23/08/2012 20:27 CEST - Us Open 2012

Gli US Open secondo Chris Evert e Brad Gilbert

TENNIS - ESPN intervista la campionessa americana e l'ex coach di Agassi e degli "Andies", scoprendo favoriti e out-siders nella corsa ai "Trophies" di Flushing Meadows. Davide Uccella

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Gilbert
Gilbert

Ormai l'attesa è agli sgoccioli. Sorteggiato infatti il main draw, con tutto il suo carico di alchimie e previsioni mescolate alla fortuna, mancano poco o più di quattro giorni agli U.S. Open, l'ultima gran parata di questo 2012 a livello Slam.
 

Un 2012, lo abbiamo detto in tutte le salse, difficile da immaginare in partenza nei suoi schemi, che difficilmente si dimenticherà, pieno di "turning points" come è stato, ma che di svolte, per chi non ne avesse abbastanza, potrebbe ancora servirne.
 

Infatti Flushing Meadows, mai forse come quest'anno, si trova all'incrocio di carriere che proveranno a chiudersi col "botto" finale, o di atleti che cercano un rilancio definitivo, un nuovo stimolo "ultimate", ma anche icone di questo strano mondo che è il circuito, pronte per entrare nella leggenda del tennis, salendo ancora di un gradino nella scala dei record.
 

E per cercare di fare ordine in questo quadro per certi versi caotico, provare a schiarirsi le idee, al di là dei percorsi che il tabellone proporrà, ESPN ha dedicato la giornata di ieri a un simpatico programma - preview, in compagnia di Chris Evert e la leggenda del coaching Brad Gilbert, uno che di campioni ne ha sfornati a dovere e se n'è sempre inteso.
 

A confrontarsi in questo "vis a vis" tutto speciale due prospettive di partenza, quelle fondamentali del tennis: allenatore e giocatore. Ma con il tocco di storia e di esperienza che solo due vincenti possono offrire, lo sguardo si allarga, tocca aspetti meno chiari per un osservatore qualsiasi e da corpo a tutte quelle che possono essere le chiavi di lettura dell'evento. Angolazioni, finestre, spunti che ognuno di noi è ovviamente libero di fare propri o scartare, ma che dall'alto di titoli, vittorie ed esperienza, dobbiamo considerare.
 

E non si può non partire dall'analisi di Roger Federer. E per lo svizzero, che dovrebbe godere di un cammino abbastanza agevole (primo vero scoglio Fish o Simon agli ottavi), da subito si consuma un misto tra la sorpresa degli ultimi risultati e un'ammirazione di fondo che cresce (come dare torto): "Rispetto a pochi mesi fa, quando vedevamo un Djokovic fenomenale e Rafa così solido, anche dal punto di vista fisico, Federer ci sembrava troppo indietro. Invece, si è confermato uno che sa reggere la pressione", sottolinea la Evert. "Stupisce il fatto che ci riesca sempre, sia quando è sopra tutti, e deve vincere, sia quando se ne parlava come un giocatore cotto, poche settimane fa. Lui appare sempre rilassato, e lo è poi nei fatti. Forse invece Djokovic ha pagato molto da questo punto di vista: troppe aspettative e calo fisico, per questo Federer è il mio favorito". Gilbert sembra abbastanza allineato, e lo fa anzi con un'espressione forte: "Roger non ha rivali nei tre set, ed è per me il 31enne più giovane che io abbia visto giocare, dopo Agassi. Mi sembrano semmai i Djokovic e Nadal ad avere 31 anni.

E' lui il giovane, si sposta ancora con una facilità incredibile, dal fondo e verso rete: potrebbe giocare a questi livelli fino a 35 anni se lo volesse e programmasse bene come ha fatto fino ad oggi, e per tanti anni. Colpisce per come ancora serva così bene, e in risposta quest'anno è stato magnifico. Quando vuole breakkare breakka, e quest'anno per me non farà sconti".
 

Condiviso il favorito, ma condiviso anche l'andamento anomalo di questa stagione, che al momento appare ancora senza dominatori, sia in campo maschile sia in campo femminile. "Non succedeva dal 2003 che a livello ATP vi fosse questa incertezza, e non nego che l'assenza di Nadal abbia reso la situazione ancora più fluida. Sappiamo tutti quanto lo spagnolo conosca i punti deboli di Federer e come prima di Wimbledon abbia sconfitto Djokovic in scioltezza".
 

