12/12/2013 11:41 CEST - Personaggi

Tracy Austin, la prima “bambina prodigio”

TENNIS – Oggi Tracy Austin compie 51 anni. Vi riproponiamo il profilo ealizzato dal nostro Daniele Camoni. Tracy ha abbandonato il tennis a meno di 21 anni. Ha vinto 2 Slam e 30 titoli in 45 finali. Ha sconfitto Evert e Navratilova in sfide epiche. Ma soprattutto ha inaugurato il mito delle “bambine prodigio”. Daniele Camoni

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Tracy Austin (Tony Duffy, Getty Images)
Tracy Austin (Tony Duffy, Getty Images)

Nel corso degli anni Ottanta e Novanta il tennis femminile sperimentò il nascere di un fenomeno fino ad allora sconosciuto, quello delle “bambine prodigio”, ragazzine terribili in età preadolescenziale capaci di seminare il terrore nel circuito: tra queste possiamo ricordare Steffi Graf, Monica Seles, Jennifer Capriati o Martina Hingis (in misura minore, includerei anche Andrea Jaeger), già protagoniste sui grandi palcoscenici in età tenerissime, fors’anche fin troppo presto.

La “madre” di tutte queste ragazzine-prodigio la ritroviamo però già verso la fine degli anni Settanta, e risponde al nome di Tracy Austin, ai più forse nota nelle vesti di commentatrice per la NBC : nata a Palos Verdes nel 1962, la piccola americana si impose subito all’attenzione mondiale nel gennaio del 1977, quando ottenne la sua prima vittoria in un torneo professionistico, il WTA di Portland, a quattordici anni quasi esatti, diventando la più giovane di sempre ad imporsi in una finale. Quello stesso anno debuttò anche in un torneo del Grande Slam, perdendo in quel di Wimbledon al terzo turno contro Chris Evert, mentre agli US Open raggiunse i quarti di finale, sconfitta da Betty Stöve.

Anno cruciale nella carriera della Austin fu però il 1979, quello che segnò la sua definitiva consacrazione tra le grandi stelle del tennis mondiale, a soli 16 anni: vinse ben 7 titoli (imponendosi quattro volte sulla Navratilova e una sulla Evert), tra i quali spicca soprattutto lo US Open, dopo aver battuto per 6-4/6-3 Chris Evert, campionessa dal 1975, mettendo in mostra una forza mentale incredibile e ripagando Chrissie con la sua stessa moneta, leggasi scambi estenuanti e margine d’errore quasi nullo. Tracy divenne anche la più giovane vincitrice di sempre del torneo statunitense. Raggiunse inoltre le semifinali di Wimbledon (sconfitta dalla Navratilova, dopo aver battuto la King) e la finale degli Avon Championships (una sorta di “torneo delle campionesse”, sconfitta sempre da Martina) e, soprattutto, in primavera pose fine all’incredibile striscia di 125 vittorie consecutive su terra della Evert (1973-1979), ottenendone lo scalpo nelle semifinali degli Internazionali d’Italia (6-4/2-6/7-6) e imponendosi poi in finale sulla tedesca Sylvia Hanika.

L’anno seguente fu anch’esso foriero di successi e grandi prestazioni: a livello di Grande Slam, Tracy venne eliminata in semifinale sia a Wimbledon (sconfitta dalla Goolagong) che a New York (sconfitta dalla Evert), chiudendo comunque la stagione con 12 titoli (in 17 finali disputate) e la vittoria agli Avon Championships sulla Navratilova. Interessante sottolineare anche la vittoria nel misto di Wimbledon, in coppia con il fratello John : i due divennero così la prima coppia di fratello e sorella ad imporsi in un torneo del Grande Slam.

Quello stesso anno la Austin ragiunse anche la prima posizione mondiale, un’impresa assolutamente incredibile se si considera che, tra il 1974 ed il 1987, il trono mondiale vide alternarsi le sole Evert e Navratilova (con la sola eccezione delle 2 settimane della Goolagong nel 1976).

