressionato da quel ragazzino con un movimento già rapido per scagliare il dritto. All’Orange Bowl, Fernando presenta il figlio a Stan Smith che gli fa una sola domanda: “Gioca il rovescio a una mano?”. “, risponde Gonzalez padre che inizia a scambiare con Fernando e in poco tempo si ritrova sotto 0-5. Il giovane Fernando resta lì due mesi, gioca cinque tornei e ne vince quattro.

Torna più volte a Miami tra il 1988 e il 1992. Il tennis è l’unica cosa che conti, per lui. Mamma Patricia gli fa, e si fa, una promessa. Qualsiasi cosa accada, Fernando avrà sempre qualcuno della sua famiglia con lui in Florida. “Avevo visto” racconta al Mercurio, “che i ragazzi che si trovavano lì da soli non stavano bene, erano un po’ persi, mangiavano male”. Nel ‘92, la promessa diventa realtà, nella maniera più radicale possibile. Tutta la famiglia Gonzalez si sposta a Miami. Patricia sa che è la cosa giusta da fare, sente che è il meglio per suo figlio, anche se suo marito potrebbe avere difficoltà con il lavoro al mulino o alla compagnia di assicurazioni di cui è socio insieme a suo padre.

Apey, che all’epoca allena Gabriela Sabatini, riceve la chiamata di Gonzalez padre che gli chiede di diventare il coach del figlio. “Ero felice, mi piaceva molto l’approccio di Fernando e la qualità del suo gioco in rapporto all’età” spiega. Apey compra un appartamento, che ora è di sua proprietà, a 200 metri dalla sua accademia a Key Biscayne. Il mutuo costava 1600 dollari, la famiglia Gonzalez paga solo le spese. Fa firmare a papà Gonzalez un contratto che è una scommessa sul futuro di Fernando. Non chiede soldi subito, ma il 10% dei guadagni sportivi e il 15% degli introiti derivanti da contratti pubblicitari e esibizioni una volta iniziata la carriera professionistica.

L’inizio, però, non sembra certo incoraggiante. I Gonzalez atterrano a Miami nel settembre 1992, una settimana dopo l’uragano Andrew, il secondo più distruttivo nella storia degli Stati Uniti, che provocò 65 morti e danni per oltre 25 miliardi di dollari. Per due settimane, Patricio e il giovane Fernando rimuovono rami, alberi e detriti per liberare i campi.

Mamma Patricia è un po’ triste. Sente che quella non è casa sua, non è il suo posto, fa fatica a dormire. Ma accetta il sacrificio, accetta anche di fare lavori umili (aiuta una signora anziana che vive nello stesso palazzo a pulire casa e fare la spesa, fa la babysitter) perché vede che Fernando non potrebbe essere più felice. Gioca a tennis tutto il giorno, tutti i giorni. Continua anche a studiare: dalla sua vecchia scuola a La Reina gli mandano i compiti per posta. “E’ molto fortunato ad avere una famiglia così” ricorda Carlos Gonzalez (solo omonimo, cileno anche lui) che passa quasi un anno con Fernando a Miami. “Eravamo sempre insieme, andavamo in bicicletta o a pescare di notte. Io ero solo in Florida e la famiglia di Fernando era sempre gentile con noi: ci invitava a casa sua, festeggiava i nostri compleanni”. La mamma era sempre molto preoccupata per suo figlio, lo ricorda anche un altro dei suoi compagni di allora, William Capdeville, fratello di Paul, attuale numero 1 cileno (n.119 del mondo).

Mano de Piedra ha oggi un po’ di rammarico, ricordi tanti e una punta di rimpianto, quando ripensa a quella stagione. “Mi interessava solo giocare a tennis allora, per me era naturale: ero bravo e quello era il posto in cui dovevo stare. Non mi rendevo conto del sacrificio che la mia famiglia aveva fatto per me, senza sapere se avrebbe portato dei frutti. È strano, ma credo di non averli mai ringraziati a quel tempo”.

A 13 anni, Apey lo porta per la prima volta in Francia al “Les Petits As”. L’impatto è brusco. Fernando è un po’ in sovrappeso e il coach gli dice che non lo seguirà più se non farà qualcosa per recuperare la forma. Lo conferma anche alla mamma che lo convince a mettersi a dieta. L’anno dopo, nel 1994, tornano a Tarbes. E stavolta Fernando arriva in finale. Perde da Juan Carlos Ferrero ma una parte di lui non si dispiace. La tradizione, infatti, vuole che il vincitore conceda un ballo davanti a tutti con la vincitrice del torneo femminile, che quell’anno è Ana Kournikova. Fernando è talmente timido che sembra quasi contento di aver perso e di non doverlo fare.

Negli anni, la timidezza svanisce ma non la serietà, dentro e fuori dal campo. Horacio de la Pena, suo coach tra il 2001 e il 2005, lo spiega chiaramente. “Non ci sono molte ragazze che non vorrebbero andare con lui, ma Fernando non perde mai di vista i sacrifici che ha fatto con la sua famiglia per il tennis”.

Nel 1995 i rapporti tra il papà di Fernando e Apey iniziano a deteriorarsi. Secondo Fernando padre, il coach non ha mai insegnato a suo figlio a prendere decisioni autonome in campo e questo ha avuto un effetto negativo sul suo rendimento. A 16 anni era ormai abbastanza chiaro che Fernando, campione del mondo under 14, sarebbe diventato una stella. Il padre, durante un tour negli Usa, lo porta in un ristorante e gli fa un discorso. Gli dice che quello è il momento delle scelte, perché sarebbero arrivate le distrazioni, le ragazze le feste. Gli dice che tocca a lui decidere se continuare a giocare a tennis oppure no. Ovviamente Fernando dice di sì.

Gonzalez padre chiama Apey e gli annuncia che da quel momento non è più il coach del figlio. Ne nasce anche una controversia legale per mancati pagamenti previsti dalle clausole del contratto che si chiude con un patteggiamento: Apey riceve 65 mila dollari.

Nel 1996, Fernando Gonzalez lascia Miami. Il legame, però, è rimasto. Ha comprato una casa a Brickell, il distretto finanziario della città. Qui sua sorella Patricia, dopo aver studiato sociologia grazie a una borsa di studio e tentato la strada dello spettacolo, gestisce la sua fondazione. Suo padre è diventato socio di un ristorante giapponese.

Qui Fernando si è congedato dal suo pubblico e dal tennis.

 

Ha permesso a Mahut di entrare nella (piccola) storia del tennis anche per una vittoria. Adesso è anche l’ultimo ad aver battuto el bombardero de la Reina, e non più solo lo sconfitto nella partita più lunga di sempre.

Mamma Patricia è l’unica che continua a vivere nella vecchia casa di famiglia a La Reina. Quello è il suo posto. Quella è casa sua.
 

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Alessandro Mastroluca

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