Ma senza poi dimenticarsi di Andy Murray, il suo ex pupillo, e parlandone in modi entusiastici, quasi fosse ancora il suo coach : "L'oro può aver reso più veloce un percorso che adesso si deve completare. Ora Andy ha la maturità per rompere il ghiaccio e vincere. Anche perché sa come farlo, ci è riuscito, e nell'ultimo mese ha sconfitto sia Federer che Djokovic. Non si tratta più di pensare al condizionale, ma ha un'esperienza vincente e a poco tempo di distanza. Chiaro poi che i risultati sul cemento siano stati condizionati dalla vittoria, si è rilassato. E non penso che lui sia andato per prendersi il gettone di presenza: è una scusa veramente sciocca e ridicola".
La Evert invece si concentra sul femminile: è il suo campo, ed evidenzia come questo equilibrio, oggi anche nel maschile, sia storicamente più forte dalla parte rosa della barricata: "Quest'anno le Olimpiadi hanno divorato quella pausa che di solito c'è per recuperare: problemi per la Sharapova e la Radwanska, per esempio".
 

Ma le Williams? "Sono sempre loro la variabile dipendente", ammette Chris. E il riferimento, scontato quasi, è in gran parte per Serena: "Lei ha un vero talento, una predisposizione ad essere campionessa, e gli ultimi mesi me l'hanno e ce l'hanno confermato. Molti però pensano che giocare uno Slam sia più faticoso, che serve costanza per due settimane, la capacità di gestirsi le energie viste le tante partite. Ci si dimentica però che Serena ne ha vinti tanti, e che anche a distanza di anni non è mai stata così magra serve sempre 20 aces a partita. Le giocatrici atletiche vengono fuori proprio alla distanza, macinando partite, scambi, punti e gioco, e anche se si pensa a quello che è successo in Australia e a Parigi, io dico che peserà anche la voglia di fare bene: l'importante è che non perda più lucidità come negli ultimi anni" .
 

Già, gli ultimi anni. Quasi come spauracchi sull'Arthur Ashe experience" di Serena, le edizioni del 2010 e del 2011 per la campionessa americana, alle prese con punti dubbi, falli di piede, linee maligne e parole a ferro e fuoco con giudici, di linea o di sedia che siano. E proprio una giocatrici che, dalle retrovie del ranking "insensibile", potrebbe approfittarne è Kim Clijsters, storica antagonista di Justine Henin, e che proprio la Williams superò nel 2010, in semifinale, bissando quel successo dell'anno prima, e che valse il suo secondo titolo. E guardando proprio al caso di questa belga composta, sempre impeccabile, ma alla ricerca dell'ultimo acuto, il "Canto del Cigno" non sembra una metafora del teatro: "Kvitova, Azarenka, Li, Sharapova.. ma Kim è l'unica che ha la forza mentale per contrastare le sicurezze di Serena e la potenza della Sharapova", valuta Gilbert, "Lei ha soprattutto questo oltre al talento: sa quali sono le contromisure. E non c'è tanto da dire su di lei: c'è una storia che parla, una tradizione che è nata con lei e Justine in Belgio, un pò come nel caso di Martina Hingis per la Svizzera. Se avesse avuto meno problemi ne avrebbe avuti di trionfi in più da raccontare, e so per certo che sarebbe tornata anche prima in campo dopo Wimbledon. Ma le hanno consigliato di aspettare, e penso abbia fatto la scelta migliore, anche a costo di saltare le Olimpiadi". Poco da aggiungere per la Evert: "Lei ha il cemento nel sangue, il veloce le è sempre piaciuto, e lo sta gestire molto bene. Ha gioco di volo, ribatte bene, ha un buon servizio e si muove bene: tutto dipenderà dalla forma".
 

Spazio infine ai possibili out-siders della fiera, a mine vaganti che buttino all'aria le previsioni. Ed anche qui, i binari dei due ospiti tornano a seguire lo schema dei sessi paralleli. "Guardando la top-ten, da dove penso salterà fuori il nome della vincente, io vedrei bene la Kerber", scommette la Evert. "Deve difendere la semifinale, sarà molto motivata ed ha un gioco a tratti esplosivo. Ci sono poi la Li e la Kvitova, che proprio in queste settimane sono tornate a vittorie importante, mentre vedo un pò più defilata la Wozniacki: soltanto 12 mesi fa era numero uno, è impressionante, ma non si sa mai".
 

Allontanandoci poi dal gentil sesso, Gilbert sfoglia la margherita di una categoria di giocatori tutta sua, quella dei "Dark Horses": delle specie di mine vaganti invisibili. "C'è Isner per esempio, che dipende sempre dalla sua posizione in tabellone. Raonic poi è un ragazzo dal potenziale enorme, ma troppo altalenante". Si chiude con l'ultimo campione Slam fuori dai Fab-Four, l'eresia vivente al Quadrato Magico con cui azzeccare ogni previsione, Juan Martin Del Potro: "A Wimbledon mi ha impressionato. C'è il problema al polso, ma penso sia un modo per allontanare le pressioni. Quel genere di problemi si può risolvere in pochi giorni, e non sarà sorpreso se farà un gran torneo".
 

I nomi ci sono, la parola al campo. Perchè sempre e solo di campo si tratta.
 

Davide Uccella

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