L’ultimo anno a grandi livelli della Austin fu il 1981: nonostante una serie di infortuni che ne minarono i primi quattro mesi della stagione (giocò solo Washington, con vittoria sulla Jaeger, e gli Australian Open, cadendo nei quarti), Tracy seppe poi raddrizzare l’annata, infilando, nel dopo-Wimbledon, 26 vittorie consecutive e quattro tornei, tra i quali Toronto (battendo Navratilova ed Evert) e, soprattutto, US Open, secondo ed ultimo Slam in singolo della sua carriera. Agli Australian Open di fine stagione (l’unica sua partecipazione al torneo australiano) venne sconfitta dalla Shriver nei quarti. La Austin chiuse poi la stagione con la vittoria ai Toyota-Series Championships di fine anno, sconfiggendo nuovamente la Evert in semifinale e la Navratilova in finale. Il bottino finale parla di 8 titoli, con tre allori a scapito di Martina ed uno sottratto a Chris.

Il 1982 rappresentò il canto del cigno della statunitense: Tracy raggiunse i quarti di finale a Parigi, Wimbledon e New York, imponendosi poi per l’ultima volta in un torneo, a San Diego su Kathy Rinaldi. I Toyota-Series Championships segnarono la sua ultima grande apparizione in un torneo importante, dove raggiunse le semifinali, venendo demolita per 6-0/6-0 dalla Evert. Infine, l’ultima finale della carriera arriverà nella primavera del 1983 a Hilton Head, sconfitta dalla Navratilova ; a neanche 21 anni Tracy Austin, tra sciatiche ricorrenti e gravi infortuni alla schiena, era ormai una giocatrice pronta al ritiro.

Tentativi infruttuosi di rientro vi furono nel 1988 e nel 1993, il primo funestato da un grave incidente in moto, il secondo di fatto fallimentare : il ritiro ufficiale arriverà nel 1994. Nel 1992, Tracy venne introdotta nella International Hall of Fame di Newport, diventando la più giovane tennista della storia a ricevere questo onore.

Il bilancio della breve e sfortunata carriera della Austin parla comunque chiaro: 2 US Open in tasca, 1 Toyota-Series Championships, 1 Avon Championships (l’allora “torneo delle campionesse”) e 30 titoli in 45 finali, nonché un breve periodo in vetta alle classifiche mondiali (detenne lo scettro per 21 settimane, nel 1980) e numerose vittorie nei confronti di Martina Navratilova e Chris Evert, due tra le più grandi tenniste di tutti i tempi.

A livello prettamente tecnico, il gioco della Austin non era certamente il massimo della spettacolarità: da considerarsi forse la “copia” miglior riuscita della connazionale Chris Evert, il tennis di Tracy era massimamente “percentuale”, fatto di scambi prolungati ed un ottimo controllo di palla (quando era in forma, non sbagliava praticamente mai) , il tutto unito ad una forza mentale da autentica campionessa. Lo scopo era quello di esasperare l’avversaria e portarla all’errore, magari anche dopo scambi di 35/40 colpi da una parte all’altra del campo. Insomma, un vero e proprio “metronomo tennistico”, un incubo soprattutto per le giocatrici d’attacco : chiedere alla Navratilova, che ha dovuto cedere alla piccola americana per ben 13 volte. Aveva comunque anche delle buone accelerazioni da fondocampo, giocate con parsimonia e soprattutto in lungolinea, piatte e penetranti.

Al di là di qualsiasi giudizio di valore, Tracy Austin aveva la stoffa della campionessa vera, come ebbe modo di dimostrare nel corso della sua breve esperienza tennistica, e quale miglior dimostrazione che, come già detto, un paio di vittorie Slam, il #1 (in quell’epoca !!) e numerosi trionfi nei confronti di due signorine (Chris e Martina) che hanno dominato il tennis più di chiunque altra (solo la Graf può essere inclusa in questo ristretto gruppo).

In conclusione, non posso certo considerarmi un estimatore del tennis della Austin, produttrice di un tipo di gioco certamente non coincidente con i miei personali gusti tennistici, ciononostante, da “storico del tennis” in erba, non posso non riconoscere in questa ragazzina dai biondi codini quantomeno una precocissima campionessa che avrebbe potuto ottenere molto di più, se solo il fisico non l’avesse crudelmente costretta a ritirarsi così presto.

Daniele Camoni

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