31/08/2012 11:20 CEST - Rassegna

Clijsters, il viaggio è finito (Martucci); La formula favorisce i più atletici (Tommasi); Rimonta e Vinci, che impresa (Martucci); «Nadal non è finito, lavora per il 2013» (Valesio); Il secondo addio di mamma Clijsters "Basta col tennis" (Semeraro)

31 agosto 2012

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Rubrica a cura di Stefano Pentagallo

Clijsters, il viaggio è finito

Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport del 31.8.2012

Ci mancherà, e di più come persona. Che è un gran bel risultato, soprattutto nella giungla dello sport pro. Ci mancherà, Kim Clijsters, che si è appena ritirata agli Us Open, a 29 anni, lanciando forse una stella, la diciottenne mancina inglese Laura Robson. Ci mancherà per «umanità, gentilezza, modestia, generosità», riassume Martin Mulligan che l'ha griffata per 11 anni Fila, rinverdendo la tradizione di campioni come Borg, Goolagong, Vilas, Seles, Becker e Capriati. Ci mancherà per lo spirito, da atleta ideale, regalo di papà Leo, ex calciatore del Malines, e mamma Els Vandecaetsbeek, già ginnasta a livello nazionale. Dote che Kim ha nutrito e arricchito in 14 anni sul tour dei tennisti, ed ha poi moltiplicato, quand'ha salutato l'agonismo nel 2007 e 2008, per diventare moglie e madre, e quand'è rientrata, per mantenere la promessa fatta all'amatissimo padre in punto di morte («Vincerò un altro Slam») aggiungendo tre trionfi a quell'unico Us Open 2005. Nel travagliatissimo slalom parallelo con la «gemella diversa» del piccolo Belgio dalle due grandi campionesse della racchetta, Justine Henin.

Straordinarietà «Da quando mi sono ritirata la prima volta, è stata una grande avventura per team e famiglia. Ne è valsa la pena. Ora guardo avanti alla prossima parte della mia vita. E' dagli 11 anni che viaggio, è bello anche tornare a casa, sparecchiare la tavola e rifare i letti», promette Kim «la ragazza normale tutta casa e famiglia» (sempre secondo Mulligan) al marito, l'ex cestista Usa, Brian Lynch, e alla piccola Jada Elle. Tutti i colleghi di ieri e di oggi parlano bene di Kim. Laura Robson, che aveva solo 9 anni quando nel 2003 la belga perdeva l'ultima volta agli Us Open, l'abbraccia e la omaggia spontanea dopo il 7-6 7-6 con cui ne chiude la carriera. Ma la Clijsters vera non è quella che si fa rimontare da 5-2 del primo set e cede poi il primo tie-break, e non è quella si fa sorprende dal micidiale dritto dell'inglesina. La Clijsters vera era la scatenata Erinni che stupì il mondo, a New York 2009, al terzo torneo dopo quasi due anni di vacanza, diventando la prima non testa di serie e wildcard a vincere il torneo, e la prima mamma a formare un Major dalla Goolagong nel 1980. Un'impresa diversa da quella del primo urrah a Flushing Meadows nel 2005 e dal tris del 2010 (cui ha legato gli Australian Open 2011): «La mia superficie preferita, l'elettricità del pubblico, chissà perché questo posto mi ha ispirato così tanto, ed è quello ideale per ritirarmi. Anche se speravo che non fosse questo il giorno».

Viaggio Kim cede a New York dopo 22 vittorie consecutive, considerando i tre titoli e le rinunce 2006-2008 e 2011. «Sono felice, perché gli ultimi due anni sono stati pieni di alti e bassi, e sono orgogliosa di come ho gestito le emozioni e dei colleghi che mi avvicinano e mi dicono che li ho ispirati. Questo mio viaggio nel tennis è stato incredibile, mi mancherà la sensazione della lotta e del salvataggio, magari, quando non giochi bene o sei con le spalle al muro. Sono solare? E' bello vincere, odio perdere anche a ping pong contro mio marito in garage, ma ho rispetto per chi gioca bene e lo uso come motivazione per superarmi. E so che è bello anche aiutare giovani che non hanno avuto tanta fortuna». L'ultima spaccata di mamma-Kim.

