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28/04/2012 20:09 CEST - Personaggi

Qualcosa è cambiato...o no?

TENNIS - Steve Tignor commenta su Tennis.com un'intervista del 2005 a un Murray diciottenne. Allora lo scozzese si allenava all'accdemia Sanchez-Casal a Barcellona. Giulia Vai

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Questa settimana la rubrica di Steve Tignor, ‘Concrete Elbow’, analizza un video del 2005 in cui una tv inglese intervista un giovane e promettente Andy Murray sulle sue speranze tennistiche e sulla sua vita all’Accademia Sanchez-Casal a Barcellona.

C’è uno strano contrasto tra l’incertezza iniziale in cui dice che da piccolo voleva essere un calciatore e che non sa bene come mai abbia scelto il tennis (forse mamma Judy ha influito…) ma spera di aver fatto la scelta giusta (sì, Andy!), e la sicurezza e l’audacia nel paragonare i suoi colpi a quelli di Federer. In effetti Emilio Sanchez si era sbilanciato definendo le mani di Murray come ‘privilegiate’, in quanto in grado di far fare alla palla tutto quello che voleva proprio come Federer. Anche il suo coach dell’epoca, Pato Alvarez, intervistato di recente dal Guardian, dice che il suo talento naturale fu chiaro fin da subito, così come la sua determinazione e voglia di allenarsi.

Al momento dell’intervista, Andy era un 18enne recente vincitore dell’US Open Junior: la stampa inglese cercava già disperatamente di affibbiargli l’etichetta di ‘futuro Tim Henman’ e lui mostrava già alcuni tratti tipici dell’attuale numero 4 al mondo: di poche parole al limite della scontrosità, capacità di colpire pulito e piatto, un’immaturità che non sembra averlo lasciato del tutto, visibile anche dalle montagne di cose ammucchiate nella sua stanza.

D’altra parte, secondo le parole di Alvarez, Andy era uno dei pochi juniores capace di andare a rete e difendersi: questa caratteristica del suo gioco deve essersi persa nel trasferimento da Barcellona a Londra; è invece diventato un giocatore adatto a tutte le superfici.

Secondo Tignor gli manca ancora un po’ di convinzione per fare l’ultimo passo e diventare numero 1 (e vincere uno Slam). Non penso gli manchi sicurezza, quanto un diverso atteggiamento in campo: meno lamenti e autocommiserazione dopo i punti persi e maggior capacità di resistenza nelle situazioni difficili… diciamo che non è ancora quello che sperava e (può ancora) diventare a 18 anni!

Giulia Vai

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