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13/06/2012 13:22 CEST - Personaggi

Tiriac e Becker:
il bianco e il nero

TENNIS - "Per me è tutto bianco o nero" diceva Tiriac nel 1987. "Se dico bianco, per Becker è nero". Nonostante questo, il suo decennale rapporto con "Bum Bum" è stato centrale nella carriera di entrambi. Alessandro Mastroluca

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“Becker era il ragazzo più naturale, più cristallino che avessi mai visto. Non sapeva come mentire, non aveva bisogno di mentire, di fingere, di cercare scuse, di piangere quando stava perdendo. Per questo tutte le persone al mondo si identificavano con lui”. Parola di Ion Tiriac, che ha chiuso il contratto con “Bum Bum” dopo la finale del Roland Garros junior del 1984. Becker aveva perso dall’australiano Mark Kratzman, che firmerà con l’IMG.

Per qualche anno si è diffusa una leggenda secondo cui Tiriac si sarebbe presentato a casa della famiglia Becker, a Leimen, con una Rolls Royce bianca per impressionare il giovane Boris. “Ho 18 macchine” ha raccontato Tiriac in un’intervista a Maureen Dowd del New York Times nel 1993, “ho ogni Ferrari e ogni Mercedes che sia stata prodotta, tutte le Jaguar e tutte le Porsche. Ho una Lamborghini Diablo. Ma non ho mai avuto una Rolls-Royce”.

“Quando Tiriac divenne il mio manager” ha raccontato Becker, “nemmeno sapevo annodarmi la cravatta”. Il Conte Dracula, soprannome che si è guadagnato per le origini transilvaniche e un sorriso che nessuno sembra aver mai visto, il manager che poteva mangiare sei bistecche e dodici uova a colazione e masticare pezzetti di vetro per impressionare gli amici, diventa una figura paterna per Boris.

Dà a Becker quello che lui non ha potuto avere, perché suo padre è morto di cancro quando lui aveva 11 anni. A 15 inizia a lavorare in una fabbrica di camion e insieme si allena. Gioca a hockey su ghiaccio come difensore e arriva in nazionale. È in campo alle Olimpiadi del 1964 quando la Romania perde 5-2 contro gli Stati Uniti nel gruppo A. è il più bel ricordo della sua carriera sportiva, ma non è certo l’ultimo incontro contro gli yankees.

Nel 1969 Tiriac porta la Romania alla prima delle tre finali giocate, e perse contro gli Usa, in Davis. Perde il secondo singolare con Stan Smith e gioca l’ultimo, ininfluente, contro Arthur Ashe. Inizia a perdere tempo mentre cala l’oscurità. Il giorno dopo sono stati tutti invitati a un ricevimento alla Casa Bianca con l’ambasciatore romeno negli Usa, Nixon e Kissinger. Tiriac continua a temporeggiare e l’arbitro, Philippe Chatrier, forse per la prima e unica volta nella storia della manifestazione, lo squalifica per le perdite di tempo.

La pressione di Tiriac ha avuto il suo peso nel convincere l’ITF a eliminare il Challenge Round. L’edizione 1972 è la prima con il nuovo formato. La finale tra Romania e Usa, al Club Sportif Progresul di Bucarest, è degna di Ionesco. Nastase perde il primo singolare con Stan Smith 11-9 6-2 6-3, pur avendo servito invano per il primo set sul 9-8. Nel secondo match Tom Gorman si porta in vantaggio di due set su Tiriac. Le chiamate casalinghe si sprecano, Arthur Ashe è sconvolto. I 7 mila tifosi romeni tossiscono, fanno apposta rumore per distrarre Gorman al servizio, applaudono a lungo dopo ogni punto finché Tiriac non fa cenno di essere pronto a riprendere il gioco. Alla fine, lo spingono alla rimonta: 46 36 64 63 62.

In coppia con l’amico “Nasty” Nastase, con cui ha vinto il Roland Garros in doppio nel 1970, non riesce a fermare Smith e Van Dillen. Ma il climax arriva durante il match fra Tiriac e Smith, quando un raccattapalle si improvvisa massaggiatore per aiutare Tiriac vittima di un crampo.

“Ion è così” ha detto Ashe anni dopo. “Non è disonesto, non farebbe mai qualcosa di volutamente scorretto. Ma è stato abituato a credere che sia giusto piegare le regole per arrivare alla vittoria”. Basti un esempio. Negli anni ‘60, ha ricordato Gerald Williams della BBC, si giocava un circuito chiamato Dewars Cup. Durante una delle tappe, disputata in un’arena normalmente destinata all’hockey su ghiaccio, per la rabbia Tiriac tira una palla verso il tetto danneggiandolo. “Mi costerà 100 sterline” gli dice Dewars. Ion non risponde. Ma la domenica,mentre tutti sono al party post torneo, Tiriac appare insieme sui pattini per aiutare gli addetti a smontare il campo. “Spero che questo ti ripaghi delle 100 sterline che ti sono costato” dice a Dewars.