la ribalta - La formula favorisce i più atletici

Rino Tommasi, La Gazzetta dello Sport del 31.8.2012

Ogni tanto il tennis viene percorso da una strana ed ingiustificata voglia di cambiamento. Inventato dagli inglesi poco dopo la metà del diciannovesimo secolo si è fatto conoscere in forme abbastanza simili a quelle attuali con la nascita (1877) del torneo di Wimbledon che giustamente ne difende la tradizione e le regole. Che sono rimaste fortunatamente le stesse con la semplice concessione di un accorgimento (il tie-break) introdotto per limitare la durata degli incontri ma purtroppo applicato senza uniformità. La diffusione ed il successo del tennis non hanno purtroppo impedito che altri meno intelligenti e meno opportuni tentativi di modificare la struttura delle competizioni venissero tentati. Tra i più recenti uno è giunto da una specie di Commissione Tecnica dell'organizzazione universitaria americana i cui rapporti con il mondo del tennis sono precari per evidenti ragioni anagrafiche. Il limite dello sport universitario (18 anni) è troppo ampio per poter essere applicato ad uno sport in cui a quella età i giovani o sono già diventati campioni o hanno già dimostrato di poterlo diventare. Dove forse il tennis ha bisogno di un intervento è nella definizione della formula degli incontri. E' abbastanza chiaro come il tennis due set su tre e quello tre su cinque siano quasi due sport diversi. Tra gli incontri di primo turno maschile ben nove sono stati vinti dal giocatore che aveva perso i primi due set, una percentuale piuttosto significativa per segnalare come la componente atletica sia diventata spesso decisiva.

Rimonta e Vinci, che impresa

Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport del 31.8.2012

Finalmente Italia. Finalmente emozioni. Finalmente Vinci. Nel secondo turno degli Us Open, in un caldo-umido opprimente che mette k.o. più spettatori e allunga la catena dei match in 5 set fra gli uomini, Robertina gioca un match da applausi, pieno di grinta e intelligenza, qualità e coraggio contro la più potente Yaroslava Shvedova. Guarda caso, la stessa kazaka che a Wimbledon aveva umiliato l'amica Sara Errani schiacciandola nel primo set senza concederle alcun «15». Soprattutto, Roberta, salita al numero 19 del mondo con il successo di domenica a Dallas, si esalta, contro l'avversaria bum-bum («devi accettare quelle pallate continue che vanno dentro o fuori»), appena numero 45 del mondo perché spesso fallosa (44 errori), ma capace di metter giù caterve di vincenti (45). La tarantina cede il primo set 6-3, scappa 3-1 al secondo, quando si fa riprendere, ma ri-sprinta per il 7-5 della speranza. E poi è ancora più grande nel terzo parziale, salvando due match-point, uno col servizio e uno col dritto. Per poi riaccelerare ancora, con tocco a rete e varietà, esperienza e cervello, strappando l'insperato 7-5 dopo 2 ore e 11 minuti davvero importanti. Non guardate alla classifica di numero 19 del mondo: come potenza, la Shvedova si combina male con le caratteristiche di Robertina. Che al terzo turno trova un'altra piccoletta terribile («che tira tutto, ma almeno non mi sovrasta fisicamente»), la slovacca Dominika Cibulkova (n. 14 del mondo), che ha battuto le ultime tre volte dopo averci perso due.

Fiducia La Vinci è stanca, ma felice: «Sono stata brava, ho lottato su tutti i punti, anche quando la situazione era negativa e ho ribaltato il risultato, perché ci ho creduto sempre. Ho vinto di testa: lei mi metteva sempre in difficoltà sul mio servizio, e mi veniva spesso a rete anche in controtempo, ma alla fine ha accusato, ho notato che spingeva sempre meno di dritto e tirava sempre meno il servizio». E' più forte dell'anno scorso, quand'ha firmato 3 titoli: «Perché ho vinto partite molto lottate, come prima non mi riusciva, e questo mi dà sicuramente la carica. Eppoi anche il dritto è più incisivo, certo, e con quello faccio i punti».

