28/08/2012 23:10 CEST - Rassegna nazionale

Rafa, il fragile matador rimpianto da New York (Clerici), Murray buona partenza, ma l'outsider è Del Potro (Martucci)

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Rassegna a cura di Daniele Flavi

Rafa, il fragile matador rimpianto da New York

Gianni Clerici, la repubblica del 28.08.2012

Non sono certo pochi, e non solo il paterno zio Poni e un clan molto vasto, di ex tennisti eburocrati di lusso, che fanno ricordare a un aficionado quale lo scriba la "empresa" dei grandi matador, non sono certo pochi a dolersi di un'assenza altritempi determinante come quella di Rafa Nadal allo US Open. A dolersi sono in maggioranza i bambini, come ci ha detto un'indagine durante il Roland Garros, e, nel mio piccolo, due dei tre soci jr del mio club da me interrogati. Giulio ha affermato che, senza Nadal, non aprirà nemmeno la televisione, eChicco non gli ha certo dato torto. «Perché?» ho domandato. «Ma perché è come noi», mi hanno risposto. E sono rimasto a domandarmi come mai i piccoli, sotto i dieci anni, sentano Rafa tanto simile a loro. Sarà per i pantacorti, un fenomeno simile a quello che avvenne per i jeans strappati di Agassi, o per i balzi da scomposto ballerino, il pugno lanciato al cielo, o le smorfie,mimica simile, infondo, a molti personaggi dei cartoons. A proposito di smorfie, un esperto di tennis quale il chiropratico Alfio Caronti, Docente alla Sapienza, mi ricorda che già ne12004 le aveva paragonate al timone direzionale di un aereo, e ne aveva tratti cupi presagi. Suggerivano, aveva detto, un abito muscolare difettoso, poiché avveniva, tra i gruppi dei muscoli agonisti e quelli antagonisti, un attrito, quasi uno stridore. Come se, in una macchina, venisse innestata insieme alla pri -ma la marcia indietro, con ovvie conseguenze motorie. Tra gli amici che mi hanno consentito di sopravvivere a lungo, anche il Professor Pier Francesco Parra, inventore del celebre laser curativo Parracelso, aveva avuto, per un periodo, Rafa tra i suoi pazienti. Era iI 2007, e Nadal si era acconciato al non comodo pellegrinaggio da Maiorca sino ad altre rive mediterranee, presso Montecatini, così come altri grandi sportivi, tra cui i tennisti Ljubicic e, in seguito, Djokovic. Il Professore aveva trovato Nadal sofferente perlesioni acutein entrambeleginocchia, le aveva lenite con il famoso laser, e aveva poi su :i erito, comenel caso dei due pazienti slavi, altre fasi di prevenzioneemantenimento, che precedessero la disumana attività causata dagli eccessi di fatica, soprattutto sul cemento. Ma il paziente, o chi per lui, si era presto spazientito. Era ritornato tra le mani di altri specialisti spagnoli, certo più ottimisti, certo logisticamente più accessibili, ed erano iniziate altre cure, presumibilmente infiltrazioni, a base di gel piastrinico, o simili. I risultati si sono visti. Ma non solo con bambini o grandi medici, mi sono limitato a indagare. Nel corso di un allenamento con Rocco Piatti, otto anni, suo papà Riccardo, il noto coach, mi ha detto che, in fondo, la stagione di Rafa poteva ritenersi conclusa dopo i successi del Tour Rosso, e la svolta agonistica di Wimbledon, la sconfitta contro Carneade Rosol. Erano infatti qualcosa come ventidue mesi, ha continuato Riccardo, che Nadal non vinceva un torneo fuori dall'amata terra, sulla quale gli attriti della palla aumentano, quelli tendinei diminuiscono. Era insomma probabiledi non veder più Nadal se non in un ambulatorio, al di fuori dell'inevitabile Master londinese e dei suoi bonus, odi un giretto asiatico altamente remunerato. Credevo di aver raccolto sufficienti opinioni per questo mio pezzo, ma non mi pareva giusto evitare la domanda al piccolo Rocco Piatti, così come avevo fatto con i suoi due coetanei filoRafa. «E se fosse andato a pescare?» ha osservato Rocco. Perché no, dopotutto? Incubo pioggia: "Ma niente tetto".

