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05/04/2012 15:39 CEST - Quasi Campioni

Un "gattone" di nome Mecir

TENNIS - Per la rubrica Quasi Campioni, oggi parliamo di un giocatore molto apprezzato e altrettanto sfortunato, Miloslav Mecir. Noto in Italia come "Gattone", grazie a una perfetta definizione di Gianni Clerici. Francesca Sarzetto

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L'appellativo "Gattone" affibiatogli dal grande Gianni Clerici è diventato talmente famoso da essere riportato, in italiano, anche nella sua scheda sul sito dell'ATP. Questo giocatore cecoslovacco era un vero incubo per i suoi avversari, grazie alle sue movenze appunto feline e l'aria indolente, dietro a cui si nascondeva l'arte di piazzare la zampata improvvisa, l'angolo fulminante mirabilmente celato, le magie in anticipo, da fondocampo e a rete.

CARRIERA - Nato nel 1964 nella parte slovacca dell'allora Cecoslovacchia, Mecir ha raggiunto i primi risultati importanti nel tour tra il 1983 e il 1984, con le prime finali minori, poi nell'85 i primi titoli ad Amburgo e Rotterdam, più le finali a Roma e Philadelphia, dove ha battuto Connors. Nell'86 altri scalpi eccellenti, tra cui Edberg in tre set a Wimbledon, Wilander e Becker allo US Open, torneo in cui si è issato fino alla finale, ma poi nulla ha potuto contro il più celebre connazionale Lendl, che gli ha lasciato solo sei giochi (6-4 6-2 6-0) nell'ultima finale slam della storia giocata, da Mecir, con una racchetta di legno.

Il 1987 è stato il suo anno migliore: si è imposto infatti in sei tornei, tra cui Key Biscayne, battendo Lendl in finale, e le WCT finals di Dallas, master di fine anno giocato in aprile e che lo ha visto trionfare su McEnroe per 6-0 3-6 6-2 6-2. Nel 1988 è riuscito a conquistare un solo titolo, ma molto prestigioso: l'oro olimpico a Seul, nella prima edizione dopo tanti anni in cui il tennis è tornato a tutti gli effetti nei cinque cerchi, titolo arricchiato anche dal bronzo nel doppio con Srejber. Durante la stessa stagione ha raggiunto il suo best ranking al n.4, sia in singolare che in doppio. In quell'anno si è anche fatto valere negli slam, battendo nettamente Wilander nei quarti di Wimbledon, nell'unica occasione in cui lo svedese ha perso negli slam quell'anno (6-3 6-1 6-3), per poi cedere in semifinale a Edberg, pur essendo stato in vantaggio di due set, e di un break nel quinto. Ultimi lampi nell'89, con la seconda finale slam in Australia, persa ancora malamente da Lendl con un periodico 6-2, e l'ultimo titolo della carriera a Indian Wells, rimontando due set a Yannick Noah.

STILE DI GIOCO E PUNTI DI FORZA - Destro, magnifico rovescio a due mani con cui spesso trafiggeva gli avversari a rete, si muoveva molto bene, poteva sostenere scambi lunghi a ritmo basso per poi piazzare il vincente, di dritto o rovescio, lasciando l'altro a chiedersi cosa fosse successo. Sapeva usare bene tutto il campo, con un ottimo tocco a rete e grande accuratezza. Era creativo ed imprevedibile, mascherando alla perfezione i colpi che stava per eseguire, giocava molto d'anticipo e uno dei suoi punti di forza era la risposta al servizio. Il tennista canadese Michibata ha riassunto alla perfezione quello che probabilmente pensavano di lui molti avversari: "Giocare contro Miloslav è come morire dissanguati"!

COSA GLI E' MANCATO? - Non aveva un gran servizio, ed era poco costante: in grado di sovrastare chiunque nel singolo incontro, era facile batterlo invece proprio dopo una grande vittoria, perché non riusciva a mantenere i picchi di rendimento. Quello che però gli ha stroncato la carriera sono stati i continui problemi alla schiena, che lo hanno costretto al ritiro nel '90 a soli 26 anni, con undici titoli in singolare e nove in doppio.

E' comunque rimasto nell'ambito tennistico, e oggi è il capitano della squadra slovacca di Davis. Ha anche un figlio, Miloslav Jr., 24 anni, che gioca nel circuito Challenger ed è solo riuscito ad affacciarsi nei top 300.

Qui vediamo un suo scambio incredibile con Ivan Lendl (pessima qualità video all'inizio, poi migliora):

Un altro splendido contro Becker

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Francesca Sarzetto

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