Disastro Roberta mitiga la delusione del resto d'Italia che evapora. Contro il redivivo Tommy Robredo, Andreas Seppi continua a rovinarsi la stagione: dopo Eastbourne, a dispetto nel n. 27 del mondo, ha collezionato k.o. d'acchito a Wimbledon, al secondo ai Giochi, al primo a Toronto, al secondo a Cincinnati e agli Us Open. Da regolarista troppo falloso, l'allievo di Massimo Sartori non cerca scuse: «Avrei perso anche se avessi giocato contro mia sorella. Sul cemento americano non mi sono mai trovato bene. Col dritto non sono mai riuscito a spingere».

Servizio Flavio Cipolla resiste un turno in più. Ma, a dispetto del 6-3 6-1 dell'unico precedente a Los Angeles, è inferiore al 19enne Jack Sock. Che, nel 2010, ha riportato in casa il titolo juniores Us Open ed è allenato da Joachim Nystrom, già gemello di doppio di Wilander. «Cipo» non trova soluzioni e cede 6-2 6-2 6-4 in due ore e mezza, mancando anche le due ultime occasioni del 5-5, con un terrificante 1/13 sulle palle-break. Il tennis maschile azzurro rimane già solo Fabio Fognini: oggi, contro lo spagnolo Garcia-Lopez, castigatore dell'argentino Monaco, rimontando il n. 11 del mondo da due set a zero sotto. Precedenti 2-2.

«Nadal non è finito, lavora per il 2013»

Piero Valesio, Tuttosport del 31.8.2012

Riccardo Piatti ha deciso di seguire Richard Gasquet dall'Italia anche per meglio concentrarsi sui suoi numerosi impegni italiani. Se poi il francese, che al primo turno ha superato Montanes, dovesse proseguire il suo cammino nello Us Open allora valicherà l'oceano. Ma per il momento offre il suo sguardo, lui che è il più conosciuto e apprezzato fra i coach italiani, al presente e al futuro dei big del tennis. Perché molto potrebbe esserci di nuovo sotto il sole di qui a poco.

Piatti, Rafa Nadal ha imboccato il Viale del tramonto? Chissà quando lo si rivedrà in campo.
«lo penso di no. Ha dei guai fisici che sta cercando di risolvere, tutto qui. E penso anche che la scelta di fermarsi adesso sia stata strategica».

Perché?
«Dunque: se uno come lui esce in fretta a Wimbledon la sua stagione può dirsi finita. Sulla terra è stato invincibile, quindi Rafa è sempre Rafa. Ma i suoi punti li ha conquistati li, se non si fosse fermato avrebbe solo rischiato di compromettere la situazione in modo molto più serio. E poi penso che abbia in testa di comportarsi come ha fatto Federer l'anno scorso».

Ovvero?
«Dopo lo US Open ha giocato pochissimo. Poi è rientrato in autunno, ha vinto Basilea, Bercy e il Masters. Tre tornei, tre dico. In pratica quando, a gennaio, tutti gli altri hanno ripreso l'attività, lui aveva già messo in cascina in sacco di punti che gli hanno permesso poi di tornare numero 1 al mondo. Gli altri, Djokovic per primo, hanno dovuto partire già in rincorsa. E i risultati si sono visti».

Roger è sano, gli altri o sono mezzi rotti o faticano.
«Anche Roger ha i suoi acciacchi. Ma li maschera bene. E si organizza meglio. Per questo credo che quando dice di voler giocare fino ai Giochi di Rio non scherzi: dice la verità. Organizzandosi al meglio riesce a raggiungere il livello giusto quando gli serve».

Djokovic invece non è riuscito a ripetere il suo fantastico 2011.
«Perché il suo errore è stato proprio questo: volere a tutti i costi rivincere tutto quello che aveva vinto l'anno prima. Ma non è possibile. I top player mirano a vincere gli Slam, è lì che si gioca la loro stagione: per quanto riguarda tutto il resto devono fare delle scelte. Ancora Federer: ha giocato sul cemento americano all'inizio di marzo era già lanciatissimo. Poi è sparito per settimane e si è ripresentato a Madrid, dove ha vinto. Poi ha sì giocato a Roma e Parigi ma senza l'assillo di dover vincere a ogni costo. E' arrivato a Wimbledon e tutti hanno visto di cosa è stato capace».