Valore del lavoro. Senso degli affari. In questo episodio, apparentemente marginale, del Tiriac giocatore c’è molto del Tiriac manager dei giocatori e proprietario di tornei. L’uomo che intravede le potenzialità attrattive di Becker e in un anno lo porta a diventare il più giovane vincitore di Wimbledon, a 17 anni e 7 mesi. Dopo il successo in finale con Kevin Curren, festeggia con mamma e papà a base di succhi di frutta, perché Ion non vuole vedere birra sul suo tavolo. Peraltro non vuole nemmeno vedere i genitori dei tennisti che allena sugli spalti, se non il giorno della finale.

Per lavorare con Becker, Tiriac lascia Guillermo Vilas. “Non ho mai visto un giocatore con la sua stessa volontà di allenarsi” ha detto Ion dell’argentino. “Era un grande campione, con la sua poesia e la sua follia. Ma aveva troppa paura di perdere ed è colpa mia se non sono riuscito a insegnargli a vincere. Chiudere con lui non è stato facile. Resterà sempre un mio amico. È stato come divorziare da una donna che ami ancora”.

Con Vilas ero genitore, spalla, preparatore, coach, psicologo, amministratore, tutto. Poteva funzionare solo così” ha raccontato nel 1987 a Curry Kirkpatrick che gli ha dedicato un bel ritratto su Sports Illustrated. “Aveva bisogno di questo tipo di aiuto. Forse gli avrebbe fatto meglio un po’ più di indipendenza. Ma è difficile giudicare, e comunque dopo la guerra ci sono sempre troppi generali”.

Con Becker il rapporto è diverso. “Non mi diverto così tanto. Faccio gran parte del lavoro fuori dal campo. E’ complicato. Mi costringe a cambiare, e sono troppo vecchio per cambiare. Vuoi fare soldi, è chiaro. Ma fare soldi è solo una conseguenza del creare tennis”.

All’inizio, racconta a Kirkpatrick, “Becker era molto sospettoso ma alla fine abbiamo imparato a prenderci. Conosce i miei pregi e i miei difetti. Quali? Probabilmente che per me è tutto o bianco o nero. E quando per me è nero, per Boris è sempre bianco”.

“Bum Bum” lascia il suo coach Gunther Boetsch nel 1987, dopo il secondo Wimbledon. Anche Tiriac, che per lui ha stipulato uno degli accordi chiave nella sua carriera, la sponsorizzazione con la Lotto, annuncia di aver perso interesse. In un’intervista al magazine Sport Illustrierte il manager dichiara: “Perché i tedeschi non possono accettare che un 19enne non sia ancora pronto a diventare il numero 1 del mondo? Perché non riescono a capire che ha bisogno di almeno cinque anni per arrivare in vetta? Davvero non si rendono conto che Boris ha fatto in due anni più di quanto chiunque altro abbia fatto in 100 anni per il tennis tedesco?”.

Per Tiriac, “Becker ha la giusta combinazione di follia e sanità per reggere la pressione e le aspettative. Se non ce la dovesse fare, non meriterebbe il numero 1” spiega ancora a Kirkpatrick.

Dichiara anche di non avere più interesse in lui, ma non è vero. Becker lavora prima con Bob Brett, cui Tiriac presenterà Ivanisevic, poi con Nikki Pilic, Tomas Smid e Gunther Bresnik. Vince un terzo Wimbledon e gli Us Open nel 1989, gli Australian Open nel 1991 e il Masters a Francoforte, torneo di cui Tiriac è proprietario, nel giorno del suo 25mo compleanno.

Boris crea tennis, e i soldi si moltiplicano. È il testimonial ideale. La Lotto gli chiede di girare, a Milano, uno spot per la campagna pubblicitaria del 1993. Becker impone la presenza della sua futura moglie, Barbara, e chiama il regista a Rotterdam per controllare ogni passaggio della sceneggiatura. “Sono un tipo esigente” spiega a Roberto Perrone del Corriere della Sera, “mi piace avere e dare il meglio, mi considero un uomo prima che un tennista, anzi un uomo che fa molte cose, che e' curioso della vita. Mi interessa ogni aspetto di quello che accade, sia che si parli di tennis che di altri argomenti”.

Un tipo come Tiriac, che aiuta la Romania a gestire il post-Ceausescu negoziando una fornitura gratuita di energia elettrica per due mesi con la Germania Ovest e aprendo la prima banca privata del Paese. Un manager che lascia il suo giocatore simbolo dopo 10 anni, nel 1994.

Oggi, dice, il tennis rappresenta il 5% delle sue attività. Continua a creare tennis, dalle modelle alla terra blu all’idea delle palline fluorescenti. E i soldi continuano ad arrivare. Nel 2005 diventa il primo romeno a entrare nella lista dei miliardari di Forbes. Nel 2010 il suo patrimonio era stimato in oltre un miliardo e mezzo di euro. Ha sempre rispettato il suo modello di vita: ogni giorno viene una volta sola, ogni uomo vive la sua vita e sceglie il meglio per se stesso.

Alessandro Mastroluca

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