Murray buona partenza, ma l’outsider è Del Potro

Vincenzo Martucci, la Gazzetta dello Sport 28-8-2012

Ma se non vincono Federer, Djokovic o Murray, chi vince gli Us Open? La domanda è la più gettonata nella players lounge di Flushing Meadows che si stiracchia dopo quasi tre ore sotto l'acquazzone sulla scia dell'uragano Isaac «made in Florida». «Io dico Berdych», suggerisce Davide Sanguinetti, eroe di Davis a Milwaukee '98 e poi a Milano 2002, oggi allenatore del giapponese Soeda: «Sì, ha appena mancato tre match point contro Isner a Winston-Salem, il primo anche clamoroso, con quella volée di rovescio solo da chiudere, ma è successo anche a Tsonga. Tomas sta giocando molto bene, è potente e completo». Ma, a parte il primo turno delicato contro, Goffin, il ceco bello e impossibile, che sul cemento di Flushing Meadows non è mai andato oltre il quarto turno, è sulla strada di Federer. Sogni Su una o più partite il fromboliere Alexandr Dolgopolov può fare danni. Può anche battere Djokovic, se ci arriverà, eventualmente negli ottavi, ma può anche tranquillamente perdere subito e non sembra ancora maturo né di fisico né di testa per 7 match al meglio di 5 set di uno Slam. E così Milos Raonic dal micidiale servizio: può esplodere da un momento all'altro, ma ha ancora buchi neri troppo evidenti, su rovescio e spostamenti, per essere già considerato più di una mina vagante.

Baby-face Marin Cilic zoppica in cattiveria, così come mastro Bob Brett avanza con le stampelle dopo un infortunio correndo. L'ipotesi del redivivo Tommy Haas è suggestiva come quella dei talenti inespressi Gasquet e Gulbis, o dell'ex leone di casa, Roddick, mentre a piè veloce Ferrer manca l'arma risparmia-energie. E, malgrado i quarti quaggiù di 12 mesi fa, il 2.06 John Isner, pur tanto migliorato di movimenti e dritto e volée, manca ancora d'esperienza per candidarsi al suo primo Slam. Tsonsa «Io dico solo quei tre», taglia corto John McEnroe, «anzi, Federer o Murray». Mentre l'amico Mats Wilander è ancor più deciso: «Murray e solo Murray». Con Goran Ivanisevic che gli fa eco: «Murray». Invece Heinz Gunthardt, ex guida di Steffi Graf e telecronista affermato, svicola: «Io dico Tsonga, è il suo momento, ha forza, qualità, esperienza, gli manca solo l'ultimo, più importante scalino. E lo vedo pronto». La stessa idea di Jonas Bjorkman, ex doppista di qualità: «Fuori da quei tre, il primo nome che mi viene in mente è Tsonga». Certo, per il tennis e per il torneo sarebbe una manna un protagonista così effervescente come il francese tutto d'attacco sosia di Ali giovane, ed il tabellone gli potrebbe risparmiare energie importanti verso i quarti con Murray, che intanto ha travolto Bogomolov.

«Io spero Delpo, ma non faccio testo», sussurra Ugo Colombini, ex tennista e ora manager di Juan Martin Del Potro, il più alto campione di uno Slam (1.98) e anche l'ultimo proprio agli Us Open 2009, a battere, a 20 anni, Federer e Nadal nello stesso major e a rompere l'egemonia Roger-Nole-Rafa. «Io dico Delpo», insiste Andreas Seppi, che potrebbe incontrarlo negli ottavi. Delpo, se supererà i nuovi problemi al polso—non il destro, operato nel 2010, ma il sinistro — e il derby-trappola d'acchito con David Nalbandian. Perché poi ha un buon tabellone. Aspettando, nei quarti, il replay della finale di bronzo vinta con Djokovic a Wimbledon olimpico. L'omone dal vocino sottile di Tandil —108.000 abitanti, 6 tennisti top 100, fra cui Perez Roldan e Monaco, ma anche calciatori come Camoranesi e Mariano Gonzalez — parla poco. Ma quando dice è come quando spara servizio e botte da fondocampo: «Sono molto cattolico e credo che Dio veda tutto (…)

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