E Murray? Vincerà uno Slam prima o poi? E soprattutto affidarsi a Lendl, uno che fino a poche settimane prima diceva di non seguire il tennis contemporaneo perché gli procurava ribrezzo è stata una scelta corretta?
«Che Murray vinca uno Slam prima o poi è certo se non altro perché a furia di provarci ce la farà. Su Lendl io la penso diversamente: sono stati a Bradenton da Bollettieri e dentro la sua clinic c'è una casa: è casa Lendl. Ivan quando va Nick ha la sua casa dentro l'Academy. Non credo proprio che Lendl sia stato anni a disinteressarsi al tennis e occupandosi solo di giocare a golf nel Connecticut. E poi organizzava eventi: il nostro mondo non l'ha mai lasciato».

In effetti è passata agli annali quell'esibizione in cui McEnroe accettò di prendere parte ad un esibizione da lui organizzata e Lendl lo accolse dicendo: sapevo che prima o poi sarei riuscito a farti lavorare per me. Fin qui l'oggi. Ma il domani?
«Io penso che il migliore di quelli che oggi lottano per salire di classifica sia Raonic. E' grosso, tira forte ha una buona tecnica e una discreta mano. Ha 22 anni, migliorerà. Fra quattro anni lui di anni ne avrà 26 e Federer, Nadal, Djokovic e Murray saranno il passato o quasi. Quello sarà il suo tempo».

Il secondo addio di mamma Clijsters "Basta col tennis"

Stefano Semeraro, La Stampa del 31.8.2012

Ciao, Mamma. Mercoledì notte agli Us Open Kim Clijsters ha perso 7-6 7-6 contro Laura Robson e ha ridetto bye bye al tennis. Questa volta, giura, fa sul serio. «New York è il posto ideale per ritirarmi, mi sono sempre sentita benissimo qui. Solo speravo non accadesse oggi». Kim, 29 anni, ex n.1, 41 tornei vinti in carrera fra cui un Australian Open (2011) e tre Us Open (2005, 2009 e 2010) aveva già detto «no mas» nel 2007, dopo il matrimonio con il cestista americano Brian Lynch. In cantiere c'era Jada Elly, la figlia nata nel 2008, e tanta voglia di famiglia. Smaltita la maternità però il sacro fuoco era tornato e la Clijsters era tornata a vincere. Primo centro post-parto proprio a New York nel 2009, con la baby Jade che bamboleggiava in campo commuovendo tutto il mondo, bis l'anno dopo. L'ultima a prendersi uno Slam da mamma era stata Evonne Goolagong nel 1980, l'esempio di Kim, ragazza adorabile e adorata da tutti, oltre che fuoriclasse vera, era andata ad aggiungersi a quello di altre grandi genitrici-atlete come Josefa Idem o Valentina Vezzali. Provocando emulazione: Tia Hellenbaut, medaglia d'oro per il Belgio nel salto in alto ai Giochi di Pechino, ha ammesso che le sue due rentrée dopo altrettante gravidanze sono state ispirate proprio da Kim. L'ultimo Slam della Clijsters è arrivato l'anno scorso in Australia, poi una serie di infortuni l'ha rallentata, e la voglia di tenerezza è tornata forte. Il suo è stato un addio annunciato, fra biberon e baby-sitter, gite allo zoo e favole da raccontare prima del massaggio. I match erano diventati un impegno in più. Davanti alla Robson, anni 18, deve essersi sentita più mamma che avversaria, o forse si è rivista allo specchio con 11 anni in più. Le rimane il doppio, poi l'esibizione d'addio ad Anversa, poi un secondo figlio. «Finisce il tennis, inizia una nuova storia con la famiglia. E' stato bellissimo, grazie a tutti». Buona vita, mamma Kim.

 

 

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